Michele De Palma: Renzi ha scelto la classe che esclude le lavoratrici e i lavoratori, i precari e i disoccupati

| 4 Dicembre 2014 | Comments (0)

 

 

 

 

Intervento di Michele De Palma (Responsabile Nazionale settore auto Fiom-Cgil) alla tavola rotonda: “L’Europa, l’austerità, la troika, la crisi delle socialdemocrazie, il rapporto con i sindacati”, svoltasi all’interno del seminario: “L’agenda neoliberista e le socialdemocrazie europee”, promosso da Transform!Europa e Transform!Italia, con la collaborazione della Fondazione Rosa Luxemburg Firenze 16-17 novembre 2014. Trascrizione degli atti e revisione a cura di Tommaso Cerusici

 

Innanzitutto, vorrei ringraziarvi per l’invito a partecipare alla discussione di oggi. Ho seguito i lavori da questa mattina e vorrei rassicurare un po’ tutti rispetto alle differenze non solo di luogo ma anche di modalità con cui s’organizza una discussione. Io sto intervenendo e, differentemente da quello che è accaduto alla Leopolda al Segretario della Fiom di Firenze, nessuno mi ha chiesto prima che cosa avrei detto intervenendo a quest’assemblea.

Credo che questo elemento sia utile sottolinearlo, perché è una discussione libera, come del resto siamo abituati a fare davanti agli stabilimenti nelle crisi industriali che ci sono in giro e penso che questa sia la migliore delle modalità con le quali affrontare un momento difficile come quello che stiamo attraversando.

Io penso una cosa e non so se siamo in sintonia: prima della manifestazione del 25 ottobre della Cgil e dopo la manifestazione del 25 ottobre della Cgil, c’è stata una rincorsa a descrivere quella piazza, quelle lavoratrici e quei lavoratori, come un tutt’uno nel dibattito interno al Partito Democratico. Cioè è come se le lavoratrici e i lavoratori che erano scesi in piazza, fossero schierati con l’una o con l’altra parte, con chi è al Governo o con chi è all’opposizione.

Io credo che, invece, la manifestazione del 25 ottobre abbia detto una cosa nuova a tutti e cioè che le lavoratrici e i lavoratori di questo Paese non sono più, come organizzazione sindacale, cioè come forza di coalizione tra di loro, una cinghia di trasmissione di una organizzazione politica. Non sono più e non hanno più governi amici, ma sono invece lavoratrici e lavoratori che, autonomamente e indipendentemente dal quadro politico che si determina all’interno di un singolo Paese, vogliono contattare e negoziare nei confronti delle loro controparti, che siano esse Confindustria o il Governo. E questo elemento è un elemento chiaro al Presidente del Consiglio. Perché, infatti, io credo che la vicenda Fiat sia stata un po’ sottovalutata nel suo portato politico.

Quando l’Amministratore delegato della più grande multinazionale ormai presente nel nostro Paese, decide di saltare la mediazione nel rapporto con le organizzazioni sindacali e pone alle lavoratrici e ai lavoratori un referendum ricatto, in cui dice “o accetti il lavoro che io ti concedo e ti abbasso il salario, ti aumento la produttività…o lo accetti attraverso un referendum farsa e quindi non soltanto te lo impongo ma ti chiedo di votarlo, oppure vai a casa”. È un cambio nella modalità con la quale si concepisce la democrazia, in cui non c’è più la dialettica tra le parti ma c’è il plebiscitarismo, cioè il rapporto diretto tra il Presidente della multinazionale, l’Amministratore delegato Sergio Marchionne, e ogni singola lavoratrice e ogni singolo lavoratore degli stabilimenti Fiat in giro per l’Italia.

Questa cosa fu valutata come un fatto eccezionale. Pensate, invece, a cosa fa oggi il Presidente del Consiglio: esattamente la stessa cosa! Pensa di costruire un rapporto diretto con ogni singola cittadina e ogni singolo cittadino di questo Paese, con ogni singola lavoratrice e con ogni singolo lavoratore di questo Paese. Scusate, ma nessuno vede in questo il cambiamento – rispetto al dibattito di stamattina – sulla questione se ci sono ancora i partiti socialdemocratici oppure no!?

Siamo nell’Europa in cui c’è dal Pasok al Partito Socialista spagnolo fino al Partito Democratico in Italia. Il tema non è se noi siamo fedeli, nella situazione attuale, ad un quadro del passato ma il tema è se siamo in grado di capire quello che oggi sta succedendo nelle relazioni dialettiche e di confronto tra il mondo del lavoro e il sistema politico, in Italia e in Europa.

Io ho la sensazione che oggi il problema che ha il mondo del lavoro in Italia e in Europa non sia quello – fatemela dire così – di inseguire un elemento di rappresentanza. Perché la sfida che la controparte ci sta ponendo è un’altra: tu come soggetto negoziale, come persona e come lavoratore che autonomamente può pensare ad un mondo diverso e cominciarlo a costruire dalla fabbrica, dal punto di lavoro in cui sei, non devi esistere! Perché solo loro possono pensare al mondo, mentre tu invece devi lavorare nel perimetro che loro ti lasciano e quindi poter negoziare solo dentro il tuo stabilimento la tua prestazione lavorativa. Il mondo, quello che c’è fuori dalla catena di montaggio, dalla tua postazione di lavoro, quello che c’è fuori dalla bocca del forno dell’altoforno, quello che c’è fuori cioè dalla tua condizione di lavoro, immediata, corporativa, aziendalista, la devi difendere contro le altre lavoratrici e gli altri lavoratori e, se per caso quello che produci inquina l’ambiente, anche contro le cittadine e cittadini che abitano quel territorio!

È questo lo schema che le nostre controparti stanno portando al tavolo della discussione.

Io credo che – lo dico per l’esperienza che abbiamo fatto come Fiom – noi abbiamo fatto bene quando abbiamo detto che a Mirafiori e Pomigliano il problema era la prestazione lavorativa, il salario ma era anche la democrazia complessiva del nostro Paese. In tanti, invece, ci avevano detto che la facevamo un po’ grossa, proprio come quelli che questa mattina dalle pagine dei giornali, dopo lo sciopero straordinario che abbiamo fatto e la manifestazione incredibile che abbiamo fatto a Milano, ci hanno attaccato.

Lo dico, perché al Presidente del Consiglio andrebbe ricordata una cosa precisa: quando in Italia succede quello che sta accadendo a Tor Sapienza, quando in Italia piazza del Duomo, che è la piazza in cui si palesa la storia dell’antifascismo e della fondazione repubblicana e costituzionale del nostro Paese, viene espugnata con una grande manifestazione di popolo da parte di un’organizzazione politica che conquista quella piazza…beh tu, se sei una forza – come capo di partito – democratica devi capire che quella piazza lì è una piazza contesa. E gli unici che sono stati in grado di dire scendiamo in piazza e ci riprendiamo quella piazza – e da quella piazza i primi a parlare sono stati operai e delegati metalmeccanici provenienti da altre parti del mondo – siamo stati noi, è stata la Fiom!

Allora, al Presidente del Consiglio, ai ministri e anche ad uno che viene dalla stessa storia sindacale nostra, che rimangono sconvolti rispetto al fatto che abbiamo detto in quella piazza, vorrei dire che ci dispiace…ma la cosiddetta mediazione che è stata trovata sul Jobs Act per noi, primo, non è una mediazione e, secondo, non è quella che noi auspicavamo. Perché noi il mandato a rappresentarci in Parlamento non lo abbiamo dato a nessuno! Se è una mediazione la si fa con un tavolo contrattuale con le organizzazioni sindacali, non la si fa demandandolo a qualcun altro.

Per concludere, io ho una sensazione: penso che il viaggio del nostro Presidente del Consiglio a Detroit e la presenza di Marchionne in Italia ci dimostrino che in Italia il processo in corso di americanizzazione della nostra società è molto forte.

Le scene che vediamo somigliano a quelle dell’Alabama o del Mississippi, nelle violenze contro gli immigrati. A questo non si può rispondere, in una fase di crisi – lo dico con sincerità – con le petizioni di principio, con la solidarietà posticcia, con le ammissioni di colpa. No! Io credo che il problema sia quello di come ricostruisci, di come unifichi un mondo del lavoro fatto di ragazze e di ragazzi precari, che hanno manifestato anche loro il 14 novembre.

Come fai a mettere insieme un operaio metalmeccanico italiano con un lavoratore in un’impresa edile? Il punto è come metti insieme le persone che oggi possono cambiare le sorti del nostro Paese. La scelta fatta dal Presidente del Consiglio – fatemela dire così – con la Leopolda prima e con le cene da 1000 euro poi, è una scelta di classe! Nel senso che quella classe é la classe che esclude le lavoratrici e i lavoratori, i precari e i disoccupati del nostro Paese. Sappia che noi non ci fermiamo. E sappia anche, il Presidente del Consiglio, che a noi – come dimostrano i lavoratori di Terni – i confini nazionali ci stanno stretti.

Noi sappiamo che vinciamo se le vertenze metalmeccaniche, che noi stiamo facendo, le portiamo in Europa, perché ci siamo resi conto che le vertenze oggi al Ministero dello Sviluppo Economico, spesso, non trovano soluzione. Io la penso così – questo è il contributo che mi sentivo di dare alla discussione – e credo che sia utile per tutti noi provare ad immaginare un futuro in cui alle parole seguano anche i fatti

 

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Category: Lavoro e Sindacato

About Michele De Palma: Michele De Palma è il coordinatore Fiom nazionale della Fca (ex Fiat). Ha scritto su "Inchiesta " gennaio-marzo 2015 un articolo dal titolo " Da Pomigliano la sfida FCA (ex Fiat). Da dove tutto inizia sempre".

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