Igor Magni: Quando quaranta anni fa ammazzarono Guido Rossa, uno di noi.
È tutta in piedi la platea del congresso Cgil a Bari quando Igor Magni, segretario della Camera del lavoro di Genova, conclude dal palco il ricordo di Guido Rossa, l’operaio e sindacalista ucciso dalle Br il 24 gennaio 1979, esattamente quarant’anni fa. “Il nostro dovere – ha concluso tra gli applausi il dirigente sindacale – è non lasciare che la sua sia soltanto una storia da raccontare, ma un modello da seguire. Lui sacrificò la vita, a noi si chiede molto meno: lavoriamo per unire i lavoratori dove li vogliono dividere, per i diritti di donne e uomini e la loro dignità, per l’accoglienza, l’integrazione, per la difesa della democrazia e la completa attuazione della nostra Costituzione. Lavoriamo per gli ultimi”.
La storia del Novecento, ha ricordato Magni, assegna alla città di Genova un ruolo da protagonista nella Resistenza, nella lotta al fascismo e al terrorismo: “Guido Rossa è stato il continuatore di questa storia con la sua normalità di uomo e con la sua passione politica. Era un operaio dell’Italsider, un sindacalista della Cgil eletto nel consiglio di fabbrica, ed era anche un iscritto al Partito comunista. Insomma, un compagno, lui che era un bambino durante la guerra e sapeva cosa vuol dire la dittatura, l’annullamento dei diritti, la violenza, la paura, ma anche la solidarietà”.
Dopo avere ripercorso la drammatica vicenda che portò al suo assassinio da parte delle Brigate rosse – che lo uccisero perché non chinò la testa davanti al terrorismo ed ebbe il coraggio di denunciare – Magni ha voluto condividere un suo ricordo personale di quei giorni del 1979. “Genova si fermò, a partire dal porto, si mobilitò e mostrò da che parte stava, e si capì subito che con il suo sacrificio Rossa era riuscito a unire non solo la nostra città, ma l’intero Paese”.
“È difficile – ricorda il sindacalista non senza commozione – spiegare l’atmosfera di quei giorni. Quando Guido venne assassinato, io avevo 8 anni. Ricordo la preoccupazione sul volto dei miei genitori, la radio sempre accesa in cucina per sentire le ultime notizie, mio nonno pensionato con l’Unità in tasca, ‘hanno ammazzato uno di noi’, diceva mio padre anche se non lo conosceva. Ricordo mia madre all’uscita della scuola, le sue grida. Con lei e insieme a tanti altri andammo alla camera ardente perché ‘bisognava salutarlo’, mi disse, ‘bisogna ringraziarlo’. E poi il funerale con la presenza del presidente Pertini, Lama e Berlinguer”.
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