Vittorio Capecchi: Sartre 1960. La sinistra non è mai pronta

| 16 Ottobre 2013 | Comments (0)

 

 


Viene diffuso l’editoriale pubblicato nel numero 181 di Inchiesta  luglio-settembre 2013

 

Neusiedler See, estate 1954. Leggere La nausée di Sartre.

Avevo sedici anni e nella estate del 1954 mi sono trovato da solo, con tutta una giornata davanti, con una gamba ingessata fino al ginocchio in un zona del parco naturale del Neusiedler See (un grande lago con oasi naturali e nidi di cicogne tra l’Austria e l’Ungheria) con in mano La nausée di Sartre nella edizione Livre de poche. Fu una giornata bellissima perchè quel libro (scritto nel 1938, l’anno in cui sono nato) entrò per sempre a vele spiegate nella mia vita. La sua trama è semplicissima. E’ la storia di un intellettuale di Parigi, Antoine Roquentin, che si traferisce in periferia a Bouville e che si interroga su quale senso dare alla vita di fronte a se stessi e al mondo. Vengono scartate varie alternative e alla fine viene data la soluzione. Roquentin decide di tornare a Parigi e ascolta per l’ultima volta il disco che gli mette Maddalena sul vecchio fonografo con la puntina che stride entro le scanalature: é la voce di una “cantante afro americana che canta la melodia scritta da un compositore ebreo”: some of these days, you’ll miss me honey. Roquentin lo ascolta e capisce che il senso della vita per sé e per gli altri è nel lasciare una traccia di gioia, tenerezza, amore come quella che “quella negra e quell’ebreo” stanno procurando a lui. Non c’è bisogno di compiere gesta o imprese eccezionali. Ogni traccia di gioia che viene lasciata al resto del mondo, attraverso il proprio operare, giustifica la vita. Terminato il libro (le ultime parole sono Demain il pleuvra sur Bouville) mi sentii bene e quell’atmosfera di armonia possibile tra persone appartenenti ad una stessa umanità, mi ha come orientato nei sentieri di crinale che ho percorso negli anni successivi. Molti anni dopo, sulla rivista Music and Letters (2006, pp. 398-407) ho scoperto che chi cantava con la voce roca Some of these days era la cantante ebrea bianca Sophie Tucker (emigrata nel 1917 dalla Russia con la famiglia negli Stati Uniti) ed era invece il compositore Shelton Brooks ad avere origini africane. Nelle sue memorie del 1952 lei stessa scrive che “dopo due matrimoni di troppo” era diventata “troppo grassa e bruttina” e, per poter cantare in pubblico con la sua bellisima voce roca, aveva preferito farlo con la faccia coperta di nero. Il finale de La nausée, con la storia di Sophie Tucker nascosta nella trama raccontata da Sartre, mi è sembrato ancora più intenso: per lasciare una traccia di gioia ci si può anche travestire.

 

Milano inverno 1960. Ascoltare Sartre alla Casa della Cultura.

Dopo sei anni, nel 1960, la mia vita si era precisata: da Pistoia ero andato a Milano per frequentare la Bocconi e il primo esame che davo aveva fatto intravedere a Francesco Brambilla (docente di Statistica ) la mia “passione per la matematica” per cui mi aveva scelto da matricola, con altri due studenti dello stesso corso, perchè diventassi suo “assistente”. I miei obiettivi non erano mutati: niente sport, libri e viaggi. L’unica variazione era che tra i libri ci sarebbero stati anche quelli di matematica. Nell’inverno 1960 Sartre viene invitato alla Casa della cultura, allora diretta da Rossana Rossanda, per ritirare il Premio Omegna. Era Sartre, il mio amatissimo Sartre. Arrivai alla Casa della cultura un’ora e mezza prima e mi sedetti in terza fila. Sartre parlava su di un palcoscenivo, seduto dall’altra parte di un lungo tavolo, con occhiali e sigaretta, illuminato da una lampada che disegnava ombre sul suo viso da tartaruga. Iniziò a parlare di De Gaulle che era arrivato nel 1959 al potere, della guerra in Algeria, della sperimentazione della prima atomica francese nel Sahara algerino e poi… E poi decise di parlare della sinistra in Francia. Si arresto un attimo; ci pensò e poi esplose un violento pugno sul tavolo gridando con tutta la sua rabbia: La Gauche n’est jamais prompte, la sinistra non è mai pronta! L’atmosfera di armonia possibile che mi aveva lasciato con La nausée era scomparsa. Al mondo reale non interessava che le persone trovassero il senso della loro vita nel lasciarsi reciprocamente tracce di gioia e tenerezza. Il mondo reale era fatto di violenza, di atomica, di potere e in quello scontro “la sinistra non é mai pronta”.

 

 

Passato e presente nell’Italia d’oggi.

E’ vero che “la sinistra non è mai pronta?”. Nella prima metà degli anni ’70 (Inchiesta nasce a Bologna nel 71, incontro Claudio Sabattini e dirigo l’ufficio studi della FLM bolognese e poi regionale dal 1973 al 1982) quella frase di Sartre mi sembrò ingenerosa. C’era una “sinistra” (era quella della FLM) che era “pronta” anche se doveva difendere i propri ideali dai partiti (allora c’era il PCI) e dal resto del sindacato. Poi la sinistra sindacale si ridusse alla FIOM e il PCI si trasformò in tante di quelle sigle che alla fine quando si arriva al PD l’interrogativo non è più “la sinistra non è mai pronta?” ma “esiste ancora una sinistra?”. Questo numero di Inchiesta inizia con una dichiarazione di “sinistra” da parte del gruppo promotore di “La via maestra”. Ricordando la FLM di allora e gli inizi di Inchiesta (che arrivava a vendere tra le 60 mila e le 80 mila copie essendo diventata la rivista della FLM e delle 150 ore) questa dichiarazione appassionata di sinistra misura tutta la perdita di potere (nel mondo del lavoro, nella scuola, nelle politiche ambientali, nel sociale) rispetto a quegli anni. Nel mondo del lavoro gli arretramenti sono documentati negli articoli di Umberto Romagnoli, Gianni Rinaldini, Luisa Betti e nell’intervista a Guido Mora; nel mondo della scuola è importante tutto il dossier curato da Luciano Berselli sulla scuola dell’infanzia; nelle politiche ambientali gli arretramenti sono documentati da Mario Agostinelli; nel mondo del sociale quella speranza di umanesimo diffuso, di cui parlava Sartre ne La nausée, si sta sempre più allontanando e ce lo ricorda in ogni numero Emilio Rebecchi (che, esprimo un parere personale, ha trovato un tipo di narrazione sempre più preciso e capace di emozionare).

 

 

Passato e presente nella Cina d’oggi.

In questo numero ci sono due dossier sulla Cina: uno curato da Massimo Mori dal titolo “Tra terra e cielo: l’arte del taijiquan” e uno curato da Amina Crisma “Passato e presente nella Cina d’oggi”. Gli interrogativi che ci poneva Sartre nel 1960 quali risposte trovano in questi due dossier?. Sulla Cina ci sono due immagini diverse: quella di un umanesimo lontano presente nei testi confuciani e taoisti e nell’arte del taijiquan e quella di una Cina d’oggi in cui c’è la persistenza di uno stato autoritario. C’è una rottura insanabile tra passato e presente? I quattro interventi nel Dossier “Passato e presente nella Cina d’oggi” convergono nel sottolineare che anche nella Cina di oggi c’è una esigenza di partecipazione e democrazia che è diffusa, viva e non formale. Il manifesto della sinistra italiana “La via maestra” è rintracciabile anche in Cina. Si può perciò concordare con la chiusura dell’intervento di Guido Samarani che parla di “una crisi globale della democrazia” con però “domande di democrazia” che emergono con forza in Cina come in tutte le altre parti del mondo. Agli interrogativi “La sinistra non è mai pronta?” o “Esiste ancora una sinistra?” si può rispondere che “una sinistra minoritaria è presente sia in Occidente che in Cina”. E’ quindi importante contribuire a creare ponti tra occidente e oriente tra tutte le sinistre. Non può trionfare solo l’internazionale del Capitale.

 

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Category: Editoriali, Storia della scienza e filosofia

About Vittorio Capecchi: Vittorio Capecchi (1938) è professore emerito dell’Università di Bologna. Laureatosi in Economia nel 1961 all’Università Bocconi di Milano con una tesi sperimentale dedicata a “I processi stocastici markoviani per studiare la mobilità sociale”, fu segnalato e ammesso al seminario coordinato da Lazarsfeld (sociologo ebreo viennese, direttore del Bureau of Applied Social Research all'interno del Dipartimento di Sociologia della Columbia University di New York) tenuto a Gosing dal 3 al 27 luglio 1962. Nel 1975 è diventato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Negli ultimi anni ha diretto il Master “Tecnologie per la qualità della vita” dell’Università di Bologna, facendo ricerche comparate in Cina e Vietnam. Gli anni '60 a New York hanno significato per Capecchi non solo i rapporti con Lazarsfeld e la sociologia matematica, ma anche i rapporti con la radical sociology e la Montly Review, che si concretizzarono, nel 1970, in una presa di posizione radicale sulla metodologia sociologica [si veda a questo proposito Il ruolo del sociologo (a cura di P. Rossi), Il Mulino, 1972], e con la decisione di diventare direttore responsabile dell'Ufficio studi della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM), carica che manterrà fino allo scioglimento della FLM. La sua lunga e poliedrica storia intellettuale è comunque segnata da due costanti e fondamentali interessi, quello per le discipline economiche e sociali e quello per la matematica, passioni queste che si sono tradotte nella fondazione e direzione di due riviste tuttora attive: «Quality and Quantity» (rivista di modelli matematici fondata nel 1966) e «Inchiesta» (fondata nel 1971, alla quale si è aggiunta più di recente la sua versione online). Tra i suoi ultimi libri: La responsabilità sociale dell'impresa (Carocci, 2005), Valori e competizione (curato insieme a D. Bellotti, Il Mulino, 2007), Applications of Mathematics in Models, Artificial Neural Networks and Arts (con M. Buscema, P.Contucci, B. D'Amore, Springer, 2010).

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