Jung Chang: La mia imperatrice Cixi, la modernità in Cina è merito suo
Jung Chang ha scoperto che il passato può tornare e cambiare pelle. E il passato al quale guardava l’autrice di “Cigni selvatici” sa addirittura assomigliarle un po’, dialogare con le sue passioni. E’ successo quando ha scavato nella figura di Cixi (1835-1908), la concubina che di fatto divenne l’imperatrice della Cina, la penultima prima di Pu Yi, l’”ultimo imperatore”. Dipinta dalla storiografia come un’intrigante conservatrice e dagli avventurieri occidentali come perversa, Cixi, l’ imperatrice Dowager per Jung Chang è una riformatrice incompresa: autoritaria forse, ma illuminata, donna libera che alle donne pensava. Da ragazza allevata nel profondo rosso maoista, Jung Chang s’è trasformata in biografa: il suo “L’imperatrice Cixi. La concubina che accompagnò la Cina nella modernità” esce in Italia il 22 gennaio per Longanesi (traduzione di Elisabetta Valdré, pagine 576, € 20). “Nel 2007, pubblicata la biografia di Mao Zedong scritta con mio marito Jon Halliday, cominciai a chiedermi di che cosa scrivere dopo”, racconta a Io Donna. Furono due amici a suggerire a Jung Chang di occuparsi di Cixi, “la donna che per decenni tenne tre le proprie mani l’impero cinese, letteralmente fino all’ultimo respiro”.
D. Ultimo respiro di entrambi: di lei e dell’impero…
“Sapevo poco di lei, giravano parecchie storie. Tutti la bollavano come una tremenda conservatrice, una despota crudele che aveva portato la Cina alla rovina. Mi restava una certa impressione negativa. Poi però ricordai che vent’anni prima, mentre scrivevo “Cigni selvatici”, scoprii che era stata proprio Cixi a mettere fine alla fasciatura dei piedi, pratica millenaria che aveva torturato mia nonna per tutta la vita. Ne rimasi colpita”.
D. Non se l’aspettava?
“Per via della mia educazione maoista, avevo dato per assodato che la fasciatura dei piedi fosse stata bandita dai comunisti. Per la prima volta vidi Cixi sotto una luce diversa. E mi chiesi: che cos’altro fece?”.
D. Appunto: cos’altro fece Cixi?
“Scoprii di più lavorando alla biografia di Mao. La Cina affrontò una colossale trasformazione dal medioevo alla modernità a partire dal 1861, anno in cui Cixi prese il potere con un golpe. Mi colpirono le libertà di cui poteva godere il giovane Mao, che era nato nel 1893 e crebbe sotto Cixi e quando ancora si sentiva la sua influenza. Libertà che da ragazza, sotto Mao, non potevo neanche sognarmi”.
D. L’hanno accusata di tutto, anche di aver provocato la morte del figlio…
“Accusa falsa. Le cartelle mediche dell’imperatore Tongzhi, suo figlio, sono negli archivi e, con i diari di cortigiani come il tutore Wang, mostrano che morì di malattia, forse vaiolo”.
D. Che ruolo giocò il fattore etnico nella cattiva reputazione di Cixi? Lei non era cinese han, ma manciù.
“Molta della cattiva fama dipende proprio dal fatto che fosse manciù e la sua fosse una dinastia manciù. Tre anni dopo la sua morte la Cina divenne una repubblica e il movimento repubblicano era radicato fra gli han, cioè la maggioranza della popolazione cinese, in contrapposizione ai manciù”.
D. Cixi aveva dei modelli nella sua opera di governo?
“Non che io sappia. Ma farla finita con la fasciatura dei piedi, perorare la liberazione delle donne, abolire tormenti medievali come la ‘morte dei mille tagli’ e cercare di fondare una monarchia costituzionale con un parlamento eletto e altre riforme erano tutte ispirate da idee occidentali”.
D. Che cos’è rimasto della visione di Cixi nel ruolo delle donne nella Cina di oggi?
“Che non ci spezzano più i piedi per fasciarceli”.
D. In Cina oggi le donne sono politicamente irrilevanti: solo 2 su 25 membri del Politburo. In futuro?
“Io studio la storia. Sul futuro non ho soluzioni”.
D. Molti accademici giudicano i suoi lavori troppo faziosi, manipolati in senso narrativo.
“Le mie due biografie sono basate su documenti storici, quella di Mao anche su testimonianze dirette. Niente è inventato. Sono libri scritti in modo da risultare gradevoli per un lettore intelligente. Chi accusa me e mio marito di essere faziosi nel libro su Mao, si mette dalla parte di un tiranno responsabile della morte di oltre 70 milioni di persone in tempo di pace e che è della stessa razza di Hitler e Stalin”. (Io Donna, 17 gennaio)
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