Luciano Gallino: Uno Tsipras per l’Italia

| 16 Dicembre 2014 | Comments (0)

 

 

 

 

Diffondiamo da La Repubblica del 16 Dicembre 2014

Nessuno ha mai sentito un solo politico che mostri di avere una conoscenza minimale dei trattati ue, e ammetta che non sono scolpiti nel granito. In realtà si possono cambiare, ed è indispensabile farlo, a condizione di costruire una forza politica all’altezza del compito

Tra coloro che hanno partecipato alle dimostrazioni per lo sciopero di venerdì 12 dicembre si contano forse numerosi elettori potenziali per lo sviluppo di una nuova ampia formazione politica, in grado di opporsi alle catastrofiche politiche di austerità imposte da Bruxelles e supinamente applicate dal nostro governo. non si tratta di fare un esercizio astratto sul futuro del nostro sistema politico. Se una simile forza di opposizione non si sviluppa, quello che ci attende è un ulteriore degrado dell’economia e del tessuto sociale, seguito da rivolte popolari dagli esiti imprevedibili. il governo è seduto su un vulcano, e intanto gioca a far “riforme” che peggiorano la situazione.

Chi volesse porre mano alla co- struzione della nuova formazione politica potrebbe trarre indicazioni utili da quanto accade in grecia e in spagna. sono due casi diversi. nel primo siamo dinanzi a una “coalizione della sinistra radicale” (acronimo syriza) nata dieci anni fa e guidata dal 2007 da Alexis Tsipras dopo il primo grande successo elettorale. nel 2012 è diventata il secondo partito greco. al presente i sondaggi lo danno come il probabile vincitore delle prossime elezioni, nel caso che il governo samaras non riesca a eleggere il presidente della repubblica.

Syriza non vuole affatto distruggere la Ue. Vuole cambiarla. Il suo successo è dipeso da una radicale opposizione ai provvedimenti imposti dalla troika con il memorandum d’intesa del 2011, che ha obbligato la grecia a tagliare pe- santemente salari, stipendi e pensioni; a distruggere la sanità pubblica; a vendere ai privati beni pubblici essenziali, facendo piombare l’intero paese nella miseria e nella disperazione. tra i punti principali del programma di Syriza, oltre ad annullare i provvedimenti che s’è detto, v’è la proposta di una conferenza internazionale sul debito pubblico, allo scopo di ottenere che gli interessi dei cittadini non siano perennemente subordinati, come avviene ora, agli interessi delle grandi banche. Si vuole altresì richiedere alla Ue di cambiare il ruolo della Bce in modo che finanzi direttamente investimenti pubblici, e di indire una serie di referendum su vari punti dei trattati dell’unione e altri accordi con le istituzioni europee.

diversamente da syriza, in spagna “podemos” sembra per così dire nato dal nulla. fondato nel gennaio 2014 da una trentina di persone provenienti da diversi partiti, intellettuali, esponenti di movimenti, coordinate dal trentenne Pablo Iglesias Turrión, appena quattro mesi dopo raccoglie abbastanza voti da mandare a Strasburgo cinque eurodeputati. al presente viene accreditato di oltre il 27 per cento dei voti, quasi due punti in più dei socialisti e ben 7 in più rispetto ai popolari.

Ancor più di syriza, il programma di Podemos è fortemente caratterizzato da proposte volte a modificare gli aspetti più deleteri del trattato Ue. Tra i punti salienti del suo programma troviamo: la conversione della Bce in una istituzione democratica che abbia per scopo principale lo sviluppo economico degli stati membri (punto 1.3); la creazione di una agenzia pubblica europea di valutazione (1.4); una deroga dal trattato di Lisbona.

Nell’insieme, i due programmi di syriza e di podemos appaiono essere più solidamente socialdemocratici, concreti e adeguati alla situazione attuale della Ue e alle sue cause di quanto qualsiasi altro partito europeo abbia finora saputo esprimere. non per nulla i due partiti sono già oggetto di un furibondo bombardamento denigratorio da parte dei media, della troika, dei think tanks sovvenzionati dal mondo finanziario, e dei politici incapaci di pensare che al di là dell’europa della finanza si potrebbe costruire un’europa dei cittadini.

va ricordato al riguardo che il trattato ue non è affatto immodificabile, come a volte si legge. l’art. 48, comma 1, prevede esplicitamente che «i trattati possono essere modificati conformemente a una procedura di revisione ordinaria». il comma 2 precisa: «il governo di qualsiasi stato membro, il parlamento europeo o la commissione possono sottoporre al consiglio progetti intesi a modificare i trattati ». pertanto la que- stione, come si diceva una vita fa, è soprattutto politica.

ma nessuno ha mai sentito un solo politico che mostri di avere una conoscenza minimale dei trattati ue, e ammetta che non sono scolpiti nel granito. in realtà si possono cambiare, ed è indispensabile farlo, a condizione di costruire una forza politica all’altezza del compito.

Al lume delle esperienze di syriza e podemos, come si presenta la situazione italiana? sulle prime si potrebbe pensare che quanto ri- mane di sel, di rifondazione, dei comunisti italiani, insieme con qualche transfuga del Pd, potrebbe dar origine a una coalizione simile a quella di syriza. purtroppo la storia della nostra sinistra è costellata da una tal dose di litigiosità, e da un inesausto desiderio di procedere comunque a una scissione anche quando si è rimasti in quattro, da non fare bene sperare sul vigore e la durata della nuova formazione. si può solo sperare che la drammaticità della situazione spinga in futuro a comportamenti meno miopi, ma per farlo bisogna davvero credere nell’impossibile.

In ogni caso non si vede, al momento, da dove potrebbe arrivare la figura di un leader simile a Tsipras o a Iglesias, colto, agguerrito sui temi europei, capace di farsi capire e convincere, esponendo al pubblico in modo accessibile dei temi complessi.

Qualcosa di analogo vale naturalmente per chi, scettico sulla possibilità di recuperare i frammenti delle vecchie sinistre, pensasse di costituire una formazione interamente nuova, come han fatto quelli di podemos in spagna. che si sono dimostrati pure efficaci organizzatori, costituendo in pochi mesi centinaia di circoli di discussione in tutto il paese. un contributo potrebbe forse venire dalle esperienze di “cambiare si può” o della stessa lista tsipras; non certo finite bene, ma che sono stati episodi di auto organizzazione di una certa ampiezza.

A fronte di un programma realistico, affine a quelli di Podemos e Syriza (con tutte le variazioni del caso), tali esperienze potrebbero trovare un baricentro che ai loro tempi non avevano. il fatto è che il tempo urge, prima che il paese caschi a pezzi.

Una simile urgenza, che il popolo dello sciopero di venerdì scorso sentiva benissimo, insieme con l’attrattiva di un impegno realistico per ridare peso nella ue a ideali come eguaglianza, solidarietà, partecipazione democratica, al posto della lugubre e distruttiva Ue della finanza, potrebbero contribuire a raccogliere molti più consensi di quanto oggi non si possa sperare.

 

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Category: Economia, Luciano Gallino e la rivista "Inchiesta", Osservatorio Europa, Politica

About Luciano Gallino: Luciano Gallino (1927) nel 1956 viene chiamato dall'ingegnere Adriano Olivetti a collaborare all’Ufficio Studi Relazioni Sociali costituito presso la Olivetti - struttura di ricerca aziendale inedita in quel periodo in Italia - e successivamente, dal 1960 al 1971, ricopre la carica di direttore del Servizio di Ricerche Sociologiche e di Studi sull’organizzazione (SRSSO). Dopo aver ottenuto una Libera Docenza in Sociologia nel 1964, è diventato Fellow Research Scientist del Center for Advanced Study in the Behavioral Sciences di Stanford in California. Dal novembre 1965 al 1971 è stato professore incaricato presso la Facoltà di Magistero e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino. Successivamente, dal 1971 al 2002, è stato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione della stessa Università, nella quale attualmente è professore emerito. Tra il 1968 e il 1978 è stato direttore dell'Istituto di Sociologia di Torino, una delle prime strutture di ricerca in questo ambito disciplinare costituite nell'università italiana. Dal 1999 a fine 2002 è stato Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione e della Formazione. In tale ruolo ha promosso lo sviluppo di un Centro specializzato nello studio e nella realizzazione di corsi orientati alla "Formazione aperta/assistita in rete". Parallelamente alla sua attività di ricerca e d'insegnamento, ha ricoperto diverse e prestigiose cariche istituzionali. Dal 1979 al 1988 è stato presidente del Consiglio Italiano delle Scienze Sociali. Dal 1987 al 1992 ha rivestito la stessa carica nell'Associazione Italiana di Sociologia. È socio dell'Accademia delle Scienze di Torino, dell'Accademia Europea e dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Dirige dal 1968 la rivista scientifica Quaderni di Sociologia. Ha collaborato inoltre con autorevoli quotidiani nazionali, in particolare tra il 1970 e il 1975 ha scritto su «Il Giorno», dal 1983 al 2001 ha collaborato con «La Stampa» e dal 2001 collabora con «La Repubblica». Fa parte del comitato scientifico della manifestazione "Biennale Democrazia". Dal 2007, è il responsabile scientifico del Centro on line «Storia e Cultura dell'Industria», progetto che promuove la conoscenza della storia industriale e del lavoro del Nord Ovest italiano dal 1850 a oggi, con finalità didattiche. Dal 2011 è Presidente Onorario e Presidente del Consiglio dei Saggi dell'AIS - Associazione Italiana di Sociologia. Tra i suoi ultimi libri: Globalizzazione e disuguaglianze (Laterza, 2000); Il costo umano della flessibilità (Laterza, 2001); L’impresa responsabile. Un'intervista su Adriano Olivetti (Comunità, 2001); La scomparsa dell'Italia industriale (Einaudi, 2003); Dizionario di Sociologia (UTET, 2005); L’impresa irresponsabile (Einaudi, 2005); Italia in frantumi, (Laterza, 2006); Tecnologia e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici (Einaudi, 2007); Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, (Laterza, 2007); Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l'economia (Einaudi, 2009); Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, (Einaudi, 2011).

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