Maurizio Scarpari: Platone va in Cina

| 13 Marzo 2023 | Comments (0)

*

Questo testo è stato pubblicato su La lettura n. 589 del 12 marzo 2023, con il titolo

“Il sinoplatonismo”.

«La Cina tiene a promuovere l’immagine di sé come di un’antica civiltà, come la “culla della civiltà orientale” e ha un particolare interesse a stabilire un rapporto privilegiato e bilaterale con l’altra grande antica civiltà, con la Grecia, “culla dell’Occidente”». Con queste parole una grecista italiana nel 2019 plaudiva all’arrivo ad Atene di Xi Jinping, probabilmente più interessato al valore economico-strategico dei cospicui investimenti cinesi nel Pireo — principale hub commerciale cinese nel Mar Mediterraneo — che al patrimonio artistico, letterario e filosofico dell’Ellade. Un paio di anni più tardi, nell’ambito degli incontri culturali tra i due Paesi, una statua di Confucio e una di Socrate furono poste, una accanto all’altra, nell’Agorà, di modo che potessero «dialogare» scambiando «pensieri oltre il tempo e lo spazio», figure «ieratiche e amichevoli, come se si conoscessero da sempre» (N.d.R.: se ne è parlato su Inchiesta, Amina Crisma: Confucio incontra Socrate ad Atene. I paradossi del presente, 1 ottobre 2021, www.inchiestaonline.it ).

In realtà non abbiamo notizie di contatti diretti tra greci e cinesi sino al III secolo a.C., quando grazie ad abili artigiani ellenici giunti al seguito di Alessandro Magno, le arti e le credenze dell’antica Grecia giunsero anche in quelle terre, mescolandosi con usanze e fedi di altre popolazioni e dando vita a pratiche e culti che, in parte, sembrano richiamarsi al mondo ellenistico. È stato persino ipotizzato che l’esercito di terracotta del primo imperatore cinese sia stato ispirato dall’arte statuaria ellenistica e che le 12 statue criselefantine alte più di 11 metri delle quali parlano antiche fonti storiche cinesi — raffiguranti divinità in abiti «barbari», vale a dire «occidentali» — si sarebbero rifatte agli dei dell’Olimpo, raffigurati anche in un piatto d’oro rinvenuto a Beitan, nella provincia del Gansu (nel Nordovest).

Studi più recenti proverebbero la presenza di insediamenti stabili nel Gansu centrale di comunità che praticavano culti dedicati a Dioniso e, parrebbe, persino a Zeus, raffigurato nei panni dorati di re Xiutu sulla parete settentrionale della grotta numero 323 di Mogao, nei pressi di Dunhuang. L’esistenza di un regno greco-saka fondato dal figlio di re Euthydemos I di Bactria lascia presumere rapporti stretti con il regno di Qin, prima ancora che il suo sovrano, Ying Zheng, fondasse l’impero cinese nel 221 a.C., autoproclamandosi Primo augusto imperatore dei Qin. 

Questo, tuttavia, avveniva molto tempo fa. Il significato simbolico dei due «saggi dialoganti» è oggi presto colto: nella città in cui fu realizzata la prima forma di democrazia della storia, ritenuta da Pericle un «modello universale», si vorrebbe trovare una consonanza tra forme di governo apparentemente inconciliabili. Xi ritiene quelle occidentali talmente negative da dover far ricorso ai più solidi valori cinesi, ritenuti anch’essi «democratici» anche se «con caratteristiche cinesi» (figura retorica vaga e duttile, adattabile a ogni necessità). Le potenti forze in gioco per realizzare il nuovo ordine mondiale che Xi Jinping intende creare devono conformarsi agli interessi economici, finanziari, geopolitici e militari, piegando ai propri scopi le idee e i valori filosofici.

L’interesse manifestato da Xi per la classicità greca sarebbe quindi funzionale ai suoi obiettivi. Shadi Bartsch, docente di Lettere classiche presso l’università di Chicago, ha studiato per anni la lingua cinese, così da accedere senza intermediari alle suggestive interpretazioni non tanto di quei filologi e accademici che si incontrano nei consessi internazionali, quanto di quegli intellettuali la cui voce arriva dritta al vasto pubblico, orientando e creando consenso politico. Impossibile esporre in così poco spazio i risultati della sua dettagliata analisi: nel suo Plato Goes to China. The Greek Classics and Chinese Nationalism (appena pubblicato da Princeton University Press), partendo dall’operato dei gesuiti, si sofferma su quei rivoluzionari cinesi di inizio Novecento che vedevano nella democrazia e nella scienza le vie primarie per modernizzare un Paese confinato all’arretratezza dal confucianesimo, retaggio feudale da estirpare, e focalizza invece l’attenzione sul periodo che va dal 1989 al 2020. 

Furono infatti i drammatici eventi del giugno 1989 di piazza Tienanmen a segnare il vero punto di svolta: da quel momento in poi i divulgatori dell’antico sapere si concentrarono sulla sistematica denigrazione della classicità greco-romana (ritenuta persino un’invenzione rinascimentale!), denunciandone l’inconsistenza e la pericolosità. Se di quella narrazione c’era bisogno, in molti si sono prontamente attivati. Un editoriale del 2017 di «Qiushi» (Cercando la verità), l’organo ufficiale di teoria politica del Partito comunista cinese, affermò senza esitazione che «la Cina sarebbe stata riconosciuta come il più grande Paese democratico al mondo, se solo l’Occidente non si fosse arrogato il diritto di proprietà del concetto stesso di “democrazia”… L’Occidente non ha alcun diritto di monopolizzare i principi costitutivi dello “Stato democratico”. L’essenza del discorso politico occidentale contemporaneo è cercare di stabilire la democrazia occidentale come l’unica forma “legittimata” di democrazia. Gli occidentali rifiutano deliberatamente di applicare la forma democratica alla Cina contemporanea, nonostante il suo pluralismo democratico… La democrazia socialista con caratteristiche cinesi è la più ampia, più autentica e più efficace democrazia che garantisce gli interessi fondamentali del popolo, rendendo costantemente evidenti la sua autenticità, efficacia e superiorità». Sarebbero i tradizionali valori confuciani, «i geni fondamentali della cultura cinese» tornati in auge con buona pace di Mao Zedong, la base genuina della cultura democratica, la cui durata e continuità non temono confronti.

Il volume di Shadi Bartsch potrebbe risultare persino divertente, se non dimostrasse, per l’ennesima volta, come la manipolazione e la distorsione della storia, unite all’uso sistematico della propaganda e della disinformazione siano una pratica sempre più diffusa e insidiosa. Da questo punto di vista, il libro è di grande utilità anche perché mostra come sia facile «creare la storia» per orientare l’opinione pubblica. Il che dovrebbe indurre noi tutti a riflessioni serie sugli eventi attuali e sul futuro delle relazioni tra grandi potenze.

Indicazioni bibliografiche

Maurizio Scarpari, “I greci nell’esercito di terracotta. Nuovi studi sugli scambi lungo la Via della Seta: i cinesi impararono la scultura dagli europei?”, La Lettura, 280, 9 aprile 2017, pp. 30-31. L’autore principale della tesi sull’influenza ellenistica sull’esercito di terracotta è Lukas Nickel, professore di Storia dell’arte asiatica all’Università di Vienna, autore dell’articolo “The First Emperor and sculpture in China”, Bulletin of the School of Oriental and African Studies, 76, 3, 2013, pp. 413-447 e di numerose altre pubblicazioni centrate sulle evidenze archeologiche relative ai rapporti tra il mondo cinese il mondo bactriano tra il III e il II secolo a.C. e al rapporto tra scultura e divinità nell’antichità. Sull’influenza ellenistica sull’arte e l’architettura cinese importanti sono gli studi del prof. emerito di Storia dell’arte Richard M. Barnhart. Fondamentali anche le ricerche di Lucas Christopoulos, autore di due importanti e documentatissimi studi, entrambi pubblicati dall’importante rivista Sino-Platonic Papers diretta dal prof. Victor H. Mair (un’autorità del settore) del Dipartimento di Lingue e civiltà dell’Asia Orientale dell’Università di Philadelphia, l’ultimo dei quali (Dionysian Rituals and the Golden Zeus of China, n. 326, September 2022) ha aperto inimmaginabili prospettive di studio sulle relazioni ellenico-cinesi ai confini dell’impero cinese. Per un libro più accessibile sulle relazioni tra la cultura greca e quella cinese, v. Geoffrey E.R. Lloyd, Grecia e Cina: due culture a confronto. Mondi antichi, riflessioni moderne, trad. di Amina Crisma, Feltrinelli, Milano 2004.

 

Category: Osservatorio Cina

About Maurizio Scarpari: Maurizio Scarpari, professore ordinario di Lingua e letteratura cinese classica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato dal 1977 al 2011 e ricoperto numerose cariche acca-demiche, tra le quali quelle di Pro-Rettore Vicario e Direttore del Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale. Sinologo esperto di lingua cinese classica, storia, archeologia, pensiero filosofico e la sua influenza sul pensiero attuale è autore e curatore di numerosi articoli e volumi, tra cui si se-gnala La Cina, oltre 4000 pagine in quattro volumi (Einaudi 2009-2013), alla cui realizzazione hanno contribuito esperti di 35 istituzioni universitarie e di ricerca tra le più prestigiose al mondo. Per ulteriori informazioni e la bibliografia completa dei suoi scritti si rinvia a www.maurizioscarpari.com.

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.