Bruno Giorgini: El pibe de oro Diego Armando Maradona
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Bruno Giorgini : El pibe de oro Diego Armando Maradona. Disegno di Simonetta Capecchi fatto a Napoli
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Il pallone sale verso l’alto, rimane in sospeso, s’impenna piroetta attorciglia e ruota quindi scende lungo una traiettoria del tutto inattesa, improbabile quasi impossibile, andando a carambolare subito sotto la traversa, con l’intera difesa basita e il portiere attonito tra i pali, piazzato là dove la palla avrebbe secondo logica e geometria dovuto essere, e non fu. Goal esplode in un grido l’intero stadio San Paolo di Napoli, applaudendo tutti in piedi, mentre sul campo corre e danza ridendo negli occhi e col culo Diego Armando Maradona, l’autore di quel tiro che sfida tutte le leggi della fisica, e anche altre. Una squadra da solo è Maradona.
Per di più fuoriclasse, cioè imprevedibile se non folle, come quando parte dalla sua metacampo zigzagando tra una selva di avversari che lo spingono sgambettano provano a brancarlo quasi giocassero a rugby, fin dentro la porta perchè si prende anche il lusso irridente e malandrino di scartare il portiere. Col pallone sempre incollato ai piedi, quasi fosse legato da un filo invisibile epperò robustissimo.
E vince il campionato del mondo, la coppa Rimet nella finale contro l’Inghilterra, una bella e vivace squadra, prima di essere imbambolata da quella danza fatta di corse salti piroette lanci lunghi tiri brevi dribbling da fermo e/o in velocità, due tre quattro e oltre in sequenza che inebetiscono e qualunque cosa si possa inventare con un pallone tra i piedi, di testa, con la schiena o l’anca, ogni parte del corpo partecipa e collabora. Anche una mano, la mano de dios.
Mai Eupalla, il dio del football, aveva baciato in fronte un talento altrettanto grande, nè mai più credo accadrà. Maradona è stato qualcosa di simile a un eroe omerico, le cui gesta vengono cantate nei villaggi, nei barrios, negli slums, negli stadi e nelle periferie dell’intero globo, storie tramandate di padre in figlio e nipote. Un eroe eterno. Guardarlo giocare una volta e esserne presi da incantamento era tutt’uno. Non si trattava di tifo, ma di amore, e spensieratezza e gioia e libertà.
Ricorda Mirco Pieralisi in un post su facebook che, interrogato su cosa fosse stato il ’68, ebbi a dire in tempi lontani e non sospetti: il ’68 è come un goal di Maradona alla Juventus. Non me ne ricordavo però sottoscrivo.
Caro Diego eri inevitabilmente uno di noi. Dopo una vita tumultuosa ci hai lasciato. Ci mancherai
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