Marcello Ghilardi: Origini e successo dei manga. 1

| 17 Marzo 2023 | Comments (0)

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Origini e successo dei manga (1)

Il fascino della cultura, dei costumi e delle tradizioni del paese del Sol Levante non ha mai cessato di esercitare un forte influsso sul mondo occidentale, almeno a partire dall’epoca delle prime missioni dei religiosi e dei commercianti europei, che ne hanno studiato forme e modelli di vita rendendoli noti anche a chi in Giappone non aveva e non avrebbe mai messo piede.

Se i fumetti giapponesi si sono sviluppati integrando stili e tecniche delle strisce a fumetti americane o di altri tipi di immagine di importazione europea, è del resto indubbio che rimane forte la presenza di elementi di continuità con la lunga storia dell’immagine dell’arcipelago. Un chiaro esempio di continuità e insieme di innovazione, dal punto di vista tecnico è dato dall’uso dei principali strumenti per la realizzazione dei disegni. Da una parte persiste l’uso dei materiali tradizionali, come il pennello – fondamentale sia per la pittura dei letterati (sumie) che per l’arte della scrittura (shodō) – e l’inchiostro; dall’altra l’impiego, affermatosi sempre più a partire dagli anni Sessanta, di retini adesivi dalle trame sempre più raffinate per campiture di paesaggi o di tessuti, per ombreggiature, chiaroscuri, effetti ottici difficilmente realizzabili con il semplice tratteggio o la sfumatura dell’inchiostro. I manga sono sempre in bianco e nero – a parte poche pagine che vengono colorate, in occasioni speciali, all’inizio di nuovi capitoli nelle raccolte (tankōbon) che ri-editano le serie di maggior successo. Mentre il mercato del fumetto europeo e americano ha saputo sfruttare nel corso del tempo le continue innovazioni tecniche legate all’uso dei retini colorati o alla possibilità della colorazione tramite computer, i manga – che in alcuni casi hanno pure saputo raggiungere ottimi traguardi nella grafica computerizzata – hanno continuato a privilegiare la figurazione tradizionale in bianco e nero, seguendo l’estetica della pittura tradizionale cinese e giapponese (e contenendo i costi di stampa). Dalla pittura cinese deriva, anche per l’arte giapponese del fumetto, la libertà dal colore.

Come nella pittura dei letterati cinesi e giapponesi, il manga mantiene l’integrazione di pittura e calligrafia, di disegno e scrittura. Anzi, si può dire che la faccia diventare la sua caratteristica peculiare. Già nei dipinti cinesi di epoca Song (960-1268) era invalsa l’usanza di inserire poesie, riflessioni filosofiche o addirittura commenti filosofici nell’immagine raffigurata – molto spesso un paesaggio – e questo tipo di pratica viene testimoniata e supportata anche da scritti teorici coevi o successivi. Non sembra dunque fuori luogo pensare una storia dell’immagine che conduce senza eccessive rotture ai manga contemporanei, senza la pretesa di vedere solo continuità e nessuna cesura. Spesso la tradizione si inventa per legittimare o avvalorare lo stato attuale delle cose, e bisogna evitare di cadere in un simile rischio; si può tuttavia provare a intendere il manga contemporaneo all’interno di uno sviluppo, di una variazione che al contempo produce scarti e differenze, ma non perde il legame con ciò che l’ha preceduta.

Ma il grande precursore dell’estetica dei manga è uno dei più conosciuti e apprezzati artisti giapponesi, Katsushika Hokusai (1760-1849). Estremamente versatile, Hokusai seppe utilizzare al meglio, nel corso della sua lunga carriera, tutti i soggetti e le principali tecniche delle arti figurative dell’epoca, dalla xilografia alla pittura ad inchiostro, dall’arte del ritratto a quella dei biglietti augurali (surimono), dai paesaggi alle illustrazioni di componimenti poetici o di racconti. I cosiddetti Hokusai manga costituiscono un’opera davvero originale, per il contesto in cui si affermò il pittore. Costituiscono una vasta raccolta di schizzi e disegni presi dal vero, raccolti in quindici volumi pubblicati tra il 1814 e il 1878 (gli ultimi tre uscirono postumi). Il carattere man 漫 sembra alludere qui a qualcosa di frammentato, o rapsodico, privo di una struttura continua e coerente, o anche a qualcosa di sciolto, libero da schemi o da una precisa intenzionalità. Le immagini (ga 画) disegnate da Hokusai raffigurano infatti soggetti colti in atteggiamenti spontanei, sciolti da un contesto narrativo, e spesso assumono forme caricaturali. Si tratta in molti casi di disegni eseguiti in rapidità, per catturare l’istante curioso, originale, comico di una situazione. La capacità di conferire massima espressività con il minimo dei mezzi costituisce ancora oggi, non a caso, una delle caratteristiche principali dei fumetti giapponesi.

I manga costituiscono inoltre un caso particolare di un fenomeno più generale che coinvolge molti aspetti dell’arte e della cultura tra Giappone e mondo occidentale. Certo è che per la loro fruizione da parte di larghe fasce della popolazione, per la diffusione su scala planetaria non solo delle storie, ma anche dei gadget, dei giochi, del merchandising e delle mode, i manga sono diventati quasi per antonomasia l’elemento che ha potuto produrre forme di ibridazione tra le più imponenti ed efficaci, emblemi della società multiculturale e multimediale in cui viviamo. La dimensione della possibilità relazionale dei manga ha prodotto nuove forme di comunicazione e di rappresentazione di sé e del mondo: leggendo le storie disegnate da autori giapponesi, i giovani europei e americani hanno scoperto di potersi immedesimare in quelle vicende, in quei personaggi. Hanno incontrato nuovi gesti, nuovi suoni, nuove figure; si sono sentiti vicini agli autori che avevano saputo raccontare quelle storie, scrivendone le trame e disegnandone le figure.


Marcello Ghilardi è docente di Estetica e di Philosophy of Interculturality all’Università di Padova. Si occupa da anni di filosofia e dialogo interculturale e ha dedicato diversi studi all’arte e al pensiero giapponesi. Tra i suoi libri: Cuore e acciaio. Estetica dell’animazione giapponese (2003); Filosofia nei manga (2010); Filosofia dell’interculturalità (2012); Arte e pensiero in Giappone (2011); Il vuoto, le forme, l’altro (2014, 2017); L’estetica giapponese moderna (2016); La filosofia giapponese (2018); La radice del sole (2020).

 

Category: Fumetti, racconti ecc..

About Marcello Ghilardi: Marcello Ghilardi è docente di Estetica e di Philosophy of Interculturality all'Università di Padova. Si occupa da anni di filosofia e dialogo interculturale e ha dedicato diversi studi all'arte e al pensiero giapponesi. Tra i suoi libri: Cuore e acciaio. Estetica dell'animazione giapponese (2003); Filosofia nei manga (2010); Filosofia dell'interculturalità (2012); Arte e pensiero in Giappone (2011); Il vuoto, le forme, l'altro (2014, 2017); L'estetica giapponese moderna (2016); La filosofia giapponese (2018); La radice del sole (2020).

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