Luisa Muraro: La lingua dell’esistenza. Il percorso di Iris Murdoch

| 17 Settembre 2014 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da Il Manifesto del 17 settembre 2014 il colloquio di Alessandra Pigliaru  con Luisa Muraro, ospite al Festivaletterature di Mantova, per ripercorrere la figura della filosofa e scrittrice Iris Murdoch

 

È vero che di solito pre­fe­riamo l’illusione e la magia al duro com­pito di pen­sare – e che la mezza verità è il punto in cui ci fa comodo smet­tere di pro­varci». È il 1986 e Iris Mur­doch ha già al suo attivo ven­ti­due romanzi — ai quali se ne aggiun­ge­ranno negli anni suc­ces­sivi altri quat­tro — una sil­loge poe­tica, dei dia­lo­ghi e nume­rosi saggi filo­so­fici. Figura di straor­di­na­rio fascino, pos­siede il dop­pio passo della filo­sofa e della let­te­rata. Due istanze man­te­nute e vis­sute attra­verso il pen­siero e la scrit­tura, con forza e desi­de­rio. Nel 1997, due anni prima della sua morte, venne pub­bli­cato a Lon­dra Exi­sten­tia­lists and Mystics. Wri­tings on Phi­lo­so­phy and Lite­ra­ture, volume di saggi, lun­ghe recen­sioni e dia­lo­ghi scritti da Mur­doch tra il 1950 e il 1986. Tra­dotto per la prima volta otto anni fa da Egle Costan­tino, Monica Fio­rini e Fabri­zio Ele­fante, è uscito per Il Sag­gia­tore, a cura di Peter Con­radi con la pre­fa­zione di George Stei­ner e l’importante intro­du­zione di Luisa Muraro. Ormai fuori com­mer­cio, la seconda edi­zione di Esi­sten­zia­li­sti e misticiScritti di filo­so­fia e let­te­ra­tura (Il Sag­gia­tore, pp. 514, euro 23), immu­tata nel suo con­te­nuto e nella com­po­si­zione edi­to­riale, rende nuo­va­mente dispo­ni­bili i pre­ziosi con­tri­buti teo­rici. Sud­di­viso in sette parti, affronta i rap­porti com­plessi fra filo­so­fia e let­te­ra­tura, con­cen­tran­dosi inol­tre sulla poli­tica, il lin­guag­gio, l’etica e la meta­fi­sica, appro­fon­dendo anche l’incontro di Mur­doch con Sar­tre, l’esistenzialismo, Witt­gen­stein e il misti­ci­smo pra­tico.

A Luisa Muraro, ospite al Festi­va­let­te­ra­tura di Man­tova, abbiamo posto alcune domande riguardo il per­corso della scrittrice.

È stata una filo­sofa morale che teo­riz­zava la sovra­nità del bene sopra gli altri con­cetti, cioè por­tava qual­cosa che a suo tempo non aveva udienza nel suo ambiente intel­let­tuale. Come filo­sofa è arri­vata in Ita­lia non prima di dieci anni fa. Per molti aspetti, quindi, lei torna che è nuova. A suo tempo, i suoi romanzi ven­nero inter­pre­tati seguendo la cul­tura della sini­stra poli­tica, come ispi­rati alla cri­tica della società bor­ghese, che è una let­tura non errata ma fuor­viante. I suoi romanzi infatti sono radi­cati nella realtà sociale ma la attra­ver­sano per assu­mere piut­to­sto il valore esi­sten­ziale e meta­fi­sico di una ricerca del vero e del giu­sto, affi­data ai per­so­naggi e, di solito, fal­li­men­tare. L’interesse recente per la filo­sofa credo che sia l’onda lunga di un inte­resse che parte dagli Stati Uniti. Ma vivo anche in Ita­lia: dal 20 al 22 feb­braio Roma Tre ha ospi­tato la prima con­fe­renza inter­na­zio­nale su Iris Mur­doch in Ita­lia (dal titolo Iris Mur­doch and Vir­tue Ethics: Phi­lo­so­phy and the Novel); ricor­diamo poi l’ultimo numero della rivi­sta on-line Etica e poli­ticaa lei dedicato.

Tor­niamo a Iris Mur­doch. I temi elen­cati sono tutti cru­ciali; l’attenzione verso l’altro, il lavoro dell’attenzione e la sovra­nità del Bene. Tutti temi che sono impor­tan­tis­simi anche in Simone Weil. Come, per esem­pio, quello del rap­porto tra que­sto mondo e il sopran­na­tu­rale, che è un con­tatto reale invi­si­bile, sen­tito nella domanda di giu­sti­zia e di amore. Sono temi di Weil che in Mur­doch lavo­rano e la por­tano a ela­bo­ra­zioni e posi­zioni ori­gi­nali. Simone Weil non riscuote grande suc­cesso tra gli acca­de­mici. Lo dice Gian­carlo Gaeta, lo penso anch’io.

Weil non è appro­pria­bile né dalla tra­di­zione cat­to­lica né dalla tra­di­zione mar­xi­sta. Non ha paren­tele né con una né con l’altra, eppure lei ha paren­tele più per­so­nali e potenti con Karl Marx e Gesù Cri­sto ma gli acca­de­mici que­ste paren­tele impe­gna­tive non sanno come trattarle.

Secondo Mur­doch, un vero autore con i suoi per­so­naggi è come Dio con gli uomini, li crea liberi e li deve lasciare altret­tanto liberi. Men­tre il suo pen­siero e i suoi saggi filo­so­fici appro­dano a posi­zioni impor­tanti e forti, per esem­pio che la bontà è rea­li­smo, i suoi per­so­naggi il più delle volte non ci arri­vano. Alcuni giun­gono nelle vici­nanze, altri si per­dono. Qual­che volta rie­scono a volersi bene, che è la cosa sem­pre fon­da­men­tale per Iris Mur­doch, pri­vi­le­gio che lei con­se­gna di pre­fe­renza ai per­so­naggi minori.

Quindi non sem­bra che ci sia con­ti­nuità tra i romanzi e la filo­so­fia. Sono come i due ver­santi di un monte, ci sono acque che cor­rono di qua e acque che cor­rono di là. La mate­ria prima, però, è la stessa, sca­vata con il lavoro della scrittura.

Lo pen­sava anche Gia­como Leo­pardi, che in nome di que­sto biso­gno di illu­derci, sal­vava l’arte ma anche la reli­gione. Iris Mur­doch distin­gue tra l’immaginazione, che genera bel­lezza e amore, dalla fan­ta­sia, che con­danna come ingan­na­trice, per cui si cade nell’irrealtà. Per­ce­pi­sce acu­ta­mente una deriva che è la nostra, cioè finire in un mondo dove tutto tende a essere finto.

Iris Mur­doch ha avuto il merito di mostrarlo fin da subito.

La ripub­bli­ca­zione del volume «Esi­sten­zia­li­sti e mistici» si inse­ri­sce nell’interesse intorno a Iris Mur­doch. Tra­du­zioni ita­liane ine­dite (come nel caso del suo romanzo «The Flight from the Enchan­ter», pub­bli­cato di recente per Il Sag­gia­tore con il titolo «L’incantatore») e rie­di­zioni. Come mai adesso?

Iris Mur­doch è arri­vata in Ita­lia prima con i romanzi (tra­dotti da Fel­tri­nelli) e solo dopo con i saggi filo­so­fici. In pas­sato lei ha avuto molto più suc­cesso con i romanzi, eppure è stata una pen­sa­trice ori­gi­nale e contro-corrente; andava con­tro i dogmi della filo­so­fia ana­li­tica delle uni­ver­sità che fre­quen­tava (Oxford e Cam­bridge) e non era seguace di filo­so­fie euro­pee con­ti­nen­tali. E si terrà sem­pre a distanza dal post-strutturalismo.

Nella sua intro­du­zione a «Esi­sten­zia­li­sti e mistici», viene segna­lato lo stral­cio tratto da una let­tera che Mur­doch indi­rizzò nel gen­naio 1943 al suo amico Frank Thomp­son. Vi con­fes­sava che aveva biso­gno di scri­vere, per­ché quella è l’unica atti­vità in cui si sente «essere». E Mur­doch ha scritto mol­tis­simo. Lei parla di scrit­tura in-finita, cosa intende?

Esplo­rava la vita inte­riore attra­verso la scrit­tura, che non è stata solo dedi­cata ai romanzi e ai saggi, ma anche a let­tere e diari – que­sti ultimi sono ser­viti a rico­struire la sua bio­gra­fia. La sua scrit­tura è in-finita per­ché appunto è esplo­ra­zione della vita inte­riore (inner life), intesa come scon­fi­na­mento lon­tano dall’Io (l’Io sarebbe una spe­cie di potente paras­sita dell’interiorità). Penso che in que­sto Mur­doch sia pro­prio una pen­sa­trice, che rende conto di espe­rienze che sono più note alle donne che agli uomini. Cono­sce il movi­mento verso l’interno che da den­tro fa andare nel mondo e oltre. I suoi saggi fanno qua e là dei rife­ri­menti alla mistica, e di mistica si tratta anche in alcuni romanzi, sobria­mente. Secondo la grande mistica medie­vale, che Mur­doch molto pro­ba­bil­mente non cono­sce (a parte l’inglese Giu­liana di Nor­wich), dall’interno di noi si arriva a Dio e vice­versa, cioè dall’interno di noi arriva e abita in noi Dio, l’assoluto, l’infinito. La lin­gua che noi par­liamo è infi­nita. Per­ché con un numero finito di regole e di ter­mini noi pos­siamo par­lare di tutto. Que­sto pro­di­gio sim­bo­lico è quello che fa l’infinito.

La vita inte­riore, il valore del rac­conto, l’incompiutezza delle cose umane sono alcuni dei temi prin­ci­pali della ricerca filo­so­fica di Mur­doch insieme ai tratti in comune con Simone Weil, per esem­pio l’attenzione e la con­tem­pla­zione. Eppure l’importanza di Weil nel suo pen­siero è stata notata poco: è così?

È esat­ta­mente così. Io l’ho notato e sot­to­li­neato ma non c’è stato un seguito. Solo nel recente numero di Etica e poli­tica, curato da Ric­cardo Fan­ciul­lacci, al quale accen­navo prima, Fran­ce­sca Cat­te­neo ha ripreso que­sto tema. È nei suoi stessi testi che Mur­doch dice di avere un debito con Simone Weil, così come il nome della filo­sofa fran­cese ricorre diverse volte nei suoi diari. L’ispirazione che ha preso da Weil è di una pro­fon­dità che diventa dif­fi­cile ren­derne conto. Se posso par­lare di me, io stessa non ho reso abba­stanza conto ciò che ho preso da Luce Iri­ga­ray, per­ché l’ho inte­rio­riz­zato, nel mio caso attra­verso il lavoro di tra­du­zione.

Il volume di Mur­doch si apre con una con­ver­sa­zione tra la filo­sofa e il gior­na­li­sta Bryan Magee (tra­smessa per la prima volta dalla tele­vi­sione inglese il 28 otto­bre 1977) intorno alla rela­zione fra filo­so­fia e let­te­ra­tura. A un certo punto dice: «Per­so­nal­mente, provo un orrore visce­rale davanti alla pos­si­bi­lità di inse­rire teo­rie, o idee filo­so­fi­che, nei miei romanzi». Ciò che invece risulta dalla sua pro­du­zione let­te­ra­ria sem­bre­rebbe un po’ con­fer­mare il con­tra­rio, per­ché i suoi romanzi non sareb­bero stati gli stessi se lei non fosse stata filosofa…

Que­sto che lei pone è un grande pro­blema. Io non sono riu­scita a risol­verlo. L’affermazione che fa nell’intervista va accet­tata: i suoi per­so­naggi lavo­rano nella loro inte­rio­rità e nei loro rap­porti per capire che cosa è giu­sto, che cosa è vero, se vivono nella realtà o nell’irrealtà… Dun­que, si pon­gono que­stioni che lei affronta filo­so­fi­ca­mente, ma non le por­tano a con­clu­sione, come fa Mur­doch con la rifles­sione filo­so­fica. Sono sem­pre alla ricerca di sé in una maniera pro­ble­ma­tica e, a volte, quei per­so­naggi pos­sono essere molto fru­stranti.

Forse i ver­santi sono entrambi neces­sari. Pos­sono essere con­si­de­rati come due facce dello stesso desi­de­rio di orien­ta­mento che lei avvertiva?

In Mur­doch si con­giunge qual­cosa che per gli esseri umani in que­sto mondo non può con­giun­gersi. Lei stessa parla di una sin­tesi miste­riosa che non è certo quella hege­liana ma la ricerca della con­giun­zione del vero, del bello, del giu­sto, ricerca che si svi­luppa con il lavoro dell’immaginazione da una parte, e quello della prosa ragio­nante dall’altra.

Nella sua espe­rienza di let­trice quelli di Iris Mur­doch sono romanzi rea­li­sti minac­ciati dall’irrealtà…

È un tema cen­trale: il rischio di vivere nell’irrealtà, la lotta per sal­vare il senso della realtà. Secondo lei, siamo influen­zati da con­di­zioni mate­riali, sto­ri­che, ideo­lo­gi­che che ci fanno pen­sare in una moda­lità o in un’altra, ma per Mur­doch ciò che dav­vero ci con­di­ziona sono essen­zial­mente le illu­sioni che nutriamo per stare al mondo.

È per que­sto che Mur­doch può dire qual­cosa di impor­tante anche sulla com­ples­sità del nostro presente?

È stata una anti­ci­pa­trice. Intanto con­cen­tran­dosi sull’attenzione all’altro con­giunta con l’esplorazione della pro­pria vita inte­riore. Que­sti sono i due poli del movi­mento per appro­priarsi del senso della realtà che altri­menti noi rischiamo di perdere.

Nella sezione inti­to­lata «Nostal­gia del par­ti­co­lare (1951–1957)» c’è un inter­vento che Mur­doch ha letto a Lon­dra il 9 giu­gno 1952 per l’incontro della Società Ari­sto­te­lica. Qui arriva a uno dei suoi punti cen­trali: l’esperienza. Cosa suc­cede alla filo­so­fia, non solo per Iris Mur­doch ma anche per lei, quando crede di poter rinun­ciare all’esperienza?

Il richiamo alla forza dell’esperienza è qual­cosa che nes­suna scienza e nes­suna filo­so­fia può inva­li­dare. Mi piace ricor­dare che il movi­mento fem­mi­ni­sta nelle sue stesse ori­gini aveva – nei gruppi di auto­co­scienza – que­sto richiamo forte alla espe­rienza come mia espe­rienza. Qual­cuna, den­tro al fem­mi­ni­smo sta­tu­ni­tense, aveva sug­ge­rito di sal­tarla, ma ricor­rere alla pro­pria espe­rienza — anche senza stru­menti cri­tici o teo­rici — ha una qua­lità poli­tica di prim’ordine.

 

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Category: Culture e Religioni, Donne, lavoro, femminismi

About Luisa Muraro: Luisa Muraro nasce a Montecchio Maggiore (in provincia di Vicenza) nel 1940. Si laurea in Filosofia all'Università Cattolica di Milano, presso la quale inizia la carriera accademica. Come racconta lei stessa, il suo docente di riferimento era Gustavo Bontadini, mentre si è poi laureata in filosofia della scienza con Evandro Agazzi. Nella sua formazione universitaria, un ruolo centrale ha lo studio della linguistica ed in particolare di Ferdinand de Saussure cui dedica anche alcuni saggi pubblicati sulla "Rivista di Filosofia Neo-Scolastica", tra il 1967 e il 1969. Durante gli anni settanta inizia ad insegnare nella scuola dell'obbligo. Qui dà vita insieme a Elvio Fachinelli e ad altri a un esperimento didattico di scuola "antiautoritaria": l'esperienza è documentata e fatta oggetto di riflessione nel libro L' Erba voglio: pratica non autoritaria nella scuola. In quegli stessi anni, con Fachinelli, Lea Melandri e altri, scrive sulla rivista che ha preso il nome dal libro citato, «L'Erba voglio». A cavallo tra gli anni sessanta e gli anni settanta accade anche il suo incontro con i gruppi femministi di Milano e con Lia Cigarini e altre fonda nel 1975 la Libreria delle Donne di Milano, che diventerà una delle istituzioni storiche del femminismo italiano . Dal 1976 vive a Milano, ma lavora nel dipartimento di Filosofia dell'Università degli Studi di Verona dove, tra il 1983 e il 1984 è stata tra le fondatrici, insieme a Chiara Zamboni, Wanda Tommasi, Adriana Cavarero e altre della comunità filosofica femminile "Diotima" . Nel 1995 e nel 2001 pubblica, nella collana La dracma diretta da Adriana Valerio, i due volumi Lingua materna, scienza divina. Scritti sulla filosofia mistica di Margherita Porete e Le amiche di Dio dando, in questo modo, un importante contributo all'approfondimento del pensiero della differenza in ambito religioso. Tra i suoi ultimi libri: Non è da tutti.L'indicibile fortuna di essere donna, Carocci 2011; Dio è violent, Nottetempo 2012; Autorità , Rosenberg e Sellier 2013; Le amiche di Dio. Margherita e le altre, Orthotes editrice Napoli 2014

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