Bruno Giorgini: Viva lo sciopero dei medici
Considero lo sciopero nazionale dei medici ospedalieri e di base un evento politico sociale tra i più importanti e benvenuti per la salute dell’intero paese.
Viceversa considero che con le ultime misure e tagli della sanità, il governo sia giunto al limite di una vera e propria indegnità sociale – se non lo ha addirittura oltrepassato – laddove i potenti in nome del profitto mordono e cannibalizzano la carne dolorante in corpore vivo delle persone, i malati, ovvero i più indifesi.
D’altra parte si sa, la sanità è potenzialmente un enorme affare dove accumulare profitti e guadagni, purchè da diritto sociale per tutti i cittadini si trasformi in merce cui si può accedere – che si può comprare – in misura del proprio reddito. Questo comporta non solo un impoverimento delle prestazioni erogate dal servizio sanitario, con una difficoltà crescente per poterne usufruire allungando i tempi d’accesso a analisi e cure oltre il ragionevole, ma anche un impoverimento culturale e sociale del ruolo del medico e degli altri operatori sanitari, con riduzioni crescenti della loro libertà e indipendenza sia diagnostica che terapeutica, subordinate sempre più rigidamente alle esigenze di bilancio, quindi il medico essendo sottomesso al manager, il che sta tra la scemitudine eretta a sistema e la follia paranoica, ovvero in nome del soldo la distorsione della realtà che, necessariamente, nella sanità deve mettere al primo posto la salute del paziente.
Da questa distopia deriva inevitabilmente una diminuzione dell’efficacia terapeutica in varie stratificazioni cumulandosi con effetti valanga che poi chiamiamo mala sanità, in molti casi – tutti quelli di cui ho avuto esperienza e/o conoscenza dirette, da oltre diecianni girovagando per gli ospedali pubblici di Milano e Bologna con buona continuità – imputabile semplicemente alla scarsità di risorse umane e tecnologiche.
In un incompleto elenco abbiamo: la riduzione dei tempi di studio e ricerca; il cumulo di ore lavorative oltre il lecito per esempio di un chirurgo in sala operatoria, a volte oltre le otto ore; il tempo sempre più striminzito dedicato al rapporto col paziente e l’attenzione alle sue esigenze e bisogni giocoforza sempre più scarsa; un clima di perenne nervosismo nelle corsie; la trascuratezza dell’igiene da quella nei bagni a quella nei reparti; la riduzione di personale da quello generico a quello specializzato e dei macchinari, per la radioterapia, la TAC , la PET, le risonanze magnetiche eccetera apparati delicati bisognosi di continue revisioni quindi spesso inagibili, e più vecchi sono peggio è; per le cliniche universitarie una minore attenzione e un minor tempo dedicato agli studenti fino agli specializzandi, spesso usati per tappare i buchi col cuore in bocca perchè coscienti della loro insufficinete formazione, e non vi dico il cibo. Se poi siete ricoverati di sabato e domenica vale sempre l’avvertimento del vecchio infermiere: mi raccomando se qualcosa non va eviti di chiamare il medico di guardia, meglio suicidarsi. Era feroce il vecchio infermiere uomo d’esperienza, perchè al solito i medici di guardia son ragazzi pagati a notte che oltre l’aspirina non vanno, e se proprio non ce la fai, allora bisogna allertare il medico in “disponibilità” che sacramenta perchè ha lavorato come un mulo l’intera settimana e pure deve venire a vederti nel week end, sperando che sia un falso allarme, una cosa che si risolve con niente altrimenti ci passa la notte, e tu paziente, mooolto paziente, speri sia lucido e riposato quanto basta.
Mi riferisco a medici molto bravi e appassionati del loro mestiere, e quanto più sono bravi tanto più vengono frustrati dall’attuale organizzazione della sanità.
Molti rifiutandosi di cedere al partime tra attività privata e lavoro ospedaliero pubblico, addirittura si sentono a volte trattati come il famoso giapponese rimasto nascosto nella giungla a difendere la polveriera ormai vuota in una guerra ormai finita con la sconfitta cui non vuole, non vogliono, arrendersi.
Di questo e di altro ho discusso qualche tempo fa con tre medici in un bel dopopranzo. Tutti lavorano in un grande ospedale un tempo d’eccellenza oggi un po’ barcollante, con intensità e senso del dovere, fin troppo forse perchè sono serissimi, anche la più giovane ragazza, precaria “forse a vita” dice ridendo. Gli altri due, un uomo e una signora, sono medici con ottime qualità professionali diagnostico terapeutiche unanimemente riconosciute, nonchè una notevole attività scientifica di ricerca e alta formazione, come si suol dire. Però non ne possono più.
Direi che proprio per questo, perchè eccellono nell’arte di diagnosi, prevenzione e cura del malato e della malattia, non ne possono più.
“Fanno di tutto per impedirci di lavorare come si deve, sembra lo facciano apposta” “Lo fanno apposta” “Uno che pensa a un ospedale come a una fabbrica cosa vuoi che capisca di salute….” “Lo hanno messo lì proprio perchè non capisce niente di medicina, pazienti, malattie, ricerca medica, sono per lui come la stele di Rosetta, parole scritte in cuneiforme, così non ha nemmeno un sussulto di coscienza nemmeno un brivido, non gli viene mai un dubbio del male, dei malestri che sta creando.” “E’ così che i migliori se ne vanno, e te li ritrovi a lavorare in conto proprio nel privato” “Dai che alcuni sono anche figli di puttana, insomma ci marciano, le cose in ospedale non vanno e quindi prendono la palla al balzo per cambiare cavallo senza sentirsi in colpa”. Già l’attuale gestione ha fatto sì che ciò che un tempo era tollerato ma non incentivato, adesso sia benemerito, e sono gli stessi dirigenti manager a farti l’occhiolino se s’accorgono che sei sul punto di… sono un fiume in piena i miei amici dottori e dottoresse, “ci hanno preso per il culo per anni con parole come managerialità, gestione e governo delle dinamiche…ma quali dinamiche, quelle del soldo e della spartizione tra i partiti che la sanità è un ghiotto boccone specie in Emilia, e adesso guarda come siamo messi, che non è mica colpa loro, figuriamoci se mai possono avere la responsabilità di qualcosa…ma no siamo noi a farne le spese tra l’incudine di pazienti sempre più incazzati e il martello dei manager sempre più esigenti e burocratici.
E cosa esigono: no mica la salute della gente, ma il risparmio, di letti, di analisi, di giorni di degenza, di personale” “Tutto questo si traduce in più turni e ore di lavoro per noi, a dei livelli ormai insopportabili, così non si può lavorare, perchè lavori male e rischi anche di sbagliare, specie i più giovani” “L’arte medica è una scienza umanistica per definizione, mette l’umano al centro altro che managerialità” “C’è stato anche l’azzeramento del merito, anche voi del ’68 – e mi guarda – che parlavate di eguaglianza avete contribuito” Non capisco perchè ma non si può avere tutto dalla vita “L’attitudine a livellare verso il basso ha prevalso” “E i manager ne hanno approffitato” “Ma oggi il sistema è già in default, soltanto che non si vede, oggi la cosa si fonda su un volontariato spurio, non dichiarato. Lo sanno tutti ma c’è un compromesso dell’ipocrisia, così si tira avanti.” “Secondo me la sanità pubblica già non esiste più. A tutto il resto si aggiunge la corruzione, c’è una cultura della corruzione, non dico che ti mettono i soldi in mano ma come una cosa untuosa che trovi dappertutto.” “A Bologna il partito, il PCI, è stato storicamente il partito dei medici, ti ricordi Favilli, il Professor Favilli, è stata tutta una scuola” “Te la dico così. Le fratture ci sono già. Prima della frana.” Nonostante tutto la giovane precaria dice “voglio lavorare in ospedale, per questo ho studiato, il medico in ospedale questo mi piace, curare le persone e studiare le malattie, capire e sapere usare un bisturi” Tutto un programma che non s’arrende, sperando che lo sciopero la aiuti, forse.
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