Nello Rubattu: La centrale elettrica tedesca E.On in Sardegna. Un disastro annunciato

| 29 Aprile 2015 | Comments (0)

 

 

 

Come si manda a fare in culo un intero territorio? Molto semplice: si prende una località dove la popolazione è alla canna del gas, con una disoccupazione reale che sfiora il 60% e si costruisce una bella fabbrica inquinante. Una fabbrica che da altre parti (quelle più ricche, ovviamente), susciterebbe una “vibrata protesta” da parte delle forze pubbliche, delle amministrazioni, dei commercianti, degli operatori turistici e di tutto il resto della compagnia cantante, ma che in un territorio povero come quello sardo viene percepita come una speranza.

Stiamo parlando di teorie? Di fantasy apocalittico?  non ci sembra proprio.

Almeno no, se si guarda quello che succede ogni giorno in Sardegna, dove tutti, scusando il linguaggio, possono venire a pisciare nelle aiuole difronte alla chiesa (devo dire che la frase non è mia, ma di un giallista americano un po’ hard boiled, Raymond Chandler).

Tanto per essere chiari, stiamo parlando della centrale di Fiume Santo nei territori di Sassari e Porto Torres di proprietà della E.On, una potente multinazionale tedesca che produce energia e che è responsabile dell’ultima delle porcate in ordine di tempo, accaduta su quest’isola baciata dal sole che dovrebbe essere la Sardegna.

Il disastro ambientale che ha provocato questa centrale, ha portatato a far finire in manette il gruppo dirigente della centrale e alla scoperta di un quadro di connivenze che per decenni, hanno coperto l’entità del disastro.

Ma cos’è la centrale di fiume Santo? Intanto si trova ad un passo dal mare, nella zona nord occidentale dell’isola, su un terreno di 153 ettari, nel comune di Porto Torres e nel 2013, la produzione netta di energia è stata di 3.461 GWh.

Sempre nei terreni della E.On, da poco è entrato in funzione un parco fotovoltaico ( Fiume Santo 2 e Fiume Santo 5) che come dicono nella loro presentazione i responsabili dello stabilimento “ha triplicato la capacità fotovoltaica nel nostro Paese, si colloca fra i dieci impianti fotovoltaici più grandi d’italia e ha una potenza installata rispettivamente pari a 18 MW e 11,5 MW”. Una potenza energetica in grado di dare elettricità a una cittadina di 25 mila persone.

Cosa hanno fatto questi dell’E.On di così grave? Hanno semplicemente falsato tutti i sistemi di controllo e allo stesso tempo si sono presentati come una centrale elettrica in regola con tutte le autorizzazioni: “La Centrale – spiegano quelli dell’E.On – si è dotata di un Sistema di Gestione Ambientale e dal 2005 è registrata al Registro Europeo EMAS con il numero I-000403. Inoltre,è certificata ISO 9001 per le attività di scarico delle navi carboniere, combustione e produzione di ceneri volanti (Fly ash) ottenute per combustione di polveri di carbone e biomasse vergini, classificate, in conformità al Regolamento (UE) N. 305/2011 del Parlamento Europeo e del consiglio, come prodotto di qualità e utilizzate come materiale da costruzione con certificato CE 0099/CPR/A95/0014. Nel  2009, la Centrale ha ottenuto la certificazione Ambiente e Sicurezza secondo gli standard OHSAS 18001 e dal maggio 2010 il sito produttivo di Fiume Santo ha ottenuto con Decreto DVA-DEC-0000207 del 26 aprile 2010 l’autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio della Centrale”.

Ovvio che a un qualsiasi essere umano viene in testa pensare chi diavolo ha dato loro tutto questo ben di Dio di certificazioni. Chi ha dato loro il permesso di taroccare le analisi, i riscontri e le valutazioni?

Come diavolo hanno fatto a nascondere il fatto che il serbatoio della centrale OCD TK 19.3, era irrimediabilmente corroso e per decenni si sono riversati nei terreni e in mare tonnellate di veleni a gogo. Che analisi sono state fatte in questi anni?

Tutto questo ha portato alle manette Salvatore Signoriello, amministratore delegato della E.On italia, Paolo Venerucci, responsabile delle risorse umane e Alessandro Muscas della Lithos che ha eseguito per conto della E.On le analisi chimiche dalle quali sarebbe dovuto essere rilevato l’inquinamento ad essere inquisiti dalla magistratura di Cagliari.

Un inquinamento che era – ed è – altissimo: su un campione di terreno ora si scopre che la presenza di idrocarburi era numericamente quantificata in 21.874 mg/kg, a fronte di un valore limite di 750 mg/kg. In pratica quei terreni sono semplicemente diventati dei pozzi di scarti di petrolio e nulla più.

Da quanto dura la porcata? Semplice: da venti anni.

E come mai quel serbatoio si è sfondato? Perché era stato costruito con del materiale che non permetteva di contenere l’orimulsion. Un combustibile venezuelano a base bituminosa con consistenti inquinamenti di zolfo, vanadio e nichel. Una sostanza altamente corrosiva che aveva dato problemi alla Endesa, la multinazionale spagnola, precedente proprietaria dell’impianto.

Il bello è che i dirigenti dell’E.On, sapevano tutto: sapevano che quei serbatoi non andavano bene, sapevano che erano sfondati, ma se ne sono fottuti ampiamente. Tutto lo si ricava da alcune intercettazioni in cui i dirigenti dell’E.On, Paolo Venerucci e Livio Russo, ne parlano fra di loro: “A un certo punto quella roba si è rotta prima sempre per quel motivo lì, perché ha circolato l’orimulsion… nel tempo abbiamo avuto delle altre perdite…quella roba è rotta… non sono cose che si possono dire per telefono…”

Dei veri delinquenti che portavano avanti questo cazzo di balletto da anni e anni.

Non per niente i magistrati sono convinti che i dirigenti della centrale, sapevano già da molto della faccenda. Loro stessi quando ne parlavano per telefono, dicevano che era “un Inferno”. E i magistrati affermano che nelle intercettazioni ambientali, sempre quei dirigenti parlavano di Stato preoccupante delle lamiere del fondo (dei serbatoi n.d.r.).

E: “Della contaminazione del sottosuolo – rilevano i magistrati – e delle acque reflue… causati da continui sversamenti di combustibile, prolungate immissioni di polvere nell’aria continuati e prolungati reflui nel mare di sostanze altamente inquinanti come boro, cloruri e solfati”.

Se poi considerate che quei reflui di petrolio non stanno fermi e corrono sia verso i terreni circostanti che verso il mare potete capire che le dimensioni del disastro sono al momento solo presumibili.

Ma al problema dei residui del petrolio, si aggiungono quello delle polveri. Si, perché, quello che si brucia, produce polveri che fuoriescono dalle grandi ciminiere dell’impianto e si diffondono con il vento che in Sardegna non manca proprio, in aree molto vaste:

“Speriamo che non vengano fuori le cose della polvere – ricorda Livio Russo, uno dei dirigenti arrestati – …Quello studio che sto facendo sulla polverosità del carbonile…dal quale si evince che c’è una forte polverosità”.

Ma come diavolo si è arrivati all’inchiesta? Mica perchè si stavano cercando gli inquinatori! No, quando mai dare ragione a quei gruppi che nel territorio denunciavano da anni il problema dell’E.On e venivano presi per stoccafissi colpiti sulla strada dell’ecologia. No, i magistrati erano alla ricerca di prove su una presunta associazione a delinquere fra professionisti, imprenditori, dipendenti pubblici: “Interessati – secondo i magistrati – a condizionare l’esito di alcune decisioni importanti nell’ambito della aggiudicazione di alcuni appalti”, fra cui quello della bonifica della Centrale di Fiume Santo!

Perché, bisogna ricordare che i lavori di bonifica sono diventati necessari a fronte del fatto che nel 2011, una marea nera, fuoriuscita sempre da quella centrale termoelettrica, si riversò per tutta la costa settentrionale dell’isola, dal Golfo dell’Asinara fino a Capo Testa in comune di Santa Teresa di Gallura. Fu un disastro ambientale di enormi proporzioni, che impegnò per la bonifica centinaia di uomini a raccogliere le palline di orimulsion depositate lungo spiagge e scogliere.

Nonostante questo, nessuna forza politica o statale, ha richiesto uno screening di quello che succedeva nella centrale di Fiume Santo, ma solo la constatazione del danno ambientale su quanto era accaduto e quindi le relative bonifiche. Insomma, tutti a cercare di aggiustare la tazzina rotta e nessuno a notare che era crollata la casa.

Insomma, questi pezzi di delinquenti in cravatta e abito di buon taglio, se non ci fosse stata la soffiata ai magistrati da parte di qualcuno di chissà quale circolo castale (sarebbe davvero interessante sapere chi è il formulatore della denuncia alla magistratura) che aveva paura di vedersi negato anche il piatto ricco dei lavori per il disinquinamento di un’area di chilometri e chilometri di terra e di coste, avrebbe mai colpito e affondato quelli dell’E.On.

Dov’erano le forze politiche locali e quelle nazionali? Stavano merendando o cosa?

Ma l’assurdo è che sempre questi dell’E.On a questo punto della storia decidono di trasformarsi in ferventi ecologisti, rispettosi dell’impatto ambientale. Infatti, nel 2011, capendo che i combustibili liquidi sono troppo impegnativi, decidono di cambiare strategia e si danno alle rinnovabili.

Gli amministratori della E.On tedesca, hanno semplicemente capito che con le prebende pubbliche sulle rinnovabili, si guadagna molto di più e quindi preferiscono dare vita, sempre nei loro 153 ettari di terra sarda a Fiume Santo, a due mega centrali solari, quelle che come abbiamo ricordato prima sono in grado di soddisfare la richiesta di energia elettrica per venticinquemila persone.

La produzione ad oli combustibili decidono, invece, di metterla in vendita ed ora dovrebbe passare alla multinazionale ceca EPH. Che non sono che gli ultimi di una catena di inquinatori che partono con Elettrogen (gruppo Eni), poi Endesa, spagnola, ora E.On tedesca. Siamo al tour completo: ora manca qualche multinazionale cinese o russa e abbiamo finito il giro del mondo.

Tutto questo su un territorio che proprio di disastri ambientali non è che non ne avesse già di suo in pregresso. Su Porto Torres, pesano i veleni depositati a Minciaredda (una piccola località alle porte della cittadina). Una vera e propria collina di veleni accumulatisi con la Petrolchimica, dove si trovano scarti di lavorazione industriali, resine, gomme, metalli pesanti e inerti che aveva spazzato via un piccolo stagno che stava proprio da quelle parti. Ma se ancora non bastasse i vigili del fuoco  e quelli dell’Arpas, avevano segnalato alla magistratura  i problemi della darsena industriale, dove in quello specchio di acqua, hanno rilevato una concentrazione di benzene 417 mila volte superiore al limite consentito!

Capito il problema?

Un disastro ambientale e umano di proporzioni bibliche che ha sconvolto uno dei mari più pescosi della Sardegna e che per tanti anni non ha attirato l’attenzione di nessuno. Semplicemente perché nessuno dei responsabili politici, amministrativi e sindacali (purtroppo anche loro), volevano disturbare il guidatore.

Un disastro annunciato che i giornali spesso hanno sottovalutato. Negli anni novanta per esempio, i pescatori del golfo si accorsero che le cose in quel tratto di mare stavano cambiando: molti di loro nelle reti invece che sardine o simili si trovarono squali! Come mai, vi chiederete? Semplice: quegli animali venivano attirati dal fatto che il golfo aveva di colpo un’acqua più calda che in passato. Qualcuno potrebbe pensare al riscaldamento del globo. No, la centrale di Fiume Santo, senza fare un plissè, buttava in mare tutta l’acqua che serviva per raffreddare gli impianti in mare e quelle enormi quantità, erano riusciti a sconvolgere l’intero ecosistema del Golfo di Porto Torres.

Molti ci ironizzarono e fecero i soliti articoli di costume. La realtà era invece che stava cambiando l’intero equilibrio ambientale, ma nessuno se ne volle interessare.

Come si disinteressarono del fatto che gli allevamenti di cozze (che sono degli spazzini del mare) che dovevano servire per segnalare l’inquinamento della darsena, un bel giorno sparirono. Mica perché qualcuno le aveva rubate per rivenderle, ma solo perché in quel modo gli addetti ai controlli non potevano fare le analisi.

Inutile dire che in questi anni in molti si sono ribellati a questo andazzo. Ma nella maggior parte dei casi, con le buone o le cattive, sono stati messi da parte. Non sono mancate in questi anni le proteste degli ambientalisti che chiedevano controlli più severi, o quelle degli indipendentisti dell’Irs che occuparono la collina di Minciaredda, portando alla magistratura campioni di quello che avevano trovato. Addirittura il vecchio partito sardo d’azione, ha riempito di mozioni il comune di Sassari. Ma niente, nessuno sembrava avere intenzione di muoversi.

Tutti si rifugiavano dietro le analisi che vengono eseguite per conto della Commissione tecnica di controllo, di cui fanno parte i comuni di Sassari e quello di Porto Torres, la Provincia e la stessa E.On. L’attuale presidente della commissione Giampaolo Mameli, ha difeso il suo operato ricordando in un comunicato che “Il ruolo della commissione, non è di reperire dati, ma di leggere quelli che li vengono forniti dalle centraline”. In pratica non hanno fatto un beneamato cazzo.

Hanno fatto molto di più quelli delle opposizioni dei due comuni interessati. Sicuramente lo faranno per i loro interessi politici, ma stanno chiedendo alle amministrazioni di Porto Torres e di Sassari, almeno di costituirsi parte civile.

Ma le cose non sono così semplici: Nicola Sanna, attuale sindaco di Sassari,  ha comunicato di sentirsi stupito e di rimanere in attesa di comunicazioni da parte della magistratura, del Noe e dell’Arpas, per capire se nel territorio costiero di sua competenza, deve fare partire una ordinanza  di divieto di balneazione e di pesca, almeno nell’area attorno alla centrale.

Nessuno si vuole prendere in mano la patata bollente e tutti stanno cercando, come succede sempre  in questa parte del globo, di rinviare una qualsiasi valutazione e assunzione di responsabilità. Che ci pensi qualcun altro, è la parola d’ordine.

Ma il bello è proprio arrivato via comunicato stampa in questi giorni da parte della potente direzione della multinazionale tedesca che ha sospeso da tutte le loro funzioni i suoi dirigenti inquisiti della centrale di Fiume Santo.

In pratica l’E.On, ci vuole comunicare che loro, in Germania, di quello che combinavano i loro amministratori in Italia non ne sapevano nulla.

Alla faccia dell’ipocrisia!

 

 

 

 

 

 

 

Category: Ambiente, Osservatorio Sardegna

About Nello Rubattu: Nello Rubattu è nato a Sassari. Dopo gli studi a Bologna ha lavorato come addetto stampa per importanti organizzazioni e aziende italiane. Ha vissuto buona parte della sua vita all'estero ed è presidente di Su Disterru-Onlus che sta dando vita ad Asuni, un piccolo centro della Sardegna, ad un centro di documentazione sulle culture migranti. Ha scritto alcuni romanzi e un libro sul mondo delle cooperative agricole europee. Attualmente vive a Bologna

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