Valerio Minnella, Carla Caprioli: Incontro ravvicinato nella cabina del telefono
Vittorio Capecchi, Amina Crisma, Shona Main e Nick Bruno nel 2018.
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Incontro ravvicinato nella cabina del telefono
Interventi di Valerio Minnella e Carla Caprioli
Carla:
Ho conosciuto Vittorio Capecchi nel 1982. Ero molto giovane. Per sette anni, fino al 1989, ho collaborato come segretaria di redazione di “Inchiesta”: correggevo le bozze, contattavo gli autori, cercavo di partecipare ai comitati di redazione e a volte ero molto imbarazzata, perché capivo poco o niente di quello che si faceva. I numeri monografici di “Inchiesta” di quegli anni abbracciano un ventaglio di temi molto ampio. La segretaria di redazione è una specie di ibrida tra la Piccola Fiammiferaia e Frau Blücher. Però è stato molto piacevole.
La pazienza di Vittorio si manifestava nell’accogliere sempre in casa sua, in qualsiasi momento, le persone con cui lavorava, Aveva molta pazienza anche con me; mentiva con grande gentilezza con la redattrice dell’editore Dedalo, dicendo che le bozze dei numeri monografici di Inchiesta non erano arrivate perché la posta era in ritardo, mentre in realtà noi ce le tenevamo per mesi in lavorazione. Una delle grandi cose che mi ha insegnato è di non litigare mai assolutamente con i redattori, perché è meglio essere gentili, e se si vuole portare a termine qualcosa di stampato, bisogna essere molto molto molto diplomatici. E l’altra cosa, è che la sua casa, o meglio tutte le case in cui l’ho conosciuto – molto brevemente in Via Albertazzi, poi in Vicolo Facchini e poi in Piazza Santo Stefano – erano case molto fascinose. Una casa in cui mio figlio di cinque anni poteva trovare un tavolo pieno di Lego, inaugurato da Vittorio insieme ad Adele Pesce, a disposizione dei bambini. Quindi un posto incredibilmente diverso dalle redazioni che conoscevo, che erano posti inamidati, in cui si doveva stare zitti. A casa sua il lavoro veniva fatto in maniera divertente.
In questi giorni, come ho detto ad Amina, avevo un grande magone e non volevo venire. Mi scuso. Vorrei ricordare un episodio con Vittorio che ho trovato nella biografia di Valerio Minnella.
Valerio ora ve lo leggerà. Tecnico elettronico e informatico, esperto in comunicazioni, tuttora impegnato nell’utilizzo sociale delle tecnologie, è un libertario nonviolento. Spala il fango a Firenze nel ’66; partecipa alle lotte del Belice; obiettore di coscienza, è incarcerato due volte e fonda la Lega Obiettori di coscienza; lavora a Trieste con Basaglia; fonda a Bologna “Radio Alice” e viene arrestato il 12 marzo ’77, durante la chiusura manu militari della stessa. Nel 2023 pubblica con Alegre Edizioni un’anomala autobiografia, scritta a sei mani con Roberto Bui (Wu Ming 1) e Filo Sottile: “Se vi va bene bene se no seghe”. È la frase che nel marzo 1977 Valerio ha pronunciato al microfono di Radio Alice mettendo su l’ultimo disco in diretta, nel momento in cui la porta della radio veniva sfondata dalla polizia, un attimo prima della distruzione delle apparecchiature e dall’arresto di Valerio e di quei collaboratori della radio che non erano riusciti a fuggire attraverso i tetti.
In questo testo ho trovato la pagina che vorrei che Valerio leggesse. Si tratta di un incontro ravvicinato nella cabina del telefono di Piazza Verdi l’11 marzo del 1977.
Valerio:
Il giorno in cui è avvenuta l’uccisione dello studente Francesco Lorusso, io per Radio Alice sono in Piazza Verdi ed entro in una cabina telefonica per raccontare alla radio quello che succede. Si sta preparando una manifestazione. Leggo questi tre paragrafi.
«Ad ogni modo, sento dell’uccisione di Francesco e mi precipito in Piazza Verdi, dove si sta creando un enorme corteo. C’è rabbia, determinazione, ma c’è anche sgomento nel vedere che non arrivano gli operai a sostegno degli studenti. Una delle non poche grandi cazzate fatte dal sindacato e dal partito comunista in quei giorni. In Piazza [Verdi], di fianco al teatro comunale, ci sono le cabine del telefono. Mi infilo in una e chiamo Alice per raccontare quel che vedo da lì.»
«Nella cabina di fianco, con le porte aperte, c’è il matematico e sociologo Vittorio Capecchi, uno di quelli dell’Olivetti dei tempi d’oro. Lui non mi riconosce, ma io riconosco lui perché mi ha intervistato nel 1971 con tutto il collettivo Abbaino per “Inchiesta”, la rivista che dirige.»
Il collettivo Abbaino è un collettivo di obiettori di coscienza.
«Immagino che stia parlando con la Camera del lavoro o forse direttamente con il partito, perché urla “Dovete mandare qui gli operai, è importantissimo che ci siano, se non ci sono gli operai qui succede un casino!”»
Come tutti sapete, successe il casino.
Carla:
Anche Vittorio ha scritto di questo episodio, in un’intervista pubblicata su una rivista dell’IRES CGIL, “ERE – Emilia Romagna Europa”, del marzo 2009:
«Nel ‘77 l’uccisione dello studente Lorusso da parte della polizia creò un forte turbamento e quando questo giovane fu ucciso vicino a dove insegnavo io telefonai alla direzione della Flm chiedendo che venisse all’Università perché il clima era drammatico. Ma la Flm, la mia amata Flm, ebbe paura, perché il Pci pensò che c’era in atto un complotto nazionale e quindi bisognava non fare nulla, non farsi coinvolgere. Partecipai così a un triste corteo di soli studenti e dato che nel corteo alcuni spaccarono alcune vetrine del centro, la destra ne approfittò per gridare al pericolo e venne l’esercito con i carri armati in Piazza Verdi.»
Ecco, questo credo che dia l’impressione di come Vittorio fosse sempre in mezzo, perché era nel posto giusto al momento giusto. Questo è il mio ricordo.
Nota: Nel primo numero di “Inchiesta” (primavera 1971) Vittorio Capecchi ha pubblicato il testo della dichiarazione ‘Il rifiuto all’esercito come strategia di rifiuto – Per un’obiezione di coscienza politica’, firmata da un gruppo di obiettori di coscienza tra cui Valerio Minnella. Si ringraziano i bibliotecari Enrico Pontieri e Simona Granelli della Fondazione Gramsci Emilia-Romagna.
Valerio Minnella, classe 1950, professionalmente nasce come fonico, tecnico elettronico specializzato in elettro-acustica e telecomunicazioni, commerciante del settore e a fine anni ’70 diventa tecnico informatico specializzato in sistemi gestionali e grandi basi di dati.
Politicamente è un libertario nonviolento e partecipa a numerose iniziative politiche che hanno segnato la società italiana: comincia spalando il fango a Firenze nel ’66; trasferitosi in Valle del Belice, partecipa alle lotte della popolazione per ottenere la ricostruzione post terremoto; obiettore di coscienza al servizio militare nei primi anni ’70 viene incarcerato due volte; fonda la LOC (Lega Obiettori di coscienza); nel ’74 partecipa al primo scaglione del novello Servizio Civile, lavorando anche all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste con Franco Basaglia; fondatore a Bologna di “Radio Alice”, viene arrestato il 12 marzo ’77, durante la chiusura manu militari della stessa da parte della Polizia; nel 2002 è fondatore di “OrfeoTv” e del circuito di Tv di Strada “Telestreet”; è ancora oggi impegnato in attività di utilizzo sociale delle tecnologie, di opposizione nonviolenta agli apparati militaristi e nella difesa della Costituzione, nata dalla Resistenza (A.N.P.I.).
Nel 2023 ha pubblicato con Alegre Edizioni “Se vi va bene bene se no seghe”, un’anomala autobiografia, scritta a sei mani con Wu Ming 1 e Filo Sottile.
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