John Holloway: I poveri non sono oggetti
Da www.comune-info del 12 giugno 2013 pubblichiamo questa intervista fatta da Juan Luis Ramos a John Holloway per il quotidiano messicano 24 Horas. John Holloway è un giurista, filosofo e sociologo marxista irlandese e in Italia sono stati pubblicati tre suoi libri: Cambiare il mondo senza prendere il potere: Il significato della rivoluzione oggi (Edizioni Carta 2004); Che fine ha fatto la lotta di classe ? (traduzione di V. Sergi, Derive Approdi 2007); Crack capitalism (traduzione di V. Sergi, Derive Approdi 2012)
La tendenza mondiale a far crescere la povertà impone un ripensamento del modello sociale attuale a partire dalla categoria della ricchezza della gente. La prima cosa da fare, propone John Holloway, è smettere di considerare i poveri come oggetti. Considerato nell’ambito accademico come un pensatore del marxismo autonomo, Holloway è divenuto noto in tutto il mondo con la pubblicazione di «Cambiare il mondo senza prendere il potere», un libro che prospetta la possibilità di una rivoluzione attraverso le azioni quotidiane di rifiuto e organizzazione contro la società capitalista. Irlandese, trapiantato in Messico dall’inizio degli anni Novanta, Holloway ha sviluppato il suo pensiero molto da vicino al movimento zapatista. Da diversi anni, insegna all’Istituto di Scienze Sociali e Umanità della Benemerita Università Autonoma di Puebla.
Qual è la differenza tra l’essere poveri in America latina e in Europa?
La povertà è terribile in qualsiasi parte del mondo. Mi pare, comunque, che dovremmo cercare di rompere la categoria della povertà così come la conosciamo. Se pensiamo alle persone come “poveri”, poi cominciamo a vederle come oggetti. La differenza tra le privazioni in America latina e in Europa ha a che vedere con la storia stessa delle regioni e con il lascito dello sfruttamento coloniale di centinaia di anni in America. Quello che si vede oggi in Grecia, Portogallo e Spagna è però molto drammatico. La tendenza mondiale va nella direzione della crescita delle povertà, per questo dobbiamo ripensare il modello sociale attuale a partire dalla categoria della ricchezza della gente.
Come si può sviluppare questa ricchezza?
Non si tratta di fare una re-distribuzione più equa ma di ripensare e ricreare l’intera organizzazione sociale. Dobbiamo cambiare il mondo in modo da rispettare l’interazione con la terra. Se continuiamo a pensare in funzione del denaro, continueremo a seguire il cammino dell’industrializzazione finendo per distruggere il pianeta e il futuro dell’umanità. La sola via d’uscita che vedo è che la gente prenda il mondo nelle sue mani e si assuma la responsabilità. Lo stanno già facendo gruppi di resistenza in diverse parti del mondo, come gli zapatisti in Chiapas.
Cosa pensa della Crociata contro la fame?
La campagna della Segreteria dello Sviluppo Sociale (Sedesol) del governo messicano guarda alla gente come oggetto delle politiche statali. Il problema non è la povertà ma il fatto che viviamo in un sistema dove non abbiamo la possibilità di sviluppare la ricchezza delle nostre capacità e di godere di ciò che produciamo. Non credo che la Crociata abbia molte possibilità di successo. Purtroppo, ogni campagna del governo è immersa in un mondo di corruzione e nella promozione di interessi privati. Quando poi vediamo gli accordi che vengono siglati tra Sedesol e imprese come Nestlé o PepsiCo, sappiamo da quella campagna non arriverà alcuna soluzione.
Anche il governo del Brasile ha fatto accordi con le grandi multinazionali e ha ottenuto risultati.
In Brasile i governi del Partido de los Trabalhadores (Pt), come quello di Lula, sono molto compromessi con gli interessi imprenditoriali e con il rafforzamento del capitale brasiliano. Forse si può anche arrivare a ridurre la povertà ma viviamo in una situazione di gravi urgenze e, se guardiamo a quello che i governi brasiliani hanno fatto in quanto a distruzione dell’ambiente e dei movimenti sociali, è davvero difficile pensare che da lì possa venire una qualche soluzione.
Malgrado la povertà, in America latina la gente dice di sentirsi felice, come mai?
Probabilmente c’è una qualche relazione tra il successo economico e la tristezza. In un certo senso, l’economia dipende dalla disciplina della popolazione. Le grandi economie hanno una lunga tradizione che rispetta un ordine per il quale la gente lavora e non ha neanche il tempo per ridere. La crisi attuale nasce dal tentativo di imporre quella disciplina al mondo intero: non una migliore qualità della vita, si tratta realmente di lavorare senza pensare, di rispettare gli ordini, di produrre e contribuire a una crescita sempre più rapida in un mondo che, come ormai sappiamo tutti, non può continuare a crescere così. L’attuale riforma dell’educazione (in Messico) è progettata in questo senso.
Cosa pensa di quella riforma?
Cerca di imporre realmente quella disciplina per metterci al pari dello sviluppo mondiale. La riforma è pensata per creare esseri automatizzati, educati al fine di lavorare e produrre una ricchezza di cui non potranno godere. È una riforma completamente imposta dall’alto.
È ancora attuale il marxismo?
Quel che continua ad essere attuale è l’urgenza di cambiare l’organizzazione sociale perché quella che abbiamo ci sta portando al disastro. Per questo dobbiamo trasformarci in una società più ribelle contro l’imposizione del capitalismo. Qui il pensiero che si richiama a Marx ha un’opportunità perché è molto ricco di idee che possono nutrire quella ribellione.
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