Diffondiamo da Internazionale 6 marzo 2015
8 marzo: le mimose lasciatele sugli alberi. In casa, dopo un po’, fanno cattivo odore.
Chissà perché la ricorrenza di un evento luttuoso – quale è stato storicamente l’8 marzo – è diventata, prima la “giornata” e poi “la festa della donna”.
Per anni ho costretto me stessa a darle un senso, più che altro per il rispetto dovuto a tutte le associazioni, gruppi femminili e femministi che avrebbero preso quell’occasione per incontri e dibattiti su temi di comune interesse.
Oggi, di fronte ai rimasugli penosi che escono dalle radio, dalle televisioni e dai giornali, di quella che pervicacemente, vergognosamente resta la “questione femminile” – le donne considerate alla stregua di un gruppo sociale svantaggiato o come un “genere” da uguagliare o tutelare sulla base dell’ordine creato dal sesso vincente – ho un desiderio forte e deciso: che non se ne parli più;
che nessuna data venga d’ora innanzi a fare da velo a uno dei rapporti di potere che oggi, molto più che in passato, appare scopertamente come la base di tutte le forme di dominio che la storia ha conosciuto, nella nostra come nelle altre civiltà;
che si dica con chiarezza che non di “cose di donne” stiamo parlando, ma dell’idea di virilità che ha deciso dei destini di un sesso e dell’altro, della cultura – e della storia che vi è stata costruita sopra, nel privato come nel pubblico;
che gli uomini si prendano la responsabilità di interrogarsi sulla violenza di ogni genere perpetrata nei secoli dai loro simili, e che lo facciano, come hanno fatto le donne, partendo da se stessi, consapevoli che solo indagando a fondo nella singolarità delle vite e delle esperienze personali possiamo scoprire le radici di una visione del mondo che ci accomuna, al di là di spazi e tempi.
Non sono pregiudizialmente contraria alle ricorrenze ma vorrei che, senza storpiarne o banalizzarne il significato, diventassero per tutti un momento di riflessione: ossia di riconoscimento degli interrogativi che vi sono connessi e delle aspettative di cambiamento che da lì si possono aprire.
Non è stato così per l’8 marzo, che ha visto un tema di primaria importanza per la crisi che stanno attraversando la politica, l’economia e la civiltà stessa – la relazione tra i sessi, la divisione sessuale del lavoro, la dicotomia tra privato e pubblico, natura e cultura eccetera – restringersi progressivamente a pochi scampoli rivendicativi dettati dall’endemica “miseria femminile”.
A quante mi obietteranno che così si toglie un’opportunità di portare allo scoperto, sia pure per un giorno solo, il faticoso lavoro carsico del movimento delle donne, rispondo che può essere, al contrario, la spinta per creare da noi stesse le occasioni di incontro che ci servono, senza attendere che ce le offrano altri, con un mazzetto di mimose.
Category: Donne, lavoro, femminismi, Editoriali
About Lea Melandri: Lea Melandri, all'anagrafe Maddalena Melandri (Fusignano, 1941), è una saggista, scrittrice e giornalista italiana. Durante gli anni settanta è stata un attivista del movimento delle donne italiano, scrivendo vari libri a riguardo. Ha diretto dal 1971 al 1978 la rivista L'erba Voglio e dal 1987 al 1997 la rivista Lapis. Percorsi della riflessione femminile. Ha anche curato rubriche di vari giornali italiani, come Ragazza In, Noi donne, Extra Manifesto, L'Unità e Carnet. Nel 2011 è stata eletta presidente della Libera Università delle Donne di Milano, di cui è stata promotrice fin dal 1987. Ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Università delle Donne di Milano, di cui è stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. È stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni settanta e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 (ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralità indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001; Preistorie. Di cronaca e d'altro, Filema 2004; cura e posfazione di: Manuela Fraire e Rossana Rossanda, La perdita, Bollati Boringhieri 2008. Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà, Bollati Boringhieri, 2011. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: "Ragazza In", "Noi donne", "Extra Manifesto", "L'Unità". Collaboratrice della rivista "Carnet" e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista "Lapis. Percorsi della riflessione femminile", di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Il 2 ottobre 2011 è stata eletta Presidente della Libera Università delle donne di Milano. Novembre 2012 Milano: è stato attribuito l'ambrogino d'oro, su proposta di Anita Sonego, a Lea Melandri, saggista, scrittrice, giornalista ma soprattutto, come recita la motivazione, "intellettuale femminista". Una donna di grandi intelligenza e umanità, oltre che di esplosiva vitalità. Tra i suoi libri: Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri, Torino, 2001; Come nasce il sogno d'amore, Bollati Boringhieri, Torino, 2002; Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà, Bollati Boringhieri, Torino, 2011; L'attualità inattuale di Elvio Fachinelli, a cura di Lea Melandri, IPOC, Milano, 2014.