Fabrizio Truini: Pier Cesare Bori. Un cristiano mite e sapiente
«Noi poniamo inutilmente la domanda: che cosa avviene dopo la morte? Perché parlando del futuro parliamo del tempo. Ma morendo usciamo dal tempo». Queste parole di Lev Tolstoj furono ricordate da Pier Cesare Bori alla fine della sua relazione tenuta due anni fa per il centenario della morte del suo amatissimo scrittore russo nel corso sui «Maestri della nonviolenza», organizzato dal Cipax in collaborazione con altre associazioni e riviste tra cui Confronti. Mi son tornate in mente quando ho saputo che i suoi funerali si sarebbero svolti il 7 novembre, proprio il giorno della morte di Tolstoj. Ho poi saputo che i familiari e gli amici più cari lo hanno accompagnato con un lungo silenzio a transitare oltre il tempo. Il silenzio infatti per lui rappresenta la forma più alta del culto in spirito e verità di cui parla Gesù, alla cui pratica era abituato almeno da venti anni. In quella serata nella quale ci parlò di Tolstoj, ci rivelò anche il suo percorso spirituale, che lo aveva portato ad abbracciare la Società religiosa degli Amici, chiamati popolarmente Quaccheri. Bori era un cristiano che, pur aderendo ai «Quakers», non aveva per altro rigettato la Chiesa cattolica: «Non volevo fare nessun gesto di rifiuto negativo –ci disse – volevo fare un gesto positivo, dire che per me questa è la forma migliore di cristianesimo».
Si sa che i quaccheri sono nonviolenti perché vogliono seguire Gesù mite e pacifico. Si presta meno attenzione al fatto che si chiamano «Amici» per fedeltà all’ultimo discorso di Gesù sull’amicizia così come scritto nel vangelo di Giovanni; quel vangelo in cui non viene riportata l’istituzione dell’eucarestia: al suo posto c’è la lavanda dei piedi. E i quaccheri perciò non celebrano l’eucarestia, come gli altri sacramenti. «La religione è tanto più vera – aggiungeva – quanto più sa tacere e confondersi con l’umanità per promuovere la vita… le chiese invece si sono impadronite dei segni di Gesù, che sono diventati terreno di lotta, un terreno di supremazia… con la violenza che si fa intorno al problema del sacerdozio, al problema di chi celebra queste cose, di chi è legittimato, di chi ha la tradizione apostolica eccetera, veramente si fanno dei passi immensi verso l’oscurità e verso la distanza da Gesù».
Ma ciò non lo isolava, perché desiderava assecondare la religione degli altri nei suoi aspetti migliori. Così aveva lavorato – anche perché laureato oltre che in giurisprudenza, in teologia e scienze bibliche – nell’Istituto di Scienze religiose di Bologna fondato da Alberigo, e scrivendo saggi di storia dell’interpretazione biblica, quali: «Chiesa primitiva», «Il Vitello d’oro» e «L’interpretazione infinita». Non bisogna inoltre dimenticare la sua attività accademica: ha insegnato Filosofia Morale nella facoltà di Scienze politiche dell’università di Bologna; tenuto corsi anche negli Usa, in Tunisia, in Giappone, in Cina su «I diritti umani nella globalizzazione» e su «L’etica tra le culture», con l’importante saggio «Universalismo come pluralità delle vie».
Era però molto affezionato a un altro insegnamento: a quello che faceva in carcere ai giovani detenuti arabi, con i quali si intratteneva anche a leggere un po’ di Corano in arabo.
Il suo amore rimase però per sempre lo studio dell’opera di Tolstoj. Ci rivelava commosso come si era seduto sulla sua scrivania a Jasnaia Poliana, e lì aveva visionato i suoi Diari e le traduzioni dei Vangeli e le sottolineature fatte dalla penna di Tolstoj, e così per esempio aveva scoperto l’importanza che per il grande romanziere russo aveva la parola sapienza, tanto da tradurre il «Logos» del prologo di Giovanni con «In principio era la Sapienza». Per questo Bori definitiva Tolstoj un uomo sapiente, alla cui scuola si era posto come discepolo fedele per diffondere il suo pensiero. Così aveva fatto pubblicare e curato alcuni suoi libri, come «La mia fede», «Pensieri per ogni giorno», «Le confessioni di Tolstoj», oltre a «Un carteggio e dintorni» tra Gandhi e Tolstoj. Infine ha scritto due libri fondamentali per conoscere veramente la sua vita e il suo pensiero: «Tolstoj, oltre la letteratura» e «L’altro Tolstoj», che però oggi – come Bori amaramente ci confessava – non si trovano più. Si augurava tuttavia che qualche casa editrice potesse riproporli. Sarebbe il modo migliore per fare memoria del mite e sapiente Pier Cesare Bori.
Category: Culture e Religioni, Pier Cesare Bori e la rivista "Inchiesta"