Luce Irigaray: Dobbiamo condividere il respiro con gli altri?
Diffondiamo l’intervista di Maria Vittoria Vittori (Liberazione) del 7 settembre 2006
A colloquio con la teorica femminista ospite del Festivaletteratura di Mantova che si è aperto ieri. Celebre il suo saggio “Speculum” dal quale prese le mosse il pensiero della differenza di genere. Al pubblico ha presentato l’ultimo libro “In tutto il mondo siamo sempre in due”
Mantova. Con la maglietta del Festivaletteratura e lo sguardo vispo, Luce Irigaray gioca a fare la ragazza. E non solo per l’aspetto: «Sono fuori dall’istituzione» ama ripetere. Ma poi racconta delle ragazze – quelle vere – che «scelgono di fare il dottorato sulle mie opere, e spesso sono molto sole. Per loro conduco da alcuni anni, in Inghilterra, un seminario internazionale. E penso di trasformare questa esperienza in un libro: Luce Irigaray teacher. Il dettaglio intenerisce, ma non evita una domanda. Questa: dov’è finita la ragazza di un tempo? Dove la filosofia che con Speculum. L’altra donna ha segnato un passaggio significativo nel pensiero e nell’approccio relazionale e politico? L’intenzione di confrontarsi con il percorso critico di un’intellettuale multiforme – filosofa, linguista, psicoanalista – che è stata capace, all’inizio degli anni Settanta, di elaborare una nuova cultura, deve fare i conti con una conversazione continuamente interrotta. E’ sulla difensiva, Luce Irigaray, venuta qui a Mantova per parlare del suo nuovo libro, In tutto il mondo siamo sempre in due (Baldini Castoldi Dalai, pp. 414, euro 17,50); ha timore di non essere compresa a sufficienza, di essere fraintesa.
Nemmeno la sua presentazione nelle note biografiche le garba molto. «Sono stupefatta nel vedere che sono presentata come un’allieva di Lacan, che si parla di me soltanto come l’autrice di Speculum. Mi stupisce sentir dire che ho ricevuto molto dal movimento delle donne: scrivere Speculum è stato come attraversare il deserto. E ancora, che non sono mai stata veramente coinvolta nel movimento delle donne. Per questo libro, non dimentichiamolo, sono stata buttata fuori dall’Università». Glissa sulle domande relative al pensiero della differenza, e alla sua evoluzione, anche qui giocando di rimessa, attenta a ribadire i confini del “suo” pensiero. «Si è fatto di questo pensiero della differenza un pensiero solo delle donne e fra le donne. Non l’ho mai detto. Questa era una tappa necessaria per strutturare il soggetto femminile, ma la finalità resta una cultura a due soggetti. E’ una cultura a due soggetti che ci permette di entrare nel multiculturalismo, essendo la differenza uomo-donna la prima differenza».
Proviamo a trasferire la conversazione sul piano politico. «Il problema non è far entrare le donne, è portare alla politica i valori specifici delle donne. Quelli legati ad un’identità relazionale più precoce, più sviluppata, più creativa. Mi sembra che il primo valore da promuovere nelle città sia proprio il valore della relazione. Ancora, le donne hanno a cuore la salvaguardia della natura, e la natura, dal canto suo, ha più che mai bisogno di loro; sono interessate all’abitare, alla salute, sono più predisposte ad accogliere l’altro».
Nel trasloco di argomenti che si sta effettuando, dai fermenti utilmente contraddittori del pensiero e del movimento delle donne al rapporto con la natura, la Irigaray appare più rilassata. Il motivo lo spiega lei stessa quando si tocca il tema che le sta veramente a cuore: la spiritualità. E già, perché dalla felicità come finalità ultima della politica, che affiorava nelle opere più recenti, la filosofia si è trasferita ai piani alti della dimensione spirituale. E’ di questo che desidera parlare: della cultura del respiro che, in alcuni saggi contenuti nel suo ultimo libro, assume a volte quelle indistinte tonalità che virano al mistico e profumano di New Age.
E’ qui che la Irigaray, abbandonando ogni reticenza, dà il meglio della sua nuova identità di guru. Maturata attraverso l’assidua pratica dello yoga. «A poco a poco la pratica dello yoga ha cambiato il mio modo di pensare e di vivere. La cultura dello yoga è la cultura del respiro, che è fonte di vita, e ha bisogno di riferimenti spirituali per alimentarsi. Nella cultura occidentale abbiamo criticato i valori spirituali ma siamo ricaduti nell’ideologia e nel conformismo. Invece credo che sia necessario scoprire un cammino di spiritualità che ti renda autonomo. Non è criticare l’altro che ti rende autonomo, ma coltivare il tuo proprio respiro. Questo ti dà libertà, autonomia, responsabilità, la possibilità di passare da una cultura all’altra. La questione è: dobbiamo sfruttare il respiro degli altri o condividere il respiro con gli altri?» Annuncia, la nuova e più che mai feconda Luce, nuove iniziative e nuovi progetti: e se alcuni rientrano nel suo precedente percorso – un libro che raccoglie le conferenze tenute in Italia, che uscirà tra breve da Liguori, un altro intitolato
Condividere il mondo, di prossima uscita in Inghilterra, che si muove «tra la differenza sessuata e il multiculturalismo» -, altri si preannunciano sorprendenti. Come la raccolta di interviste La vita dell’amore, e un libro di poesie che si intitola Preghiere quotidiane.
Lui, lei e la natura. Caldamente consigliato dalla vostra Luce. Spirituale.
Venerdì, 08 settembre 2006
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