Amina Crisma: Il crollo della borsa in Cina. Quali segnali dalla seconda economia mondiale ?

| 10 Luglio 2015 | Comments (0)

 

 

Dopo tre settimane consecutive di crollo dei mercati azionari cinesi, l’allarme è ieri rientrato, con segni positivi di forte ripresa alla borsa di Shanghai (+5,7%), che si è immediatamente ripercossa sulle altre borse asiatiche (Tokyo ha chiuso con un +0,6%). E tuttavia, non è certo il caso di sottovalutare quello che nei giorni precedenti è accaduto nella seconda economia mondiale, in uno scenario globale già così agitato.

In un quadro segnato dall’estenuante prolungarsi della crisi del debito greco, che ha fra l’altro rivelato impietosamente tutta la fragilità di una costruzione europea la cui attuale leadership sembra mostrare in certi suoi atteggiamenti delle inquietanti affinità con i comportamenti di Hal, il computer impazzito del film di Kubrick 2001 Odissea nello spazio, il sensazionale crollo della borsa cinese nei giorni scorsi è venuto ad aggiungere ulteriori elementi di incertezza e di ansietà

Ricordiamone i dati salienti. In tre settimane, si sono verificate perdite pari all’incirca al 30% : si calcola che sia andato in fumo un valore di circa 3200 miliardi di dollari. Il crollo ha preso avvio alla Borsa di Hong Kong, poi si è propagato a quella di Shanghai (con punte fino a -7), e l’effetto si è propagato nell’Asia, raggiungendo la borsa di Tokyo e generando un’ondata di preoccupazione a livello planetario.

Solo per dare qualche esempio:  il 7 luglio, Shenzhen ha chiuso a -6,75, Hong Kong a -5,84, Shanghai – 5,91, e l’onda ha raggiunto il Giappone, con Tokyo che ha chiuso a – 3.

Tutto questo è successo dopo una fase euforica di crescita spettacolare, in cui i cinesi erano stati fortemente incentivati a investire. A questo sviluppo senza precedenti ha concorso, fra l’altro, la crisi del settore immobiliare, che dal 2009 aveva registrato un eccesso di investimenti speculativi, mentre dal 2010 sono milioni i metri cubi che non trovano acquirenti: immani flussi di investimenti si sono così trasferiti alle borse, e si sono in tal senso incoraggiati i piccoli investitori, che vi hanno profuso i loro risparmi.  Solo per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno, la borsa di Shanghai aveva registrato una crescita del suo valore del 150% in un solo anno; nel solo mese di maggio, ogni settimana si aprivano in Cina 4 milioni di nuovi conti dedicati agli investimenti in borsa.

La frana dei giorni scorsi è stata dunque una doccia fredda, un colossale shock, che ha incrinato la fiducia nell’illimitata espansione di un modello di sviluppo evidentemente non esente da debolezze.

Il governo cinese è corso ai ripari, con tutta una serie di interventi di emergenza mirati, dal divieto di sei mesi agli investitori di vendere azioni in società quotate di cui possiedono oltre il 5% alle sospensione di nuove quotazioni, e dopo giorni di difficoltà sembra infine essere riuscito ad arginarla, come mostrano i dati odierni.

Rimane comunque sotto i nostri occhi l’evidenza di un fenomeno preoccupante, sulle cui motivazioni è il caso di interrogarsi.

E’ verosimile che sia scattata la paura di qualcosa di ignoto che ha dato luogo a manovre speculative sulle quali le autorità dichiarano di voler fare piena luce; ma si può ipotizzare che una parte non irrilevante sia stata giocata anche da un elemento di ordine squisitamente psicologico e culturale, che ha verosimilmente concorso a determinare, a cascata, tutta una serie di comportamenti collettivi. E’ un fatto che molti investitori cinesi non sono degli esperti giocatori di borsa professionali, ma dei neofiti e dei dilettanti  (su 90 milioni di investitori in borsa in Cina, si calcola che oltre il 90% siano privati),  sicché, se vedono che si vende, comprensibilmente si precipitano a vendere anche loro, seguendo la corrente che così diventa una piena disastrosa.

Manca in Cina un solido gruppo di investitori istituzionali che siano in grado di fare ragionamenti di lungo termine, a che siano in grado di controbilanciare le fluttuazioni dei piccoli azionisti totalmente esposti alle turbolenze del mercato, che possono facilmente andare nel panico, come  ovunque succede. Ma forse manca anche quel certo tipo di propensione al rischio che non sembra propriamente caratteristico del cosiddetto “capitalismo confuciano”, così proteso a sottolineare il valore della disciplina; mi guardo dal farne una considerazione deterministica, ma non mi sembra un caso il fatto che i migliori giocatori di borsa che mi sia dato conoscere siano non di rado figli di minoranze storicamente perseguitate, e non di disciplinate maggioranze la cui esperienza storica consolidata è un’educazione conformistica.

Come che sia, questa vicenda evidenzia degli aspetti di fragilità del modello di sviluppo cinese, che continua sostanzialmente a fondarsi su bassi salari ed esportazione, e in cui il consumo delle famiglie rimane a livelli troppo bassi: soltanto il 30% del PIL, contro il 60% di Europa e Stati Uniti.

Si tratta di un problema strutturale che, non sono in pochi a pensarlo, andrà prima o poi affrontato. In ogni caso, benché l’allarme sia rientrato, quanto è avvenuto in queste ultime tre settimane offre argomenti per rivisitare problematicamente una visuale che si era largamente diffusa, e che era  diventata per molti una specie di indiscutibile articolo di fede, a partire dalla crisi del 2008: quella di una Cina che avrebbe invariabilmente il ruolo di stabilizzatrice dell’economia globale.

 

 

 

Category: Economia, Osservatorio Cina, Osservatorio internazionale, Storia della scienza e filosofia

About Amina Crisma: Amina Crisma ha studiato all’Università di Venezia conseguendovi le lauree in Filosofia, in Lingua e Letteratura Cinese, e il PhD in Studi sull’Asia Orientale. Insegna Filosofie dell’Asia Orientale all’Università di Bologna; ha insegnato Sinologia e Storia delle religioni della Cina alle Università di Padova e di Urbino. Fa parte dell’Associazione Italiana Studi Cinesi (AISC) e, come socia aggregata, del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI). Ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia per l’insegnamento di Culture dell’Asia. Tra le sue pubblicazioni: Il Cielo, gli uomini (Venezia 2000); Conflitto e armonia nel pensiero cinese (Padova 2004); Neiye, Il Tao dell'armonia interiore (Garzanti, Milano 2015), Confucianesimo e taoismo (EMI, Bologna 2016), Meditazione taoista (RCS Milano 2020). Ha contribuito a varie opere collettanee quali La Cina (Torino 2009), Per una filosofia interculturale (Milano 2008), Réformes (Berlin 2007), In the Image of God (Berlin 2010), Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento (Bologna 2010), Confucio re senza corona (Milano 2011), Le graphie della cicogna: la scrittura delle donne come ri-velazione (Padova 2012), Pensare il Sé a Oriente e a Occidente (Milano 2012), La diversità feconda, dialogo etico fra religioni (Bologna 2021). Fra le riviste a cui collabora, oltre a Inchiesta, vi sono Asiatica Venetiana, Cosmopolis, Giornale Critico di Storia delle Idee, Ėtudes interculturelles, Mediterranean Journal of Human Rights, Prometeo, Paradoxa, Parolechiave, Sinosfere. Fra le sue traduzioni e curatele, la Storia del pensiero cinese di A. Cheng (Torino 2000), La via della bellezza di Li Zehou (Torino 2004), Grecia e Cina di G.E.R. Lloyd (Milano 2008). Tra i suoi saggi: Il confucianesimo: essenza della sinità o costruzione interculturale?(Prometeo 119, 2012), Attualità di Mencio (Inchiesta online 2013), Passato e presente nella Cina d’oggi (Inchiesta 181, 2013), Taoismo, confucianesimo e questione di genere nelle ricerche e nei dibattiti contemporanei (2014), La Cina su Inchiesta (Inchiesta 210/2020), Quale ruolo per la Cina nello spazio pubblico? fragore di silenzi e clamore di grandi narrazioni (Sinosfere 14 marzo 2021). I suoi ambiti di ricerca sono: il confucianesimo classico e contemporaneo, le fonti taoiste, le relazioni interculturali Cina/Occidente, il rapporto passato/presente, tradizione/modernità nella Cina d’oggi, i diritti umani e le minoranze in Cina, le culture della diaspora cinese, le questioni di genere nelle tradizioni del pensiero cinese. Ha partecipato a vari convegni internazionali sul dialogo interculturale e interreligioso promossi dalle Chaires UNESCO for Religious Pluralism and Peace di Bologna, di Tunisi, di Lione, dalla Konrad Adenauer Stiftung di Amman, da Religions for Peace, dalla Fondazione Scienze Religiose di Bologna. Coordina l’Osservatorio Cina di Inchiesta e di valorelavoro ( www.valorelavoro.com ). Cv dettagliato con elenco completo delle pubblicazioni: al sito web docente www.unibo.it

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