Gianni Rinaldini intervistato da Panagopoulos: Una battaglia sul lavoro di dimensioni europee
Lo scorso 19 gennaio sul giornale di Syriza “Epohi” è uscita questa intervista di Argiris Panagopoulos a Gianni Rinaldini (ex Segretario Generale della FIOM e coordinatore dell’area “La CGIL che vogliamo”) in merito alla candidatura di Alexis Tsipras alla presidenza della Commissione Europea e in merito alle prospettive per la costruzione di una lista di appoggio alla sua candidatura anche in Italia. A seguito della visita nel nostro Paese di Tsipras e dell’incontro svoltosi al Teatro Valle di Roma venerdì scorso 7 febbraio, pubblichiamo la traduzione, inedita in Italia, di questa intervista.
La traduzione è dello stesso Argiris Panagopoulos (giornalista di “Epohi” e collaboratore de “il manifesto”) – che ringraziamo molto per il lavoro svolto – e la revisione finale è di Tommaso Cerusici.
Argiris Panagopoulos intervista Gianni Rinaldini: Dobbiamo prepararci per una battaglia di dimensioni europee
Intervista pubblicata sul giornale di Syriza “Epohi” il 19.01.2014.
Il bisogno che il travagliato mondo del lavoro ha di sostenere la candidatura di Alexis Tsipras in Italia per la presidenza della Commissione Europea e il tentativo di costruire una lista unitaria sulla base delle proposte di Barbara Spinelli. Lo sostiene a “Epohi” Gianni Rinaldini, l’ex segretario del più grande sindacato dei metalmeccanici italiani FIOM CGIL.
D. Il lavoro si è trovato nel mirino della politica neoliberale in Italia …
R. A livello sociale noi siamo oltre al dramma, come la Grecia, della disoccupazione. Ci troviamo di fronte alla distruzione di tutte le forme di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici e di superamento delle regole contrattuali, sia per quanto riguarda i contratti nazionali sia quelli aziendali.
Mi pare che siamo all’espansione in Europa del modello di relazioni sociali e sindacali degli Stati Uniti e più in generale dei paesi anglosassoni. Un modello che si fonda sul superamento di tutti i conflitti di natura sociale. Perché la logica del liberismo, che governa oggi gli attuali processi, mette al centro l’impresa, cioè il profitto e la rendita finanziaria, in una logica di concorrenza su base locale e su base globale. Questo determina una posizione di concorrenza tra i lavoratori, sia nei singoli paesi sia tra i lavoratori di diversi paesi. Si tratta di una guerra che allo stato attuale è commerciale e monetaria, come abbiamo visto anche a livello internazionale, con la svalutazione della moneta americana. Al contrario l’Europa si è impiccata alla logica della troika e della BCE.
D. Perche la gente non reagisce?
R. Perche alla crisi si aggiunge una situazione politica, nel nostro paese, che presenta aspetti particolari. C’è in realtà il riprodursi in continuazione della logica delle “larghe intese”, che coprono, anche dal punto di vista della comunicazione, la sensazione della gente. Una condizione che riassumo cosi: cresce l’area di grande sfiducia. A mio avviso, i momenti di grande mobilitazione, anche importanti che ci sono, si esauriscono rapidamente. Lo stato d’animo della gente è di rabbia e nello stesso tempo di rassegnazione; questo si esprime, nelle elezioni, o con l’astensionismo, che soprattutto tra i lavoratori è molto elevato, o con fenomeni elettorali come quelli di Grillo, che si determinano di volta in volta.
Se non c’era il movimento di Grillo l’astensione in Italia avrebbe superato il 40%. Grillo è stato come un tram, che un lavoratore o un cittadino giovane ha preso, mandando il segnale di andare tutti a casa.
D. Dal momento che questi politici non se ne vanno da soli, c’è la speranza di cambiamento e del loro rovesciamento?
R. Abbiamo bisogno di ricostruire una speranza, la possibilità di cambiare questa situazione in meglio. Oggi la gente non trova risposta in nessuna aggregazione politica di sinistra, perche c’è una storia politica di scissioni, di divisioni che hanno portato alla frammentazione totale e quindi le persone fanno fatica a scommettere su questo o quel soggetto politico. A questo si somma tutta la dimensione sociale a cui accennavo prima. La dimensione europea, cioè la necessità di un percorso alternativo rispetto a tutto questo, nasce proprio dal costruire una risposta politica, una aggregazione politica, che affermi i valori che sono di solidarietà o di altra natura. Nella mia esperienza quando ero segretario generale della FIOM ho avuto modo di frequentare le riunioni europee e internazionali dei sindacati. La costruzione di un soggetto che abbia anche dimensioni di massa, che possa contare qualcosa per la gente, questo è l’elemento che, a mio avviso, deve prevale su tutto il resto.
Per questo l’appuntamento delle elezioni europee può avere tale significato. Nel nostro paese, per quello che ha rappresentato l’esperienza di Syriza e del suo presidente, ciò può essere e deve essere un elemento di novità in questo scenario. Però deve avere tutte le caratteristiche di una cosa nuova e non deve ripetere storie del passato, che sono finite male.
D. La proposta di Barbara Spinelli per una lista unitaria della sinistra italiana, con a testa Alexis Tsipras, è fattibile?
R. La proposta di Spinelli ha questo valore e questo significato, perché ha in già in sé tanti soggetti che si sono, in qualche modo, aggregati intorno alla sua proposta. Ha una dimensione di largo respiro, anche dal punto di vista dello spazio democratico che può coprire, e può permettere di aprire una pagina nuova. La vedo molto positivamente. So anche che una parte del movimento sindacale potrà convergere su una lista costruita in questo modo.
D. Il nuovo segretario del Partito Democratico Renzi ha presentato le sue proposte per il lavoro …
R. Non sono affatto ottimista su quello che Renzi intende fare sul lavoro. Penso che rimarrà dentro l’ambito del ragionamento che facevo prima. Non credo però che sia una cosa immediata nel nostro paese. Tanto è vero che lui parla di cose da fare da qui a otto mesi e noi, comunque, siamo in una situazione nella quale il governo starà in piedi al massimo dieci o dodici mesi. Anche di fronte alla situazione politica esistente nel nostro paese, penso si tratti più di una mossa a effetto elettorale. Non la vedo precipitare in questa fase, sapendo che il problema vero da cui il nostro paese deve partire, come del resto è anche la situazione della Grecia, è la crescita del lavoro. Perche qui continuiamo a parlare di mercato del lavoro. Solo che il lavoro non c’è. Nel senso che questo richiede investimenti pubblici, richiede scelte di politica industriale. A quel punto, però, necessariamente, non possiamo non fare i conti su una modifica del quadro attuale. Questo è il punto che a me convince fortemente. Noi dobbiamo aprire una battaglia che ha dimensioni europee.
Dentro questa dimensione europea devono crescere le iniziative nei diversi paesi per rilanciare una politica del lavoro. L’Europa, cosi com’è fatta oggi, è un’Europa, in realtà, dove esiste la guerra di tutti contro tutti. Questo porta, di fatto, alla contrapposizione anche tra i lavoratori di diversi paesi, tra chi offre le migliori condizioni per le imprese. Noi dobbiamo pensare a un progetto di Europa che metta al centro le questioni di natura sociale: un progetto vero di costruzione dell’Europa che parta dalle questioni fiscali, dalle questioni dei diritti sociali, dallo stato sociale e dalle condizioni dei lavoratori. Quello che a me pare è che, invece, in Europa stiamo importando, paese per paese, il modello sociale degli Stati Uniti. Un modello sociale dove non esistono i contratti nazionali e dove il sindacato, per entrare dentro i luoghi di lavoro, è sottoposto a procedure e praticamente non riesce quasi mai ad arrivarci. Non esiste il contratto nazionale, non esiste lo stato sociale, non esiste il diritto alla sanità. Questa è la storia culturale e politica dei paesi anglosassoni che, appunto, non è la nostra storia.
Category: Elezioni europee 2014, Lavoro e Sindacato