Bruno Giorgini: 2 agosto 2015. L’orrenda strage è una ferita ancora aperta.
La stazione non è più squarciata dalla micidiale bomba, ma il cuore dei cittadini bolognesi è ancora ferito.
Il cuore e la mente, perchè netta è la percezione che qualcosa non quadra nella ricerca della verità. Una verità che, nonostante i riscontri processuali, ancora sembra essere monca per quanto attiene mandanti, complici e motivazioni. Da molto tempo per varie ragioni non andavo alla manifestazione che si tiene ogni due agosto ormai da 35 anni.
Questa volta mi invita un’amica e m’avvio. Intanto mi stupisce la partecipazione, non certo le grandi folle, ma comunque alcune migliaia di persone, e non solo di una certa età ma pure giovani con qualche giovanissimo/a. Quindi l’emozione che sprigionano sia il corteo che la piazza fino all’acme del minuto di silenzio che, annunciato da tre suoni di sirena, lascia veramente col fiato sospeso.
Nel corteo i molti gonfaloni dei comuni che appaiono meno retorici del solito, in qualche modo segnalano un’altra Italia anche istituzionale ma lontana dal Palazzo, e infatti il governo è assente. Timoroso dei fischi? Rispettoso del dolore? Attento all’autonomia della società civile così duramente colpita? Chi lo sa, certo che la sua assenza nessuno la nota –il governo non manca a nessuno- ma tutti nei capannelli la sottolineano con più o meno pesanti ironie.
Poi le grandi associazioni, ANPI, Emergency, USB – l’Unione dei Sindacati di Base. A questo proposito una mia amica di Milano domanda come mai sia assente la Camera del Lavoro, un altro amico risponde che fino a qualche tempo partecipavano i sindacati dei ferrovieri, per gli altri non sa, così come sono assenti i tramvieri che furono in prima fila nella solidarietà attiva subito dopo la strage.
Non possono mancare invece i critici e i contestatori, due per tutti “il Nodo Sociale Antifascista” e il Partito Comunista dei Lavoratori.
Nel mentre scopro che i miei vecchi amici e amiche di stravizi rivoluzionari – la meglio gioventù di qualche decennio fa – hanno una specie di appuntamento fisso sia lungo il corteo che nel piazzale della stazione; un modo per rivedersi, abbracciarsi, scambiarsi notizie, ritrovarsi in una condivisa amicizia civile. Intendo per amicizia civile quella qualità per cui tu senti e pensi il mondo dell’altro non ostile al tuo ma comune, nella sua differenza. Se vogliamo amicizia civile è il tessuto connettivo di un sistema di differenze che non si escludono, ma viceversa si arricchiscono l’un l’altra.
Uno dei lasciti più preziosi e cari di una lontana stagione piena di entusiasmi, speranze, vitali illusioni, comunanza di menti e cuori. Senza esagerare ma stamane al corteo quindi in piazza mi è parso che questa amicizia civile si estendesse ben oltre la cerchia di noi ex tentatori di rivoluzioni. Forse nella solidarietà di una ferita aperta, di una città non pacificata nell’oblio, irriducibile alle falsificazioni più o meno di stato. Una città in qualche modo incarnata nei famigliari delle vittime che camminano tenendosi a braccetto, in una catena che non ha nessuna intenzione di sciogliersi. E con loro tutti noi.
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