Amina Crisma: I più ricchi in Cina tra Confucio e il capitale

| 23 Novembre 2014 | Comments (0)

 

 

 

I ricchissimi della Cina nella classifica del 2014. Crescono i grandi patrimoni dei tycoons di Internet e delle nuove tecnologie in un Paese segnato da profonde disuguaglianze (pubblicato su Alias, suppl. domenicale de il manifesto del 23 novembre 2014)

Dopo uno spettacolare ingresso a Wall Street in settembre, il clamoroso record segnato ora da Alibaba, il gigante cinese del commercio online che in una giornata di promozione speciale ha realizzato vendite per oltre 9 miliardi di dollari, ha riportato una volta di più alla ribalta il suo celebre fondatore, Jack Ma (foto qui sotto), al primo posto nella classifica del 2014 dei miliardari cinesi pubblicata dall’Istituto di ricerca Hurun, e con lui la categoria sociale di cui egli è per molti aspetti rappresentativo.

 

 

 

Cinquantenne, self-made man di umili origini intorno a cui è inevitabilmente fiorita un’agiografia, Jack Ma ben riflette l’ascesa dei tycoons di internet e delle nuove tecnologie e la loro propensione alla globalizzazione, che si esprime fra l’altro in un inglese perfettamente padroneggiato. La retrocessione al secondo posto nella graduatoria dei ricchissimi di Wang Jianlin, magnate di Wanda (centri commerciali, hotel a cinque stelle, sale cinematografiche e karaoke), sembra rispecchiare in questa fase un parziale rallentamento nello sviluppo del settore immobiliare, che rimane comunque importante, mentre appare in sempre maggiore espansione l’ambito delle energie rinnovabili, come attesta il successo di molti dei suoi protagonisti, in testa ai quali vi è Li Hejun di Hanergy (pannelli solari), che figura terzo in classifica.

Vari altri dati interessanti si possono desumere da questa graduatoria delle grandi ricchezze. Ad esempio, si può constatare che le self-made women vi rappresentano il 12%, e fra loro primeggia l’ormai leggendaria Chen Lihua (vedi foto in fondo all’articolo), la cui biografia non manca di rievocarne l’originaria povertà, secondo uno schema narrativo alquanto ricorrente che caratterizza, ad esempio, anche Guo Guangchang , 32° della lista e proprietario del gruppo Fosun, oggi reso più che mai famoso dalla sua offensiva per l’acquisto del Club Méditerranée. Un ulteriore elemento che si traduce in cifre eloquenti è la significativa tendenza all’impegno politico di molti dei personaggi presenti nell’elenco: fra loro ben 166 sono delegati all’Assemblea Nazionale del Popolo o alla Conferenza Politica Consultiva del Popolo. Tale caratteristica propensione, che quest’anno fra l’altro risulta sensibilmente aumentata, appare coerente con le peculiari modalità di funzionamento di un sistema in cui la direzione statale sull’economia ha, com’è noto, un ruolo che rimane preponderante.

In controluce, si percepiscono taluni effetti della campagna contro la corruzione energicamente promossa da Xi Jinping. Essa ha coinvolto in varia misura 18 persone incluse nell’elenco dei ricchissimi dell’anno scorso, delle quali sette non compaiono più in quello di quest’anno; in uno di questi casi l’imputazione, passibile di sentenza capitale, era quella di dirigere un’organizzazione criminale. E’ per molti versi difficile valutare l’effettiva incidenza a livello generale di tale campagna; essa sembra in ogni caso affidarsi non solamente alla repressione, ma anche alla proposta di modelli di comportamento esemplari, tali da incarnare un autentico rapporto tra etica confuciana e spirito del capitalismo: ed è lo stesso Jack Ma a incaricarsi di offrirne un’immagine pregnante, dichiarando in una recente intervista a CNBC di vivere la ricchezza non come privilegio, ma come greve fardello di responsabilità nei confronti della collettività, che la dedizione alle attività filantropiche può opportunamente alleviare.

Al di là di tali suggestive esternazioni, ciò che più colpisce nella classifica della grande ricchezza in Cina è la dimensione stupefacente della sua crescita globale: quest’anno si contano 354 miliardari (in dollari), ossia 39 in più dell’anno scorso; dieci anni fa, erano solamente tre. Un rutilante scenario, al quale peraltro si affianca l’aumento delle disuguaglianze che a partire dagli anni Ottanta ha costantemente accompagnato il processo di sviluppo.  Un terzo della ricchezza del Paese è in mano all’1% della popolazione, secondo i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica, e si accresce il divario fra aree sviluppate e povere, fra città e campagna (il rapporto fra reddito medio netto rurale e urbano è all’incirca di uno a tre). Nel 2013 secondo i dati OCSE l’indicatore della disuguaglianza misurato dal coefficiente di Gini è risultato in Cina pari a 0,473, un valore assai elevato, benché in lieve flessione rispetto allo 0,474 dell’anno precedente,  e superiore, ad esempio, non solo a quello dell’Italia (0,34), che pure riflette una disparità crescente, ma persino a quello degli USA (0,45). Che si tratti di un dato alquanto preoccupante appare chiaro dalle prese di posizione di una leadership ben lungi dal sottovalutarlo, come rivelano fra l’altro le esortazioni di Xi Jinping rivolte ai nuovi ricchi a evitare smodate ostentazioni di fasto. Ma sono in molti ad attendersi che il progetto di “società armoniosa” a cui egli ama sovente riferirsi si traduca, piuttosto che in reiterati richiami alla frugalità, sul terreno di qualche specifico intervento correttivo.

 

 

 

 

 

 

Category: Economia, Osservatorio Cina, Osservatorio internazionale

About Amina Crisma: Amina Crisma ha studiato all’Università di Venezia conseguendovi le lauree in Filosofia, in Lingua e Letteratura Cinese, e il PhD in Studi sull’Asia Orientale. Insegna Filosofie dell’Asia Orientale all’Università di Bologna; ha insegnato Sinologia e Storia delle religioni della Cina alle Università di Padova e di Urbino. Fa parte dell’Associazione Italiana Studi Cinesi (AISC) e, come socia aggregata, del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI). Ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia per l’insegnamento di Culture dell’Asia. Tra le sue pubblicazioni: Il Cielo, gli uomini (Venezia 2000); Conflitto e armonia nel pensiero cinese (Padova 2004); Neiye, Il Tao dell'armonia interiore (Garzanti, Milano 2015), Confucianesimo e taoismo (EMI, Bologna 2016), Meditazione taoista (RCS Milano 2020). Ha contribuito a varie opere collettanee quali La Cina (Torino 2009), Per una filosofia interculturale (Milano 2008), Réformes (Berlin 2007), In the Image of God (Berlin 2010), Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento (Bologna 2010), Confucio re senza corona (Milano 2011), Le graphie della cicogna: la scrittura delle donne come ri-velazione (Padova 2012), Pensare il Sé a Oriente e a Occidente (Milano 2012), La diversità feconda, dialogo etico fra religioni (Bologna 2021). Fra le riviste a cui collabora, oltre a Inchiesta, vi sono Asiatica Venetiana, Cosmopolis, Giornale Critico di Storia delle Idee, Ėtudes interculturelles, Mediterranean Journal of Human Rights, Prometeo, Paradoxa, Parolechiave, Sinosfere. Fra le sue traduzioni e curatele, la Storia del pensiero cinese di A. Cheng (Torino 2000), La via della bellezza di Li Zehou (Torino 2004), Grecia e Cina di G.E.R. Lloyd (Milano 2008). Tra i suoi saggi: Il confucianesimo: essenza della sinità o costruzione interculturale?(Prometeo 119, 2012), Attualità di Mencio (Inchiesta online 2013), Passato e presente nella Cina d’oggi (Inchiesta 181, 2013), Taoismo, confucianesimo e questione di genere nelle ricerche e nei dibattiti contemporanei (2014), La Cina su Inchiesta (Inchiesta 210/2020), Quale ruolo per la Cina nello spazio pubblico? fragore di silenzi e clamore di grandi narrazioni (Sinosfere 14 marzo 2021). I suoi ambiti di ricerca sono: il confucianesimo classico e contemporaneo, le fonti taoiste, le relazioni interculturali Cina/Occidente, il rapporto passato/presente, tradizione/modernità nella Cina d’oggi, i diritti umani e le minoranze in Cina, le culture della diaspora cinese, le questioni di genere nelle tradizioni del pensiero cinese. Ha partecipato a vari convegni internazionali sul dialogo interculturale e interreligioso promossi dalle Chaires UNESCO for Religious Pluralism and Peace di Bologna, di Tunisi, di Lione, dalla Konrad Adenauer Stiftung di Amman, da Religions for Peace, dalla Fondazione Scienze Religiose di Bologna. Coordina l’Osservatorio Cina di Inchiesta e di valorelavoro ( www.valorelavoro.com ). Cv dettagliato con elenco completo delle pubblicazioni: al sito web docente www.unibo.it

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