Slavoj Žižek: Non avere paura dell’eresia
Le elezioni greche del 17 giugno 2012 hanno visto la vittoria del partito di Centro Destra Nuova democrazia (30% dei voti e 129 seggi) che insieme al Movimento socialista Panellenico (Pasok) che ha avuto il 12% dei voti e 33 seggi potranno governare nella direzione dell’Europa della Merkel. L’ “eresia” della Coalizione della sinistra radicale (Syriza) di Alexis Tsipras è stata quindi sconfitta anche se ha avuto il 27% dei voti e 71 seggi. Per una prima interpretazione di queste elezioni riportiamo un testo di Slavoj Žižek disponibile in rete e pubblicato prima delle elezioni in “Internazionale” del 15/21 giugno 2012 con il titolo “L’ultima possibilità”.
Provate a immaginare la scena di un film distopico che descrive la nostra società in un futuro prossimo. E’ notte. Squadre di uomini in uniforme pattugliano le strade del centro di una città semideserta in cerca di immigrati, criminali e vagabondi. Quando li trovano, li picchiano senza pietà. Sembra una fantasia holliwoodiana, e invece è la Grecia ai giorni d’oggi. Il partito neofascista e negazionista Alba d’oro ha conquistato il 7 per cento dei voti alle elezioni del 6 maggio e a quanto pare gode del sostegno del 50 per cento dei poliziotti ateniesi. Di notte i suoi militanti pattugliano le strade picchiando tutti gli immigrati che gli capitano a tiro:afgani, pachistani, algerini. Così si difende l’Europa nella primavera del 2012.
Quelli che vogliono proteggere la civiltà europea degli immigrati lo fanno con una tale ferocia da rappresentare per questa “civiltà” una minaccia molto più pericolosa dei musulmani. Con amici come questi, l’Europa non ha bisogno di nemici. Cento anni fa G.K. Chesterton ha ben spiegato il paradosso in cui si trovano gli avversari della religione: “Uomini che cominciano a combattere la chiesa per amore della libertà e dell’umanità finiscono per sacrificare anche la libertà e l’umanità pur di sconfiggere la chiesa. I secolaristi non hanno distrutto le cose divine, ma hanno distrutto le cose secolari, se questo gli è di qualche consolazione”.
Oggi molti paladini della libertà sono così ansiosi di combattere il fondamentalismo antidemocratico che finiscono per rinunciare alla libertà e alla democrazia pur di sconfiggere il terrore. Se i “terroristi” sono pronti a radere al suolo questo mondo in nome di un altro mondo, i nostri guerrieri antiterroristi sono pronti a sacrificare la democrazia mossi dal disprezzo per i mussulmani. Alcuni di loro amano la dignità umana al punto da essere disposti, per difenderla, a legalizzare la tortura. E’ un ribaltamento del processo in cui i fanatici della religione cominciano attaccando la cultura secolare contemporanea e finiscono con il rinunciare ai loro principi religioso pur di sradicare gli aspetti del secolarismo che odiano. Comunque sia, le ronde contro gli immigrati in Grecia non sono il pericolo maggiore, ma solo un corollario della vera minaccia, cioè la politica di austerità che ha messo in ginocchio il paese. Il 17 giugno i greci torneranno alle urne, e i leader europei ci ripetono che queste elezioni avranno un’importanza capitale: in ballo non c’è solo il destino di Atene, ma anche quello di tutta l’Europa.
Questi leader si augurano un risultato che possa permettere di portare avanti il doloroso ma necessario processo di ripresa attraverso le misure di austerità. Dal loro punto di vista, l’alternativa, cioè la vittoria della coalizione di sinistra Syriza, scatenerebbe invece il caos e porterebbe alla fine del mondo (europeo) per come lo conosciamo oggi. I profeti della catastrofe hanno ragione, ma non nel senso che intendono loro. Secondo quelli che criticano il nostro attuale sistema democratico, oggi le elezioni non offrono una reale possibilit√† di scelta: siamo chiamati ad assegnare il nostro voto a partiti di centrodestra o di centrosinistra i cui programmi sono pressochè indistinguibili. Il 17 giugno, invece, i greci potranno davvero fare una scelta di campo: da una parte l’establishment (i conservatori di Nuova democrazia e i socialisti del Pasok), dall’altra Syriza.
Contro la paura
Come sempre accade quando esiste una reale possibilità di scelta, l’establishment è in preda al panico: se farete la scelta sbagliata – minacciano- ci saranno devastazione, povertà e violenza. La semplice ipotesi che Syriza possa vincere ha terrorizzato i mercati globali. Viviamo nei giorni della prosopopea ideologica: i mercati parlano come se fossero persone, esprimono preoccupazione per ciò che potrebbe accadere se il futuro governo greco non si dimostrasse disposto a rispettare il programma di rigore iscale e riforme strutturali. Ma i greci non hanno tempo di preoccuparsi di tutto questo: devono pensare alla loro vita quotidiana, che sta peggiorando fino a raggiungere livelli sconosciuti in Europa da decenni.
Le minacce dei leader europei sono profezie che si autoavverano. Scatenano il panico, favorendo così la messa in moto di quegli stessi meccanismi da cui i vertici dell’Unione ci mettono in guardia. Se vincerà Syriza, i leader europei sperano che finalmente impareremo la lezione sulla nostra pelle e capiremo cosa succede quando si interrompe il circolo vizioso della mutua complicità tra la tecnocrazia di Bruxelles e il populismo xenofobo. Per questo Alexis Tsipras, leader di Syriza, ha dichiarato in una recente intervista che la sua priorità in caso di vittoria sarà quella di combattere il panico: “il popolo sconfiggerà la paura. La gente non soccomberà e non si lascerà ricattare”.
La missione di Syriza è quasi impossibile, ma la sua voce non è quella della “follia” di estrema sinistra: è la voce della ragione che lotta contro la “follia” dell’ideologia di mercato. Gli uomini di Syriza sono pronti a prendere in mano la situazione, e hanno superato la tradizionale paura di governare che caratterizza la sinistra. Hanno il coraggio di provare a rimediare agli errori commessi da altri. Per farcela dovranno dimostrare di essere capaci di tenere insieme i principi e il pragmatismo, la democrazia e la capacità di agire rapidamente e con decisione quando è necessario. Se vogliono avere una minima possibilità di successo, avranno bisogno di un forte movimento di solidarietà a livello paneuropeo: non solo un trattamento accettabile da parte degli altri paesi, ma anche un sostegno in termini di idee creative, per esempio per la promozione del turismo.
Solo un’eresia può salvare l’Europa
Nei suoi Appunti per una definizione della cultura, T. S. Eliot sottolineava che ci sono momenti in cui l’unica scelta possibile è quella tra l’eresia e la non-fede. In altre parole, a volte l’unico modo di mantenere in vita una religione è provocare una scissione settaria. Oggi l’Europa si trova esattamente in questa situazione. Solo una nuova “eresia” – cioè Syriza- può salvare quanto di buono c’è nel progetto europeo: democrazia, fiducia nei popoli, solidarietà, uguaglianza. Se Syriza sarà sconfitta, saremo invece condannati a vivere in “un’Europa dai valori asiatici”, che naturalmente non avrà nulla a che vedere con l’Asia ma sarà solo lo specchio della tendenza del capitalismo contemporaneo a calpestare la democrazia.
E’ questo il paradosso connaturato al voto libero nelle società democratiche: il cittadino è libero di scegliere, a condizione che faccia la scelta giusta. Qualunque altra scelta (lo abbiamo visto quando gli irlandesi hanno riiutato la costituzione europea) viene trattata come un errore. Per correggere questo errore l’establishment chiede subito che il processo democratico riparta dall’inizio. Quando l’anno scorso il primo ministro greco Giorgos Papandreou ha proposto un referendum sul piano di salvataggio per la Grecia, l’idea è stata bollata come assurda.
I mezzi d’informazione offrono due versioni della crisi greca: la versione tedesco-europea (i greci sono irresponsabili, pigri, spendaccioni, evasori fiscali e hanno bisogno di essere controllati e di imparare la disciplina fiscale) e la versione greca (la nostra sovranità nazionale è minacciata dalla tecnocrazia neoliberista di Bruxelles).
Quando è diventato impossibile ignorare le sofferenze del popolo greco è spuntata una terza versione: i greci vanno aiutati perchè sono vittime di un’emergenza umanitaria, come se fosse in corso una guerra o se il paese fosse stato colpito da una calamità naturale. Tutte e tre queste storie sono chiaramente false, ma la terza è la più disgustosa. I greci non sono affatto vittime inermi. Sono uomini in guerra contro i vertici dell’economia europea, e quello di cui hanno bisogno è la nostra solidarietà, perchè la loro battaglia è anche la nostra battaglia.
La Grecia non è un’eccezione, ma uno dei tanti banchi di prova per un nuovo modello socioeconomico dalle applicazioni potenzialmente illimitate: una tecnocrazia depoliticizzata in cui banchieri e altri saggi demoliscono ogni forma di democrazia. Se riusciremo a salvare la Grecia dai suoi presunti salvatori, avremo salvato anche l’Europa.
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