Joseph Stiglitz: L’euro flessibile è l’unica risposta per salvare il progetto Europa
Diffondiamo da www-larepubblica.it del 21 agosto 2016 l’intervista di EUGENIO OCCORSIO al premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz
“Una volta accertato che indietro non si torna, e che anzi una moneta unica è un passo verso un’Europa realmente unita, bisogna guardare la realtà. Ci sono diverese ipotesi. Mantenendo tutte le caratteristiche di un mercato comune e aperto, potrebbe staccarsi la Germania, che cresce anche se non in maniera clamorosa. Oppure andrebbe creato un euro del nord e uno del sud. Non c’è nessuna prova che l’euro abbia mai dato un contributo alla prosperità dell’Europa ma ci sono molte prove che ha funzionato da amplificatore delle recessioni fino a inchiodarla a stagnazione di cui non si vede la fine”.
“Spero come un contributo utile a modificare quello che c’è di sbagliato. Non propongo di smantellare l’euro, tornare alle valute locali e far finta che non sia successo nulla. Ma di intraprendere azioni coraggiose in grado di sbloccare la situazione: quanti altri anni volete perdere? “.
“L’ipotesi ottimale è di dotare finalmente l’Europa delle strutture in grado di sostenere l’integrazione monetaria: una vera unione bancaria dotata di un’efficace assicurazione comune sui depositi, programmi di solidarietà in grado di aiutare concretamente i Paesi che restano indietro, una quota significativa di mutualizzazione del debito e di eurobond, una parte di bilancio comunitario con un ministro delle Finanze europeo e tasse comuni sulle transazioni finanziarie e sulle grandi proprietà oggi frammentate e troppo basse, un piano di investimenti pubblici molto maggiore di quelli attuali finanziato appunto con queste risorse, una banca centrale che non abbia come unico focus l’inflazione bensì sviluppo e occupazione “.
“Troppo poco, si rimane nell’ambito monetario, e infatti Draghi non si stanca di appellarsi alle politiche attive che l’affianchino mentre dovrebbe essere messo in grado di partecipare a queste politiche, come la Fed”.
“La Grecia è una storia a parte. Tsipras ha avuto l’occasione di sganciarsi un anno fa, e non capisco perché non l’abbia fatto, io e Varoufakis l’avevamo consigliato in tal senso. Il risultato sono ulteriori sofferenze per la sua gente e sacrifici indicibili di cui non si vede la fine. Spero ancora che la Grecia lasci l’euro nel suo interesse”.
“Qualsiasi problema sarà minore di quelli attuali. Non è possibile rinviare la soluzione di sei mesi in sei mesi, e poi di anno in anno. Prendiamo l’Italia: le sembra dignitoso che un Paese come il vostro sia costretto a elemosinare ogni misura dai partner europei, che non riesca a impostare un programma di sviluppo perché bloccato dall’austerity di marca tedesca, di chi ha come mantra la stabilità finanziaria e una convinzione fondamentalista che una volta stabilizzato il bilancio pubblico sarà il mercato come d’incanto a risolvere tutto? Di fondamentalismi del genere ne abbiamo già avuto uno in America, e ci è bastato”.
“Agli anni della “supply side” reaganiana, bastava abbassare le tasse e lasciare il più libere possibile le forze del mercato senza più nessun intervento pubblico. Una follia di trent’anni fa che paghiamo oggi. Perché è vero, l’America cresce, ma a livelli inferiori al potenziale. Il Pil è del 15% al di sotto di dove sarebbe se avesse retto il ritmo di crescita degli anni dal 1980 al 1998. Il reddito medio delle famiglie è meno dell’1% superiore a quello del 1989. La percentuale di lavoratori è aumentata solo leggermente da quando è partita la ripresa, anche l’America ha sperimentato l’austerity perché i dipendenti pubblici sono scesi di 500mila unità. L’unica cosa a essere cresciuta a dismisura sono le disegugaglianze, intollerabili eticamente nonché fattore di depressione perché storicamente sono le classi inferiori a spendere di più. Infatti il problema è la carenza di domanda aggregata. Così torniamo all’Europa: in un mondo globalizzato è fondamentale che ci sia una crescita diffusa. E con gli imminenti rialzi dei tassi ci prepariamo a un dollaro più alto, con le conseguenze negative in termini di export”.
“Chi? L’uomo del caos globale? Sento che Hillary trionferà. Ma deve fare subito delle cose urgenti, come porre fine alla politica del breve termine delle corporation, e ridurre gli stipendi dei manager”
Category: Economia, Osservatorio Europa