Laura Corradi: Spegnete la Tv e accendete il cervello

| 13 Gennaio 2015 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da www.noidonne.org del 13 gennaio 2015 l’intervista di Marta Mariani a Laura Corradi in occasione della uscita del suo libro Specchio delle sue brame. Analisi socio-politica della pubblicità: genere,classe, razza,età ed eterosessualità, Libreria universitaria.it 2014

“Mediaticamente, l’esser vecchi diventa ripugnante o ridicolo. La senilità è uno stato da occultare, come una malattia immonda, mentre la giovinezza è meravigliosa ed esser giovani uno stato di grazia. Lo stesso contesto sociale e mediatico che esalta e glorifica la gioventù degrada la vecchiaia in quanto oscena”. Queste, le parole di Laura Corradi, docente universitaria, autrice ed esperta di gender studies – tratte dal quinto capitolo di Specchio delle sue brame, un’analisi socio-politica delle pubblicità – da cui prenderei le mosse per la prima domanda della nostra intervista.

D. Professoressa Corradi, secondo lei, cosa c’è alla base di questa equivalenza tra vecchiaia e invalidità?
R. Più che di equivalenza parlerei di associazione tra vecchiaia e invalidità: abbinare questi termini è spesso arbitrario, ma funzionale alle brame medicalizzanti di tanta industria farmaceutica: se sei anziano/a devi curarti, come se la vecchiaia fosse una malattia. E soprattutto non devi dimostrare la tua età – in particolare se sei una donna subisci pressioni: dalla cosmetica alla chirurgia plastica diventi il terminale di messaggi volti ad imporre l’eternally young – una finzione costosa e mortificante, l’illusione della giovinezza eterna. Quindi da una parte abbiamo lo spauracchio della vecchiaia invalidante, dall’altra mancano delle politiche di prevenzione sociale che offrano alle persone anziane la palestra di quartiere, consigli nutrizionali, visite di controllo a domicilio, situazioni di socializzazione non segregata per età. La società consumistica, delle pubblicità patinate, non solo manda messaggi sbagliati e fuorvianti: essa dirotta attenzione e risorse che potrebbero essere impiegate diversamente.
D. Particolarmente interessante la sua indagine sul potere attrattivo delle baby-prostitute, un risultato sconcertante di questo mito dell’eterna giovinezza che grava sul corpo femminile. Recenti inchieste romane hanno messo in evidenza la spietata e disincantata consapevolezza di baby-prostitute sfrontate e borghesi, in effetti, tutt’altro che “ingenue”, magari addirittura spalleggiate dal consenso genitoriale. Come commenta questi fatti?
R. Le baby prostitute, in gran parte, non sono né sfrontate né borghesi, ma vittime di una costruzione sociale del desiderio che le vede oggetto sessuale privilegiato di maschi adulti danarosi. I quali vedono proprio nella loro innocenza da corrompere un’occasione per dimostrare virilità, per sentirsi potenti. Basta leggere le interviste alle vittime della tratta, spesso minorenni, per capire l’ansia di controllo che sta alla base del pedofilo a pagamento: vuole sentirsi forte, chiede atti di sottomissione, vuole sentirsi dire ‘sì lo faccio subito’ o ‘sono ai tuoi ordini’ vuole vincere facile anche a pagamento – e gli riesce meglio con una adolescente che con una donna. Nel momento in cui il corpo delle bambine e delle adolescenti viene erotizzato come ora nell’industria della moda, nelle réclame, nel cinema, non possiamo stupirci che ci siano così tanti pedofili in giro, anche in rete, e consumatori di sesso a pagamento che vogliono le bambine o le adolescenti. Anche quando esse ‘scelgono’ – come le baby-prostitute virtuali a Londra che si prostituivano con le webcam in cambio di ‘regali’ comprati su internet – le vedo comunque come vittime. In quel caso avveniva all’insaputa dei genitori – in altri casi sono le mamme o i papà a spingerle verso il sesso a pagamento – non cambia molto nel processo di vittimizzazione della minore, a cui viene sottratta comunque una fase importante della vita, la fiducia verso gli altri, la capacità di giocare – e questo avviene a livello generalizzato: i bambini e le bambine vengono adultizzati precocemente a fini di mercato.

D. Da quanto dice, sembra decadere l’idea largamente diffusa – e a questo punto, tutta da ridiscutere – di una “giovinezza spensierata”. Sembra, anzi, che i giovani siano una categoria sociale straordinariamente deprivata, infragilita dal sistema sociale e culturale, è così?
R. Sì, hai usato il termine giusto: siamo di fronte ad un processo di fragilizzazione delle persone giovani. Non è casuale – niente che produca profitto è occasionale – e avviene attraverso vettori specifici, tra cui l’ideologia dell’apparenza, l’educazione mediatica all’incontinenza verbale e acquisitiva, la mercificazione e la spettacolarizzazione dei sentimenti, la presentificazione della vita – l’istigazione a comportarsi come se non ci fosse un domani – il che è funzionale sia alla legittimazione culturale del precariato (il futuro è breve, meglio non progettare nulla, giocatevi tutto alle macchinette). Se analizziamo attentamente, si tratta delle necessità un bio-potere finanziario autoritario, volto al controllo dei comportamenti giovanili, che ha come obiettivo quello di confiscare il cervello alle generazioni future, tenerle surriscaldate coi social network, il ‘pornotuttoilgiorno’ l’idea che si possa avere tutto ciò che si desidera – almeno per finta. Mentre la realtà che si troveranno a vivere gli/le adolescenti di oggi è molto più difficile di quella che abbiamo fronteggiato noi: hanno davanti una crisi ecologica ed economica di grande portata, e all’orizzonte scenari di guerra. Se il sistema riesce a sedurli/e con le merci, a spegnere le loro potenzialità di pensiero critico, di capacità di azione dotata di senso, allora il controllo sulle menti potrebbe diventare definitivo. Speriamo che invece siano loro a spegnere la televisione e il computer, che comincino a camminare fuori dalle città inquinate, e ad interrogarsi collettivamente sulla realtà, sulla terra, sui tempi, sui luoghi, sulle relazioni elettive, come fanno già oggi i/le giovani nei centri sociali, nelle realtà autogestite, nelle terre occupate, nei gruppi di agricoltura solidale, negli eco villaggi – dove possono cominciare a progettare la loro vita con i loro corpi reali, con i loro sentimenti veri, fuori dallo specchio distorto del potere e lontano dalle sue brame.

 


Category: Donne, lavoro, femminismi, Libri e librerie

About Laura Corradi: Laura Corradi, nata a Milano nel 1960, è ricercatrice all'Università della Calabria, dove insegna Studi sulla Costruzione Sociale delle Differenze di Genere e Fondamenti Sociali della Salute e della Malattie.

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