Paolo Prodi: Riforma scritta male. E’ un No anche per l’estetica
Il professore Paolo Prodi — uno dei maggiori storici italiani, già rettore dell’Università di Trento, cofondatore nel 1965 dell’associazione di cultura e politica «Il Mulino», fratello dell’ex premier Romano Prodi — spiega con voce un po’ stanca ma ferma che «questa riforma è scritta molto male ed è praticamente incomprensibile…». Quando, invece, una legge di revisione della Costituzione di questa portata «dovrebbe avere un carattere di chiarezza tale da poter essere spiegata in poche battute agli alunni di elementari e medie». Dunque — aggiunge — «la mia opinione favorevole al No muove anche da un giudizio estetico sui testi».
D. Professore, se dovesse prevalere il Sì, come pensa che verrà ricordata nei libri di storia la riforma di Renzi?
«Purtroppo, questa generazione 2.0 non ama la storia…».
D. Eppure il bicameralismo paritario, che la riforma intende ridimensionare, arrivò come una medicina amara da dover ingoiare a causa della Guerra fredda.
«Allora c’erano due mondi contrapposti, l’Italia era terra di confine e anche Dossetti aveva i suoi dubbi sull’eccesso di garanzie del bicameralismo. Ma quella dei costituenti fu una scelta di equilibrio…».
D.Perché allora, dopo molti tentativi andati a vuoto, non si dovrebbe correggere il bicameralismo simmetrico?
«Certo, il bicameralismo paritario andrebbe riequilibrato ma non in questo modo incomprensibile. Non con questi senatori senza indennità, ma con l’immunità parlamentare, pescati nei consigli regionali e tra i sindaci che faranno il doppio lavoro. Sarebbe bastato mettere mano ai regolamenti parlamentari per ottenere risultati concreti sul fronte del bicameralismo».
D. Lei si oppone alla riforma per le novità che introduce, o più per gli interventi che mancano nel testo?
«Ha ragione l’ex presidente della Corte costituzionale Onida che con i suoi ricorsi ha denunciato l’eterogeneità del quesito. Il testo della legge, ripeto, nel suo insieme è inspiegabile. Ma va detto, con chiarezza, che la riforma non affronta alcuni nodi essenziali».
D. A quali si riferisce?
«Il testo non affronta i problemi lasciati aperti dopo la fine della Seconda guerra mondiale, non modificando il regime delle Regioni a statuto speciale. È tragicomico che si faccia una riforma del Titolo V senza mettere mano alle Regioni a statuto speciale».
D. A Renzi è mancato il coraggio o i voti al Senato?
«Direi tutte e due le cose».
D. La appassiona questa campagna referendaria?
«Vedo gran confusione e tanta ipocrisia. Nessuno parla, per esempio, della mancata attuazione di alcuni punti fondamentali della Costituzione vigente. Mi riferisco all’articolo 49 sulla democrazia interna e sulla trasparenza dei bilanci dei partiti e all’articolo 39 sui sindacati. Nel 1958, don Sturzo presentò una proposta sulla natura giuridica dei partiti che sarebbe ancora attuale».
D. Professore, lei che nel ’92 aderì con iniziale entusiasmo alla Rete, se la sente, da storico, di bocciare i partiti e di promuovere i movimenti?
«Devo dire che, in alcuni casi, i movimenti si sono rivelati peggiori dei partiti».
Category: Paolo Prodi e la rivista "Inchiesta"