Enrico Peyretti: Il suicidio-strage di Andreas Lubitz. L’egocentrismo è mortale

| 28 Marzo 2015 | Comments (0)

 

Tanti commenti ha suscitato il terribile suicidio-strage di Andreas Lubitz, copilota dell’airbus 320 della Germanwings, gettatosi deliberatamente il 24 marzo contro una montagna dell’alta Provenza, sopra Seyne-les-Alpes.

I casi estremi della vita, in bellezza o in orrore, sollevano le domande e danno le indicazioni estreme sulla nostra vita.

La malattia di Lubitz è così descritta dallo psichiatra Claudio Mencacci, che si dice non sorpreso per il suo suicidio: «Si entra in una sorta di tunnel dove la morte è l’unico pensiero di fuga. Tutto il resto, compreso il senso di responsabilità per la vita degli altri, si annulla. E nemmeno la consapevolezza di coinvolgere altre persone li ferma». E Massimo Recalcati, psicanalista: «La persona incapace di alterità, quando sente se stessa come un niente, vede uguale a niente tutto il mondo».

«Un giorno farò qualcosa che cambierà completamente il sistema, e tutti conosceranno il mio nome e se lo ricorderanno»: un niente che deve imporsi per esistere, esplodendo. Sono parole che avrebbe detto Lubitz alla hostess Mary W., collega di lunga data, con la quale si arrabbiava parlando di lavoro: «Poco denaro, paura per il contratto, troppa pressione».

Se la malattia psichica, o anche l’etica prescelta, oggi prevalente (essa stessa una malattia) ci concentrano prevalentemente su noi stessi, sulla nostra individualità esasperata e separata dall’umanità, noi diventiamo un pericolo per tutti. Non solo il kamikaze terrorista fanatico, ma ancora più spesso e più facilmente l’”homo oeconomicus”, devoto di se stesso e solo di se stesso memore e curatore, è una bomba umana caricata contro l’umanità. Non occorre essere pilota suicida su un aereo carico di persone: l’egoismo, l’egocentrismo patologico, fatto regola e costume, sono guerra all’umanità.

«Noi siamo fatti gli uni per gli altri», dice l’antica sperimentata saggezza, in tutte le culture. «Non c’è la società. Ci sono solo gli individui», predica il neo-liberismo, nel magistero micidiale della Tahtcher. Non è possibile una più grande contraddizione e inimicizia. La guerra, il genocidio, è nel pensiero, prima che nelle armi. Le riforme necessarie, anzi la rivoluzione necessaria, è nel pensiero, nella volontà morale opposta all’imperialismo del particolare. Quando la cultura di sinistra avrà capito questo, comincerà ad esistere una sinistra.

L’egocentrismo, nello psicotico grave, ma più continuamente nella patologica disumana teoria dominante e governante, della libertà egoista, senza alterità, è la malattia mortale.

Si vive solo di fiducia, di affidamento reciproco. Salire su un pullman o su un treno, entrare in un ospedale, camminare per strada, è mettersi nelle mani degli altri. Il pilota è un simbolo generale: siamo tutti nelle mani degli altri. Io sono nelle vostre mani. Voi siete nelle mie mani. Questa è la prima fede, senza cui non c’è vita. Senza questa fede non vale vivere, né io né voi. Chi distrugge la nostra sostanza umana, che è l’essere in relazione fiduciosa con gli altri, distrugge tutti noi, ci trascina nel suo abisso. Il capitalismo assolutista è il nemico di tutti, l’avvelenatore.

La medicina è occuparsi degli altri, di tutti, impegnarsi per qualche bisogno altrui. Se la fame e la sete altrui, la povertà e la prigionia altrui, la nudità e la malattia altrui, non diventano la mia ragione di vita, se non riconosco in questo spendersi per gli altri l’unico vangelo di salvezza, io sono suicida, e trascino l’umanità nella morte. La vita armata è arrivata alla distruttività totale, atomica,   dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande. La salvezza è nel disarmato servizio alla vita di tutti. Siamo malati, ma guarire è possibile, è in questa conversione.


Category: Culture e Religioni, Psicologia, psicoanalisi, terapie

About Enrico Peyretti: Enrico Peyretti (Torino, 1935) è un attivista italiano, intellettuale, impegnato nella ricerca per la pace e nel movimento per la non violenza. È stato presidente centrale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) tra il 1959 e il 1961. Nel periodo del post-Concilio Vaticano II animò a Torino alcune realtà ecclesiali di base. Fondò nel 1971 (e diresse fino al 2001), assieme ad "alcuni cristiani di Torino", la rivista mensile il foglio (www.ilfoglio.info), che ancora oggi rappresenta una delle più interessanti esperienze di riflessione su tematiche religiose e politiche da parte del Cristianesimo di base. Ha insegnato storia e filosofia nei licei. Svolge attività come ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino (www.serenoregis.org), sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); è membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Università piemontesi. È un riferimento all'interno del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione. Tra i suoi libri: " Alcuni elementi per una filosofia della pace ", Scuola di pace, Città di Boves, Anno accademico 1993-94 ; Dall'albero dei giorni, Soste quotidiane su fatti e segni, Servitium, Sotto il Monte (BG) (1998); La politica è pace, Cittadella, Assisi (PG) (1998); Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino (1999); Dov'è la vittoria?, Piccola antologia aperta sulla miseria e la fallacia del vincere, Il segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano (VR) (2005); Esperimenti con la verità. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (RM) (2005); Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento (2009);Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza , Claudiana, Torino (2011); Il bene della pace. La via della nonviolenza , Collana L'etica e i giorni, Cittadella Editrice, Assisi (2012)

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