Maurizio Scarpari (a cura di): Un Dossier sulle lotte contro Terna Rete Italia in Sicilia

| 20 Marzo 2014 | Comments (1)

 

 

 

In questo Dossier, curato da Maurizio Scarpari, vengono documentate le lotte contro Terna Rete Italia che sta realizzando l’elettrodotto tra Calabria e Sicilia incurante delle devastazioni apportate all’ambiente

 


 

 

Terna spa e lo sviluppo (in)sostenibile

Maurizio Scarpari*

*Professore universitario, presidente del Comitato per la tutela di Venetico (Messina)

 

 

Sognare la pensione, dopo una certa età è un modo legittimo e piacevole di riconoscere il peso degli anni che avanzano, ammettendo il desiderio di non essere più completamente assorbiti dai problemi del lavoro, in una società in rapidissima evoluzione, con una pericolosa tendenza all’involuzione. Sono andato in pensione due anni fa e ne sarei soddisfatto, se non fossi stato richiamato alle armi, per una battaglia civile alla quale non intendo sottrarmi, come mai mi sono sottratto ai miei compiti istituzionali, prima di tutti quello di difendere le istituzioni stesse da coloro che tentano di smantellarle, ai quali va riconosciuto un buon fiuto per il momento propizio. La mia lotta ora concerne l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi, che Terna Rete Italia Spa sta realizzando tra Calabria e Sicilia, e che attraversa anche la provincia di Messina, che amo molto, al punto da decidere di vivere, almeno parte dell’anno, a Venetico Superiore, un borgo delizioso e accogliente, che ha un ricco patrimonio storico-artistico per valorizzare il quale la Comunità Europea ha investito milioni di euro, ora sovrastato da quell’ecomostro che è il pilone 24, posato alle porte del centro abitato e non in mezzo ai boschi come stabiliva il progetto originale, perché a qualcuno è convenuto così. Punto.

Ma io e gli abitanti di Venetico non accettiamo che venga messo il punto, che si chiuda un discorso che ci riguarda personalmente, ma che sarebbe riduttivo ritenerlo solo un problema del nostro borgo e di tutti i piccoli centri che si trovano in situazioni analoghe. Terna ha, e temiamo avrà, il gioco facile, in un’Italia che sembra avere gran fretta di svendersi, di far subire ai propri abitanti un imbruttimento inesorabile dei paesaggi che sono per loro una grande ricchezza interiore, prima di rappresentare beni sui quali hanno tutto il diritto di rivendicare la proprietà. Chi lavora nella sanità conosce l’importanza della prevenzione nella medicina moderna, ma il degrado dell’ambiente, l’immissione sconsiderata e impunita di sostanze tossiche e cancerogene rischia di vanificare quel diritto alla salute degli abitanti che dovrebbe orientare ogni scelta politica. Parlo di abitanti, che lo siano è un dato oggettivo, cosa sia di questi tempi esattamente un cittadino è cosa difficile da stabilire: è un termine che ha sapore di democrazia, di eguaglianza. Suddito, servo sono termini che non si usano più, anche se Terna le servitù le impone, spesso ancor prima di aver ottemperato a quegli obblighi che anche l’esproprio più brutale e svantaggioso prevede.

Ho deciso di impegnarmi, e l’abitudine all’impegno me la riconosco non come un vanto, ma come una risorsa da mettere a disposizione di chi mi ha delegato a rappresentare gli interessi del paese. Ho sempre sostenuto che è necessario dar spazio ai giovani e ammirando l’impegno che i ragazzi di Venetico stanno dedicando alla nostra lotta, continuerò la mia battaglia, sono abbastanza avanti con gli anni per capire come condurla, non abbastanza per darmi per vinto.

Arrogante e sprezzante è il comportamento di Terna nei confronti delle migliaia di cittadini che denunciano ovunque e con ogni mezzo i soprusi che sono costretti a subire. Senza che nessuno, a livello istituzionale, si ponga a loro difesa. Non basta costituirsi in Comitati e Associazioni, non basta dichiarare apertamente la propria disperazione sui media, locali e nazionali, non basta denunciare le palesi violazioni di legge al Consiglio di Stato, ai TAR, ai Tribunali locali, non basta invocare l’aiuto delle Sovraintendenze ai Beni Culturali, non basta chiamare in causa gli Enti pubblici locali e i Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, dei Beni Culturali che autorizzano Terna a operare in regime di assoluto monopolio, non basta cercare di coinvolgere il Ministero della Salute, stranamente – ma non troppo – escluso nel processo autorizzativo, non basta coinvolgere direttamente i pochi politici che sembrano comprendere i danni che l’operato di Terna sta provocando all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio storico-artistico, alle attività economiche locali, mettendo a grave rischio la salute di una popolazione che si sente abbandonata dalle istituzioni. L’arroganza di Terna nasce dalla consapevolezza che si può permettere di ignorare la voce dei cittadini, comunque si manifesti, avendo le spalle coperte da una politica lontana dalle realtà del paese e dai problemi dell’uomo comune.

Terna è una multinazionale potente, primo operatore in Europa nel suo settore, sesto al mondo, è una società per azioni che appartiene allo Stato Italiano per circa il 30%, il suo scopo è il profitto economico, non è l’Ente benefico che vorrebbe far credere di essere e che molti ritengono che sia, basti pensare che solo tra il 2006 e il 2012 ha distribuito 2,8 miliardi di euro ai suoi azionisti, Stato incluso. Un fiume di denaro, d’interessi più o meno esplicitati che si intrecciano a livelli irraggiungibili alla comprensione del comune cittadino, che si chiede perché lo sviluppo del Paese debba avvenire senza il rispetto dell’ambiente in cui vive e della sua salute. Un Paese che dovrebbe fare del suo meraviglioso territorio e del suo inestimabile patrimonio storico-artistico il perno di un benessere economico generalizzato e inesauribile, che sembra invece sempre più muoversi in direzione opposta. Il degrado del Paese non è imputabile unicamente a Terna, ma Terna non ha scrupoli, approfittando di un contesto degradato, il cui controllo sembra essere sfuggito di mano da tempo.

Le popolazioni insorgono ovunque, ottenendo talvolta qualche risultato, più spesso senza successo. Il caso della Sicilia è forse il più drammatico. Ne abbiamo già parlato in alcuni servizi dell’edizione online di Inchiesta, ora dedichiamo all’elettrodotto Sorgente-Rizziconi, che unisce la Sicilia alla Calabria, un intero dossier, nella speranza di indurre i politici che governano il nostro Paese a intervenire per fermare lo scempio in atto. Se da una parte si vuol far credere che il nuovo elettrodotto, che è ritenuto strategico per il Paese, serva per il rilancio economico dell’isola e per ridurre il costo dell’energia elettrica, dall’altro non si nasconde che il vero scopo è quello di creare una piattaforma per poter arrivare in Africa. Un progetto colossale quindi, per il quale Terna ha deciso di costruire una serie di elettrodotti potentissimi, a doppia terna, da 380 Kv (ma la tensione può arrivare a 550, un record europeo), che circumnavigheranno l’isola e la taglieranno in due o più parti. Il tratto Sorgente-Rizziconi, di 105 km, del quale ci occuperemo in queste pagine, è dunque solo il segmento iniziale di questo ambizioso progetto. In particolare concentreremo l’attenzione sulla tratta aerea di 20,5 km che da Villafranca Tirrena raggiunge San Filippo del Mela, nel messinese: un’infilata impressionante di piloni tubolari monostelo, alti oltre sessanta metri, che trasporteranno con le loro larghe braccia 18 cavi dell’alta tensione più 1 di segnalazione, monumenti al degrado ambientale e paesaggistico che svettano tra colline, borghi antichi, paesi, aziende agricole, per infilarsi nel groviglio di tralicci e cavi che circonda il polo industriale di Milazzo, passando per la martoriata comunità di Pace del Mela, nota alle cronache per l’alta incidenza di tumori e morti causate dal grave inquinamento a cui è da anni sottoposta.

I 20,5 km di cavi avrebbero potuto essere fatti andare per mare (come i 38 km che uniscono Calabria e Sicilia, o quelli assai più numerosi che uniranno la Sicilia a Malta e all’Africa), o essere messi in galleria o interrati, come avviene altrove; ma questo comporterebbe investimenti ben maggiori, fino a 17 volte è stato stimato, con costi di manutenzione per l’interrato più elevati (in galleria sono invece irrisori). Un po’ di profitti in meno e un po’ di attenzione in più per l’ambiente e la salute non gusterebbero, ma i politici locali sono stati i primi a non pretendere il rispetto per i territori e per le popolazioni da loro amministrati, interessati unicamente alle opere di compensazione – in altre parole, ai soldi dati da Terna per retribuire il danno creato. Per trenta denari hanno svenduto valli bellissime che si affacciano sulle isole Eolie e la fiducia dei loro concittadini. Non è stato così difficile, per Terna, ottenere le autorizzazioni necessarie dagli enti locali e su quella base riuscire ad avere le autorizzazioni ministeriali a Roma. I cittadini non sono mai stati coinvolti né consultati, né da Terna (che non li vuole proprio incontrare) né dagli amministratori locali. Un sistema che si fonda dunque su un malcostume diffuso che Terna stessa, con il suo comportamento, contribuisce ad alimentare.

 

Il dossier comprende sei interventi, a firma di due ambientalisti da anni impegnati nella lotta contro l’elettrodotto, Gianni Mento, fisico, e Antonino La Rosa, avvocato; da due giornalisti, Veronica D’Amico e Gianluca Rossellini, la prima corrispondente della Gazzetta del Sud, da poco ha conseguito la laurea specialistica in “Metodi e linguaggi del giornalismo” con una tesi sperimentale proprio su Terna, reduce da un precedente studio storico-giornalistico dedicato alla Valle del Mela a conclusione della laurea triennale in “Scienze della comunicazione: editoria e giornalismo”, il secondo corrispondente Ansa e di diverse testate locali e nazionali, autore di un importante volume sulle alluvioni avvenute nel messinese tra il 2009 e il 2011 (Inferno di fango, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2012) e di un volume di prossima pubblicazione sulla martoriata Valle del Mela, dove Terna passa con il suo elettrodotto; e Francesco e Grazia Sofia Tricomi, padre e figlia, originari di Venetico Superiore, uno dei paesini rovinati dallo scempio, che vivono a Padova ma amano il loro paese, dove ritornano ogni anno per le vacanze.

 

 

 

 

 

Il tratto siciliano dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi

Gianni Mento *

*Fisico, Associazione Mediterranea per la natura

 

L’iter e la valutazione del progetto di elettrodotto Terna Sorgente-Rizziconi sono caratterizzati da numerose “anomalie” nell’applicazione delle norme vigenti (regionali, nazionali e comunitarie), anche se l’opera è in possesso delle autorizzazioni previste dalla legge. L’elettrodotto è stato autorizzato ai sensi della legge 239/04 e il tratto siciliano aereo va dal Torrente Gallo (comune di Villafranca Tirrena) a Sorgente (comune di San Filippo del Mela). Nel tratto iniziale ricade nella Zona di Protezione Speciale, codice ITA030042 e denominata Monti Peloritani, dorsale Curcuraci-Antennammare ed Area Marina dello Stretto di Messina.

 

Principali anomalie riguardanti le norme ambientali di fonte comunitaria e il paesaggio.

1.Norme ambientali comunitarie e nazionali. Frammentazione del progetto a fini della Valutazione di Impatto Ambientale

 

Un’anomalia molto forte è certamente costituita dalla frammentazione a fini della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) dell’originario e unitario progetto. Nella Conferenza dei Servizi del 12.12.07 il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e Terna chiedevano di poter anticipare l’Autorizzazione Unica di cui alla L. 239/04 per quella parte del progetto costituita da interventi singolarmente non soggetti a VIA. Le risposte erano quasi tutte negative, compresa quella del Ministero dell’Ambiente (MATTM), che già in precedenza aveva diramato, con circolare 15208 del 7.10.06, l’interpretazione corretta della norma, secondo la quale la VIA si applica all’intero progetto generale definitivo.

In tal senso si era pronunziato il Consiglio di Stato già nel 2002 con sentenza 4368, reiterata con sentenza 5760 nel 2006 e 3849 nel 2009. Ma anche la Corte di Giustizia della Comunità Europea interveniva sull’argomento nel 2008 con linea analoga, in occasione della causa C-2/07.

I risultati abnormi sono quelli che si possono osservare oggi nel Torrente Gallo, nel Comune di Villafranca Tirrena, a seguito della costruzione della Nuova Stazione Elettrica. Infatti, poiché l’area in questione è caratterizzata dalla presenza di formazioni gessose frammiste a carbonati, legati alla serie gessoso-solfifera, le piogge invernali determinavano ripetuti smottamenti e l’originario intervento si complicava ulteriormente, con ampliamento dell’area interessata. Pur ricadendo in Zona di Protezione Speciale (ZPS) sottoposta a vincolo paesaggistico, l’intervento veniva avviato a realizzazione senza la VIA, facendo parte di quel pacchetto di interventi estrapolati dall’originario progetto unitario, non sottoposti a VIA ed autorizzati direttamente dal MISE con Autorizzazione Unica del 20.02.09, mentre la parte di progetto sottoposta a VIA era oggetto dell’Autorizzazione Unica dell’8.7.10.

A questo va aggiunto che il progetto della strada di accesso alla nuova stazione, prescritta nel 2008 dal Genio Civile di Messina, veniva presentato al Comune di Villafranca Tirrena, piuttosto che al Ministero competente, come si sarebbe dovuto fare trattandosi di una variante rispetto al progetto originario.

Pertanto, i lavori della nuova Stazione Elettrica e della strada di accesso venivano avviati e realizzati, ancora parzialmente, in assenza di VIA. Dalla stessa stazione parte inoltre un tratto interrato dell’elettrodotto, che risale il Torrente Gallo e ricade anch’esso in ZPS e in zona riguardante l’area relativa a un progetto di vincolo della Soprintendenza BB.CC.AA. di Messina, la cui norma di gestione pubblicata nel 2008 prevede anche il divieto di realizzare opere, sia in superficie che in profondità.

E comunque, a parte la chiara disattenzione alle norme sulla valutazione ambientale, si è perso totalmente il senso del ridicolo con l’inserimento, nel Decreto Ministeriale sulla VIA del 30.06.09 e nell’Autorizzazione Unica dell’8.7.10, di alcune prescrizioni riguardanti gli interventi già oggetto dell’Autorizzazione Unica del 20.2.09.

 

2. Direttiva Habitat e DPR 357/97 di recepimento

In occasione del rilascio per l’elettrodotto del parere VIA della Regione Siciliana, prot. 62725 del 7.8.08, i vari elementi di criticità rilevati avevano determinato la prescrizione dell’acquisizione del parere della Commissione Europea, secondo quanto previsto dal comma 10 dell’art. 5 del DPR 357/97 e ss.mm.ii., che norma i casi in cui l’impatto rilevato non consentirebbe di realizzare l’opera. Tale prescrizione veniva dapprima recepita nel Decreto VIA del MATTM del 29.7.09, ma incredibilmente veniva revocata nel gennaio 2010 dalla Regione Siciliana senza alcuna valida motivazione e nonostante la stessa Regione avesse approvato, con DA del 30.6.09, il Piano di Gestione della ZPS, che prevedeva l’obbligo di costruzione interrata dei nuovi elettrodotti.

Altrettanto incredibilmente il MATTM, che pure aveva messo a disposizione della Regione Siciliana una Task Force per l’elaborazione dei suddetti piani di gestione, modificava il precedente DM del 29.7.09 con provvedimento del 26.5.10, senza alcuna procedura di evidenza pubblica e senza alcun supporto che consentisse di superare lo scoglio della precedente Valutazione di Incidenza (in cui era lo stesso Studio a dichiarare l’elevato impatto) e in violazione del Piano di Gestione. Da evidenziare che il Piano di Gestione per la tutela della ZPS era stato realizzato d’intesa con il MATTM con fondi comunitari. Veniva però disatteso dallo stesso Dipartimento Regionale dell’Ambiente della Regione Siciliana che lo aveva decretato, ponendo così le basi per una procedura d’infrazione da parte della Comunità Europea.

 

 

3. Norme nazionali legate a quelle comunitarie. Mancata Verifica di Ottemperanza

Nel fascicolo dell’elettrodotto in questione, consultato nell’inverno del 2013 presso l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, Servizio VAS-VIA della Regione Siciliana, non si rilevava traccia della Verifica di Ottemperanza sul progetto esecutivo, indispensabile per l’avvio dei lavori, comunicato da Terna già nell’estate del 2012.

La Verifica di Ottemperanza è richiesta dall’art. 29, comma 2, del Dlgs. 152/06 e ss.mm.ii. Lo stesso Assessore Regionale al Territorio, in occasione dell’audizione in IV Commissione Legislativa dell’ARS, nel marzo 2013, dichiarava che la Verifica di Ottemperanza sul progetto di elettrodotto non era stata effettuata.

Il MATTM, con nota del 20.3.13, comunicava che la procedura per la Verifica di Ottemperanza non era stata mai attivata. Ciò nonostante, nessuno degli organi della PA preposti alla tutela del territorio e alla gestione dei vincoli risulta essere intervenuta.

 

 

4. Altre osservazioni : La razionalizzazione

Terna chiama razionalizzazione la dismissione di vecchie linee, sia per scelta progettuale sia per prescrizione impartita dal MATTM al progetto di costruzione della nuova linea a 380 Kv che è accompagnata da altre a 150 Kv.

Va evidenziato in merito che il dichiarato miglioramento dello stato attuale, strombazzato da Terna e attribuito al rapporto tra km nuovi e km dismessi, non descrive l’effettiva situazione che si origina sul territorio, dal momento che un km del nuovo elettrodotto non può confrontarsi con un km del vecchio, perché i vecchi elettrodotti sono costituiti per lo più da 4-7 cavi, massimo 9, mentre il nuovo a 380 Kv è costituito da un complesso di ben 18+1 cavi. Questo ha rilevanza non solo da un punto di vista paesaggistico, ma soprattutto da un punto di vista ambientale. In alcuni tratti poi le nuove e le vecchie linee s’incrociano o camminano parallele, determinando così un effetto di somma che non è valutato in alcuna parte della VIA né tantomeno nella Valutazione di Incidenza, come invece prevede il DPR 357/97 all’art. 5 e nell’Allegato G dello stesso decreto.

Infine si osserva:

(a) la ZPS è stata istituita per la tutela dell’avifauna migratoria, che nel territorio in questione raggiunge livelli di grande rilevanza e importanza (tra poco avranno inizio i campi internazionali di osservazione);

(b)il territorio in questione ricade all’interno di una delle principali rotte di migrazione del Paleartico Occidentale;

(c)il Piano di Gestione della ZPS considera la costruzione di nuovi elettrodotti in fase aerea non compatibile con le esigenze di tutela dell’avifauna e in particolare, allo scopo di evitare il rischio di elettrocuzione, prevede l’obbligo della realizzazione con interramento.

 

Ma il MATTM e la Commissione Tecnica di Impatto Ambientale non sembra abbiano tenuto in conto tutto questo. Infatti hanno autorizzato per la ZPS, e Terna ha già eseguito, in parte, la sostituzione dei tralicci a V del progetto con quelli di tipo tubolare, a seguito di una prescrizione paesaggistica secondo la quale tali strutture tubolari sarebbero meno impattanti. Ma, a prescindere dalla condivisibilità della prescrizione per gli aspetti paesaggistici, non vi è alcun dubbio che nei tralicci tubolari i 18+1 cavi sono collocati a distanza più ravvicinata rispetto a quelli posti sui tradizionali tralicci a V. Il risultato è un forte aumento dell’effetto barriera e del rischio di elettrocuzione, proprio quello che la prescrizione di interramento del Piano di Gestione voleva evitare.

Con buona pace per i contributi comunitari erogati per i Piani di Gestione e per le strutture energetiche.

 

 

5. Norme sul paesaggio. Violazione del DLgs. 42/04 e ss.mm.ii., art. 143, comma 9.

Nel mese di gennaio 2010 veniva pubblicato il Piano Paesaggistico dell’Ambito 9, adottato nel novembre 2009, che individua, fra l’altro, un crinale che scende dallo spartiacque Jonio-Tirreno verso il Mar Tirreno, nel comune di Saponara. Tale crinale risulta sottoposto a livello di tutela 3, il massimo previsto dal Piano, per una larghezza di 400 metri in cui è previsto il divieto di realizzare nuove strade, antenne, elettrodotti e altro.

Il motivo del divieto è legato alla “presenza di varie componenti qualificanti di grande valore e relativi contesti e quadri paesaggistici, o in cui anche la presenza di un elemento qualificante di rilevanza eccezionale a livello almeno regionale determina particolari e specifiche esigenze di tutela”.

Il crinale ricade per intero nella ZPS ed è attraversato dal tracciato dell’elettrodotto. Il DLgs. 42/04 e ss.mm.ii. prevede, all’art. 143 comma 9, che dalla data di adozione del Piano non sono consentiti interventi in contrasto con le previsioni del piano stesso (Norme di Salvaguardia). L’art. 10 richiama l’impossibilità di realizzare interventi in contrasto con il Piano stesso, in seguito all’entrata in vigore delle Norme di Salvaguardia.

La stessa Normativa all’art. 57 definisce gli elettrodotti (normali) come opere di rilevante trasformazione del territorio e all’art. 63 prevede che le autorizzazioni già rilasciate per progetti di opere non ancora intraprese alla data di adozione del Piano restano valide limitatamente alle aree in cui il Piano non preclude la loro realizzazione.

Alla luce pertanto di quanto esposto, poiché i lavori dell’elettrodotto sono stati avviati solo a metà del 2012, con la pubblicazione del Piano (2010) l’autorizzazione rilasciata a Terna nel 2007 ha perso la sua validità nella parte che riguarda l’attraversamento del crinale citato. Ciò nonostante i lavori continuano e nei progetti di Terna, come si evince dal Piano di Sviluppo 1013, è già previsto il raddoppio di questo tratto siciliano, che andrà a rendere ancora più drammatica la situazione del territorio della cuspide peloritana, già oggi martoriato dagli impianti a rete che attraversano lo Stretto di Messina, anche a causa del fatto che la Sicilia ha omesso di effettuare la pianificazione d’area vasta introdotta dalla legge istitutiva delle province regionali già nel 1986 con la legge n. 9. A questo aggiungasi che la Valutazione Ambientale Strategica di cui alla Direttiva 2001/42, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europea del 21.7.01, è stata ridotta, sia a livello statale che regionale, a un’inutile certificazione al seguito, ben lontana dagli obiettivi che la norma comunitaria si prefiggeva. Non è un fatto casuale che la suddetta procedura si applichi in Italia dal 2008. La Sicilia poi, che l’aveva normata già nel 2004, la applica sostanzialmente solo dal 2012 e solo a seguito dell’avvio di una procedura d’infrazione.

 

 

 

La fase giudiziaria della lotta contro l’elettrodo

Antonino La Rosa*

*Avvocato, componente collegio di difesa ricorrenti di Serro – Presidente Associazione I Cittadini Villafranca Tirrena (Me)

 

Tutto comincia con l’istanza del 20.12.06 con la quale la Società Terna S.p.a. chiede al Ministero dello Sviluppo Economico il rilascio dell’Autorizzazione Unica, ai sensi della L. 239/04, per la costruzione e l’esercizio di un nuovo elettrodotto, in doppia terna a 380 Kv, denominato Sorgente-Rizziconi, costituito da tratti in cavo interrato, in cavo sottomarino e in cavo aereo, con relativi impianti e stazioni di collegamento alla rete, nelle province di Messina e Reggio Calabria.

L’opera in esame si sviluppa sul territorio di vari Comuni e incide anche su Siti di Interesse Comunitario (SIC) e, in particolare, sulle seguenti Zone di Protezione Speciale (ZPS): ITA030042, Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e area marina dello Stretto di Messina, istituita per la tutela dell’avifauna migratoria, e IT9350300 Costa Viola (Calabria).

La procedura autorizzativa risulta quindi assoggettata alla disciplina di cui alla L. 239/04 – con connessa Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), tenuto conto della natura dell’impianto – nonché, stante la peculiarità delle zone interessate, alle prescrizioni regolamentari di cui al DPR 357/97, recante norme di attuazione delle direttive comunitarie “Habitat” (Direttiva 92/43/CEE) e “Uccelli” (Direttiva 79/409/CEE), finalizzate ad assicurare il mantenimento o il ripristino degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

Nelle more della definizione del procedimento di VIA – cui andava assoggettata, secondo la normativa di settore, la realizzazione dell’opera in questione – con nota del 19.10.07 Terna richiedeva il rilascio anticipato dell’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio del tratto di elettrodotto Villafranca Tirrena-Scilla, assumendo che solo i tratti aerei rientravano nelle categorie di opere da assoggettare a VIA.

A tal fine, il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), con nota del 29.11.07, convocava una prima Conferenza dei Servizi per esaminare l’istanza di Terna, sulla quale si pronunciavano negativamente il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (MIBAC), la Provincia di Messina, i Comuni di Messina, Pace del Mela e San Filippo del Mela. La Regione Siciliana si riservava un ulteriore approfondimento perché le opere da stralciare, in ogni caso, erano soggette a Valutazione di Incidenza, trattandosi d’interventi ricadenti in SIC e in ZPS.

Nonostante i pareri negativi, il MISE riteneva, irragionevolmente, di aderire alla richiesta di Terna, stralciando dalla procedura in corso una parte rilevante dell’approvando intervento (tratto Villafranca Tirrena-Scilla), sottraendolo così dagli esiti della procedura VIA medio tempore incardinata.

In data 7.8.08 la Regione Siciliana esprimeva parere formalmente e sostanzialmente negativo sulla tratta aerea dell’elettrodotto Sorgente-Villafranca (prot. 62725). In particolare, veniva rimarcata “l’incidenza negativa che l’opera in oggetto avrà sull’avifauna presente, sia per il danno diretto, sia per quello causato dalla sottrazione di habitat”. La Regione, in particolare, subordinava espressamente l’eventuale realizzazione dell’elettrodotto all’acquisizione del parere della Commissione Europea, ai sensi dell’art. 5, comma 10, del DPR 357/97, tenuto conto che l’intervento avrebbe interessato le sopra richiamate ZPS.

Successivamente, a seguito di richiesta di precisazioni da parte del MISE, la Regione Siciliana – irragionevolmente, e senza peraltro fornire adeguata motivazione – capovolgeva la valutazione precedentemente resa, dichiarando che “il parere (62725 del 7.8.08) di questa Regione, facendo salve le considerazioni di tale nota, è da intendersi positivo, stante la valutazione positiva degli impatti”.

La Commissione Tecnica di Verifica per l’Impatto Ambientale del MATTM, con riferimento alle tratte non stralciate (Villafranca Tirrena-Sorgente e Scilla-Rizziconi), approvava il parere n. 246, positivo con prescrizioni.

Sulla base del citato parere n. 246/09 della Commissione Tecnica, il MATTM si esprimeva favorevolmente sulla compatibilità ambientale dei tratti aerei del progetto, subordinando l’intervento al rispetto delle seguenti prescrizioni:

a) le prescrizioni impartite dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’impatto ambientale;

b) le prescrizioni impartite dal MIBAC, in recepimento delle prescrizioni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia;

c) le prescrizioni impartite dalla Regione Calabria, in recepimento delle prescrizioni del Nucleo Via Regionale;

d) la prescrizione D1 impartita dalla Regione Siciliana che, ritenendo l’opera di notevole impatto per la ZPS ITA030042, imponeva la previa acquisizione del parere della Commissione Europea, a salvaguardia delle numerose specie di avifauna ad alto rischio di estinzione che popolano la zona, tenuto conto dell’indubbia l’incidenza negativa che l’elettrodotto avrebbe dispiegato sull’avifauna, sia per il danno diretto, sia per la sottrazione dell’habitat;

e) la prescrizione E1 del MATTM, che imponeva a Terna la descrizione delle misure di compensazione da adottare per tutta la ZPS interessata dalla presenza dell’avifauna, sempre in vista della successiva sottoposizione del progetto alla Commissione Europea.

La Regione Siciliana formalizzava l’intesa sulle tratte di elettrodotto in questione con Decreto dell’Assessore dell’Industria datato 11.9.09, nel quale era ancora una volta richiamato il parere VIA della Regione Siciliana.

L’intesa, dunque, veniva espressamente vincolata al rispetto di tutte le prescrizioni apposte dai vari soggetti competenti al rilascio dei diversi pareri, autorizzazioni o nulla osta comunque denominati, tra i quali, in particolare, la prescrizione adottata dalla stessa Regione Siciliana e volta ad assicurare l’acquisizione del parere della Commissione Europea.

Successivamente, Terna richiedeva al MATTM una verifica della portata prescrittiva di quanto riportato nel decreto di compatibilità ambientale 943/09, con particolare riferimento proprio alle prescrizioni D1 della Regione Siciliana ed E1 del MATTM. Incomprensibilmente, e in maniera del tutto illegittima, il MATTM, anziché convocare una nuova Conferenza di Servizi per esaminare la richiesta di Terna, nell’ambito della quale acquisire i pareri delle varie Amministrazioni interessate, si limitava a intraprendere un’irrituale corrispondenza con la Commissione Tecnica VIA-VAS e con la Regione Siciliana, finalizzata all’eventuale riesame delle citate prescrizioni.

Ciò appare tanto più grave, ove si consideri che la suddetta corrispondenza interveniva durante la perdurante vigenza del Decreto VIA n. 943/09, che espressamente subordinava il parere positivo di compatibilità ambientale al rispetto delle prescrizioni D1 ed E1. Sta di fatto che, a seguito della suddetta richiesta, l’ex Direzione Generale per la Salvaguardia Ambientale del MATTM, chiedeva alla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA-VAS del MATTM e alla Regione Siciliana di pronunciarsi in merito alla richiesta di Terna.

Inopinatamente, la Commissione Tecnica rappresentava che il Comitato di Coordinamento aveva elaborato una serie di considerazioni, successivamente approvate dall’Assemblea Plenaria del 30.10.09, con le quali si dichiaravano “non coerenti” con il parere della Commissione stessa n. 246/09 le prescrizioni D1 della Regione Siciliana e E1 del MATTM.

Quanto alla Regione Siciliana, questa statuiva che – alla luce delle considerazioni svolte nell’ambito di un documento redatto da un consulente di Terna (Prof. Bruno Massa) in materia d’incidenza dell’intervento sulla fauna – poteva considerarsi “superata” la prescrizione a suo tempo inserita nel precedente parere VIA, riportata nel Decreto Via nazionale (prescrizione D1) del 29.07.09.

A seguito di quest’irrituale corrispondenza bilaterale, intercorsa tra i soggetti pubblici sopra indicati, la Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali del MATTM comunicava a Terna che la prescrizione citata “non si considera debba essere specificatamente ottemperata”. E quindi, in data 26.05.10, veniva emanato un nuovo Decreto del MATTM, di concerto con il MIBAC, con il quale venivano eliminate le prescrizioni D1 ed E1 contenute nel precedente Decreto VIA n. 943/09.

Infine, in data 8.7.10 il MISE emanava, di concerto con il MATTM, il Decreto di Autorizzazione Unica per la costruzione e l’esercizio dell’elettrodotto denominato Sorgente-Rizziconi, tratti aerei Sorgente-Villafranca Tirrena e Scilla-Rizziconi (prot. n. 239/EL-76/113/2010, pubblicato in GURI 4.8.10).

Con la pubblicazione del decreto autorizzativo nella Gazzetta Ufficiale, decorrono i termini entro i quali l’Autorizzazione Unica può essere impugnata, rassegnando la competenza al TAR del Lazio, essendo la stessa rilasciata dal MISE.

Tralasciando gli esposti e le varie contestazioni poste in essere dalle varie associazioni e dai comitati spontanei, preoccupati per gli effetti della realizzazione dell’elettrodotto, qui di seguito segnaliamo le iniziative di carattere giudiziario, nello specifico dei ricorsi amministrativi proposti per ottenere l’annullamento dell’Autorizzazione Unica e, conseguentemente, arrestare la realizzazione dell’opera.

 

1) Ricorso presentato dall’Associazione Mediterranea per la Natura (MAN) e Legambiente (Comitato Regionale Siciliano Onlus) contro il parere del MATTM di concerto con il MIBAC del 26.05.10, pubblicato in GURI 11.06.10.

Le associazioni ricorrenti, dopo avere evidenziato la legittimazione a essere parte nel giudizio d’impugnazione, hanno contestato, chiedendone l’annullamento, il parere di compatibilità ambientale nella parte in cui i Ministeri hanno modificato, illegittimamente e ingiustificatamente, il precedente parere del 29.07.09.

L’impugnazione, di notevole rilievo, solleva un grave vizio procedurale, che sarà ripreso dai successivi ricorsi, che ha determinato il mancato coinvolgimento della Commissione Europea nella procedura autorizzativa dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi.

Infatti, mentre il Decreto interministeriale del 2009 veniva rilasciato con diverse prescrizioni, due della quali a tutela delle numerose specie di avifauna che sarebbero state minacciate dal progetto (riconducibili alla necessità di sottoporre il progetto al vaglio della Comunità Europea), le suddette prescrizioni vengono eliminate con procedura e motivazioni non condivisibili. Infatti, la modifica avrebbe dovuto avvenire con una nuova procedura di evidenza pubblica, analoga a quella seguita per l’adozione del primo provvedimento, garantendo così la partecipazione al procedimento di tutti gli interessati. Così invece non è stato.

Inoltre, le associazioni hanno rilevato un grave travisamento dei fatti laddove viene attribuita alla nota del prof. Massa la qualifica di “aggiornamento della Valutazione di Incidenza”. In realtà si tratta di una semplice proposta che indica i criteri da seguire nel caso di un monitoraggio da effettuare prima del progetto esecutivo e, in ogni caso, dopo l’autorizzazione VIA e l’Autorizzazione Unica.

Le considerazioni sulla nota del prof. Massa sono le uniche motivazioni addotte dal Servizio VIA-VAS della Regione Siciliana per giustificare la modifica del parere già reso che ha, di fatto, eliminato la prescrizione del parere della Comunità Europea. Va peraltro precisato che l’organo tecnico previsto dalla legislazione regionale siciliana è il Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale ai sensi della LR 98/81. Trattasi pertanto di un grave difetto di motivazione.

Il parere VIA-VAS della Regione Siciliana è anche accompagnato dall’inammissibile silenzio sull’avvenuta approvazione, già dal 30.6.09, del Piano di Gestione dei siti comunitari presenti sui Monti Peloritani (tra i quali la ZPS ITA030042), per i quali è previsto l’obbligo della costruzione con interramento per tutti i nuovi elettrodotti. Piano che era stato commissionato, insieme ad altri, dallo stesso Dipartimento Ambiente.

Le associazioni ricorrenti ribadiscono pertanto che il Decreto VIA del 26.05.10 va annullato e la realizzazione dell’elettrodotto in questione, ove non ammissibile per altri aspetti, ricade nelle previsioni dell’art. 5, comma 10, del DPR 357/97 e deve essere subordinata all’acquisizione del parere della Commissione Europea.

Il ricorso iscritto al n. 8605/10, nonostante l’istanza di prelievo per la fissazione dell’udienza, non è stato ancora trattato dal TAR del Lazio.

 

2) Atto d’intervento volontario dei cittadini di Serro ad adiuvandum nel ricorso presentato dall’associazione MAN e Legambiente contro il parere il parere del MATTM di concerto con il MIBAC del 26.05.10, pubblicato in GURI 11.06.10.

A sostegno del ricorso presentato dalle associazioni, 101 cittadini, residenti e/o interessati alla tutela della frazione Serro del Comune di Villafranca Tirrena, assistiti dagli avv. Gianfranco Passalacqua, Guglielmo Calcerano, Giuliana Colavecchio e Antonino La Rosa, dopo aver depositato autonomo ricorso contro l’autorizzazione del MISE del 8.07.10, propongono atto di intervento volontario, ad adiuvandum, per ribadire e rafforzare quanto già sostenuto dalle associazioni nel ricorso principale.

Gli intervenienti sostengono che il parere è stato adottato in difetto di qualsiasi coinvolgimento nel procedimento dei soggetti interessati (amministrazioni locali, cittadini portatori di interessi), il cui diritto alla partecipazione procedimentale è garantito dagli artt. 7 e 8 della L. 241/90, ed è il risultato non di un procedimento tipizzato, ma di un’irrituale corrispondenza intercorsa solo tra alcune delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento autorizzativo; è stato dunque emanato in evidente spregio dei principi di trasparenza e partecipazione, senza consentire la proposizione di eventuali osservazioni agli interessati.

Il provvedimento de quo è peraltro da considerare illegittimo anche alla luce del principio del contrarius actus, applicabile, secondo costante giurisprudenza, alle ipotesi di autotutela provvedimentale.1

Nel caso di specie, quindi, il Decreto 342/10 avrebbe dovuto essere adottato mediante incardinamento di un nuovo procedimento, secondo le tipizzate previsioni di legge. Ciò appare tanto più grave, ove si consideri l’importanza della previa acquisizione del parere della Commissione Europea – espressamente prescritto dall’art. 5, comma 10, del DPR 357/97 – ai fini della salvaguardia della ZPS ITA030042 e nell’interesse primario e qualificato degli intervenienti, in quanto residenti nella ZPS citata, nonché proprietari di immobili ivi ubicati.

 

3) Ricorso presentato dall’associazione MAN contro il Decreto del MISE, prot. n. 239/EL-76/113/2010, dell’8.7.10, pubblicato in G.U.R.I. del 4.08.10.

L’associazione MAN, con il patrocinio degli avv. Nicola Giudice, Giovanni Crosta e Maria Zaira Lo Buglio, impugna davanti al TAR del Lazio l’Autorizzazione Unica rilasciata, ai sensi della L. 239/04, dal MISE in data 8.7.10 e pubblicata in GURI 4.08.10. Oltre a riproporre i motivi in contestazione nei confronti del parere del MATTM, preso di concerto con il MIBAC, l’associazione amplia le violazioni procedurali che si presumono praticate nel corso del tormentato iter autorizzativo.

La ricorrente contesta i frazionamento del progetto perché in contrasto con la circolare del MATTM n. 15208/06 ma anche della costante giurisprudenza dei TAR, del Consiglio di Stato (n. 4368/02, n. 5760/06, n. 3849/09) e della Corte di Giustizia della Comunità Europea (28.02.08, causa c-2/07). È necessaria una valutazione globale dell’opera, al fine dell’ammissibilità degli interventi in regime protettivo, in quanto il frazionamento impedisce la valutazione degli effetti di cumulo dei singoli tratti, ancorché tipologicamente non sottoposti a VIA, come prescritto dall’art 5, c. 3 e dall’all. G, del DPR 357/97 e s.m.i., estesa a tutte le opere che possono avere effetti negativi su habitat e specie tutelate.

Terna ha presentato uno Studio di Impatto Ambientale gravemente deficitario nella valutazione, obbligatoria, delle possibili alternative progettuali, in palese violazione dell’art. 22, c.3, Dlgs. 152/06 che così recita: “Lo studio di impatto ambientale contiene: […] d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo ambientale”. Le soluzioni alternative, sia di tracciato che di tipologia, avrebbero consentito di valutare la possibilità di realizzare la nuova linea elettrica in cavo sottomarino (ad esempio da Sorgente a Villafranca Tirrena) o in galleria dedicata all’interno delle ZPS o con interramento, consentendo di abbattere gli impatti sulla ZPS ITA030042 e sulla difficile area del comprensorio del Mela, dichiarata Area ad elevato rischio di crisi ambientale con D.A. del 4.9.02.

L’associazione contesta, altresì:

– nessuna valutazione viene espressa dalla Commissione in merito alle osservazioni e opposizioni presentante da cittadini ed enti e soprattutto dalle associazioni ambientaliste, tra cui la stessa ricorrente; il Decreto 239, si limita a riportare: “Preso atto che…sono pervenute le seguenti osservazioni di cui è stato tenuto conto nel corso dell’istruttoria tecnica” e “viste le controdeduzioni formulate da Terna” ;

– è inammissibile che il Decreto di VIA prenda in considerazione i limiti d’inquinamento elettromagnetico indicati dalla normativa statale vigente (DPCM dell’8.7.03) senza considerare che il Dlgs. 152/06 (in termini di VIA) prescrive che, per l’espressione di un parere favorevole di compatibilità ambientale, le scelte progettuali devono garantire un “elevato livello” di protezione dell’ambiente e della salute umana, anche applicando il Principio di Precauzione contenuto nell’art. 174 del Trattato UE, recepito dal Dlgs. 152/06;

– la violazione della normativa regionale laddove il parere favorevole espresso è in contrasto con il decreto ARTA Sicilia n. 668/09 (GURS del 4.9.09) e n. 286/10 (GURS del 6.8.10), con il quale è stato approvato il Piano di Gestione Monti Peloritani, riguardante anche la ZPS ITA030042 attraversata dall’elettrodotto, e che prevede esplicitamente l’obbligo d’interramento per i nuovi elettrodotti.

Anche questo ricorso, nonostante la richiesta di fissazione di udienza, non è stato ancora discusso.

 

4) Ricorso presentato dai Comuni di Pace del Mela e San Filippo del Mela contro il Decreto del MISE, prot. n. 239/EL-76/113/2010, dell’8.7.10, pubblicato in GURI 4/8/10.

I Comuni di Pace del Mela e San Filippo del Mela, assistiti dall’avv. Benedetto Calpona, propongono ricorso al TAR del Lazio per l’annullamento del Decreto del MISE.

Il ricorso evidenzia la mancanza di alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo ambientale. Lo studio d’impatto ambientale è carente di qualsiasi motivazione riguardante le possibili soluzioni progettuali alternative (previste dall’art. 22, comma 3 del Dlgs. 152/06), in particolare con riferimento alla possibilità di realizzare la nuova linea elettrica in cavo sottomarino (ad esempio da Sorgente a Villafranca Tirrena) o in galleria o con interramento. Dette soluzioni progettuali risultano praticabili, così come in effetti sono state praticate da Terna in altre porzioni di territorio nazionale e/o comunitario.

Nella fattispecie, lo studio d’impatto ambientale si limita a giustificare l’unica scelta progettuale considerata da Terna, senza una comparazione, per esempio, tra la scelta progettuale dell’elettrodotto aereo, aprioristicamente imposto da Terna, e la scelta progettuale dell’interramento dell’elettrodotto. Una valutazione delle soluzioni alternative progettuali dell’opera avrebbe dovuto tenere conto degli interessi coinvolti nel procedimento delle comunità locali, valutando l’impatto sul territorio dell’opera anche in rapporto al cumulo con altre pesanti servitù esistenti, a causa delle quali l’area che è stata dichiarata “a elevato rischio di crisi ambientale” (Decreto ARTA del 4.9.02).

Nessuna valutazione viene espressa dalla Commissione in merito alle numerose osservazioni e opposizioni presentante da cittadini ed enti; sull’argomento viene riferito solo il parere della società Terna.

I Comuni ricorrenti, quali rappresentanti della martoriata Valle del Mela, contestano anche la mancata valutazione dell’inquinamento da ozono, che accompagna il funzionamento degli elettrodotti, nonché i limiti di inquinamento elettromagnetico fissati dall’Istituto Superiore della Sanità. Lamentano, infatti, che lo studio VIA prodotto da Terna si sia fermato a verificare i limiti di cui al DPCM 8.7.03, mentre sarebbe stato necessario garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana in applicazione del Principio di Precauzione.

A parere dei ricorrenti, manca l’acquisizione dei pareri dell’Ufficio Speciale Area a elevato rischio di crisi ambientale, istituito presso l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente della Regione Siciliana, e del Consiglio Regionale per la protezione del Patrimonio naturale istituito ai sensi della LR 98/81. Pareri obbligatori e presupposto inscindibile per la realizzazione di opere nel Comprensorio della Valle del Mela.

Il ricorso dei Comuni è stato discusso in pubblica udienza il 5.7.12, ma rigettato dal TAR del Lazio. I Comuni di Pace del Mela e San Filippo del Mela hanno proposto appello alla sentenza, ribadendo i motivi d’impugnazione dell’Autorizzazione Unica. Il Consiglio di Stato ha però confermato la sentenza di rigetto.

 

5) Ricorso presentato da 101 cittadini residenti nel villaggio Serro del Comune di Villafranca Tirrena o proprietari d’immobili ricadenti nel territorio o comunque interessati al mantenimento dell’habitat della zona contro il Decreto del MISE, prot. n. 239/EL-76/113/2010, dell’8.7.10, pubblicato in GURI 4/8/10.

La comunità di Serro, piccola frazione del Comune di Villafranca Tirrena, particolarmente interessata dalla vicinanza del tracciato del nuovo elettrodotto, si è attivata non appena ha avuto notizia del progetto, a qualche mese dal rilascio dell’autorizzazione. Dopo innumerevoli appelli alle istituzioni, e dopo la pubblicazione del Decreto autorizzativo sulla Gazzetta Ufficiale, 101 cittadini, residenti, proprietari d’immobili o comunque interessati alla salvaguardia del peculiare habitat del paese hanno deciso di ricorrere al TAR del Lazio, con il ministero degli avv. Gianfranco Passalacqua, Guglielmo Calcerano, Giuliana Colavecchio e Antonino La Rosa. Il Comune di Villafranca Tirrena decideva per il meno incisivo ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Secondo i ricorrenti, la vicinanza all’elettrodotto in questione genera un interesse qualificato ad agire in giudizio con finalità di tutela del valore economico delle proprietà, ma anche al fine di tutelare il proprio diritto alla salute, inteso non solo con riferimento agli effetti pregiudizievoli che possono derivare dalle irradiazioni emanate dall’elettrodotto, ma anche nel significato più ampio di diritto a un ambiente salubre, all’equilibrio dell’ecosistema, e alla tutela del paesaggio.2

In origine, il progetto relativo alla costruzione del nuovo elettrodotto è stato presentato unitariamente da Terna, e solo in seguito è stato suddiviso in due parti distinte; ciò al fine di sottrarre il progetto a una VIA complessiva; al contrario la VIA “necessita di una valutazione unitaria dell’opera, ostante alla possibilità che, con un meccanismo di stampo elusivo, l’opera venga artificiosamente frazionata in frazioni eseguite in assenza della valutazione perché, isolatamente prese, non configurano interventi sottoposti al regime protettivo” (v. Consiglio Stato, sez. VI, 30.8.02, n. 4368, nonché Cons. Stato Sez. IV, 2.10.06, n. 5760).

L’elettrodotto, incidendo su siti d’interesse comunitario, andava senza dubbio subordinato al rispetto del Principio di Precauzione di cui all’art. 174 del TUE e a quello delle prescrizioni regolamentari di cui al DPR 357/97, recante norme di attuazione delle direttive comunitarie “Habitat” (1992) e “Uccelli” (1979), finalizzate ad assicurare il mantenimento o il ripristino degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

L’art. 5 del citato DPR, rubricato “valutazione d’incidenza”, sottolinea la necessità di tenere in debito conto la valenza naturalistico-ambientale dei siti d’importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione interessate dagli interventi. E infatti, le stesse amministrazioni coinvolte nella procedura autorizzatoria hanno a più riprese sottolineato la necessità della previa acquisizione del parere favorevole della Commissione Europea, come già in precedenza illustrato.

Del tutto illegittimo, irragionevole e sprovvisto di reale motivazione è il contrario orientamento assunto in seguito dall’Amministrazione, espresso nella nota della Regione Siciliana del 19.2.10, in cui si sostiene che “possa ritenersi superata la prescrizione proposta nel precedente parere e riportata al punto D1 nel Decreto di Compatibilità Ambientale del 29.7.09” e culminato nel decreto del MATTM del 26.5.10.

Il Decreto di Autorizzazione Unica dell’8.7.10, che perfeziona la procedura autorizzatoria, si fonda dunque su un’istruttoria palesemente carente, oltre che illogica e contraddittoria, e si pone peraltro in aperto contrasto con le disposizioni poste a salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio di matrice comunitaria. Si rileva, inoltre, che il Piano di Gestione dei Monti Peloritani prevede espressamente che “i nuovi elettrodotti vengano interrati”, mentre il progetto Sorgente-Rizziconi li prevede in cavo aereo.

Il provvedimento con il quale il MATTM ha eliminato dal decreto VIA le già richiamate prescrizioni D1 ed E1 è stato adottato in difetto di qualsivoglia coinvolgimento nel procedimento dei soggetti interessati il cui diritto alla partecipazione procedimentale è garantito dagli artt. 7 ed 8 della legge 241/90; ciò anche in violazione del principio del contrarius actus, applicabile, secondo costante giurisprudenza, alle ipotesi di autotutela provvedimentale (v nota 1).

Il ricorso, trattato in pubblica udienza in data 5.7.12, è stato rigettato dal TAR del Lazio con Sentenza n. 8893/12, depositata il 30.10.12. Il TAR respinge le eccezioni d’inammissibilità del ricorso, presentate da Terna, riconoscendo ai ricorrenti l’interesse alla regolarità del procedimento di autorizzazione soprattutto con riguardo alla protezione ambientale.

Nel merito rigetta il ricorso in quanto: a) ritiene che le giustificazioni relative alla necessità dell’autorizzazione anticipata del tratto Villafranca Tirrena-Scilla appaiono congrue e che ciò non ha compromesso gli studi sull’impatto ambientale; b) che uno studio scientifico successivo, presentato dalla società controinteressata, ha indicato alcune misure di contrasto all’incidenza ambientale, … a seguito delle quali, l’Amministrazione regionale ha riconosciuto essere venute meno le circostanze di incidenza e di rischio ecologico presupposte per la richiesta valutazione dell’organismo europeo; c) che non è mancato “il coinvolgimento degli enti locali nel procedimento di autorizzazione unica e nei sub procedimenti di VIA”.

A parere dei legali, rappresentanti dei 101 cittadini ricorrenti, la motivazione di rigetto appare eccessivamente generica e priva di precisi riferimenti sia alla disciplina applicabile, sia alle vicende procedimentali. Il TAR ha respinto il motivo di ricorso, riguardante il mancato coinvolgimento della Commissione Europea nella procedura autorizzatoria, (coinvolgimento necessario a causa della presenza in loco di zone di salvaguardia ambientale di diritto comunitario) sulla pura e semplice considerazione che Terna aveva a suo tempo prodotto, nel procedimento, uno “studio scientifico” in cui sono indicate “alcune misure di contrasto all’incidenza ambientale”. In altri termini, ha “avallato” il comportamento contraddittorio tenuto dalla Regione Siciliana che, in un primo momento, aveva subordinato il proprio consenso all’acquisizione di parere conforme dalla Commissione Europea (prescrizione D1) e poi, in un secondo momento, sulla base di una relazione tecnica di parte, ha inopinatamente rimosso tale prescrizione.

Sulla base di queste considerazioni i cittadini di Serro hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato per la riforma della Sentenza n. 8893/12, ritenendo che la sentenza appellata si presenti sprovvista di adeguata e coerente motivazione rispetto alle precise e circostanziate censure di illegittimità sollevate. A fronte dello svolgimento da parte dei ricorrenti di articolate argomentazioni riguardanti la disciplina in materia di VIA-VAS, il regime giuridico dei siti d’interesse comunitario, e le precise garanzie procedimentali fissate dalla L. n. 241/90, il Giudice di prime cure si limita a ripercorrere discorsivamente l’iter procedimentale seguito dalle Amministrazioni resistenti, senza operare alcun riferimento alle normative che vengono in rilievo.

In sostanza, secondo l’apprezzamento (intuitivo) del Giudice di prime cure:

– l’illegittimo frazionamento della VIA verrebbe giustificato dal fatto che detta VIA sarebbe “normativamente richiesta solo per le tratte aeree degli elettrodotti” (senza però indicare le norme di interesse);

– l’acquisizione del parere della Commissione Europea prevista dall’art. 5, DPR 357/97 sarebbe divenuta superflua in virtù delle considerazioni (di ordine scientifico, e non giuridico) sviluppate da un consulente di parte, con competenze in campo ornitologico, interpellato proprio dalla controinteressata; nessun approfondito riferimento viene operato dal TAR, nella sentenza, in ordine a tale “decisivo” parere, ai criteri scientifici utilizzati e alla natura delle “misure compensative” adottate: invero, di tale studio la sentenza n. 8893/12 non riporta neppure un fugace passaggio;

– quanto alle violazioni di ordine procedimentale, e al mancato coinvolgimento degli enti locali, il Tribunale postula (in luogo di dimostrare sulla base di evidenze procedimentali) che “non sia mancato il coinvolgimento degli enti locali nel procedimento di autorizzazione unica”.

La sentenza manca interamente di motivazione in punto di diritto. Il TAR Lazio formula affermazioni non sostenute da alcun astratto dato normativo e non riferibili ad alcun concreto passaggio procedimentale; il dato normativo è anzi del tutto disatteso e il Giudice a quo pare aver acriticamente avallato gli assunti, non comprovati, delle parti resistenti e della controinteressata Terna; non si preoccupa nemmeno di giustificare l’asserita autonomia funzionale delle tratte illegittimamente separate (aspetto che formava oggetto di specifica censura nel ricorso di primo grado), condizione indispensabile affinché si possa effettuare una valutazione complessiva dell’opera: quasi che, in assenza delle tratte aeree dell’elettrodotto, la tratta interrata possa validamente svolgere la sua funzione di trasporto di energia elettrica.

Anche con riferimento alle censure riguardanti la salvaguardia del preminente interesse ambientale (la cui tutela esigeva l’acquisizione del parere della Commissione europea), la sentenza si limita a rinviare ai risultati di “uno studio scientifico successivo presentato dalla società controinteressata” senza neppure citare il titolo della suddetta opera scientifica. Tuttavia, tale imprecisato contributo scientifico costituisce uno dei fondamenti della pronuncia di rigetto!

Ma ciò che più desta perplessità è che il Giudice a quo non ritenga di dover sottoporre ad alcun vaglio critico il parere scientifico le cui conclusioni dovrebbero sostituire, secondo la sentenza n. 8893/12, il parere favorevole della Commissione Europea in ordine all’elevazione di un elettrodotto in ZPS.

In conclusione, gli appellanti affermano che il TAR, adito in primo grado, abbia del tutto mancato di pronunciarsi e di motivare correttamente in ordine ai vizi denunciati e ciò avuto riguardo sia all’assenza di riferimenti puntuali a discipline normative di interesse, sia alla assoluta genericità degli apprezzamenti e delle affermazioni compiute in punto di fatto.

 

L’excursus appena compiuto dimostra che la battaglia giuridica intrapresa contro quella che viene definita un’opera devastante per tutto il territorio interessato è solo all’inizio; le violazioni procedurali evidenziate dimostrano un modus procedendi tutt’altro che rispettoso delle esigenze della popolazione e del territorio attraversato; Terna, che non è certo un’associazione di beneficenza, gode di canali privilegiati per perseguire i propri obiettivi di carattere economico; a ciò si aggiunge un chiaro atteggiamento di sudditanza degli amministratori locali verso i poteri forti che li distoglie dal ruolo di garanzia per una vera tutela del territorio. I cittadini e le associazioni che hanno seguito la via giudiziaria per la risoluzione dei problemi creati con l’elettrodotto confidano nella sapienza e competenza dei giudici amministrativi al fine di non vedere stravolto il proprio habitat e il proprio futuro.

1Secondo tale principio, “la modifica o il ritiro di un atto deve avvenire nelle stesse forme (anche pubblicitarie) e seguendo le stesse procedure dell’atto modificato o ritirato. Il provvedimento di rettifica, infatti, si deve considerare espressione di una funzione amministrativa di contenuto identico, seppure di segno opposto, a quella esplicata in precedenza e, dunque, essa deve articolarsi secondo gli stessi moduli già adottati, senza i quali rischia di risultare monca o, comunque, difettosa rispetto all’identica causa del potere: ne consegue che l’Amministrazione è tenuta a porre in essere un procedimento gemello, anche per quel che concerne le formalità pubblicitarie, di quello a suo tempo seguito per l’adozione dell’atto modificato, richiedendosi una speculare, quanto pedissequa, identità dello svolgimento procedimentale”. (Cons. Stato Sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2306).

2In tal senso la giurisprudenza del Consiglio di Stato: “Si deve affermare, anche sulla base del criterio della vicinitas, la legittimazione ad agire dei singoli per la tutela del bene ambiente, in particolare a tutela di interessi incisi da atti e comportamenti dell’Amministrazione che li ledono direttamente e personalmente, unitamente all’intera collettività che insiste sul territorio locale” (Consiglio di Stato, Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3849).

 

 

 

 

 

Nella fine il principio…

Veronica D’Amico*

*Giornalista pubblicista

 

Una terra sacrificata, ancora una volta, sull’altare del progresso. Un progetto che rappresenta la chiave di volta di una storia che affonda le sue radici negli anni ’50 del secolo scorso, quando finita la guerra bisognava rimboccarsi le maniche e capire cosa farne di questo territorio. A distanza di tanti anni le dinamiche, in fondo, sono sempre le stesse, ma a tirare le fila stavolta è la multinazionale Terna. Le amministrazioni sono diverse, ma a essere tramandata è la stessa mentalità. Basta guardarsi intorno per capire di cosa stiamo parlando. Siamo in Sicilia, nella parte nord-orientale, nella provincia di Messina e precisamente in quel fazzoletto di terra che, una volta, brulicava di gelsomino. Oggi, purtroppo, di queste coltivazioni non ne è rimasto nemmeno l’odore, ma soltanto un lontano ricordo. Un territorio che, di fatto, è stato privato della sua reale vocazione turistica oltre all’evidente oltraggio paesaggistico e ambientale in luogo di logiche ben diverse. Della tanto decantata Valle del Mela rimane, nella fascia costiera, un polo industriale; a monte, invece, l’operato di Terna.

La Valle del Mela [1] abbraccia dieci comuni della fascia tirrenica di Messina (Barcellona Pozzo di Gotto, Merì, Milazzo, Santa Lucia del Mela, San Filippo del Mela, Pace del Mela, Gualtieri Sicaminò, Condrò, San Pier Niceto, Monforte San Giorgio). Sette di questi (Milazzo, Santa Lucia del Mela, San Filippo del Mela, Pace del Mela, Gualtieri Sicaminò, Condrò, San Pier Niceto), con decreto dell’assessorato al Territorio e Ambiente della Regione Siciliana n 50/GAB del 4 settembre 2002, ricadono nell’Area a elevato rischio di crisi ambientale. La legge n 389 del 1986 sulla Dichiarazione di aree a elevato rischio ambientale, nel giro di quasi vent’anni, è stata applicata alle tre aree della Sicilia che ospitano i tre poli industriali. In base a tale norma “un territorio può essere dichiarato ad elevato rischio di crisi ambientale qualora si verifichino gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell’atmosfera o nel suolo tali da costituire un rischio per le popolazioni e l’ambiente”.

Il comprensorio della Valle del Mela è costituito da un’ampia zona pianeggiante (la piana di Milazzo) e una serie di vallate in corrispondenza di altrettanti corsi d’acqua che scendono dai monti Peloritani, con una suggestiva fascia costiera.

Le scelte di governo territoriale hanno affidato all’industrializzazione il processo di sviluppo delle economie locali considerando che investimenti finalizzati a creare occupazione avrebbero generato crescita economica e cambiamento sociale.

Il processo d’industrializzazione degli anni ’50-’60 è stato appunto considerato una delle dinamiche determinanti del cambiamento strutturale del territorio. La “valorizzazione” delle coste della Sicilia, attraverso la localizzazione industriale, ha trascurato l’evidente contraddizione con la vocazione agricola e il naturale sbocco turistico dell’area. Si crearono zone di tipo industriale e turistico, nei luoghi di maggiore bellezza paesaggistica e coinvolgimento culturale, basti pensare al golfo di Milazzo.

Negli anni ’60-’70 gli investimenti, per la creazione di un sistema moderno sul piano regionale e competitivo a livello nazionale e internazionale, alla fine del percorso di industrializzazione, porteranno alla nascita di tre poli di sviluppo siciliani.

L’area industriale di Milazzo fino al torrente Niceto, con decreto Ministeriale del 18 agosto 2006, è stata dichiarata Sito di Interesse Nazionale (SIN) riconosciuto dall’art. 1, comma 561, legge 23.12.2005 e perimetrato con decreto del ministero dell’Ambiente dell’11.08.2006.

I principali insediamenti industriali della Valle del Mela, realizzati negli ultimi cinquant’anni, sono:

– la Raffineria di Milazzo (RAM), polo petrolifero che risale al 1961;

– la Centrale Termoelettrica di Edipower (Archi, frazione di San Filippo del Mela), polo energetico, alimentata a olio combustibile;

– la Centrale di Cogenerazione Termica Milazzo (EDISON) situata nella zona prospiciente la Raffineria;

– il consorzio A.S.I. (Area di Sviluppo Industriale) del Tirreno, noto come “area ASI”, che comprende medie e piccole industrie ricadenti nei comuni di Milazzo, San Filippo del Mela, Pace del Mela e San Pier Niceto, anche se oggi molte aziende hanno chiuso. Tra quelle ancora esistenti emerge un laminatoio con altoforno delle Acciaierie del Tirreno, oggi Duferdofin-Nucor e l’ESI (Ecological Scrap Industry) che si occupa del riciclaggio di batterie fuori uso e rottami di piombo. Nella stessa area sono presenti anche industrie agrumarie e alimentari in genere, fra tutte l’ex Pectine Italia acquisita da FMC Corporation;

– il depuratore consortile di proprietà dell’A.S.I. costruito oltre vent’anni fa, situato in contrada Gabbia, a Giammoro, frazione di Pace del Mela (contrada Gabbia è all’interno dell’area A.S.I., composta da 350/400 abitanti, rappresenta l’enclave dentro il SIN (Sito di Interesse Nazionale); nata prima dell’agglomerato industriale, convive con l’inquinamento proveniente dall’area; ha destato interesse negli anni per la presenza di un asilo nido);

– l’ex fabbrica Sacelit ad Archi, frazione di San Filippo del Mela, per la produzione di manufatti in amianto che ha operato dal 1957 al 1993 e nella quale hanno lavorato circa 220 operai, un centinaio dei quali, nel corso degli anni, è deceduto a causa delle malattie derivanti dall’amianto e da altre sostanze cancerogene. L’esposizione a tali materiali ha portato alla sempre più nota “asbestosi pleuropolmonare”. Ha chiuso nel luglio del 1993 in seguito all’entrata in vigore della legge 257 del 1992 che ha messo al bando l’impiego dell’amianto in tutta Italia.

 

Ma dalla nascita dei primi impianti quali erano le aspettative e come si è evoluta, soprattutto tra la popolazione, la percezione del rischio ambientale e le conseguenze per la salute[3]?

Tra gli anni ’50-70 i benefici attesi, soprattutto d’incremento occupazionale, sembravano superare i danni all’ambiente e alla vivibilità del territorio che in un primo momento vennero sottovalutati e minimizzati. L’attività di contenimento programmata, nel rispetto delle deboli leggi sull’ambiente, all’inizio, era sufficiente come garanzia contro i rischi evidenti. Negli anni del profondo mutamento della struttura socio-economica, portata dall’industrializzazione, vi era un discreto consenso per il miglioramento del mercato del lavoro, per una stagione di incremento occupazionale e di aumento della produttività, ma anche di una buona percentuale di inclusione della popolazione nel sistema sociale, nonché della fattiva, o per meglio dire “apparente”, partecipazione alle decisioni politiche e istituzionali riguardanti le sorti del territorio.

Dagli anni ’80, mentre gli impianti raggiugono la maturazione produttiva e occupazionale, studi sui danni ambientali mostreranno le ricadute in termini d’inquinamento atmosferico e delle acque. In seguito, si accerterà una percentuale maggiore di patologie “tumorali” e non solo per le popolazioni dei comuni ospitanti gli impianti e per quelli limitrofi.

Nel 1986 viene così emanata la legge n 389 sulla Dichiarazione di aree a elevato rischio ambientale che viene applicata nel giro di quasi vent’anni alle tre aree della Sicilia che ospitano i tre poli industriali: nel 1990 alle aree industriali di Priolo-Augusta (fino a Siracusa) e di Gela; nel 2002 a quella della Valle del Mela. Tale dichiarazione non ha prodotto cambiamenti sul territorio.

Un vero e proprio “risveglio delle coscienze”, da parte dei cittadini di tutto l’hinterland, si registra tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90 quando si sviluppa una nuova critica che pone in relazione inquinamento ambientale e salute. A rappresentare il cambiamento di rotta è il referendum popolare del 1989, primo in assoluto nella provincia di Messina, per decidere se la centrale termoelettrica debba essere a carbone. La consultazione è finalizzata a ottenere la “via del metano”. I cittadini per la prima volta sembrano diventare i protagonisti delle sorti del proprio territorio.

Sarà la perseguita trasformazione/riconversione a carbone della centrale termoelettrica (Enel) di San Filippo del Mela la causa della conseguente convocazione del referendum popolare. Un tema scottante che risale agli anni ‘80 (il primo progetto di riconversione da parte dell’Enel è del 1980; nel dicembre 1983 la commissione edilizia di San Filippo del Mela ha espresso parere favorevole per il progetto di trasformazione a carbone della centrale Enel). Nel corso del tempo da problema prevalentemente “politico” ed “economico”, con uno scontro-confronto tra le posizioni dei vari esponenti di partito, si trasforma, grazie all’affermazione di una “cultura ecologica”, in problema per la difesa dall’inquinamento, dell’ambiente circostante, della salute e della qualità della vita sia sul posto di lavoro che per le popolazioni, ma anche come pericolo per le colture agricole e più in generale per l’economica dell’intera zona. Si affaccia, a tratti, anche l’idea di un necessario risanamento del territorio, di stabilire l’impatto ambientale del processo di industrializzazione, dopo aver constatato il reale grado d’inquinamento della zona e dopo aver acquisito la consapevolezza che il processo di sviluppo e quindi, la grande illusione dell’industrializzazione, a fini occupazionali ed economici, è finita.

Il “popolo inquinato”, la gente che vive “sotto le ciminiere” è chiamata a un momento di democrazia che va al di là della “semplice” espressione di voto, ma che consegna nelle mani di coloro che vivono sulla loro pelle da decenni l’inquinamento il futuro del proprio territorio e delle generazioni che verranno. In questa battaglia spicca, tra tutti, il nome del parroco-simbolo di Archi, Don Giuseppe Trifirò, fautore di numerose manifestazioni a favore del referendum e del metano. E in effetti quanto preannunciato si avvera. I cittadini, nella prima consultazione della Sicilia, optano con una valanga di SI, quasi plebiscitario (97, 25%), per l’utilizzo del metano nella centrale di San Filippo del Mela. Quindi, nonostante l’assente campagna referendaria, grazie all’enorme azione di volontariato delle associazioni ambientaliste e dei giovani, riesce a riscuotere un grandissimo successo, a livello di partecipazione.

Alla fine del 1998, dieci anni dopo la richiesta presentata all’Asl dal WWF di Milazzo, viene istituito il Registro dei tumori. Lo screening che porterà alla redazione del registro verrà effettuato nel comprensorio tra Barcellona e Villafranca, negli stessi comuni in cui si è votato per il referendum del 1989.

Oggi nel complesso i risultati occupazionali ed economici dei processi di industrializzazione dei poli petrolchimici si sono rivelati decisamente inferiori alle aspettative. Ad ogni modo l’impatto ambientale è stato sicuramente pesante determinando ansia e paura per il rischio socio-sanitario che, negli anni, si è trasformato in vere e proprie azioni in difesa del diritto alla “salute”. Un degrado ambientale che supera i confini dei comuni dove le imprese sono insediate. Dopo averlo sperimentato sulla propria pelle, oggi, le popolazioni attribuiscono alla presenza dei poli industriali e al conseguente inquinamento il crescente rischio di malattia e di morte.

Attualmente gli effetti ambientali dell’impatto industriale sono parzialmente documentati da campagne di misura e la qualità dell’aria non è sufficientemente monitorata. I potenziali rischi per la salute nella popolazione non vengono studiati costantemente, se non attraverso isolate indagini epidemiologiche. L’epidemiologia ha rintracciato la possibilità di relazioni tra fattori di esposizione ambientale e incidenza di malattie e mortalità per causa. Si riscontrano eccessi nel rischio di mortalità per leucemie tra i lavoratori dei complessi petrolchimici, incidenza in eccesso significativo di mortalità per malattie tumorali. Tanti anche i disagi avvertiti e i malori accusati dalla popolazione in seguito a emissioni.

Partendo dalla riscoperta delle origini del complesso industriale siamo giunti alle conseguenti problematiche della Valle del Mela. Uno sviluppo che ha coinciso con il processo di industrializzazione che è stato sicuramente dettato dalle circostanze e dal fabbisogno di tutto il Mezzogiorno, considerata l’arretratezza e il notevole tasso di povertà e analfabetismo presenti. Un’esigenza nata dalla necessità di creare occupazione e di dare uno slancio all’economia. E in effetti quanto sperato nei primi decenni si è ottenuto. Considerando il risvolto odierno però, sono tante le perplessità. Troppo spesso si parla di disoccupazione, licenziamenti e di imprese che chiudono i battenti. Quindi, oltre all’inquinamento e al tasso di malattie, soprattutto tumorali, è scomparso il risvolto sul piano occupazionale e non è stato avviato nessun concreto e fattivo piano di bonifica e di risanamento. Insomma un programma rimasto invariato per decenni, una città che ha sbagliato a costruire il suo futuro che si è rivelato un sottosviluppo assistito e che, invece, doveva avere come punto di forza il turismo e la necessità di salvaguardare tale vocazione.

La Valle del Mela si è trasformata nella Valle dei tumori, dei veleni; nella Terra della morte, delle puzze.

A questo punto è doveroso chiedersi: ne valeva davvero la pena?

Di sicuro, come anticipato, la storia si ripete.

Un territorio fragile ancora una volta violentato. È questa, oggi, la conclusione critica a cui sono arrivata dopo aver svolto una ricerca “etnografica[2], un’esperienza sul campo alla fine del 2012, nel rione Passo Vela, ridenominato “Il quartiere delle signore con la parrucca”, all’interno del comune di Pace del Mela, formato da circa 6 mila abitanti. Tale ridenominazione che ha permesso di puntare i riflettori sul centro urbano, è dovuta al fatto che nell’area si registra una forte incidenza tumorale. Il rione, composto da circa 300 cittadini, è abitato da donne che curano i loro tumori con la chemioterapia che comporta la caduta dei capelli e il conseguente utilizzo della parrucca. Mi sono avvalsa del metodo dell’intervista che ho deciso di sottoporre esclusivamente agli abitanti per comprendere la reale percezione del problema da me analizzato: se esiste, a parer loro, una connessione o una diretta causa-effetto tra la presenza, nel rione, di varie linee elettriche, un’antenna per la telefonia mobile e in particolare un elettrodotto da 380kv, posto fino a 19 metri dalle abitazioni, (realizzato all’inizio degli anni ’80 da Enel, la tensione era di 220kv in norma con le leggi allora in vigore, è stato modificato alla fine dello stesso decennio a 380kv dalla subentrante Terna) e le malattie che si registrano nell’area e di conseguenza come si pongono di fronte al nuovo progetto Terna.

Mi sono chiesta: qual è la sindrome di passo Vela? Da qui l’esigenza di una ricerca finalizzata a comprendere la relazione tra inquinamento elettromagnetico e disagio sociale.

L’elettrodotto esistente è stato realizzato oltre due decenni fa con una normativa che prevedeva un’emissione massima di 10 microtesla per l’elettromagnetismo. La linea elettrica, in fase di realizzazione, è stata progettata con la normativa (DPCM 8.7.03) che prevede, come limite di esposizione ai campi elettromagnetici, il valore massimo di 3 microtesla (obiettivo di qualità).

Ho deciso di capire come la popolazione percepisce tale problematica considerato che nella zona si continua a morire. Ho messo in comparazione le diverse interpretazioni che sono state date dalla popolazione del rischio malattia, ma anche rispetto all’immagine data dalla stampa, dalle associazioni e dalla politica. La rappresentazione e la narrazione dell’inquinamento e del possibile nesso di causa ed effetto tra le condizioni ambientali e l’insorgere della sindrome sono vissute dalla popolazione in forme estremamente complesse. Ci sono diverse chiavi di lettura e d’interpretazione in ragione del fatto che invece di occuparsi di malattia come fenomeno fisiologico, i cittadini se ne occupano più sul piano del disagio sociale. Questo, per esempio, comporta la perdita di valore economico delle abitazioni e l’impossibilità di spostarsi.

È scontato dire che le mie “convinzioni” e sicurezze professionali fin da subito sono svanite. Per la politica, le associazioni e la stampa questo luogo è pieno di sofferenza, dovuta a vari tipi d’inquinamento, in particolare a quello elettromagnetico. Per i suoi abitanti è diventato come gli altri lo percepiscono. Ho capito che un mondo complesso non è necessariamente complicato, ma è un mondo in cui il rapporto causa-effetto non è più lineare.

Una situazione articolata che si complica ulteriormente con il progetto del nuovo elettrodotto Sorgente-Rizziconi da 380 kv, a doppia terna ottimizzata, in fase di realizzazione.

Ci soffermiamo sul tratto aereo, in Sicilia, che abbraccia 13 comuni della fascia tirrenica di Messina (da Villafranca Tirrena a San Filippo del Mela). Di fatto non è mai cessato il braccio di ferro con Terna per chiedere modifiche parziali del tracciato. Con l’inizio dei cantieri e con la collocazione dei tralicci-piloni, oltre alle associazioni ambientaliste già presenti che accettano il progetto solo se modificato, sono nati comitati spontanei in tutto il comprensorio che hanno intrapreso una dura battaglia in difesa del diritto alla vita, alla salute dei cittadini e per il rispetto dell’ambiente.

Ho svolto la mia ricerca tra il 20 settembre e l’8 novembre 2012 passando numerose giornate sul terreno scelto. Una premessa fondamentale per chiarire che i lavori di Terna, relativi al nuovo progetto, sono cominciati a dicembre 2012 e sono entrati nel vivo nel 2013. Dunque, nei mesi in cui si è tenuta la mia esperienza non era stato ancora posizionato alcun traliccio del nuovo progetto, né erano state dismesse altre linee.

Delle sole 14 persone, di svariata fascia di età, la maggior parte adulti, che sono riuscita a intervistare quasi tutti erano affetti da qualche patologia o disturbo più o meno grave; tutte le abitazioni di proprietà sono state costruite tra gli anni ’60-‘80. Nei nuclei familiari che mi hanno ospitato ho riscontrato la presenza di almeno una persona ammalata. Tutti hanno investito i risparmi di una vita per realizzare la loro casa. Su questo, alcuni, sono davvero agguerriti perché, considerati i loro sacrifici, anche volendo, oggi non potrebbero nemmeno vendere la propria abitazione perché risulterebbe, visto il contesto in cui è inserita, fortemente svalutata. La maggior parte degli intervistati ha dichiarato di avere la licenza elementare o media, solo alcuni hanno conseguito il diploma, per questo, forse, non si sentivano all’altezza di rispondere alle mie domande.

Ad ogni modo ritengo che sono davvero pochi coloro che sono riuscita a intervistare. Considerate le mie ricerche e la manifestata volontà, rappresentata dalla stampa, dei cittadini di voler puntare i riflettori su questo rione mi aspettavo una maggiore adesione e collaborazione. Ho rilevato, invece, molta diffidenza. In numerose abitazioni sono tornata innumerevoli volte, in alcune ho ricevuto solo rinvii, in altre totale negazione e in altre ancora non ho ottenuto alcuna risposta. In parte ho “giustificato” tale reticenza con il fatto che buona parte di loro ha lavorato in stabilimenti, attività vicine o impianti della zona industriale, altri ancora ci lavorano. Sono tutte famiglie numerose che includono i genitori (qualcuno vedovo/a che ha perso il coniuge perché si è ammalato di tumore) che hanno costruito per uno o più figli.

Di coloro che ho intervistato, non tutti ritengono che le malattie, riscontrate nell’area, siano riconducibili, necessariamente, alla presenza dell’elettrodotto (vi sono posizioni contrastanti anche nelle stesse famiglie); altri, invece, individuano la causa nell’inquinamento atmosferico prodotto dalle industrie posizionate sulla costa. Coloro che collegano elettromagnetismo e industrie alle patologie presenti hanno più volte parlato della grossa percentuale di persone ammalate di tumore nel rione.

C’è chi mi ha mostrato con “insistenza” le cartelle cliniche volendomi dimostrare a tutti i costi il suo precario stato di salute dovuto alla vicinanza dell’elettrodotto e all’antenna. Insomma mi è apparso in più occasioni che coloro che ormai si sono rassegnati a tali “presenze”, considerato che, a loro dire, non verranno mai abbattute, stanno cercando di “sfruttarle”. Anche se non ho incontrato alcuna donna con la parrucca, ho riscontrato sintomi e segni ben diversi che hanno rappresentato la malattia indipendentemente dalla causa. Ho trovato un divario netto tra coloro che, forse perché rassegnati, hanno parlato con disinvoltura della loro patologia e dei loro familiari morti per cancro; altri, invece, erano frustati ed arrabbiati. In realtà, ho compreso che con questo atteggiamento cercavano di coprire la loro evidente debolezza, amarezza e rassegnazione.

Sicuramente tutto questo causa disagio sociale. Abitare ne “Il quartiere delle signore con la parrucca” (non sono stati gli abitanti ad auto-denominarsi, secondo alcuni è stata una formula creata dalla stampa, per altri dalle associazioni, numerosi non avevano mai sentito tale denominazione) è un’etichetta per alcuni non facile da portare; per altri, è un’invenzione e per altri ancora una “formula” da sfruttare.

I cittadini hanno mostrato forte contrarietà e disaffezione nei confronti della politica. Quasi tutti ritengono che si agisce solo ed esclusivamente per i propri interessi, ma che, in realtà, si è ben consapevoli dei “danni” che comporta l’elettrodotto.

Angela Musumeci Bianchetti, ex presidente del comitato “Cittadini Pacesi per la Vita”, (oggi consigliere comunale di opposizione) è stata l’unica con la sua associazione (in realtà è soprattutto la Bianchetti a essere “popolare”), insieme alla figura di padre Trifirò, a essere conosciuta dagli abitanti del rione grazie alle iniziative intraprese anche se, a quanto pare, dei cittadini intervistati, solo qualcuno fa parte del suo comitato. L’idea della politica, per alcuni, coincide con quella delle associazioni. C’è chi non si sa spiegare la presenza di svariati comitati considerato che combattono tutti per lo stesso obiettivo. L’adesione all’uno o all’altro ha creato, di riflesso, una frattura anche tra gli abitanti. Molti, considerate le poche “soluzioni” conseguite, credono che non cambierà mai nulla.

Allora mi sono chiesta: chi sono quei cittadini che hanno partecipato, in questi anni, alle ormai note proteste a difesa della salute, della vita e dell’ambiente? La maggior parte di loro ne ricorda a stento qualcuna! Lo stesso vale per la stampa: anche se i cittadini ricordano che nel rione sono giunte alcune emittenti (chiamate anche da loro, la maggior parte s’informa solo attraverso la tv) e che di fatto il quartiere è finito sotto i riflettori grazie alle testimonianze rilasciate dagli ammalati o dagli ambientalisti, l’unico modo per attirare l’attenzione.

In generale i cittadini si sono rivelati davvero poco informati su innumerevoli aspetti; per questo, alcune volte, non ho potuto sottoporre tutte le domande previste.

Tra questi argomenti spicca, senza dubbio, il nuovo progetto Terna, del quale sono “apparentemente”, secondo quanto dichiarato, veramente a conoscenza solo coloro che sono parte attiva all’interno di un’associazione. Quasi tutti sono convinti che non ci sia nulla da fare per impedirne la realizzazione, forse perché reduci da quello già esistente che è ancora lì “indisturbato”.

Da questa mia analisi, finalizzata a capire, anche stavolta, qual è la reale percezione da parte dei cittadini di determinate problematiche, ho compreso che di fronte a un territorio ancora una volta massacrato vige molta rassegnazione e indignazione che però, troppo spesso, non si trasforma in una reazione contraria unitaria. Anche se per l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi la protesta nei paesi più colpiti è partita fin dall’inizio, lungo il cammino non si è dimostrata compatta ed è prevalsa ancora una volta la frammentarietà. Forse bisognerebbe ritornare oggi nel rione, considerato che sono stati posizionati i piloni monostelo, per cercare di comprendere il reale grado di informazione presente. In altri comuni solo il posizionamento dei piloni monostelo ha permesso un risveglio dal torpore siculo.

Perché anche stavolta, con l’assenso delle amministrazioni, le cose ci sono state calate dall’alto? Se è vero che la classe politica aveva prima di tutto il dovere d’informare i cittadini, cosa che non ha fatto, secondo alcuni, perché non aveva reale contezza della situazione – a conferma del disinteresse per il territorio (l’unico obiettivo erano le opere compensative) – perché neanche stavolta i cittadini hanno rivendicato il diritto a essere informati ed esercitato il loro dovere a informarsi?

Ecco perché le amministrazioni sono diverse, ma a essere tramandate sono le stesse mentalità. Ed ecco perché i cittadini non possono essere più giustificati quando fanno finta di non sapere o non sono realmente informati. Hanno alle spalle una maturata consapevolezza che dovrebbe permettere loro di non commettere, ancora una volta, lo stesso errore. E forse posso azzardare a dire, a conclusione delle mie ricerche, che rappresentano il coronamento del mio impegno civile, che ogni regione italiana ha una realtà come la mia, piccola o grande, e tutte insieme hanno fatto e continuano a fare migliaia di vittime.

1Le considerazioni, riportate nella prima parte di questo elaborato, sono frutto di ricerche sviluppate all’interno della mia tesi di laurea triennale intitolata La via delle parrucche. Antropologia delle malattie dell’ambiente: la Valle del Mela attraverso la stampa.

2Per svolgere tale analisi, che si sviluppa nella prima parte di questo articolo, il mio punto di riferimento, come del resto nella mia tesi triennale, è stato, soprattutto, il testo Modelli di industrializzazione e salute umana. Lo sviluppo tra benessere e rischio nei poli petrolchimici della Sicilia di Marina La Rocca, del 2010. A differenza della docente, incrociando le mie ricerche, frutto anche di una proficua rassegna stampa dei giornali locali a partire dagli anni ‘80, mi sono focalizzata, unicamente, sul polo industriale della Valle del Mela. A tratti mi sono affidata anche al testo L’industria petrolchimica nella Valle del Mela: uno studio qualitativo sulla percezione del rischio e gli immaginari di Elisa Gatto, Pierpaolo Mudu, Pietro Saitta, del 2008.

3Per ulteriori approfondimenti rimando alla mia tesi di laurea specialistica intitolata La sindrome di Passo Vela. Ricerca etnografica sulla relazione tra inquinamento elettromagnetico e disagio sociale.

 

 

 

Un “mostro” che spaventa il territorio

Gianluca Rossellini*

*Giormalista corrispondente Ansa e autore di libri sulle alluvioni nel messinese e sulla Valle del Mela dove Terna passa con il suo elettrodotto

 

Il “mostro” ai loro occhi si sta facendo sempre più reale e pericoloso, prima era ancora un incubo lontano ed evanescente. Ora è evidente, mastodontico. Ha invaso gli spazi, ‘sporcato’ la loro identità, sopraffatto palazzi e monumenti. Davanti ai cittadini dei comuni della zona tirrenica del messinese si presenta così l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi, che nei prossimi mesi dovrebbe essere ultimato. Per Terna è invece, “un’opera fondamentale per la sicurezza del sistema elettrico della Sicilia ed eviterà futuri black-out”. I residenti dei 13 paesi interessati dal passaggio della struttura, però, non sono così entusiasti e ritengono sia diverso il motivo della sua realizzazione. Hanno letto, infatti, i dati Istat degli ultimi anni che rimarcano che la Sicilia è tra le regioni autosufficienti dal punto di vista energetico. Probabilmente l’obiettivo è, quindi, quello che l’amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo, ha spiegato durante la presentazione del progetto: “È una piattaforma ideale per la sua conformazione geografica per ‘connettere’ tra loro il Nord Africa e la sponda sud del bacino del Mediterraneo con il Centro e il Nord Europa”. Insomma, non proprio un‘infrastruttura necessaria per la Sicilia.

I residenti hanno preso coscienza della situazione solo dopo aver visto nei mesi scorsi gli operai di Terna lavorare nei propri territori. Erano all’oscuro di tutto e ora, vedono gli stessi impiegati passare i cavi ad alta tensione tra i ‘minacciosi’ piloni per completare l’impianto. Quando sarà attivo, l’elettrodotto ‘accenderà’ ancora di più i loro animi, già ‘elettrizzati’ per non essere stati avvertiti dai sindaci, distratti probabilmente dalle opere compensative che Terna ha offerto loro.

Intanto il Sorgente-Rizziconi dalla Calabria, via mare, è ormai ‘sbarcato’ nei pressi della stazione elettrica di Sorgente, a Villafranca Tirrena, per poi estendersi fino a San Filippo del Mela. I cittadini non vogliono mollare: tra i borghi millenari nelle montagne, a colpi di carte bollate, manifestazioni e fiaccolate, si preparano al contrattacco per scacciare l’‘invasore’. Chiedono solo che le leggi vengano applicate e i loro diritti rispettati. Temono per la salute: i piloni saranno pericolosamente vicini a case, negozi e campi giochi per bambini, rendendo la vita un tormento per migliaia di persone. Problemi nel tracciato sono stati evidenziati soprattutto nei comuni di Pace del Mela, Venetico Superiore, San Pier Niceto, Rocca Valdina, Saponara e nella frazione di Serro a Villafranca Tirrena. In queste località, i residenti, dopo aver compreso che le amministrazioni non li avevano tutelati, promettono ancora battaglia chiedendo che l’elettrodotto venga spostato o interrato, almeno nei punti più critici.

 

A Pace del Mela la storia si ripete: già anni prima un precedente elettrodotto era stato al centro di polemiche e lotte. Tra i più attivi nel chiedere il suo trasferimento il comitato “Pacesi per la vita”, il cui presidente per anni è stata Angela Bianchetti, attualmente consigliere comunale dell’opposizione e casalinga ‘pasionaria’, conosciuta per la sua indole decisa. È facile incontrare Angela in paese con attorno dei cittadini. Si mette gli occhiali per vedere meglio la lista. Ha il cuore spezzato, tuttavia continua la sua lotta. Quello che ha davanti non è l’elenco della spesa, sono le persone che negli ultimi anni si sono ammalate di tumore. Anche lei anni fa è scesa all’‘inferno’ per un male, fortunatamente rivelatosi benigno, ora sta bene. Conosce però, il calvario, le angosce, le fitte e il dolore dei suoi concittadini malati. Ha portato le loro cartelle cliniche all’avvocato che sta predisponendo la causa contro Terna per i risarcimenti.

È solo l’ultima parte di una guerra che dura da anni per spostare quello che per gli abitanti è il responsabile di tanto dolore: un elettrodotto costruito a pochi metri dalle case. Quando ha saputo che Terna ne voleva realizzare un altro, Angela è andata su tutte le furie. Si è trovata davanti la solita burocrazia snervante e le attese ‘strategiche’ dei politici che hanno tentato solo di non farle trovare i documenti del progetto, ma è andata avanti lo stesso.

Chi sale nella frazione di Passo Vela, a Pace del Mela, è assalito da un’angoscia inspiegabile. Le ‘ragnatele’ del traliccio sembrano stringere in un abbraccio di morte le abitazioni: la loro ombra proietta influssi devastanti. Da tempo, questa zona è definita il quartiere delle ‘donne con le parrucche’, perché molte di loro sono costrette a indossarle dopo mesi di chemioterapia. Uccise dall’indifferenza delle istituzioni, colpite a bruciapelo da un killer senza nome.

Angela ha davanti a sé anche una mappa dove ha indicato con dei segni le abitazioni delle persone malate di tumore negli ultimi anni in zona. Diciassette persone sono decedute, alcune molto giovani. La scheda non ha valore scientifico, ma per Angela è importante dal punto di vista umano. Erano persone che conosceva, amiche e amici, che hanno dovuto abbandonare sogni e speranze in anticipo perché colpite da un male che le ha ‘corrose’ lentamente. Risiedono nello stesso quartiere dove c’è il ‘vecchio’ elettrodotto e per Angela questo assume un significato inquietante.

In paese una volta c’erano solo campi coltivati e genuina solidarietà paesana. Ora ci sono cavi ovunque, l’atmosfera è cupa e tra i residenti c’è diffidenza e timore. Come ai tempi della peste non sanno dove colpirà il prossimo bubbone. Ogni mattina alcuni di loro portano le proprie cartelle cliniche ad Angela. Si fidano di lei. Oltre la richiesta per il risarcimento danni per le vittime e le persone malate, il comitato di cittadini, ora guidato da Nicola Foti, predisporrà una denuncia penale e una alla Corte Europea, pretendendo un intervento per ristabilire le regole in un territorio da anni riconosciuto a rischio ambientale.

Il vecchio elettrodotto passa anche dentro il cimitero, tra le tombe e i fiori. Qui sono seppellite diverse persone di Passo Vela. Recentemente è toccato a una donna di 57 anni. Il fratello Antonino Crisafulli ricorda la sorella Rosellina sottolineando: “Era una persona piena di vita, un giorno mi disse che ancora non voleva morire perché aveva tanti progetti”. Poi aggiunge: “Da quando hanno realizzato l’elettrodotto volevo andare via, ormai è tardi. Voi che potete, fatelo”.

Angela al cimitero indica con un dito anche qualcosa dietro le tombe: sono i piloni monostelo del Sorgente-Rizziconi che sembrano altre croci ugualmente lugubri. Quasi ogni settimana Angela visita i malati e per ognuno ha una parola di conforto. Apprezza la forza che stanno mettendo nella lotta contro la morte. Non ammira altrettanto le istituzioni locali: “I sindaci si sono fatti abbindolare” ci dice. “Hanno creduto alle favole, accettando come compensazione una strada, un marciapiede, un campetto di calcio. Per colpa loro Terna ha pensato di poter proseguire indisturbata nel suo progetto. Non sono scesi in piazza con noi, non hanno protestato. Questo è un segnale chiaro. Noi siamo stanchi di essere vittime designate, nessuno ci potrà togliere il diritto di difenderci e protestare civilmente”.

Amareggiata prosegue il suo giro dell’angoscia e del dolore. Le lacrime di quelle persone chiedono libertà e giustizia. I lutti non sono più dei parenti delle vittime, sono diventati i suoi. I silenzi e i pianti hanno aperto una nuova breccia nel suo cuore, ma a tutti continua a sorridere e chiede di resistere. La ‘luce’ del traliccio ha portato oscurità nelle loro case e solo lei con le sue parole riesce a illuminare i loro visi, a dare un attimo di sollievo a dei condannati a morte. I timori che le patologie di alcuni dei residenti siano provocate dalla presenza dell’elettrodotto sono confermate da una perizia del professore Luigi Maximilian Caligiuri, uno dei maggiori esperti internazionali di inquinamento elettromagnetico. Il comune di Pace del Mela gli ha commissionato uno studio e lui ha effettuato dei controlli sul vecchio elettrodotto e ha fatto delle proiezioni su quello ‘nuovo’. Dopo qualche settimana ha presentato i risultati, che non sono molto rassicuranti.

C’è un pericolo concreto – afferma – a Pace del Mela. Seppur è vero che sono stati rispettati i valori di legge di induzione magnetica sotto i 3 microtesla, ciononostante, sono comunque superiori a 0,4 microtesla. Quest’ultimo dato è ormai definito dalla comunità scientifica internazionale molto pericoloso per la salute. Un’esposizione prolungata, com’è scientificamente dimostrato, può incrementare le patologie tumorali e non solo. La stessa Regione Sicilia, nel 2012, con un decreto dell’assessore all’ambiente ha stabilito che è dannoso un valore superiore a 0,4 microtesla, ma poi, inspiegabilmente, non lo ha ratificato. Inoltre, nel mio studio si evidenzia che in alcuni punti dove passerà l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi ci sono coltivazioni agricole. Anche in questo caso è costante la presenza di persone per più ore al giorno per dedicarsi all’agricoltura, quindi è una situazione sempre critica”.

Angela si arrabbia quando pensa all’iter del nuovo elettrodotto e spiega: “Si è iniziato a parlarne nel 2005, poi nel 2007 il Comune, guidato dal precedente sindaco, Antonio Catalfamo, ha firmato con Terna un protocollo d’intesa. Avevo anche chiesto, insieme ad altri cittadini, che fosse indetto un referendum in modo che potessimo esprimere la nostra opinione sulla realizzazione dell’opera, ma l’iniziativa è stata bloccata dal Comune. Abbiamo raccolto le firme previste, ma poi ci sono stati infiniti rinvii, finché il 29 agosto 2010 ci siamo accorti che i fondi stanziati per indire il referendum non erano sufficienti, abbiamo dato un ultimatum all’amministrazione comunale, facendo anche lo sciopero della fame. Dopo varie promesse non si è fatto nulla”.

Angela è stanca di aspettare risposte dalle istituzioni e decide di fare qualcosa: si arrampica su un traliccio dismesso, sfidando il vento e la pioggia, per dimostrare la sua contrarietà all’ultimazione dell’opera. Altri rappresentanti del comitato si legano allo stesso traliccio perché Terna, insensibile alle proteste, sta proseguendo i lavori, senza rispettare la volontà dei cittadini che chiedevano interventi per mitigare i danni ambientali e per la salute.

È un’indecenza – spiega Angela Bianchetti – che io, una casalinga e madre di quattro figli, sia stata costretta a salire su un traliccio per protestare contro questa prepotenza di Terna, mentre il sindaco, l’assessore all’ambiente e le istituzioni interessate alla realizzazione della struttura non fanno niente per fermare questi lavori”. Poi prosegue: “Continueremo con azioni eclatanti, attendiamo interventi dal governo regionale e dal Ministero dell’Ambiente; a quest’ultimo ribadiamo la richiesta di revisione del tracciato in prossimità delle aree di criticità”. Sul freddo traliccio Angela ha pregato, pensando a tutti i giorni di angoscia e disperazione passati accanto alle vittime. Ha ricordato ogni volta che era riuscita a far uscire dalla loro “corazza interiore” le persone malate. Solo alcuni avevano trovato il coraggio di dirle che stavano male, d’improvviso sono diventati fragili, consapevoli del pericolo di non farcela. Ripensa alle loro facce sciupate e ai loro discorsi commoventi nelle ore difficili di chemioterapia, alle vite svendute dalle istituzioni. Guarda gli alberi da lassù e rammenta quand’era venuta ad abitare a Pace del Mela oltre trent’anni fa. Suo marito aveva iniziato a lavorare per una fabbrica della zona ed erano entusiasti di trasferirsi in quel posto incantevole, tra agrumeti e uliveti. Appena entrati nella loro nuova casa la loro attenzione fu attratta da una musica: erano dei musicisti del paese che, come vuole la tradizione, erano venuti a cantare una serenata agli sposini per dare loro il benvenuto. Ricorda le molte serate passate a festeggiare con i compaesani, a divertirsi davanti a un bicchiere di vino o un buon arrosto.

Lei animava il quartiere di Passo Vela, dove ha vissuto vent’anni prima di trasferirsi in un’altra zona. Era all’oscuro dei problemi che l’inquinamento elettromagnetico poteva causare. Poi un giorno fu avvicinata da un’amica che le agitò l’anima. Era Carmela Fiorentino, morta a 54 anni per un tumore. “Aveva il cancro e faceva la chemioterapia – spiega Bianchetti – e quando tornava stava molto male. Non riusciva a parlarmi. Per chiamarmi mi batteva con il bastone sul soffitto e io andavo a trovarla. Si sfogava con me, aveva bisogno di stare con qualcuno. Dai suoi figli non si faceva vedere mai in quelle condizioni. Secondo lei ci uccidevano perché erano autorizzati e mi ha chiesto di fare qualcosa per contrastare quello stato di cose. In punto di morte mi ha pregato di lottare perché non succedesse più a nessuno quello che era accaduto a lei. Le ho assicurato che mi sarei battuta. Dopo di lei di queste promesse ne ho dovute fare tante altre”.

 

La situazione non è migliore nel villaggio di Serro a Villafranca Tirrena, piccolo borgo 250 metri sopra il livello del mare, dove il traliccio di Terna ancora deve essere installato. I cittadini conoscono la situazione di Pace del Mela e non vogliono essere anche loro vittime predestinate. Ai piedi della vallata, il cavo sottomarino del Sorgente-Rizziconi è già ‘riemerso’ dall’acqua, nei pressi del torrente Gallo e lì si sta costruendo la stazione elettrica alla quale sarà collegato l’elettrodotto. I lavori vanno per le lunghe, perché sono nati subito problemi di natura idrogeologica che hanno causato il crollo di intere porzioni di montagna. Il dissesto è sotto gli occhi di tutti. Visti i gravi accadimenti di questi anni come l’alluvione del 22 novembre 2011 che colpì anche Villafranca e Saponara, e nella quale morirono quattro persone, sarebbero state necessarie maggiori precauzioni. Ma non è stato così. I cavi saliranno per la collina fino ad arrivare alla frazione di Serro: un paesino circondato dal verde dove è possibile ammirare splendidi paesaggi. In alcune giornate si possono anche vedere le isole Eolie e Capo Vaticano in Calabria. All’alba e ai tramonti, nel belvedere, sono nati tanti amori e i residenti hanno sempre apprezzato questo luogo lontano dalla confusione e dalla cementificazione selvaggia. È una comunità unita, ogni anno progetta spettacoli teatrali, feste e rappresentazioni musicali. Diversi cittadini sono tornati qui negli ultimi anni perché è un posto tranquillo, dove il tempo è scandito dal ritmo naturale, non dalla frenesia della città. Il traliccio andrebbe a rompere quest’armonia. Dovrebbe essere realizzato, tra l’altro, all’interno di una villa comunale per la quale sono stati spesi molti soldi pubblici. Non è molto curata, ma tutti speravano potesse essere restaurata e diventare un punto di riferimento soprattutto per i bambini. Vicino c’è anche una strada molto frequentata per le passeggiate. Tutto questo finirebbe con l’elettrodotto. Il borgo antico perderebbe la propria identità, molti non frequenterebbero più questo luogo, temendo per la salute, e hanno già annunciato che lascerebbero Serro.

Nel villaggio a battersi contro l’installazione del traliccio è la gran parte degli abitanti che hanno presentato un esposto al Tar e poi, subito dopo, al Consiglio di Stato. A tutelarli ci pensa anche l’associazione ambientalista Man, guidata da uno dei suoi dirigenti, Gianni Mento, che ha inoltrato un nuovo esposto al Tar del Lazio. Dalla giustizia, come dalle istituzioni, però i residenti non hanno ancora avuto risposte esaustive e si sono riuniti in un comitato che fa parte del Coordinamento Ambientale per la tutela del Tirreno, guidato dall’avvocato Nino La Rosa. Quest’ultimo è nato nella piccola frazione, nella quale ha vissuto fino a 35 anni, quando può si reca nel piccolo borgo con la famiglia per riposarsi e stare lontano dal caos cittadino. Il sorriso sornione che di solito gli spunta sotto gli occhiali scompare quando pensa come potrebbe diventare Serro dopo la costruzione del Sorgente-Rizziconi.

Il traliccio – spiega – è stato progettato nei pressi del centro abitato, in luoghi molto frequentati dagli stessi abitanti, in un parco comunale, in violazione di norme poste a tutela della zona di protezione speciale e del piano paesaggistico dell’ambito 9 della Regione Siciliana”. La comunità di Serro, dal 2010 sostenuta dalle associazioni, ha poi inoltrato molteplici petizioni: al presidente della Repubblica, ai ministeri competenti, al presidente della Regione Siciliana, agli assessorati regionali competenti e agli uffici regionali per illustrare i motivi per i quali si oppone alla realizzazione della struttura. “La rivolta qui – ricorda La Rosa – è iniziata il 18 maggio 2010, quando siamo venuti a conoscenza del progetto perché in consiglio comunale a Villafranca Tirrena era in corso la discussione sulle opere compensative che Terna voleva offrire in cambio della costruzione del traliccio. La notizia è arrivata subito anche alla nostra comunità ed è intervenuta in consiglio comunale una cittadina, Caterina Campanella, che con determinazione ha chiesto informazioni, rimarcando che nella frazione di Serro nessuno sapeva nulla. A questo punto l’ex amministrazione è stata costretta a spiegare tutto e i consiglieri di minoranza si sono opposti, ma il progetto è andato avanti. In paese, in seguito non si è parlato d’altro e siamo scesi più volte in piazza a protestare. Sono stati esposti lenzuoli con scritte che manifestavano la contrarierà all’opera. Nel frattempo – continua La Rosa – insieme all’amico Gianni Mento, ambientalista e direttore delle riserve speleologiche della Sicilia, abbiamo raccolto i documenti e le firme dei cittadini per poi predisporre gli esposti”.

Il carattere combattivo della popolazione di Serro è stato evidente anche in altre occasioni. “Nell’estate del 1987 ad esempio – rammenta la Rosa – il comune stava lavorando a un piano particolareggiato per la realizzazione di una strada da far passare a Serro che fosse in continuità con la frazione di Calvaruso. Fu organizzata una protesta poiché questo percorso avrebbe snaturato le campagne e il territorio. Riuscimmo a spuntarla”. La Rosa ricorda anche il temperamento risoluto dei residenti davanti alle avversità della vita e accenna alla realizzazione nel 1946 del Circolo apolitico Sorrentino, subito dopo la seconda guerra mondiale. “Il primo presidente fu Pietro Bruno, noto per aver curato l’archivio storico della città di Messina. Insieme ad alcuni amici cercò di risollevare le sorti del paese dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Serro era quasi disabitata, poche le persone rimaste, molti erano emigrati. Per non far perdere le tradizioni e per creare un luogo di svago, si realizzò il circolo che fu molto attivo. Lottò ad esempio per ottenere una strada che collegasse Serro a Messina, per la realizzazione della scuola elementare e per l’acquedotto. Serro non si è mai tirata indietro e ha fatto sempre azioni per la tutela e il progresso della collettività. Un paese che ha sempre tenuto al senso di appartenenza e alla cultura, per questo dagli anni ‘70 sono sempre state organizzate manifestazioni teatrali, artistiche, folkloristiche ed enogastronomiche. Abbiamo istituito il premio Dinnamare e abbiamo eseguito lavori teatrali di importanti autori, tra i quali Giuseppe Fava. Tutto il paese partecipava agli eventi, ognuno aveva ruoli diversi, ma era consapevole di essere parte di una comunità unita”.

Ora – continua – vogliono distruggere il nostro luogo della memoria: la passeggiata di puntale Serra dove c’è anche un reperto per noi molto importante, la pietra Giuliana. Si tratta di una vecchia macina che abili scalpellini hanno lavorato utilizzando una pietra chiamata “giuliana”; dal vecchio nome della contrada in cui risiede. Essa è da sempre meta obbligata di tante passeggiate ed è ricorrente nelle storie della popolazione. Avendo Serro una pendenza accentuata dal lato dei villaggi di Gesso e Calvaruso, quella strada è l’unico punto d’incontro per i cittadini e quindi eliminarla significa far morire il paese. Da non trascurare poi il problema sanitario, ci sono diverse case nei pressi del traliccio”. La Rosa è scosso, sente la violenza psicologica con la quale si sta imponendo quest’opera. “Negli ultimi anni – rimarca – erano tornate a vivere famiglie sia di anziani che di giovani, attirate dal fatto di poter trascorrere le giornate in modo sereno; ora tutto sarà vanificato poiché l’elettrodotto non è compatibile con il paese e nessuno ha l’interesse di andare a vivere sotto le onde elettromagnetiche. Questo è un borgo che potrebbe sviluppare un turismo rurale di qualità e che andrebbe tutelato, nessuno però se ne cura”.

Poi La Rosa accenna ai ricorsi: “Riguardano le violazioni procedurali in tema del principio di precauzione e l’illegittimo frazionamento del progetto che non ha consentito la valutazione complessiva dell’incidenza ambientale e l’acquisizione del parere della Comunità Europea. Abbiamo ripetutamente richiesto l’intervento del governo regionale perché l’elettrodotto è in contrasto con la gestione delle zone di protezione speciale, con le norme di salvaguardia del piano paesaggistico. Purtroppo, anche in occasione della seduta dell’assemblea regionale, dove si è discussa la mozione sul caso, la posizione del governo è stata approssimativa, generica, segno evidente che nessuno si era preoccupato di leggere la documentazione che il coordinamento aveva portato. Abbiamo chiesto inoltre, più volte, all’assessore regionale all’ambiente un immediato intervento di sospensione dei lavori nelle parti critiche, ma nonostante una generica dichiarazione sulla mancanza della verifica di compatibilità nessuna iniziativa risulta avviata”.

Tra i cittadini di Serro, uno dei più danneggiati dalla realizzazione dell’elettrodotto è Giorgio Matalone, la cui casa dista soltanto 80 metri dal traliccio ed è quindi la più vicina all’elettrodotto. Dal Veneto è tornato a Serro, dove prima trascorreva dei periodi di vacanza. È molto amareggiato: “Abito stabilmente qui dal 1993. È un paese meraviglioso. Ho fatto molti sacrifici e ho ristrutturato la mia casa investendo tutti i miei risparmi; ho curato i miei terreni ed ero felice di essermi trasferito. Poi, dal 2010 abbiamo scoperto che c’era questo progetto che era stato tenuto nascosto alla popolazione. Terna ha anche detto che non avevano visto nelle mappe la mia casa, ma non è possibile perché esiste qui da più di un secolo ed era l’abitazione dove si pagava il dazio. La verità è che non hanno tenuto conto dei cittadini e che i comuni non ci hanno tutelato”.

 

Un altro paese dove l’elettrodotto inciderà in modo significativo è Venetico Superiore. Qui il comitato di cittadini è guidato da un veneziano, il professore Maurizio Scarpari, sinologo di fama internazionale che da oltre dieci anni trascorre lunghi periodi nel borgo da fiaba. “Quando con mia moglie siamo venuti qui – spiega Scarpari – sono rimasto entusiasta. È un luogo fantastico, ricco di storia e belle tradizioni. C’è un ottimo clima e la gente è cordiale. Sono un professore dell’Università Cà Foscari in pensione, per 35 anni ho insegnato lingua e letteratura cinese classica, cercavo un posto dove poter scrivere in assoluta tranquillità i miei libri sulla civiltà cinese antica e ho pensato che questo fosse il luogo giusto”. Mentre parla, Scarpari guarda dalla casa che ha acquistato il sole tramontare e sullo sfondo le isole Eolie: “Mi sembrava di aver fatto un’ottima scelta e anche mia moglie, che è medico di famiglia e psichiatra, era felice. Lei ancora lavora, il nostro progetto è di trascorrere la nostra vecchiaia qui per la maggior parte dell’anno, anche perché ci siamo inseriti molto bene nella comunità e abbiamo trovato degli amici. Purtroppo – prosegue malinconico – all’inizio di giugno 2013 un elicottero ha posizionato un pilone monostelo di oltre sessanta metri appena al di fuori del centro abitato. Quando sono arrivato per le vacanze estive era sera, con il buio non l’avevo notato. La mattina dopo, ignaro della sua presenza, sono sceso tranquillamente al mare; risalendo in macchina verso il paese, che si trova in collina, mi è apparso di colpo quell’orribile “mostro” che svettava imponente, sembrava che uscisse dal castello del ‘500 che domina il borgo. Ho notato che anche nel paese accanto, Rocca Valdina, ne era stato installato uno simile, altrettanto impressionante. Parlando con alcuni paesani, mi sono reso conto che nessuno aveva compreso le reali conseguenze di quanto stava accadendo. La sera ho partecipato alla riunione dell’associazione culturale locale e ho posto all’attenzione dei soci presenti il problema, cercando di far capire loro i rischi per la salute e il danno d’immagine ed economico che per il paese sarebbe derivato. Molti hanno compreso il pericolo, ma la differenza l’ha fatta un bambino che, preoccupato, ha chiesto a suo padre: “Ora che hanno messo questo pilone non è che dobbiamo morire perché ci farà del male?” Ci sorprese, perché aveva visto giusto. Diversamente da noi adulti i bambini guardano il mondo con occhi liberi da condizionamenti e sanno esprimere timori e dubbi con parole che spiazzano noi grandi per la loro semplicità”.

Dopo qualche giorno è nato il Comitato per la tutela di Venetico al quale hanno aderito molti cittadini. Prosegue Scarpari: “Mi sono dedicato tutta l’estate a studiare la questione, ho cercato di convincere l’amministrazione locale – diversa da quella che aveva accettato il progetto anni prima – che doveva schierarsi con noi contro la realizzazione dell’elettrodotto, troppo vicino al centro storico. Impresa non facile, nessuno si era opposto con fermezza all’opera. Abbiamo promosso una petizione popolare raccogliendo le firme di gran parte dei residenti e abbiamo costretto i nostri amministratori ad affrontare in Consiglio comunale il problema e creare un coordinamento tra il Comune e il nostro comitato. Abbiamo quindi chiesto a Terna un incontro, che è avvenuto solo dopo diversi mesi, con risultati più che deludenti, un muro contro muro. Dalla documentazione in nostro possesso è emerso che in origine non era previsto che il pilone passasse a ridosso del centro abitato, il suo attuale posizionamento era dovuto a una variante proposta anni prima dal comune limitrofo di Rocca Valdina e incredibilmente accettata dall’allora sindaco di Venetico”. Voci si ricorrevano sul fatto che la modifica fosse stata voluta per interessi privati di qualche politico. “In effetti risultava che l’ex primo cittadino di Venetico aveva approvato la variante senza nemmeno andare a Roma alla Conferenza dei Servizi conclusiva, dove avrebbe potuto contestare il nuovo tracciato se solo avesse voluto; con la sua assenza ha invece dato formalmente il suo consenso. Quest’atteggiamento ambiguo ha alimentato i sospetti di un comportamento scorretto suo e di altri amministratori”. Tra le varie iniziative, abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica, firmato da oltre 170 cittadini, per vederci chiaro.

I cittadini di Venetico seguono ammirati le parole del professore venuto da Venezia e si rammaricano per non essersi resi contro subito che il pilone installato da Terna rappresentasse un pericolo. Va segnalato inoltre il fatto che il pilone si trova nei pressi di una vecchia chiesetta diroccata situata in cima a una collinetta, subito fuori dal centro abitato, che segna la fine del percorso storicamente utilizzato per la Via Crucis vivente, una manifestazione religiosa molto suggestiva che si ripete dal 1930, molto sentita dai venetichesi che vi partecipano con grande impegno. Ora la vedono seriamente compromessa. Per protesta è stato realizzato un breve filmato che ne ripercorre la storia, riporta alcune immagini significative e si conclude con l’immagine di un giovane che impersona Gesù mentre viene crocifisso al pilone, per l’occasione trasformato in un’immensa croce. Un’immagine forte, pensata per scuotere le coscienze di chi ha la possibilità di indurre Terna ad allontanare il pilone dal centro abitato.

La tradizione della Via Crucis – spiega Scarpari – potrebbe perdersi per sempre a causa di Terna, che ha installato il pilone sulla stessa collina dove avveniva la crocifissione di Gesù, proprio a ridosso della chiesetta. Con questo elettrodotto Terna sta danneggiando un patrimonio storico-artistico che vanta monumenti del ‘500 per la cui valorizzazione la Comunità europea ha stanziato finanziamenti milionari”. In uno dei suoi tanti appelli, Scarpari si domanda: “Dov’è la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Messina? Perché non interviene con autorità per bloccare questo scempio? Com’è possibile che i Ministeri dei Beni Culturali, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico abbiano concesso l’autorizzazione alla variante senza valutare l’impatto devastante che l’elettrodotto, così a ridosso del centro storico di Venetico, avrebbe prodotto? Siamo ancora in tempo per correggere gli errori, senza ricorrere a Tribunali speciali e a Consigli di Stato, basterebbe solo usare rispetto e senso civico”. Un paese come Venetico dovrebbe vivere di turismo, la via più naturale in virtù della sua splendida posizione e alle sue importanti opere architettoniche. Si potrebbero sviluppare anche percorsi enogastronomici e incrementare la possibilità di ‘alberghi diffusi’; nulla di tutto questo sarà più realizzabile ormai.

Mentre sorseggia un drink, scuotendo la testa davanti al pilone, Scarpari si stupisce della prepotenza degli uomini sulla natura e sottolinea: “Sento forte l’arroganza del potere di Terna, il suo modo di agire mi ha fatto toccare con mano come una multinazionale possa essere cinica e aggressiva con chi non è in grado di difendersi. Gli attuali dirigenti di Terna non interpretano correttamente il loro mandato, che dovrebbe essere quello di un’azienda in parte dello Stato, che deve avere innanzi tutto rispetto dell’ambiente e dei cittadini. Si approfittano della loro posizione privilegiata e, agevolati dal fatto che agiscono in regime di monopolio e in un contesto degradato, invece di tutelare il bene comune ed essere dalla parte dei cittadini si preoccupano solo di realizzare il maggior profitto economico per i loro azionisti. In questo modo, non è una società di servizio: sarà anche strategica per lo Stato, ma di certo non per noi cittadini”.

Per Scarpari questa è una battaglia nuova, altre volte si è trovato a dover difendere gli interessi della comunità: “Questa volta, però, è una lotta impari, perché è contro una multinazionale potente e protetta; la ritengo comunque doverosa, una lotta di civiltà alla quale non ci si può sottrarre. Studio e scrivo per interesse personale, ma anche per cercare verità che mi aiutino a vivere in modo migliore e per trasmettere agli altri, soprattutto ai giovani, valori positivi. Nella vita si deve avere il coraggio di combattere contro le ingiustizie e i soprusi, anche se ciò implica doverne pagare le conseguenze. Qui i danni per l’ambiente si vedono subito, quelli per la salute saranno evidenti solo tra dieci o vent’anni, quando i bambini di oggi saranno grandi: dobbiamo ribellarci ora, dopo sarà troppo tardi! Questo elettrodotto non interessa la Sicilia, è solo un trampolino di lancio per l’Africa, un progetto che sta a cuore solo ai produttori di energia europei. Noi non avremo benefici immediati, ma il prezzo lo pagheremo noi e il nostro territorio. Non è un caso che i ministeri coinvolti siano quello dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e dei Beni culturali, e che manchi quello che dovrebbe essere il primo a essere interessato: il ministero della Salute. Speriamo che finalmente qualcuno si decida a intervenire per bloccare un disastro che cozza contro gli interessi delle comunità e il semplice buon senso, precludendo uno sviluppo sostenibile, che consenta ai giovani di non dover abbandonare la loro terra per potersi costruire un futuro dignitoso e sereno”.

I figli di Venetico Superiore

Francesco Tricomi*

*Residente a Padova e originario di Venetico Superiore, dove torna ogni anno per trascorrere le vacanze

 

Dei tanti figli che Venetico Superiore ha partorito, non è riuscito a trattenerne molti a trascorrere l’intera vita tra le case, i colori, i profumi  e le vie del paese. Responsabile prima è la disoccupazione che ancora oggi dilaga. Eppure ha dato i natali a insegnanti, medici, avvocati, imprenditori, alte cariche civili e militari dello Stato.

In Svizzera, in America, in Brasile, in Australia, in Germania e in tanti altri paesi lontani vivono venetichesi che hanno fatto a suo tempo una scelta dolorosa lasciando gli affetti familiari più cari e le amicizie più sincere. Anch’io, con mia moglie, faccio parte di quei figli che circa trent’anni  fa hanno scelto di vivere altrove, allontanandosi di “solo” mille e duecento chilometri, nel Nord Italia.

In questo periodo questa “Mamma” sta soffrendo molto per le ingiustizie, i soprusi e le violenze che le sono state inflitte. Un elettrodotto di grossa portata si sta realizzando con la complicità degli amministratori locali che a suo tempo, senza informare la cittadinanza, hanno acconsentito che sfiorasse il centro storico, permettendo il posizionamento da parte di Terna del pilone 24. Un’opera che si racconta, dovrà far risparmiare ai siciliani il costo della energia elettrica ed evitare il blackout!

Dal mese di giugno 2013 la cittadinanza non vive più in tranquillità, anzi è molto preoccupata per la propria salute oltre che per il deturpamento del paesaggio e del territorio al quale sta assistendo.

La stessa sofferenza la stiamo provando anche noi che siamo lontani fisicamente, ma vicini con il cuore. Mentre sto scrivendo vedo mia figlia in lacrime, è appena arrivata la notizia che un’altra mamma di Pace del Mela è deceduta lasciando due figli. Viveva nel “quartiere delle donne con le parrucche” ormai tristemente famoso. Un’area inserita tra quelle ad alto rischio ambientale, sfiorata dai cavi dell’alta tensione di un elettrodotto di Terna già esistente. Si contano venti casi di morte di tumore solo nel mese di gennaio.

Chi spiegherà a questi orfani, a questi ammalati che il loro sacrificio servirà a far pagare qualche euro in meno sulla bolletta? È questo il prezzo del benessere e del progresso? Analogo elettrodotto e per gli stessi motivi si stava realizzando in Veneto nell’area Dolo-Camin in provincia di Venezia, a pochi chilometri da casa mia dove un blackout, in trent’anni, non ricordo di averlo mai visto. Qui Terna e i Ministeri preposti avevano autorizzato la posa di questi modernissimi piloni monostelo a “ridotto” impatto ambientale, posizionati, pensate, in mezzo a ville palladiane del ‘600. Fortunatamente la caparbietà e la determinazione della gente del posto hanno vinto sull’arroganza di Terna. Il Consiglio di Stato ha bocciato l’intero progetto.

E per Venetico Superiore cosa si sta facendo per fronteggiare questa emergenza? Ci vivono circa duecentocinquanta abitanti che presto, se le cose non cambieranno, correranno gli stessi rischi.

La percezione del rischio non è stata così immediata, solo l’estate scorsa la cittadinanza ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Messina, da allora, però, non si sono avute più notizie.

I proprietari del terreno dove sorge il pilone hanno iniziato una causa contro Terna in quanto questa ha abusivamente occupato lo spazio che le serviva. In questi giorni c’è stata la prima udienza presso il Tribunale di Messina, ma è già stata rimandata ad altra data.

È stata presentata un’interrogazione parlamentare, sono state organizzate delle manifestazioni, sono stati condotti dei servizi da parte di una TV locale, Rainews24 e qualche mese fa è andato in onda anche un servizio di Striscia la Notizia anche se è stato svuotato di importanti elementi di denuncia.

Su questa vicenda Terna di certo non ci sta venendo incontro, anzi sembra che ci goda ad alzare palizzate attorno al pilone e adornarlo con le carrucole nelle ore più strane del giorno e della notte.

È questo senso d’impotenza che ci fa stare male. Le istituzioni e chi dovrebbe tutelare la salute e l’ambiente non danno risposte immediate in difesa dei cittadini. Temporeggiano, forse per l’imbarazzo di aver concesso in passato determinate autorizzazioni, ad aver firmato la condanna a morte di ignari e semplici cittadini. Per non parlare della mostruosità architettonica che hanno permesso di realizzare a ridosso del centro abitato, accanto ad un castello medievale per il quale l’Unione Europea ha speso milioni di euro per ripristinare la passeggiata intorno e il consolidamento del terreno circostante.

È necessario più che mai che noi tutti “figli” di Venetico Superiore restiamo attenti e uniti per contrastare con tutte le nostre forze questo sopruso.

 

 

 

Un paese da sogno

 

Grazia Sofia Tricomi*

 

*Figlia di Francesco Tricomi, residente a Padova e originaria di Venetico Superiore, dove trascorre tutti gli anni le vacanze

 

 

Venetico Superiore è sempre stato il mio nascondiglio segreto, fin da quando ero piccina e anche adesso, che di anni ne ho venti, non riesco a farne a meno. È apparso sempre incantevole ai miei occhi; così piccolo eppure così fantastico.

Quando la mia mamma mi raccontava una fiaba che era ambientata in un posto magico, io lo immaginavo come Venetico; lo consideravo un passaggio segreto, uno di quelli che lo può attraversare solo chi lo conosce. E invece mi sbagliavo perché Terna è riuscita a scovarlo e da allora non ci dà pace.

Non credo che a essere amate debbano essere solo le persone, a volte penso che anche certi luoghi meritino il nostro amore, per la storia che racchiudono, per i panorami che offrono, per la spensieratezza che comunicano e Venetico credo sia uno di questi.

L’ho sempre considerato il “Paese dei ricordi” perché, fin dall’infanzia, è lì che ho lasciato i miei più belli; dalle ginocchia sbucciate in Piazza Immacolata, fino alle passeggiate con la nonna per raccogliere le more a Gesammaria. Se penso che tra non molto i bambini potrebbero non rivivere più tutto quello che a me è stato concesso, mi viene una fitta al cuore.

In totale saranno almeno quaranta le volte che sono partita da Venetico Superiore per tornare a Padova, dove abito, eppure ogni anno, nella mia ingenuità, mi promettevo che sarebbe stata l’ultima.

Era troppo dura per me lasciare il posto che consideravo il più bello del mondo perché dovevo studiare, ma continuavo a farlo perché in cuor mio sapevo che prima o poi ci sarei rimasta, che un giorno le valigie vuote le avrei lasciate a Venetico.

A vent’anni si hanno sogni importanti si sa, ma il mio era semplicemente quello di poter vivere nel luogo in cui mi sentivo a casa. Ma proprio come ogni sogno che si rispetti, sta svanendo proprio sul più bello a causa del pilone 24. Eppure credo di essere ancora in tempo per salvare il mio desiderio e quelli di tanti altri giovani.

Effettivamente Venetico era un paese troppo bello perché si potesse considerare reale e quindi qualcosa prima o poi sarebbe dovuto arrivare a turbare la serenità di tutti i suoi abitanti, ma di certo non immaginavo che dovesse essere alto più di sessanta metri e con diciotto cavi per risultare credibile! Il destino, o meglio la cattiveria umana, ha proprio voluto esagerare.

Quando penso a Venetico ormai non riesco più ad associarlo alla pace che lo caratterizzava, ma bensì al senso di ingiustizia, alla rabbia che provo ormai da otto mesi.

Ogni mattina mi chiedo il perché qualcuno abbia voluto tutto questo che per me resta inconcepibile. Che colpa aveva Venetico? Cosa aveva che non andava?

Rifletto e poi mi rispondo che forse qualcosa di sbagliato c’era, ma negli occhi estranei di chi lo guardava.

Ogni sera, invece, mi addormento chiedendomi quale armi siano rimaste agli onesti per difendersi, quando chi ti avrebbe dovuto tutelare non lo ha fatto e quando chi avrebbe dovuto dire di no, ha accettato senza alcun rimorso. A questa domanda rispondo dicendomi che, a volte, anche solo una parola, un gesto seppur piccolo, può cambiare il corso degli eventi; perché può anche capitare che prima o poi l’eco delle nostre azioni giunga al cuore della persona giusta, e allora non mi do per vinta.

Se quella persona giusta, per caso, si ritrovasse a leggere queste parole, la pregherei di farsi coraggio e di aiutare concretamente chi da mesi sta urlando a squarciagola per chiedere giustizia. Il tempo a disposizione ormai, non è più molto. Cambiate il corso di questi dannati eventi, ridate una speranza a chi si sente tradito, rimarginate la ferita fatta a tutti i venetichesi e se non volete farlo per voi stessi, almeno fatelo per i vostri figli, perché a loro possiate lasciare un mondo un po’ migliore.

Personalmente pensavo che sarei arrivata a fare di tutto per realizzare il mio sogno di vivere a Venetico, ma di certo non immaginavo di dover combattere una battaglia simile, di dover gestire un canale youtube per far conoscere a tutti la vergogna del paese che porto nel cuore; ma per amore si sa, si arriva a fare anche questo. Quell’amore per le proprie origini che ormai però pochi conoscono, che molti danno per scontato e che alcuni nemmeno sanno cosa sia.

Quando leggo sui giornali che l’elettrodotto Sorgente-Rizziconi sarà terminato per il 2015, improvvisamente divento triste è come se qualcuno, facendo il countdown, volesse ricordare a tutti noi il tempo che ci rimane per poter vincere questa battaglia.

Non è facile, ci sono delle volte che vengo presa dallo sconforto, dalla tristezza e sono questi i momenti più terribili, perché avrei solo voglia di scappare e aspettare che le cose facciano il loro corso, di arrendermi alla stupidità e agli interessi dei più “forti”. Poi mi siedo e mi dico che sarebbe troppo semplice lamentarsi senza far nulla. Sarebbe troppo sciocco dire di amare un paese mentre si resta seduti a guardarlo morire. Sarebbe da stupidi credere a chi distrugge la storia, l’arte e la vita di paesi interi solo per un tornaconto economico, come se i soldi potessero essere eterni, come se valessero più della propria coscienza.

Venetico c’è sempre stato nei miei momenti più belli e adesso sono io che voglio restargli accanto, anzi dovremmo farlo tutti noi.

Non so quando questa storia finirà, ma so che prima o poi cesserà. So che un giorno questa battaglia verrà vinta da noi cittadini umili e onesti e so che quel giorno rimarrà nella storia di Venetico Superiore come il momento in cui, finalmente, la giustizia avrà trionfato.

Perché è vero, l’uomo potrà anche distruggere tutto, ma i sogni, mi dispiace, quelli no.

 

 

 

Category: Ambiente, Economia, Movimenti, Osservatorio Sicilia

About Maurizio Scarpari: Maurizio Scarpari, professore ordinario di Lingua e letteratura cinese classica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato dal 1977 al 2011 e ricoperto numerose cariche acca-demiche, tra le quali quelle di Pro-Rettore Vicario e Direttore del Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale. Sinologo esperto di lingua cinese classica, storia, archeologia, pensiero filosofico e la sua influenza sul pensiero attuale è autore e curatore di numerosi articoli e volumi, tra cui si se-gnala La Cina, oltre 4000 pagine in quattro volumi (Einaudi 2009-2013), alla cui realizzazione hanno contribuito esperti di 35 istituzioni universitarie e di ricerca tra le più prestigiose al mondo. Per ulteriori informazioni e la bibliografia completa dei suoi scritti si rinvia a www.maurizioscarpari.com.

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  1. […] I lettori di Inchiesta avranno riconosciuto nelle parole del Governatore Zaia i nostri argomenti: perché mai lo “scempio” o la mancanza di “buon senso” appaiono evidenti a noi semplici cittadini e a quegli amministratori e a quei politici ai quali sta realmente a cuore il bene comune e non ai progettisti di Terna, società per azioni a forte partecipazione statale (30% circa), o agli amministratori e politici compiacenti che sostengono le richieste di Terna senza preoccuparsi delle conseguenze? Terna dichiara che non è una questione economica, ma tecnica: non è così, Terna racconta e fa quel che vuole perché opera in condizioni eccezionali, di assoluto monopolio, senza contradditorio e senza controlli. Lo sa bene chi sta lottando contro la realizzazione dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi che unisce Calabria e Sicilia: nei 20,5 km di tragitto aereo siciliano Terna è riuscita a fare tanti e tali danni da far inorridire qualsiasi persona di buon senso, grazie alla complicità di amministratori e politici sleali, e alle facili autorizzazioni concesse anche in violazione di procedure e aree protette o che avrebbero dovuto essere tutelate (vedi nostro dossier pubblicato su Inchiesta n. 183, pp. 69-96, e su Inchiesta online del 20 marzo 2014, http://www.inchiestaonline.it/economia/maurizio-scarpari-a-cura-di-un-dossier-sulle-lotte-contro-la-…). […]

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