Bruno Amoroso: La situazione in Grecia anticipa ciò che accadrà questo autunno in Spagna e Italia
Diffondiamo da Forexinfo [Erica di Dio, 21 giugno 2013] l’intervista a Bruno Amoroso, economista italiano naturalizzato danese e attualmente docente emerito di Economia Internazionale e dello Sviluppo presso l’università Roskilde in Danimarca. Il prof. Amoroso ha risposto a quattro domande sullo stato attuale dell’economia mondiale e sulla crisi che ci circonda. Ecco le sue risposte.
D. Qual è il suo punto di vista su una probabile uscita dall’euro o scissione in due della moneta unica?
R. La situazione attuale creata dall’euro è insostenibile per le economie europee. Quelle dei paesi del sud perché non disponendo di una propria valuta si trovano nella morsa di una competizione tedesca alla quale non possono sottrarsi riacquistando cambi favorevoli sia verso i paesi europei che extra europei. Ma anche sugli altri paesi del nord sta producendo effetti depressivi perché il crollo dei mercati di acquisto a sud colpisce ovviamente anche le esportazioni a nord. Le vie di uscita sono due. Il ritorno al sistema monetario europeo precedente l’euro, concordando rapporti di cambio flessibili tra le varie valute nazionali. I singoli paesi riacquisterebbero così la possibilità di condurre politiche economiche e distributive adatte alle proprie condizioni. La seconda, poiché i problemi riguardano soprattutto i paesi dell’Europa del sud e il rapporto con la Germania, dividere l’euro in due zone. Questo significherebbe che all’interno dell’Unione Europea non si avrebbero 11 valute, come è oggi, ma 12, e quindi i cambiamenti non sono poi tanto significativi. Non far nulla significa andare nei prossimi mesi a una crisi profonda del sistema dell’euro, che coinvolgerà inevitabilmente l’intero progetto europeo in maniera catastrofica. Per chi continua a ripetere che non è possibile per un paese uscire dall’euro basti ricordare che la Cecoslovacchia è stata divisa in due paesi e con due monete diverse senza che questo producesse conflitti all’interno dell’UE. Tutto dipende dalla voglia di risolvere i problemi.
D. La situazione in Grecia continua a far parlare di sé: dopo la recessione, gli scontri in piazza, i suicidi, ora chiude la tv pubblica e qualche società di investimento declassa il paese a status di “mercato emergente”. Come si può descrivere attualmente la situazione del paese ellenico?
R. La situazione della Grecia anticipa quello che accadrà quest’autunno in Spagna e in Italia. Il significato della Grecia (e di Cipro) è che la moneta unica è una finzione giuridica, poiché in paesi diversi il valore dei titoli emessi in euro ha valore diverso, e questi titoli sono dati in pasto agli sciacalli dei mercati finanziari senza che la BCE intervenga a difendere il valore nominale del titolo e la sua credibilità. Oggi i titoli emessi in euro (cioè nella stessa moneta) hanno valori diversi a seconda dei paesi che li emettono e quindi, di fatto, abbiamo valute nazionali. Ma il polverone sulle valute serve a coprire il vero obiettivo della speculazione che è quello di espropriare i risparmi di milioni di persone in tutta la zona euro.
D. Pensa che la Fed porrà presto fine al suo piano di QE “alleggerimento quantitativo” o la strada da percorrere è ancora lunga?
R. Le misure della Fed sono quelle che gli Stati possono mettere in atto, scavalcando le procedure delle politiche monetarie tradizionali, per creare maggiore circolazione di denaro e credito. Questo lo fa la Fed negli Stati Uniti perché quella è una banca centrale che deve rispondere delle sue scelte sia al governo sia ai cittadini. La situazione europea è diversa e paradossale. L’UE non ha né un governo né una banca centrale ma una lobby finanziaria al comando. Si tratta di una istituzione anomala, di natura privata, che pretende di governare 27 paesi ed i cui “conflitti d’interesse” rispetto alla speculazione finanziaria sono ben noti. Mentre si continua a parlare di governo europeo per distrarre l’attenzione si trasferiscono in modo crescente funzioni alla BCE che è l’unico potere che detta i contenuti dei Trattati europei ai quali i pasi devono sottostare grazie alla solerzia di politici nazionali e europei.
D. La recente scelta della Lettonia di entrare nell’euro è completamente sbagliata come molti sostengono?
R. La scelta, se di questo di può parlare, è patetica. Probabilmente le notizie su quanto avviene in Europa non arrivano a nord. Tuttavia, a parte le battute, il problema di molti paesi fuori della zona euro è rappresentato dall’impegno sottoscritto dai loro governi di entrarvi al realizzarsi delle condizioni di equlibrio economico e finanziario previste (debito pubblico, estero, ecc.). I paesi seri sottopongono queste decisioni al referendum popolare che sino ad ora ha fatto da ostacolo all’adesione a questo e altri trattati. La Svezia, inoltre, non entra nell’euro perché rifiuta di modificare la propria struttura istituzionale che rende la Banca Centrale dipendente dal sistema legislativo e politico (il che paradossalmente appare una anomalia agli altri paesi nei quali incredibilmente si riconosce alla Banca Centrale un ruolo di autonomia dalla politica). Inoltre questo pase fa si che i propri bilanci non siano corrispondenti ai pareggi richiesti da Bruxelles in modo da sottrarsi all’impegno assunto. Alla base di tutto ciò c’è un conflitto reale tra le élite dei paesi nordici che spingono per una adesione totale all’UE e all’euro, in contrasto con la diffusa e forte opposizione popolare. La ragione è semplice. Le élite politiche vedono nella partecipazione all’UE un buon mezzo per sottrarsi all’austerità personale e ai criteri di tassazione e redistributivi ai quali sono vincolati nei propri paesi, e di poter entrare così in quel bel casinò di redditi personali e nella gestione dii favori reciproci tra paesi per progetti e altro sui quali si basa il potere corruttivo dell’intero apparato istituzionale europeo. Per gli italiani questo è di facile comprensione guardando a come i comportamenti dei loro politici e amministratori si trasformano una volta entrati nelle “stanze del potere”.
Category: Economia, Osservatorio Europa