Amina Crisma: Giornata della Memoria: quale ruolo oggi? Conversazione con Gadi Luzzatto Voghera

| 24 Febbraio 2023 | Comments (0)

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La ricorrenza della Giornata della Memoria ha riproposto l’esigenza di una rinnovata attenzione alla pregnanza delle sue implicazioni: penso, ad esempio, alle sollecitazioni provenienti in tal senso dal discorso di Dario Calimani, Presidente della Comunità ebraica di Venezia, che in questi giorni ha suscitato vivaci discussioni, e penso anche a quelle che ci affida la riflessione da anni svolta nei libri di Enzo Traverso, di cui ricordo, in particolare, uno stimolante intervento su questo tema a un convegno indetto dalla Comunità ebraica veneziana.

Quali considerazioni ne possiamo trarre? Rivolgo quest’interrogativo a Gadi Luzzatto Voghera, direttore del Centro Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, già docente alla Boston University, sede di Padova, e autore di numerose pubblicazioni sull’ebraismo italiano e sull’antisemitismo (L’antisemitismo, 1994, Antisemitismo a sinistra, 2007, Storia della vita religiosa a Venezia, 2008, Rabbini, 2011).

L’istituzione del Giorno della Memoria ha aperto la strada nel nostro paese a una ridefinizione del cosiddetto calendario civile. Nuove date sono state indicate per ragionare sulle foibe, sulle vittime della mafia, sulle vittime del terrorismo e così via, fino a giungere all’estremo punto di indicare una data di fine gennaio per celebrare il corpo degli Alpini, individuando come evento caratterizzante la battaglia di Nikolaevka, quando il corpo di spedizione italiano inviato dal fascismo a invadere la Russia venne circondato dall’Armata Rossa. Il tema fondamentale è la Memoria, con la emme maiuscola. Col tempo ci si è resi conto (non solo in relazione al giorno della memoria della Shoah) che assegnare una sovradimensione all’idea di Memoria rischia di condurre a manipolazioni e utilizzi impropri della Storia. Non credo ci siano colpevoli in tutto questo. È andata così. C’erano testimoni, sopravvissuti disponibili (per fortuna) a raccontare con dolore ciò che era loro accaduto a persone che finalmente erano disposte ad ascoltare, dopo decenni di disinteresse e indifferenza. E così si è delegato impropriamente (e per comodità) ai testimoni stessi anche l’onere di ragionare sulla Storia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: ministri della repubblica eredi dichiarati di un passato fascista che celebrano (!) il Giorno della Memoria senza mai nominare le ideologie che furono alla base della macchina dello sterminio: il fascismo e il nazismo.

Provo a sintetizzare la questione nel modo seguente: la memoria della Shoah è oggi giustamente percepita come ineludibile dovere universale di pietas, ma vi sono forse anche degli effetti ambivalenti nel suo costituirsi come una sorta di religione civile, dell’Italia e dell’Europa? In altri termini, la sua ritualizzazione, che ha il merito indubbio di rammentarla costantemente alla coscienza collettiva, non rischia forse anche di declinarsi in modalità che potrebbero neutralizzarne e sterilizzarne, per così dire, la percezione, trasformandola in consuetudine?

Non c’è ombra di dubbio. La ritualizzazione di questo evento (come di altri che fanno parte del rinnovato calendario civile) va nella direzione di un effettivo svuotamento. Si tratta tuttavia di un processo quasi ovvio. Auschwitz è diventata ormai da decenni l’altare europeo di una nuova religione civile, appunto caratterizzata da forme rituali. Questo tuttavia non significa che l’esistenza di un appuntamento annuale di riflessione sull’indicibile buco nero nella coscienza continentale che fu la Shoah non ci debba essere. Sta a noi, donne e uomini di questo tempo, trovare le forme più opportune per ragionare su quell’evento e sulla sua attualità, proprio sottraendolo a una ritualità stanca.

E d’altro canto, si può ritenere fondata la preoccupazione della senatrice Liliana Segre, che paventa la totale sparizione della memoria della Shoah allorché saranno scomparsi tutti i pochi sopravvissuti che ne possono ancora dare diretta testimonianza? Non aleggia forse da sempre, su quell’indicibile orrore, la minaccia della rimozione, che può trovare oggi nuovo alimento in un antisemitismo tutt’altro che estinto?

Liliana Segre ha lanciato un disperato grido di dolore, proprio legato al peso che ha dovuto sobbarcarsi in questi decenni come sopravvissuta e testimone. Abbiamo colpevolmente delegato a lei il compito del ricordo, caricando le sue spalle di una responsabilità che non le spettava. E si sente sola. Tuttavia, credo che si tratti di una sua impressione personale, del tutto comprensibile. In realtà il suo lavoro, come quello di molti altri sopravvissuti e testimoni, ha attivato forti energie nella società a vari livelli. Si sono moltiplicati e continuano ad aumentare gli studi, gli approfondimenti, le ricerche di nuova documentazione e di nuove forme anche artistiche di rappresentazione di quella storia. Le testimonianze stesse, poi, sono state raccolte e catalogate e sono oggi a nostra disposizione su ampie banche dati che ci permettono di ascoltare e di utilizzare le testimonianze anche dopo la scomparsa di chi le ha donate. Quindi non credo che ci troviamo di fronte a un pericolo di rimozione, a meno che questa non si riferisca al crescente antisemitismo. Chi lo pratica (e purtroppo si tratta di un’ampia percentuale di popolazione) sarebbe certo contento di non essere continuamente chiamato a riflettere sulla Shoah, cioè sul recente tentativo attuato dalla “civiltà” europea di eliminare un intero gruppo umano, gli ebrei. Ma in questo campo c’è una novità, e non è positiva. Oggi nel campo (assai diversificato al suo interno) dell’antisemitismo non si propende più per la “negazione” della Shoah, mentre si preferisce la sua “distorsione”. I simboli che provengono dalla Shoah stessa (il cancello di Auschwitz, la camicia a righe dei prigionieri, il tatuaggio al braccio, il gas letale ZyklonB, le camere a gas e i forni) vengono utilizzati come strumento sia per caratterizzare gli ebrei o minacciarli, sia per descrivere nuove situazioni di disagio sociale che con la Shoah non hanno a che fare. Per esempio, polemizzare contro la vaccinazione paragonandosi agli ebrei oppressi e perseguitati dai nazisti è una evidente distorsione, che si associa a un altrettanto evidente antisemitismo quando si descrivono i cosiddetti “capi di Bigfarma” come tutti “ebrei” e “nazisti” impegnati a strutturare un disegno di dominio e di oppressione.

 Potresti rievocare sinteticamente per i nostri lettori (soprattutto per i più giovani) la storia dell’istituzione della Giornata della Memoria nel nostro Paese, e il ruolo fondamentale che vi ha avuto tuo padre, Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane dal 1998 al 2006? Ripercorrere tale vicenda, e rievocare la straordinaria figura che ne è stata protagonista, può aiutarci a comprendere, una volta di più, quanto poco essa si possa dare per scontata.

L’istituzione del Giorno della Memoria è stata il frutto di una stagione politica complicata e per certi versi simile a quella che stiamo vivendo oggi. Negli anni ’90 si era inaugurata la cosiddetta “era del testimone”: sempre più numerosi i sopravvissuti parlavano apertamente di quel che era accaduto e – soprattutto dopo la realizzazione del film di Spielberg “Schindler’s List” – si iniziavano a raccogliere e catalogare le decine di migliaia di interviste a loro dedicate. Nel 1999 accadono due fatti importanti: il governo svedese convoca a Stoccolma una conferenza internazionale per istituire un organismo (quello che poi diventerà l’IHRA International Holocaust Remembrance Alliance) con l’intento di contrastare anche con la ricerca storica le tensioni che minacciavano di ricondurre l’Europa a un presente di guerra dopo decenni di pace. L’allarme era altissimo ed era la conseguenza della rottura degli equilibri internazionali con la fine della Guerra Fredda e il crollo del comunismo, una dinamica che aveva provocato la gravissima crisi dei Balcani e, proprio nel 1999, i bombardamenti della NATO sulla Serbia a seguito dell’invasione del Kosovo. In questa situazione il governo di centro-sinistra proponeva l’istituzione di un Giorno della Memoria. Ne fu principale redattore e anima il giornalista Furio Colombo, allora parlamentare, che attivò una trattativa politica anche in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane allora guidata da Amos Luzzatto per convincere l’opposizione di centro-destra dell’idea che non si trattava di un’iniziativa politica “contro” la destra (e le sue radici ideologiche, in particolare il fascismo per una sua componente), bensì di un necessario atto di riconoscimento collettivo di una responsabilità. Il Parlamento che aveva promulgato all’unanimità la legislazione razzista nel 1938 era chiamato ad approvare una legge sulla Memoria per contrastare il possibile riapparire dell’antisemitismo e delle sue conseguenze. Si trattò di una trattativa non facile, che condusse – ad esempio – all’esclusione del termine “fascismo” dal testo, un fatto che io ritengo ancora oggi problematico. Tuttavia sono certo che sia meglio avere una legge votata unanimemente, piuttosto che nessuna legge. Con tutto ciò siamo ancora – dopo 23 anni – al punto di una sorta di separazione delle memorie nazionali: la memoria della Shoah è purtroppo spesso considerata un fatto “di sinistra”, il che è sbagliato.

Category: Dibattiti

About Amina Crisma: Amina Crisma ha studiato all’Università di Venezia conseguendovi le lauree in Filosofia, in Lingua e Letteratura Cinese, e il PhD in Studi sull’Asia Orientale. Insegna Filosofie dell’Asia Orientale all’Università di Bologna; ha insegnato Sinologia e Storia delle religioni della Cina alle Università di Padova e di Urbino. Fa parte dell’Associazione Italiana Studi Cinesi (AISC) e, come socia aggregata, del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI). Ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia per l’insegnamento di Culture dell’Asia. Tra le sue pubblicazioni: Il Cielo, gli uomini (Venezia 2000); Conflitto e armonia nel pensiero cinese (Padova 2004); Neiye, Il Tao dell'armonia interiore (Garzanti, Milano 2015), Confucianesimo e taoismo (EMI, Bologna 2016), Meditazione taoista (RCS Milano 2020). Ha contribuito a varie opere collettanee quali La Cina (Torino 2009), Per una filosofia interculturale (Milano 2008), Réformes (Berlin 2007), In the Image of God (Berlin 2010), Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento (Bologna 2010), Confucio re senza corona (Milano 2011), Le graphie della cicogna: la scrittura delle donne come ri-velazione (Padova 2012), Pensare il Sé a Oriente e a Occidente (Milano 2012), La diversità feconda, dialogo etico fra religioni (Bologna 2021). Fra le riviste a cui collabora, oltre a Inchiesta, vi sono Asiatica Venetiana, Cosmopolis, Giornale Critico di Storia delle Idee, Ėtudes interculturelles, Mediterranean Journal of Human Rights, Prometeo, Paradoxa, Parolechiave, Sinosfere. Fra le sue traduzioni e curatele, la Storia del pensiero cinese di A. Cheng (Torino 2000), La via della bellezza di Li Zehou (Torino 2004), Grecia e Cina di G.E.R. Lloyd (Milano 2008). Tra i suoi saggi: Il confucianesimo: essenza della sinità o costruzione interculturale?(Prometeo 119, 2012), Attualità di Mencio (Inchiesta online 2013), Passato e presente nella Cina d’oggi (Inchiesta 181, 2013), Taoismo, confucianesimo e questione di genere nelle ricerche e nei dibattiti contemporanei (2014), La Cina su Inchiesta (Inchiesta 210/2020), Quale ruolo per la Cina nello spazio pubblico? fragore di silenzi e clamore di grandi narrazioni (Sinosfere 14 marzo 2021). I suoi ambiti di ricerca sono: il confucianesimo classico e contemporaneo, le fonti taoiste, le relazioni interculturali Cina/Occidente, il rapporto passato/presente, tradizione/modernità nella Cina d’oggi, i diritti umani e le minoranze in Cina, le culture della diaspora cinese, le questioni di genere nelle tradizioni del pensiero cinese. Ha partecipato a vari convegni internazionali sul dialogo interculturale e interreligioso promossi dalle Chaires UNESCO for Religious Pluralism and Peace di Bologna, di Tunisi, di Lione, dalla Konrad Adenauer Stiftung di Amman, da Religions for Peace, dalla Fondazione Scienze Religiose di Bologna. Coordina l’Osservatorio Cina di Inchiesta e di valorelavoro ( www.valorelavoro.com ). Cv dettagliato con elenco completo delle pubblicazioni: al sito web docente www.unibo.it

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