Maria Luisa Altieri Biagi: Il potere della parola

| 30 Novembre 2017 | Comments (0)

La linguista Maria Luisa Altieri Biagi, nata a Venezia nel 1930, è morta ieri a Bologna il 29 novembre. Ricordo   con affetto la sua collaborazione come linguista alle 150 ore organizzate a Bologna da Adele Pesce e  un incontro con lei ed Enzo Melandri a casa di Enzo. Ha scritto importanti libri di linguistica ma io la ricordo soprattutto per il libro “Parola” pubblicato da Rosenberg e Sellier (2012). In relazione a quel libro, che consiglio vivamente alle lettrici e lettori di “Inchiesta”, trascrivo questa sua intervista fatta da Vatican Insider il 14 gennaio 2013:

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Qual è stato il suo approccio nel parlare di parola?

Non so se parlare di parola sia «il compito più difficile», nel progetto Gemme. Per me sarebbe stato più difficile parlare di vita (come ha fatto Amos Luzzatto, medico e chirurgo) o di mercato o di scarto (come faranno Stefano Zamagni, economista, e Andrea Segré, professore di politica agraria): questione di “competenze”. Invece è stato difficile scrivere la prima Gemma della collana, cioè essere la prima interprete di un progetto editoriale molto strutturato, in assenza di modelli a cui aderire o da cui discostarsi. Era però inevitabile che una collana interessata alla lingua cominciasse con un titolo come Parola.

Un fiume di vocaboli e linguaggi spesso inappropriati e poco pensati invadono la nostra vita. Come possiamo recuperare il senso più profondo della comunicazione?

La sua domanda sui «vocaboli poco pensati» e sul recupero del loro «senso più profondo» mi invita a dire che la lingua non è soltanto (come si legge nei nostri vocabolari dell’uso) un «sistema di parole e di regole per mezzo del quale uomini appartenenti a uno stesso gruppo comunicano tra loro». Ancor prima e ancor più della funzione comunicativa, la lingua serve all’uomo per “parlare con se stesso”, cioè per ragionare tacitamente, pensando. Esiste insomma una funzione cognitiva della lingua che “perimetra” concettualmente i pensieri e “struttura” sintatticamente il discorso. Come diceva Ferdinand De Saussure agli inizi del secolo scorso: « Il pensiero è una nebulosa prima di essere tradotto in parole»; e dopo di lui un altro grande linguista, Émile Benveniste, affermava: «Noi pensiamo un universo che la nostra lingua ha già modellato».

Uscire dall’uso strumentale della lingua è uno degli obiettivi di questo progetto

L’obiettivo principale è far capire che la lingua, oltre che strumento di comunicazione, è palestra mentale, capace di attivare precocemente in noi le operazioni logiche fondamentali, e di anticipare l’esperienza matematica preparandoci ad essa. Molti di quelli che si dichiarano «negati per la matematica» sono in realtà persone che non hanno avuto questa iniziale attivazione linguistica.

In realtà non si esce dall’uso «Grande Fratello» della lingua se non si impara a scegliere la parola giusta e non ci si interroga sulle scelte di scrittori che, come Italo Calvino, dichiarano di fare continue correzioni.

Un esempio: Calvino inizia un racconto (Il macigno) dicendo che «Sopra la bella villa, dove si conduce una vita spensierata, un macigno pèncola.» Perché ha scelto pèncola e non un verbo più usuale (pende, sporge) o più raffinato (vacilla, oscilla, incombe)? E perché non ha scelto la collocazione normale del verbo («Un macigno pèncola sopra la bella villaŠ») e ha collocato pèncola a fine periodo? La risposta potrebbe essere che il verbo pèncola (accentato sulla terzultima) è l’unico sdrucciolo, e che la sua collocazione estrema, in punta di periodo, è quella sintatticamente più instabile. Dunque il verbo pèncola “mima” – con il suo ritmo e con la sua collocazione sintattica – l’instabilità del Macigno (simbolo della Morte imprevedibile). E’ solo un esempio, ma potrebbe diventare un metodoŠ

Come nasce la parola, e quante sono quelle dimenticate perché non più coltivate dalla nostra superficiale e frenetica dimensione comunicativa?

Partendo dal presente e retrocedendo nel tempo possiamo risalire la nostra storia linguistica fino alla fase latina (500 d.C. -500 a. C-) e alle sue origini indeuropee. Già questo ci fa capire come la lingua cambi continuamente, adeguando forme e significati ai bisogni dei parlanti e agli eventi umani. Tutt’altra cosa è il cambiamento provocato dall’ignoranza, dalla superficialità, dall’incuria di cui lei parlava.

Ma tornando al cambiamento buono, quello che aderisce alla nostra esperienza intellettuale e affettiva, vorrei concludere con un esempio: i rivali oggi sappiamo chi sono, ma i rivales latini e i rivali che li seguono (dopo la fine dell’impero romano) sono gli “abitanti delle due opposte rive di un fiume” che litigano per lo sfruttamento comune delle acque fluviali.

Category: Editoriali, Scuola e Università, Storia della scienza e filosofia

About Vittorio Capecchi: Vittorio Capecchi (1938) è professore emerito dell’Università di Bologna. Laureatosi in Economia nel 1961 all’Università Bocconi di Milano con una tesi sperimentale dedicata a “I processi stocastici markoviani per studiare la mobilità sociale”, fu segnalato e ammesso al seminario coordinato da Lazarsfeld (sociologo ebreo viennese, direttore del Bureau of Applied Social Research all'interno del Dipartimento di Sociologia della Columbia University di New York) tenuto a Gosing dal 3 al 27 luglio 1962. Nel 1975 è diventato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Negli ultimi anni ha diretto il Master “Tecnologie per la qualità della vita” dell’Università di Bologna, facendo ricerche comparate in Cina e Vietnam. Gli anni '60 a New York hanno significato per Capecchi non solo i rapporti con Lazarsfeld e la sociologia matematica, ma anche i rapporti con la radical sociology e la Montly Review, che si concretizzarono, nel 1970, in una presa di posizione radicale sulla metodologia sociologica [si veda a questo proposito Il ruolo del sociologo (a cura di P. Rossi), Il Mulino, 1972], e con la decisione di diventare direttore responsabile dell'Ufficio studi della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM), carica che manterrà fino allo scioglimento della FLM. La sua lunga e poliedrica storia intellettuale è comunque segnata da due costanti e fondamentali interessi, quello per le discipline economiche e sociali e quello per la matematica, passioni queste che si sono tradotte nella fondazione e direzione di due riviste tuttora attive: «Quality and Quantity» (rivista di modelli matematici fondata nel 1966) e «Inchiesta» (fondata nel 1971, alla quale si è aggiunta più di recente la sua versione online). Tra i suoi ultimi libri: La responsabilità sociale dell'impresa (Carocci, 2005), Valori e competizione (curato insieme a D. Bellotti, Il Mulino, 2007), Applications of Mathematics in Models, Artificial Neural Networks and Arts (con M. Buscema, P.Contucci, B. D'Amore, Springer, 2010).

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