Vincenzo Comito: Sistema Cina: imprese, mercati , politica

| 21 Maggio 2020 | Comments (0)

Socialismo di mercato o “capitalismo assoluto”? La natura del sistema cinese è oggetto di intensa discussione. Due libri appena pubblicati esplorano le trasformazioni di imprese e mercati da un lato, e delle forme di controllo politico dall’altro.

In queste settimane è stato pubblicato un importante libro sulla Cina, scritto da Alberto Gabriele, studioso del paese asiatico, dal titolo Enterprises, Industry and Innovation in the People’s Republic of China. Questioning Socialism from Deng to the Trade and Tech War, Springer, Singapore, 2020 .

Lo sviluppo cinese, un fenomeno molto rilevante

Indubbiamente la crescita economica e tecnologica del paese asiatico, a partire in particolare dal 1978, ha assunto un’importanza fondamentale non solo per quel paese; essa ha anche rappresentato, più in generale, una pietra miliare nella storia economica e politica contemporanea. In pochi decenni la Cina è diventata la seconda economia del mondo – o forse la prima, a partire già da alcuni anni, se si adotta per misurare il Pil il criterio della parità dei poteri di acquisto, secondo almeno le stime della Banca Mondiale – e i suoi progressi nel campo tecnologico la portano a insediare ora da vicino anche in questa area gli Stati Uniti.

Questo sta avvenendo nell’ambito di un processo più vasto in atto, quello del passaggio del centro del potere economico del mondo dall’Occidente all’Asia e, più in generale, ai paesi emergenti, che rappresentano ormai circa il 60% del Pil mondiale, sempre utilizzando il criterio della parità dei poteri di acquisto. Ora la crisi da coronavirus porterebbe, come già quella finanziaria del 2008, con le differenti conseguenze che essa ha avuto per il paese asiatico e per gli Stati Uniti, a un suo ulteriore salto in avanti nel suo peso a livello mondiale.

La natura del sistema cinese, Arrighi, Jacques

La letteratura sul rilevante sviluppo del paese asiatico appare ormai sterminata ed è difficile orientarsi in una giungla di ricerche, libri, articoli. Tra i tanti soggetti affrontati nella pubblicistica, si discute, tra l’altro, della natura del modello di sviluppo socio-economico che il paese ha assunto nel tempo e delle sue principali caratteristiche.

È opinione corrente quella secondo la quale si è passati, a partire dalle riforme di Deng Tsiao Ping, da un modello di tipo socialista a uno capitalistico; tale tesi appare abbracciata, tra l’altro, da molti a sinistra che avevano a suo tempo sperato molto nell’affermazione del modello maoista e che si sono poi sentiti in qualche modo traditi dalla svolta impressa al paese a partire dalla fine degli anni Settanta del Novecento.

Rispetto a una tale visione delle cose, che giudica comunque in maniera negativa, a destra come e a sinistra, il modello di sviluppo cinese, non mancano peraltro, anche se non sono moltissime, delle voci dissonanti, come a suo tempo, tra le più autorevoli, quella di Giovanni Arrighi, che ha avuto modo di esplicitare il suo pensiero al riguardo, in particolare nel suo libro Adam Smith in Beijing, Lineages of the Twenty-First Century, Verso Books, London, 2007.

Ricordiamo inoltre, anche se su di un altro piano, un libro di Martin Jacques, When China rules the world, Allen Lane, Londra, 2009 e successive edizioni, testo che ha avuto molto successo e che è forse il lavoro che presenta i giudizi più positivi disponibili verso il paese asiatico; ambedue i volumi sono peraltro citati da Gabriele nella sua opera.

 

Il volume di Gabriele

L’assunto di base del testo che vogliamo presentare è quello che la Cina rappresenta nella sostanza il primo esempio al mondo di una nuova formazione economico-sociale. Su tale impostazione di base si dipana l’opera che è suddivisa in due parti e contiene alla fine due importanti allegati.

Dopo aver ricordato, nella parte introduttiva, alcuni dati di base relativi alla struttura economica del paese, dalla crescita del Pil, all’evoluzione del settore finanziario e a quello del commercio internazionale, allo sviluppo impetuoso delle spese per la ricerca, ai livelli di povertà e diseguaglianza e ai dati relativi allo sviluppo umano, individuando proprio nelle rilevanti diseguaglianze e nell’impatto ambientale della sua crescita alcuni dei punti deboli del sistema, l’autore viene al corpo del suo testo.

Nella prima parte egli analizza la graduale evoluzione nel tempo delle forme di impresa pubblica, ovvero di quelle strutture definite come imprese non capitalistiche market oriented, valutando la natura e l’efficacia delle operazioni delle stesse; vengono distinti vari tipi di società in senso lato pubblico (entità di proprietà dello stato, cooperative, imprese collettive, imprese di città e di villaggio, imprese miste e le forme equivalenti presenti nel settore rurale). Gabriele registra da una parte e in un primo periodo una diminuzione del loro peso all’interno dell’economia cinese, peso che poi successivamente si stabilizza e anzi nell’ultimo periodo tende di nuovo ad aumentare in misura rilevante, fatto che indica per l’autore il passaggio a uno stadio più socialista del paese.

Oggi per Gabriele si può stimare il loro peso come pari all’incirca al 50% del totale come volume della produzione e al 40% sul fronte del livello dell’occupazione e su quello dei profitti; egli registra anche un rilevante miglioramento nel tempo dei risultati economici e finanziari delle imprese pubbliche, che sono però inferiori normalmente a quelli delle private, anche se bisognerebbe considerare per lui il contributo indiretto che il settore pubblico fornisce al sostegno, alla stabilizzazione e allo sviluppo dell’intera economia.

Alla fine si deve comunque registrare per l’autore la realtà di un ruolo strategico ed egemonico della proprietà pubblica nei mezzi core di produzione, nel contesto comunque dell’utilizzo di meccanismi di mercato. Nella seconda parte del testo egli prende in considerazione lo sviluppo progressivo nel paese di un moderno sistema di innovazione, sistema che ha l’ambizione di arrivare al livello delle migliori pratiche mondiali e discute i risultati di tali sforzi.

Gabriele individua i punti distintivi dell’esperimento, che ha una centralità strategica, in tre elementi: l’abilità e la determinazione del gruppo dirigente nel canalizzare sulla ricerca e sviluppo una parte importante del surplus del paese (a livello quantitativo, le spese di ricerca e sviluppo hanno ormai sostanzialmente raggiunto quelle degli Stati Uniti), il ruolo preminente giocato nel sistema da università, centri di ricerca, organi governativi, grandi imprese pubbliche e altre organizzazioni non capitalistiche, infine l’ampiezza, la forza, la rilevanza e l’ambizione dei piani di ricerca e sviluppo di lungo termine. Il tutto in una cornice strategica che persegue sempre il criterio della competizione di mercato, tra l’altro con l’obiettivo di fondo di superare la dipendenza del paese dalle potenze straniere nel campo della conoscenza.

Infine, in un allegato, il testo esplora la relazione oggi esistente tra la realtà socio-economica del paese e la categoria del socialismo, arrivando alla conclusione, che è poi sostanzialmente la posizione ufficiale del governo di Pechino, che il sistema socioeconomico del paese si può indubbiamente definire come una forma di socialismo con caratteristiche cinesi. Più in dettaglio, per l’autore si ritrova in tale organizzazione una combinazione complessa e continuamente in evoluzione di socialismo e capitalismo, con un forte affidamento ai meccanismi di mercato, nel lungo percorso in atto, che per l’autore è comunque quella della realizzazione di un sistema socialista. Il tutto senza nascondersi i possibili dubbi e le incertezze su questa ipotesi.

L’autore di queste note guarda da molto tempo e con simpatia allo sviluppo progressivo dell’economia cinese e si trova per la gran parte d’accordo, forse con qualche dubbio in più qua e là, con le tesi sviluppate dall’autore. Per altro verso, il libro è molto ricco di dati, di documentazione e di note, mentre sui vari temi è sempre presente un ricco riferimento agli studi esistenti, alla loro analisi e alla loro eventuale contestazione. Alla fine è presentata una ricchissima bibliografia.

 

Il volume di Pieranni

Proprio in questi giorni è stato pubblicato un altro libro sulla Cina scritto anch’esso da un italiano, Simone Pieranni, giornalista, per molti anni corrispondente dal paese asiatico per il manifesto e comunque tra i conoscitori, molto pochi in Italia, di molti aspetti dello stesso; il titolo del libro è Red Mirror. Il nostro futuro si scrive in Cina, Laterza, 2020. Appare interessante rilevare come Pieranni, in un volume con un’impostazione metodologica differente da quella dell’altro autore, arrivi nel suo testo a conclusioni molto diverse da quelle di Gabriele sulla natura del sistema economico-sociale cinese.

Pieranni vede nella Cina l’immagine speculare del capitalismo occidentale. “Arricchirsi è glorioso”, lo slogan inventato a suo tempo da Deng Tsiao Ping, è per l’autore la sintesi di tale realtà; per altro verso, si tratta di una formazione economico-sociale che Pieranni definisce come capitalismo assoluto. Si può presagire per il modello cinese come per quello statunitense, scrive l’autore, un futuro da “grande fratello”, riferendosi a quel capitalismo della sorveglianza, portato nel caso cinese all’estremo, di cui parla Shoshana Zuboff in un suo libro recente.

Si tratta di due capitalismi che usano gli stessi strumenti anche se in una gradazione diversa (in Occidente i dati privati sono gestiti da imprese che li utilizzano per fini privati, mentre essi in Cina sono utilizzati dallo Stato). Siamo comunque di fronte per l’autore a due modelli attigui di organizzazione del capitalismo.

Per chi scrive queste note, per molti versi, le vicende cinesi hanno certamente in loro stesse un rilevante ambiguità e solo il tempo forse ci indicherà chi fra i due autori citati si sarà avvicinato di più alla verità. Perché allora, per il momento, non leggere ambedue i volumi e arrivare così a delle conclusioni personali? In ogni caso, senza sottovalutare alcune delle tesi e delle analisi di Pieranni, senza dubbio un giornalista molto serio e attento, che fanno riferimento ad alcuni sviluppi recenti del paese, in particolare sul fronte dell’economia digitale e del suo utilizzo, temi non molto trattati da Gabriele e sui quali bisogna certamente molto riflettere, l’autore di queste note tende a propendere piuttosto per un quadro di fondo del paese più simile a quello presentato da Gabriele.

Almeno sino a imprevedibili sviluppi futuri, sempre possibili.

 

Category: Osservatorio Cina

About Vincenzo Comito: Vincenzo Comito (1940), ha lavorato per molti anni nell’industria (gruppo Iri, Olivetti) e nel movimento cooperativo, nelle aree dell’amministrazione e finanza, del controllo di gestione e del personale. Da molti anni docente di finanza aziendale prima all’Università Luiss di Roma, attualmente insegna all’Università di Urbino. Fa parte del gruppo “Sbilanciamoci”. Tra i suoi libri: Idee e capitali. Mercati finanziari e decisioni di impresa, Isedi 1994; Idee e capitali. Modelli strumenti e realtà della finanza aziendale, Utet 2002; Storia delle finanza d'impresa. Dalle origini al XVIII secolo, Utet, 2002; Storia della finanza d'impresa. Dal XVIII secolo ad oggi, Utet 2002; L'ultima crisi, la Fiat tra mercato e finanza, L'Ancora del Mediterraneo 2005; Le armi come impresa. Il business militare e il caso Finmeccanica, Edizioni dell'Asino 2009; La fabbrica dei veleni. Il caso Ilva e la crisi della siderurgia (con Riccardo Colombo), Edizioni dell'Asino (marzo 2013)

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