Saverio Bonazzi: Un Natale di 100 anni fa. La piccola pace nelle trincee della grande guerra
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Nel Natale di cento anni fa i nonni degli attuali nostri coetanei belgi, francesi, inglesi, tedeschi, e anche molti altri che non poterono essere padri né nonni a causa della guerra, si trovarono nei labirinti delle trincee scavate nel fango lungo tutto il fronte occidentale: dalle Fiandre alla Svizzera, 700 km dal Mare del Nord alle Alpi.
La guerra scatenata dalle mobilitazioni generali delle grandi potenze europee ai primi di agosto 1914, nella convinzione generale della sua breve durata (certamente entro l’anno, si diceva), si era impantanata in senso letterale e in senso logistico: le artiglierie pesanti erano intrasportabili nel fango e scarseggiavano le riserve di munizioni; soprattutto c’era parità di armamenti. Questi si erano dimostrati comunque micidiali: le vittime già si contavano a centinaia di migliaia.
L’invasione tedesca del Belgio neutrale, mirata ad accerchiare rapidamente le armate francesi, era fallita proprio in rapidità, per l’imprevista e strenua resistenza opposta dai belgi.
In tale terribile contesto, a Ypern (o Jeper o Ypres) nelle Fiandre, la vigilia del Natale 1914, gli inglesi ascoltano i canti di Natale dei sassoni e poi rispondono con i propri canti. Poi accendono delle luci lungo le trincee e vengono esposti sui parapetti delle trincee degli alberi di natale con candeline accese. Sarebbero un ottimo riferimento per tiro a segno, ma nessuno spara. Alberi di Natale illuminati nell’ambiente livido e gelido, che richiama i paesaggi invernali ritratti dai pittori fiamminghi. Poi il miracolo: alcuni soldati sassoni escono dalle trincee, evidentemente disarmati, e urlano “we not shoot!” noi non spariamo! Dopo increduli secondi, anche dei soldati inglesi escono allo scoperto; i nemici si avvicinano attraverso la terra di nessuno, si stringono la mano, Merry Christmas! si scambiano sigarette con tabacco inglese.
Con diverse modalità, accadono migliaia di episodi simili lungo tutto il fronte trincerato; spesso l’iniziativa parte dai sassoni e dai bavaresi: canti, scambi di parole, reciproche assicurazioni, strette di mano, fumate insieme, scambi di salsicce, corned beef, pudding, conserve, cioccolata, distintivi e bottoni, berretti, guanti di lana, sigari. Un proiettile tracciante inglese, legato a un piccolo paracadute, rimane a lungo a brillare all’orizzonte “come la stella di Betlemme!”.
Si cantano melodie nelle diverse lingue: Stille Nacht, It’s a long way to Tipperary, Adeste fideles… Si brinda a champagne offerto dai francesi al suono delle cornamuse scozzesi e al canto di un celebre tenore tedesco. I tedeschi suonano armoniche a bocca, poi si sentono corni e violini. Il Largo di Haendel, Watch am Rhein, Stille Nacht, The boys of Bonnie Scotland, Where the heater and the bluebells grow, O du froehliche, Home sweet home, e la triste Auld lang sine. Un barbiere tedesco, che aveva lavorato a Londra, rade barbe e capelli a tedeschi e inglesi. Anche una Messa in comune celebrata da un prete barelliere. Ma soprattutto i soldati nemici fraternizzano, si scambiano sentimenti, mostrano le fotografie dei propri cari, fanno foto insieme, dicono tutti di sperare che la guerra finirà tra pochi mesi o magari settimane.
Concordano una tregua di tre giorni. Il boxing day (26 dicembre) secondo la tradizione inglese giocheranno a calcio nella terra di nessuno, dopo avere seppellito i morti, i propri e i nemici.
Il Times del primo gennaio 1915 pubblica la lettera di un maggiore medico della London Rifle Brigade in cui riferisce di una partita a calcio giocata “tra noi e loro nella terra di nessuno”. The Daily Mirror dell’8 gennaio 1915 pubblica in prima pagina una larga fotografia col titolo “Un gruppo storico: soldati britannici e tedeschi fotografati insieme”.
Il soldato aveva più cose in comune col soldato nemico che con i propri comandanti supremi che stavano nelle retrovie: questione “di classe” che superava oggettivamente l’appartenenza nazionale; soprattutto dopo che gli effetti della propaganda bellicista erano svaniti nella realtà della trincea. “Le nostre mani sono terra e i nostri occhi pozzanghere di fango” da Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque. Non era rimasto nulla dell’entusiasmo di agosto, dopo un milione complessivo di morti. I tedeschi non cantavano più Deutschland uber alles ma Stille Nacht.
Nei primi cinque mesi di guerra sul fronte occidentale vigeva un tacito accordo: non si sparava mentre si andava alle latrine, per decenza, ma neanche durante la colazione, di cui si conosceva l’orario. Numerosi i casi di pattugliamenti dove i soldati nemici facevano in modo di non vedersi per non doversi sparare. .
La pace del Natale 1914 sul fronte occidentale: piccola, umile, spontanea, sorta da migliaia di giovani oppressi da cinque mesi di guerra di posizione; spontanea in chi la porge e in chi la accetta, di certo non ufficiale.
Pace negata dalle autorità, poi da queste reinterpretata a proprio uso e sterilizzata, vietata dalle corti marziali, mistificata dalla stampa e propaganda, allorché la tregua assume rinomanza grazie alle lettere, sfuggite alla censura, che i soldati avevano subito scritto a casa nella stessa Notte Santa. Pace odiata dalle classi dirigenti di tutte le nazioni in conflitto, in quanto espressione di libertà e di umanità degli uomini appartenenti alle classi sociali subalterne.
La Grande Europa era in pace da 43 anni, si erano ridotte le spese per equipaggiamenti e il peso politico dei militari era diminuito. “I generali si erano aggrappati alla guerra tanto quanto i loro subordinati ora si aggrappavano alla pace”. “Dissimulare e occultare facevano parte infatti della tattica di tutti gli stati maggiori”. Ai reporter non si chiedeva fedeli resoconti, ma articoli che rafforzassero il morale: dovere patrio, oggi si chiama embedded journalism, che è la negazione della funzione del giornalismo.
Per decenni fu occultata quella piccola pace nella Grande Guerra, fatta da quei soldati che avevano visto la morte come unico nemico, per loro e per i soldati con altra divisa. Avevano riconosciuto nei nemici dei semplici essere umani come loro.
Ci penserà una canzone del 1988 a restituire popolarità ai fatti di quell’incancellabile Natale: Christmas in the Trenches, testo e musica di John McCutcheon. Per lo storico Malcolm Brown il solo fatto che si sia verificata quella pace è la “migliore e più commovente storia di Natale dei nostri tempi” (in “Christmas truce” 1984).
Il maggiore Murdoch McKenzie Wood, del 6°battaglione dei Gordon Highlanders, non dimenticò mai la tregua del Natale 1914. Il 31 marzo 1930 il deputato M. McKenzie Wood, in un discorso nel Parlamento inglese, citò esplicitamente il cessate il fuoco del 1914 “stringemmo le mani ai nostri nemici. … se ci avessero lasciato stare, non sarebbe stato sparato davvero più un solo colpo”.
“We are Saxons, you are Anglosaxons, why should we shoot each other?” Noi siamo sassoni, voi anglosassoni, perché spararci addosso? Il tenente Johannes Niemann del 133° Reggimento Reali Sassone: partita a calcio contro Scottish Seafard Highlanders sul fronte Frelinghien-Houpelines; “i tommy considerano noi sassoni come i loro progenitori”.
La pace di Natale nasce come “miracolo” e “pazzesca” per gli stessi protagonisti nelle Fiandre e si propaga per tutto il fronte ovest interessando tedeschi, inglesi, belgi e francesi. Dalla Manica fino alle Alpi svizzere.
Sul fronte francese, chi canta non spara, secondo un detto. Allora i francesi lanciano giornali e tabacco verso le trincee tedesche; questi rispondono con sigarette e pane. Qualche parola, scambiandosi le lingue, e infine escono con prudenza fuori dalle trincee. Dopo Natale si spara al di sopra delle teste del nemico, si finge che la guerra ricominci. Tanti i sotterfugi di rapida intesa fra nemici, per prendersi gioco degli ordini degli alti comandi e mantenere la tregua qualche giorno in più. In pratica si può dedurre dalle lettere e dai resoconti che le tregue durarono generalmente fino al 3 gennaio 1915.
Nelle annotazioni del North Staffordshire Regiment viene menzionato un capitano tedesco …del 107° reggimento… nemico: in un breve colloquio col pari grado britannico, aveva consigliato di “tenere la testa bassa durante il giorno perché sarebbe arrivato il loro generale e avrebbe ordinato certamente di sparare.” Sonori scambi di colpi per non mettere in sospetto i quartieri generali.
Michael Juergs, giornalista di Stern e Tempo, riporta i frutti di una vasta ricerca operata sugli archivi storici a riguardo della breve Pace di Natale del 1914 tra le trincee opposte: soldati divisi dalla terra di nessuno (50-200 mt) disseminata di cadaveri, risultato dei reiterati assalti insensati e deliberatamente suicidi, poiché effettuati allo scoperto sotto il fuoco incrociato delle mitraglie. Il cancelliere inglese Lloyd George dice del comandante di corpo d’armata generale Haig: “A Haig non importa nulla di quanti soldati perde, non fa altro che gettare al vento la vita di questi ragazzi”.
Juerg riporta storie documentate, ricordi a decenni di distanza, voci e leggende: di ognuna rende conto ricercandone le fonti e le concordanze. Molte sono le fonti ufficiali utilizzate e l’autore le registra elencandole prima della bibliografia scelta e ricca: diari personali e di reggimento, resoconti delle compagnie. Gli archivi più famosi consultati: Flanders Fields Museum di Jeper, Imperial War Museum di Londra, Istituto dei ricerca sulla storia di Potsdam, Archivi di guerra di Monaco, di Stoccarda, di Dresda, di Hannover. Al suo libro si è ispirata la sceneggiatura del film “Joyeux Noel: una verità dimenticata dalla storia” di Ch. Carion presentato a Cannes, candidato al Premio Oscar e al Golden Globe.
Non ci fu un seguito storicamente rilevante alla piccola pace, la guerra continuò per quattro anni con 10 milioni di morti e 20 di feriti, mutilati, invalidi; infatti i soldati mancavano di abilità politica e non disponevano di lobbies. Invece le lobbies non mancavano alle classi dirigenti, fortemente preoccupate per i propri interessi. Infatti ci sarà la reazione degli alti comandi, come se fossero “un solo alto comando” a pianificare le ecatombi di uomini nei due schieramenti: la criminalizzazione del nemico, l’uso dei gas, la fucilazione dei prigionieri, l’annientamento dei nemici intrappolati a mezza gamba nel fango delle trincee, l’uccisione dei propri feriti per evitare di doverli trasportare sotto il fuoco nemico. La classi dirigenti militari, burocratiche, economiche, riusciranno ad annientare il senso di umanità espresso dai giovani soldati e le nefaste conseguenze di tale scelleratezza programmata si sarebbero mostrate orribilmente venticinque anni dopo; i loro velenosi epigoni perdurano tuttora.
I giovani soldati avevano seguito l’esortazione del nuovo papa Benedetto XV, senza però averla mai letta né sentita. Le autorità l’avevano tenuta nascosta e i cappellani militari delle opposte armate avevano altri messaggi “religiosi” da diffondere, oltre al culto dei morti di cui c’era materia molto abbondante.
Benedetto XV, il genovese Giacomo della Casa arcivescovo a Bologna, era stato eletto il 3 settembre e proprio per il Natale 1914 aveva proposto un cessate il fuoco per scacciare “il nero spettro della guerra”, ma l’appello “non raggiunse le proprie greggi al fronte”.
Ancora scriverà: “Vi scongiuriamo … le più belle località d’Europa, questo giardino del mondo, sono ricoperte di cadaveri … Voi avete la terribile responsabilità …” (28 agosto 1915). Clemenceau lo apostrofò “il papa dei tedeschi” e il feldmaresciallo E. von Ludendorff “il papa dei francesi”.
Per chi cerca le radici spirituali e cristiane dell’Europa, eccone una piccola ma di insuperabile significato: la piccola pace del Natale di guerra 1914 si innesta nella sola ineliminabile radice dell’attuale Europa, che è la pace. Senza la negazione giurata della guerra e l’affermazione della pace, verrebbe meno la realtà stessa di Europa, essa resterebbe un’idea nei libri come nei secoli passati.
I fatti qui riferiti sono tratti in gran parte dal libro di Michael Juergs La piccola pace nella Grande Guerra. Fronte occidentale 1914: un Natale senza armi. Il Saggiatore, 2005, pagg. 287. Il fuciliere Turner dei London Rifle scrisse la sua storia, corredata dalle foto scattate il giorno di Natale nella terra di nessuno: sua è la foto nella prima di copertina del libro.
Category: Editoriali