Maurizio Scarpari: Xi Jinping rifonda l’urbe imperiale

| 18 Settembre 2022 | Comments (0)

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Diffondiamo da La Lettura (Corriere della Sera) del 28 agosto, 561, p. 13.

In Cina l’impianto urbanistico e i principi architettonici della città ideale furono elaborati durante la dinastia Zhou (1045-256 a.C.) e vennero codificati tra la fine della dinastia e il primo periodo imperiale nel Zhouli (Riti dei Zhou), classico della tradizione confuciana. Perché in quest’opera e non in altre? Perché a riti e cerimoniali era riconosciuta una valenza cosmica paragonabile alla dimensione del dao, la sola forza in grado di armonizzare tutti i livelli dell’esistenza: universale, sociale, individuale. Ed era proprio nella realizzazione della città ideale che questo felice connubio si sarebbe dovuto concretizzare. L’origine dei riti era ritenuta divina, «avendo il loro fondamento nell’Uno Primigenio che, dividendosi, è divenuto Cielo e Terra, mutando, è divenuto yin e yang, trasformandosi è divenuto le quattro stagioni, separandosi, è divenuto divinità e spiriti» (Liji, Memorie sui riti). I riti venivano considerati un’estensione dell’ordine presente in natura: così come esistono leggi e principi che governano l’universo e il mondo naturale, anche la società umana necessita di modelli e regole che da quelle leggi e principi universali possano trarre linfa vitale. I saggi hanno compreso tale necessità e l’hanno tradotta in un sistema organico di norme e relazioni formali, attenendosi alle quali l’armonia tra mondo naturale e mondo terreno verrebbe assicurata: «Grazie ai riti Cielo e Terra si congiungono in armonia, sole e luna splendono luminosi, le quattro stagioni si alternano con regolarità, stelle e pianeti si muovono in Cielo, fiumi e corsi d’acqua scorrono placidamente, ogni cosa prospera e le passioni dell’uomo vengono mitigate e trovano il giusto equilibrio. Grazie ai riti gli inferiori diventano obbedienti e i superiori acquistano sagacia; tutto e tutti trovano, attraverso innumerevoli cambiamenti, la giusta collocazione» (Xunzi, Maestro Xun).

L’armonia naturale dell’Universo trova dunque la sua manifestazione ideale nell’associazione simbiotica di Cielo, Terra e Uomo. È infatti nel concorrere all’armonia di queste tre entità che l’individuo riesce a cogliere il senso pieno e la collocazione nel cosmo della propria esistenza, avendo però cura di tenere la dimensione metafisica e religiosa in secondo piano, riservando per sé il ruolo di protagonista dell’azione, un agire conscio e meditato che guarda con riverenza e cauto distacco al divino che lo sovrasta. La città perfetta rispecchia la ricerca di questa unità tridimensionale, che si manifesta in un simbolismo segnato dalla presenza costante di numeri magici: tre (la triade Cielo, Terra, Uomo), nove (tre volte tre, raffigurante il disegno cosmico della Terra, suddivisa in nove province), dodici (tre più nove, a simboleggiare i mesi dell’anno e le costellazioni celesti). Nove sono le caselle ideali che danno forma al Quadrato Magico circondato dalle mura di cinta, alte e possenti, della città; fortificazioni che non si limitano alla sola funzione difensiva, poiché marcano in modo netto la sfera ‘interna’ (nei) da quella ‘esterna’ (wai), ‘noi’ dagli ‘altri’, la ‘cultura’ dalla ‘incultura’, la ‘civiltà’ dalla ‘barbarie’. Dodici è il numero delle porte d’ingresso alla città ideale che, rivolte in direzione delle dodici costellazioni, consentono al sovrano di porsi ogni mese nella corretta posizione astronomica indicata dal costante processo di circumambulazione solare.

Ed ecco delineato l’impianto urbanistico ideale: «Si tracci un quadrato di nove li [unità di misura] per lato; ogni lato avrà tre porte. Al suo interno nove arterie principali con andamento da nord a sud si intersechino ad angolo retto con altrettante strade orientate da est a ovest. Le arterie principali avranno nove careggiate. Il Palazzo Imperiale sorgerà sull’intersezione delle vie che si incrociano al centro città» che, secondo i principi geomantici del fengshui, corrisponde al centro cosmico dell’intero Universo nella sua dimensione tridimensionale, ai cui diversi livelli solo il sovrano, Figlio del Cielo, è in grado di accedere.

La manifestazione architettonica più compiuta di questa concezione si aveva nella parte meridionale del Palazzo Imperiale, nella Sala Luminosa (Mingtang), che si apriva a sud per consentire al sovrano di assidersi sul trono dando la fronte al sole, simbolo del suo potere. Era infatti questo il luogo che più di ogni altro legittimava il potere divino e temporale dell’imperatore e della sua dinastia, da qui «il Figlio del Cielo comunicava con divinità e spiriti, sottoponendo la propria persona alla benefica influenza di Cielo e Terra», da qui dava udienza e gestiva il mandato a governare ricevuto dal Cielo (Tianming). Gli altri edifici pubblici avevano una precisa localizzazione, determinata dalla loro posizione rispetto al Palazzo Imperiale.

La struttura urbanistica delle capitali che si sono susseguite nei secoli si basava su questi principi. La Pechino premoderna, la cui ricostruzione ebbe termine nel 1421, ne è un ottimo esempio, con l’aggiunta però, rispetto allo schema tradizionale, di un sistema di laghi che si sviluppava lungo la parte occidentale dell’asse viaria centrale. Il nucleo primigenio era costituito da tre entità urbane distinte, di forma quadrangolare o rettangolare, realizzate una dentro l’altra: la più interna era la Città Proibita, residenza della corte, situata al centro della Città Imperiale, residenza dei funzionari civili e militari, a sua volta inserita nella Città Interna, destinata al popolo, le cui possenti mura furono terminate nel 1437. Nel 1564 il numero della popolazione stabilitasi a sud della Città Interna impose la creazione di una quarta entità, che prese il nome di Città Esterna. Pechino, che a questo punto si estendeva su 67 chilometri quadrati, mantenne sostanzialmente stabile la sua conformazione urbanistica fino alla caduta dell’impero. In anni più recenti, la città ha subito un profondo processo di espansione e di trasformazione che è riuscito solo in parte a non stravolgere l’impianto urbanistico tradizionale, rendendola una delle metropoli più moderne, innovative e popolose del mondo, ma anche tra le più inquinate e congestionate.

Le città di queste dimensioni pongono immensi problemi di sostenibilità e sicurezza, per ovviare i quali si stanno imponendo nuovi principi urbanistici, al fine di coniugare umanità e natura in chiave ecologica e tecnologica. La Cina ha da tempo avviato un progetto futuristico che ha nella creazione di 500 smart city il suo fulcro: città di media grandezza, concepite per ospitare un numero limitato di residenti e una serie di attività essenziali che nelle grandi metropoli vengono soffocate. L’avvio della costruzione di una città ultramoderna a basso impatto ambientale a Xiong’an, in un’area depressa a un centinaio di chilometri della capitale, dove le più avanzate tecnologie realizzeranno un habitat a misura d’uomo, ma anche più facilmente ‘controllabile’ dalle autorità preposte, è stato annunciato con grande enfasi da Xi Jinping il primo aprile 2017. Si tratta di una grande opportunità per tradurre in realtà il concetto di ‘civiltà ecologica’ e pianificare, partendo da zero, la città ideale del futuro, un’operazione ad esiti tutt’altro che scontati ma cruciale per la trasformazione della Cina in uno stato socialista moderno. Nella storia cinese l’avvento di una nuova dinastia ha spesso coinciso con lo spostamento della corte e delle principali attività politiche, amministrative, culturali e imprenditoriali in una nuova capitale. In quest’ottica, Xiong’an appare come un tassello importante di quel processo di rinnovamento del Paese avviato da Xi Jinping un decennio fa che molti interpretano come la rinascita o, meglio, la restaurazione del plurimillenario impero.

 

Category: Osservatorio Cina

About Maurizio Scarpari: Maurizio Scarpari, professore ordinario di Lingua e letteratura cinese classica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato dal 1977 al 2011 e ricoperto numerose cariche acca-demiche, tra le quali quelle di Pro-Rettore Vicario e Direttore del Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale. Sinologo esperto di lingua cinese classica, storia, archeologia, pensiero filosofico e la sua influenza sul pensiero attuale è autore e curatore di numerosi articoli e volumi, tra cui si se-gnala La Cina, oltre 4000 pagine in quattro volumi (Einaudi 2009-2013), alla cui realizzazione hanno contribuito esperti di 35 istituzioni universitarie e di ricerca tra le più prestigiose al mondo. Per ulteriori informazioni e la bibliografia completa dei suoi scritti si rinvia a www.maurizioscarpari.com.

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