Aulo Crisma: Fanciullezza a Parenzo. Ricordo di mio fratello Santo

| 16 Aprile 2019 | Comments (0)

All-focus

 

L’8 marzo 2019, contornato dalla moglie Eleonora, dai figli Antonella, Annamaria con il marito , Antonio, Alessandro con la moglie Luisa e dai nipoti Simone, Giulio e Virginia, è spirato serenamente nella sua casa a Trieste SANTO CRISMA. Era nato a Parenzo il 26 agosto 1924. Nella sua lunga integerrima vita dedicata al lavoro, agli affetti familiari, agli amici, aveva sempre conservato nostalgico ricordo della terra natìa. I suoi resti riposano accanto a quelli della madre nell’ex Cimitero Militare in via della Pace. La famiglia esprime un sentito ringraziamento alla folla di amici, ex colleghi, conoscenti ed ai rappresentanti della Famiglia Parentina per la partecipazione alla cerimonia funebre.

 

 

 

 

Aulo Crisma: Fanciullezza a Parenzo. Ricordo di mio fratello Santo (nella foto i fratelli Crisma a Parenzo)

Tra me e mio fratello Santo c’erano tre anni di differenza. Lui era il più grande. Da fanciulli e anche nell’adolescenza eravamo sempre insieme. Mi hanno raccontato che, un giorno, quando io ero al primo anno di asilo e lui all’ultimo, mi ha accompagnato dalla via Vergottini, dove c’era la scuola materna, fino a casa in via Carducci tenendomi sempre sollevato il lembo posteriore del grembiulino perché non si sporcasse, dato che io avevo riempito le mutande e le suore non mi avevano pulito. Però le suore erano buone. A tutti i bambini seduti sulle lunghe panche in giardino distribuivano di quando in quando il pane degli angeli, che erano i ritagli delle particole che loro producevano per la chiesa.

Già a sei anni Santo interpretava con serietà la sua funzione di fratello maggiore, che io gli riconoscevo tranquillamente ricorrendo a lui con continue domande per sapere il perché di ogni cosa. Finché una volta, non potendone più, mi ha detto spazientito: “Pensa un po’ con la tua testa e poi risponditi da solo”. E da allora ho cercato di mettere in pratica il suo saggio consiglio. Era anche amante della precisione. Quando frequentava la terza elementare dal maestro Gueli aveva ricevuto la pagella che riportava un “buono” in aritmetica. Lui l’ha cancellato e sostituito con “lodevole”. Accompagnato dalla mamma, davanti al direttore didattico Maule ha così giustificato la correzione: “ Io le tabelline le so molto meglio del mio compagno di banco che ha avuto lodevole.

Compagni di giochi erano gli altri ragazzini di via Carducci, tra cui i fratelli Nino e Silvio Gregori, diventati bravissimi disegnatori e pittori. Giocavamo alle vaghe, che occasionali compagni triestini chiamavano s’cinche, sferette di vetro multicolori quelle “di lusso” oppure quelle di vetro delle bottigliette di gasosa o di semplice terracotta, davanti alla Canisela, dove abitavano i fratelli Musizza e Daniele e Osvaldo Dellapicca. Con i Gregori e altri ragazzini andavamo a slittare sugli aghi secchi sui pendii della pineta della Madonna del Monte. Santo era ingegnoso e aveva costruito anche il mio slittino adoperando due assi con la punta arrotondata nella parte inferiore e tenuti insieme da una tavoletta inchiodata per fare il sedile. Andavamo da soli a comperarci le scarpe nel negozio di siora Marietta Tencich in piazza Fora le Porte posto tra le due farmacie, una di Rocco e l’altra di Castro. In quella di Rocco lavorava come farmacista anche il papà di Paolo Bernobini, mio compagno nella scuola elementare, che per burla avevamo soprannominato A – spirina. Proprio così, con breve pausa dopo la A. E per il vestito andavamo dalla sarta Angelica Bon, che abitava poco oltre l’inizio di Strada Granda al primo piano di una casa vicina alla bottega di frutta e verdura di Musina.

Ci piaceva guardare fuori dalla finestra con lo sburto che ci permetteva di guardare la gente che camminava da una parte e dall’altra lungo la via. Durante le eccezionali secche di gennaio, quando affioravano anche gli scogli che negli altri periodi dell’anno restavano sott’acqua anche con la bassa marea, muniti di un lungo ferro con un’estremità ricurva ad uncino cercavamo di stanare i gransipori nascosti negli anfratti. E con la battana si andava drio scoio a pescare spari, i gustosissimi pesci dalla carne bianca e ricchi di spine, con la togna, la lenza arrotolata intorna alla masédola di sughero. Abboccavano con facilità. Santo era svelto a staccarli dagli ami che innescava poi nuovamente con i vermetti raccolti in precedenza in marina davanti allo squero. Io ero piuttosto imbranato. Occupavo più tempo a sbrogliare la togna che a pescare. E i miei ami spesso si impigliavano nel fondale roccioso. Ci accompagnava il nostro cagnolino bianco e nero di nome Astor. Molto sensibile. Bastava che il mare fosse appena increspato per farlo vomitare, come se fosse un cicio. A Parenzo si diceva “cicio no xe per barca”. I cici abitavano una zona montuosa dell’Istria interna, la Ciceria. Per procurarci un’esca adatta per i riboni andavamo a raccogliere scardobole ai piedi della villa Ghersina, molluschi dalla conchiglia conica numerosi in un breve tratto di spiaggia sabbiosa tra gli scogli.

Santo era bravo come calciatore nel ruolo di centravanti. E aveva un potente tiro di destro, forse anche perché era l’unico ad avere le scarpe con i tacchetti. Le partite duravano ore nel Pradevisse, il campetto erboso adagiato vicino alla strada lungo la peschera, più basso rispetto al livello stradale. Era come un grande catino. Non aveva voluto proseguire gli studi alle magistrali. Aveva preferito fare il pec, il panettiere, nel forno di papà. E aveva imparato anche a fare i dolci dal fratello Steno. D’estate andavamo a trascorrere qualche settimana a Trieste, dalla sorella Amelia e suo marito Nino Borghese, che non avevano figli. Era bello andare al molo della stazione marittima ad assistere all’attracco del transatlantico Saturnia che giungeva da New York. La sirena spandeva festosa la sua voce profonda sulla città che alle spalle era protetta dalle imponenti pareti dell’altopiano carsico. Nel dopoguerra Santo ed io eravamo ospitati dalla sorella e dal cognato. Tutti e due, grazie all’interessamento del cognato presso un funzionario dello stato civile, suo comandante quando era guardia comunale, abbiamo ottenuto la residenza nel Territorio Libero di Trieste Santo aveva trovato lavoro al nuovo mulino che i fratelli Variola di Cervignano avevano costruito a Trieste. I Variola erano stati i nostri fornitori di farina per tanti anni. Poi è andato a fabbricare case nell’impresa del parentino ingegner Zelco, che ha aiutato anche tanti altri concittadini. Poi è stato assunto dall’ACEGAT a guidare le filovie fino al giorno della pensione. Si andava spesso a vedere cavai che cori e pistole che sbara in una sala cinematografica vicina a piazza Goldoni che proiettava soltanto western.

Al politeama Rossetti in Acquedotto abbiamo visto uno spettacolo di varietà di Enrico Viarisio con Wanda Osiris in mezzo ad uno stuolo di ballerine. Il clou era costituito da Primo Carnera che esibiva i muscoli possenti nella lotta libera. Santo portava a teatro un grosso e pesante binocolo di marina. Una volta in pensione Santo ha potuto dedicarsi completamente alla famiglia. Sapeva fare il falegname, il pittore, l’elettricista, rilegare libri, trasmettendo ai figli la peculiare operosità istriana. A Pasqua preparava le tradizionali pinse accompagnate dalle titole per i figlioli ed il panettone per Natale, seguendo le ricette della nostra pasticceria, che indicava anche la preparazione delle torte per festeggiare i compleanni. E con l’intera famiglia ogni anno ritornava a Parenzo a portare un fiore sulla tomba del papà.

Category: Aulo Crisma e la rivista "inchiesta", Editoriali

About Aulo Crisma: Aulo Crisma è nato a Parenzo nel 1927. Nel 1945 ha conseguito il diploma magistrale.Nel 1946 ha lasciato l'Istria come esule. Ha fatto il maestro elementare prima a Giazza, dove si è sposato con la collega Maria Dal Bosco, e poi a Selva di Progno. E' stato un attivo animatore culturale dirigendo il locale Centro di lettura, divenuto poi Centro sociale di educazione permanente. E' stato per molti anni corrispondente del quotidiano L'Arena di Verona. Ha condotto numerosi lavori di ricerca e documentazione sulla storia dei Cimbri, una popolazione di origine tedesca che si era insediata sui Monti Lessini verso la fine del XIII secolo, che ancora manteneva vivo nell'enclave di Giazza ,l'antico idioma alto tedesco.Ha fatto parte del Direttivo provinciale del Sinascel, sindacato nazionale della scuola elementare. Ha pubblicato "Guardie e contrabbandieri sui Monti Lessini" (con Remo Pozzerle), Ed. Taucias Gareida, Giazza-Verona, 1990; "Lessinia, una montagna espropriata" (con Remo Pozzerle), HIT Edizioni, San Martino Buonalbergo, 1999; "Bar lirnan tauc': Noi impariamo il cimbro, Ed. Curatorium Cimbricum Veronense,, Verona, 2001; "Parenzo, gente, luoghi, memoria" Ed. Itinerari educativi, Comune di Venezia, 2012. Attualmente vive con la moglie a Tencarola, in provincia di Padova, e collabora alla rivista Inchiesta.

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.