Roberto Dall’Olio: Frammenti d’Italia
FRAMMENTI D’ITALIA
I
si vede
aprirsi fiorita
oltre il nugolo alpino
una fantasia
non cartesiana
del cielo
II
una terra di rugiade
sole e mare
una terra di sabbia e luce
calda terra
di bruma pensante
l’Italia!
III
dorsali alberate
gestualità misteriose
etrusche tracce
IV
la pace
tra i cipressi
da intingere
calamai di stagioni
e piogge di luce
V
Italia
patrimonio
del Mondo
dai pini lunghissimi
l’ombra liquida
a spiagge
infinite
VI
la vecchiezza moderna
degli ulivi
la decrepita lungimiranza
degli Appennini scavati
VII
i calanchi erosi
la tempra fragile
di una terra eterna
saldata al vento
istoriale
VIII
una terra cara
alle angurie dei tramonti
sulle facce intagliate
dei vecchi
IX
o nude colline
mammelle
di un’Italia in fasce
e remota di vita
le arti gemelle
ti accarezzano
infine
X
una pittura
che s-colpisce
XI
il classico
querela
il romantico
la nostalgia
ammalia
lo splendore
XII
Tu hai dietro
l’arte
della memoria
colori di marmo
cieli di vetro
XIII
la tua
antichità lucente
scura
prenatale
soggiace
alla cattura
dell’Italia rinascimentale
……………………………………………………………………………………………………………….
XIV
L’Italia
che perdura
forma
XV
culla del tempo
soggiorno di bellezza
apparsa rugiada
dopo la brezza
di Gea e Urano
XVI
pennello d’oltralpe
che incedi
sul terrazzo del mondo
ne dipingi il segreto
XVII
le sue
fattezze eterne
così fragili
così delicate
da spaventare
la morte
XVIII
un colle
un bosco
un cielo
diventano
il colle
il bosco
il cielo
XIX
tu lo credi
non c’è progresso
nell’arte
solo così
il tuo spirito si nutre
dell’Italia che vedi
XX
la cosa più importante
è inusuale :
dipingere con i piedi
quelli giusti
per calzare lo Stivale
XXI
un’idea eretica :
Dio
nell’ebbrezza del riposo
fece l’Italia
di Domenica
XXII
a volte
seriamente
i tuoi colori
sorridono
XXIII
la natura
è immersa
il paesaggio
lo fa la storia
di passaggio
XXIV
hai tolto
il Barocco
come se
fosse sciocco
di fronte all’essenziale
l’Italia classica
Rinascimentale
XXV
gli olivi
hanno le mani
da pianisti
i fianchi di Venere
gli occhi di Enea
XXVI
se si abbandonano
le antiche spoglie
si sentono
cedere
le ossa
del mondo
e il dolore
senza domani
……………………………………………………………………………………………………………..
XXVII
parleremo di nebbie
tra le anguille piccole
quelle gialle
dove terra
finisce
XXVIII
ancora
riprendere
il tuo
colore
dal cielo
il tuo pennello
XXIX
pesticidi
laghi fiumi
canali
d’Italia
infestati
non diciamo più
che siamo
degli animali!
XXX
una volta
la morte
incuneò
satana
tra le dolomie
ne nacque
la superba
fragilità
XXXI
un glicine
espanso
i grappoli
di quel Zeus
tutto tuo
a primavera
le rose
sono esplose
XXXII
la corrotta
imbellettata
società
dei gradassi
che ti mangia
e sputa
sul piatto
dove mangia
XXXIII
biodiversità
vai a a capire
è un tema politico
l’Italia
è
tutta diversa
mi pare
Ravenna
la camera
di Sant’Andrea
XXXIV
la camera di
Sant’Andrea
mi riappare
quel ciuffo
di petali
anni brevi
dove il frantume
si fece eterno
ravennate
XXXV
se tutte le ginestre
fossero occhi
e noi ciechi
di luce
vedremmo l’isola
una galassia di soli
sardegna
XXXVI
l’acqua di vetro
di carloforte
il suo verde
nel gelato bianco
delle case
memoria
del tuo
colore
purezza marina
isola
magistrale
……………………………………………………………………………………….
XXXVII
bagheria
polare
con siracusa
al maestrale
tutto torna
da Tindari
alle falesie
di san vito
lo capo
XXXVIII
il medioevo
scuro
violento azzurro
giallo
sfrontato
edere di torri
il nudo galante
petroniano
XXXIX
quei bronzi
sapidi
di mare
alteggiano
sui misteri
delle origini
XL
lo so
che da Piazza Maggiore
spiavi
i mandorli
in fiore
il latte
della tua arte
XXXXI
non v’è
silenzio
più chiaro
la via degli Angeli
in ore qualsiasi
quella pace
senza confronti
XXXXII
Wiligelmo
pacca col bianco
l’intonaco
della via
Emilia
XXXXIII
è
come se
la Resistenza
fosse in te
un chiasso
enorme
solo interiore
XXXXIV
figlio
di Partigia
e Caravaggio
forse
Pontormo
Carracci
quel rosso
alla cappella
Brancacci
XXXXV
l’Italia
è pura
immensa
mente
scialata
la sua
solitaria
bellezza
da Monte Amiata
XLVI
l’italiano
in automobile
si crede
il mondo
XLVII
Castelluccio
visto
col bestiale
azzurro
del Pilato
è L’Italia
la sua bandiera
a perdifiato
XLVIII
Genova
di colpo
brusca di pioggia
una corrente
…………………………………………………………………………………………………
XIL
o mia terra
delle api
dei fiori
degli inventori
dei furbetti
lestofanti
dei Signori
o mia terra
delle api
bio
diversa
mente
grembo
di mezzo mondo
L
Trinacria
disegno
pitagorico
segreto
di amore
e morte
mare
LI
donna
fu
la mia fresca
faggeta
sul capo
di Piero
della Francesca
LII
il bianchello
del Metauro
era alla mano
accompagnando
il profumo
delle sogliole
allo Squero
di Fano
LIII
io sono
più
antifascista
di te
ecco
l’italietta
da caffè
LIV
il silenzio
senza aggettivi
sulla via
degli Angeli
immobile
scorre
non ha bivi
LV
impara l’arte
e finisci in disparte
LVI
l’ambiente
è in prognosi
riservata
frane
piene
plastiche
svastiche
LVII
certi personaggi
della Bassa
li trovi
solo al Po
l’unico fiume
che ha un mondo
LVIII
Canaletto
forse Venezia
la luce
l’acqua
non va
mai a letto
LIX
il colore
del lago
di Tenno
la critica
della ragion pura
gli occhi
di Brenno
……………………………………………………………………………………..
LX
in Istria
certe case
invase
dalla solitudine
dal silenzio
fatto di spine
frammenti
d’Italia
oltre confine
LXI
una polpa
di colori sboccia
tra le nuvole
l’albero
della vita
s’inarca
nel suo seno
con felice
imperfezione
è il duro parto
dell’arcobaleno
LXII
nomade è il vento
nomadi i fiori
la pioggia
le nuvole
la gioia
il tormento
nomadi i colori
le note
le umane genti
le api no
le formiche neppure
hanno gli alberi
le radici
ma nomade
in tutto
è la vita
perché nella storia
la guerra ai nomadi
non è mai finita?
LXIII
si insista
su questa memoria
Rom e Sinti
non giacquero
vinti
dalla spietata sorte
scelsero la rivolta
all’inferno nazista
saturo di morte
LXIV
il violetto
puro
netto
nel cielo
nero
di pathos
e fieno
si stende
il compasso
dell’arcobaleno
LXV
Molfetta
romanica
isola
sporca
di bianco
LXVI
Urbania
alle due
di un agosto
cocente
ruhe
senza tempo
LXVII
il dipinto
con gatto
di Casorati
solo
tragico leggero
senza alleati
LXVIII
nelle osterie
d’Italia
quelle vere
si ritrova
la vena platonica
il dialogo
l’ebbrezza
la verve ironic
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