Nello Rubattu: Alluvioni in Sardegna, il fascino perverso del governo

| 23 Novembre 2014 | Comments (0)

 

 

In Sardegna lo chiamano “S’ajudu torrau”, l’aiuto restituito, sarebbe la traduzione. E’ quell’aiuto che viene dato alle persone quando sono in difficoltà o hanno necessità di una mano. Tradizionalmente, veniva dato quando si aveva una necessità legata al lavoro nei campi, o nel caso di una disgrazia familiare: i parenti, i vicini, gli amici di paese, o quelli del paese vicino, si organizzano per dare una mano.

In Sardegna, una delle dimostrazioni più concrete de s’ajudu, è avvenuto quando recentemente sulla nostra isola, si è abbattuto il ciclone Cleopatra (vedi foto) che ha messo in ginocchio metà della Sardegna, colpendo come una furia da Olbia nel Nord a Terralba, nel Sud.

Senza che nessuno dicesse nulla o le associazioni di volontariato facessero un comunicato, le persone si sono mosse individualmente e in gruppo per aiutare chi in quel momento aveva necessità. A questa gara di solidarietà, hanno partecipato anche i nostri emigrati in Italia e in Europa: i circoli dei sardi, hanno organizzato raccolte fondi o sono partiti prendendosi una settimana di ferie per dare una mano. Sono stati raccolti molti soldi e ancora sse ne raccolgono, per alleggerire gli effetti di quella disgrazia. Un gruppo di nostri scrittori, si sono organizzati e hanno pubblicato un piccolo libro con i loro racconti, racccogliendo 200 mila euro  che sono serviti a rimettere in piedi una piazza completamente distrutta dall’alluvione di un paese del centro Sardegna, Bitti, così si chiama il paese.

Tutti sapevano che buona parte di quei danni erano stati provocati da antichi mali: torrenti tombati, piani edilizi sbagliati, strade senza senso. Ma in quel momento, invece che attardarsi in sterili polemiche e in “dotte” descrizioni sull’origine dei mali, la “gente”, ha capito che la prima necessità era semplicemente alleviare i problemi.

La Sardegna è una terra strana di questa strana Repubblica. Una delle terre più povere, dove non mancano i problemi di lavoro e di forte disoccupazione, ma questo non ha impedito ai suoi abitanti, alla mia gente, di reagire. Non siamo meglio di altri, ma non siamo neanche peggio… E siamo stati un esempio di come non è vero che la gente non sa accettare i sacrifici: tutti li accetterebbero e saprebbero anche dare delle risposte se ne avessero la possibilità e se chi è incaricato ad agire, si dimostrasse corretto. Un problema di chieftainship, direbbero gli antropologi.

Per questo ha fatto veramente incazzare molti nell’isola, l’infelice sparata di Graziano Delrio che ha ha parlato di “inerzia” degli amministratori comunali dell’isola: “la responsabilità non è certo di questo governo… Se tutti gli amministratori della Sardegna avessero mostrato lo stesso impegno che ha mostrato questo governo, non saremmo qui a ragionare di questa difficoltà”.

Il riferimento è in questo caso alle nuove proposte di accordi di programma per la Sardegna. Proposte che, secondo Delrio, dovranno essere presentate entro il prossimo 4 dicembre e “completare così il quadro degli impegni per 500 milioni in opere pubbliche e ripristino”.

Ma quei soldi stanziati sono uno specchietto per le allodole, In pratica una balla di regime.

La Sardegna, come il resto dell’Italia, vive con la mannaia del patto di stabilità che pone troppi vincoli difficile da sciogliere. Tutti lo sanno.

Ma i nostri governi, invece di attrezzarsi per risolvere il problema utilizzano la vecchia pratica di sollevare polvere per non far vedere la realtà… che così rimane la stessa: cambiano i governi, ma la consuetudine dello scaricabarile rimane, facendo perdere del tempo e ingenti risorse: “Quanto ai 2.3 miliardi non spesi per inerzia degli amministratori della Sardegna – ha affermato in un comunicato Piersandro Scano, presidente dell’Anci della Sardegna – gli chiediamo, per elementare dovere di serietà di fornire l’elenco degli stanziamenti con le relative finalità.

 

 

 

Carmine Lizza: Sardegna. Colpe del sistema e colpe dei cittadini

(da www.vita.it del 20 nov.2014)

 

Francesco Mattana ha intervistato Carmine Lizza, geologo e responsabile nazionale Anpas. L’associazione è in prima fila, coi suoi 1500 volontari, per fronteggiare l’emergenza alluvione in Sardegna. Al di là dei racconti a alto impatto emotivo, è fondamentale sentire l’opinione di uno studioso in materia sulle ragioni per cui il Ciclone si è abbattuto con tanta violenza sull’isola. La domanda più frequente che l’opinione pubblica si pone in questi giorni è questa: si poteva evitare questa sciagura con una campagna di comunicazione più accurata? Lizza risponde, a questa e a altre domande, nelle righe seguenti.

 

D. Perché Cleopatra si è scatenata così violentemente?

R. In larga parte queste piogge intense erano state previste nell’intensità. Il ciclone mediterraneo  creatosi due giorni fa lasciava intravedere precipitazioni consistenti. Poi c’è stato il blocco dell’alta pressione che ha permesso al ciclone di posizionarsi sulla Sardegna e di autoalimentarsi, ecco perché si è creata questa situazione così critica. Questi cicloni mediterranei sono normali per il periodo, però quest’anno si è abbiamo avuto una continuazione dell’estate con temperature molto alte: la temperatura del mare elevata a contrasto con l’aria fredda ha creato il vortice che si è posato prima sulla Spagna poi in Sardegna. La settimana scorsa c’è stato un evento atmosferico  simile ma  aveva scaricato tutto sul mare il quantitativo di acqua. Questa volta, purtroppo, siamo stati più sfortunati».Il problema però, si badi bene, non è della natura. Da un lato c’è la questione assodata, ovvero che si è costruito dove non si doveva. Ma c’è un altro punto: nonostante la catena di comunicazione fosse partita bene dal Dipartimento come sempre, la catena si è bloccata e non è arrivata fino ai cittadini; non c’è stata una comunicazione corretta, sia prima dell’approssimarsi dell’evento sia durante l’emergenza. I morti dunque ci sono stati per cattivi comportamenti -ad esempio padre e figlio vicini ad un canale senza protezione. In una corretta pianificazione e informazione quelle zone dovevano risultare protette.

 

D. Chi sono i colpevoli?

R. Non esiste un vero responsabile, bisogna fare un cambio culturale. Dobbiamo acquisire le norme di autoprotezione: non basta semplicemente avere un piano di protezione civile che indica quali sono le aree inondabili, bisogna piuttosto che queste pratiche diventino patrimonio comune di tutti i cittadini. Nelle zone a rischio, sapere che devono limitare le uscite e mettersi in posizione di sicurezza. Dunque di chi è la colpa? Della collettività. Noi siamo partiti con la campagna nazionale Terremoto-Io non rischio insieme al Dipartimento Nazionale e siamo anche in partenza con la campagna sulle norme comportamentali da tenere prima, durante e dopo eventi alluvionali: percorsi molto lenti, che dovrebbero dare risultati nei prossimi anni. C’è un’altra questione: quegli stessi cittadini che ora si mordono le mani per aver costruito dove non dovevano in passato hanno fatto pressioni sulla politica per ottenere permessi edificabili.

 

D. In questo momento si trova  in Sardegna?

R. Non sono fisicamente in Sardegna anche se ho dieci collegamenti all’ora dall’isola. Oggi, nella prima fase dell’emergenza finita i volontari si sono organizzati in squadre, si stanno spostando da una parte all’altra  per far rientrare la popolazione nel più breve tempo possibile alla normalità della gestione. Obiettivo: aiutare le famiglie nello sgombero, nella pulizia delle abitazioni, nella sistemazione per quanto ci è possibile delle strade, della corretta regimentazione delle acque sulle strade, togliere detriti, macerie e quant’altro.

 

D. Alcuni lamentano che sarebbero state utili più idrovore grandi…

R. Chiariamo, facciamo un ragionamento tecnico. L’impiego delle idrovore può essere pericoloso se la permeabilità del terreno, la porosità non è commisurata alla capacità di ritiro dell’acqua da parte delle idrovore . Le pompe idrovore devono essere utilizzate da tecnici che hanno competenze sulla capacità di assorbimento dei terreni e di circolazione idrica all’interno della falda dei terreni, perché si possono davvero creare danni ancora più grossi di quelli dell’alluvione. È già capitato in altre situazioni: errato pompaggio dell’acqua ha creato problemi sulle fondazioni dei fabbricati, oppure le spinte idrauliche sui muri perimetrali  hanno fatto danni agli stabili abbastanza importanti. Ad esempio, nell’alluvione a Vibo Valentia o a Palagiano nel tarantino. Anche la polemica sulle idrovore più grandi è pericolosa: questi strumenti vanno utilizzati in maniera intelligente e accurata.

 

 

 

Category: Ambiente, Osservatorio Sardegna

About Nello Rubattu: Nello Rubattu è nato a Sassari. Dopo gli studi a Bologna ha lavorato come addetto stampa per importanti organizzazioni e aziende italiane. Ha vissuto buona parte della sua vita all'estero ed è presidente di Su Disterru-Onlus che sta dando vita ad Asuni, un piccolo centro della Sardegna, ad un centro di documentazione sulle culture migranti. Ha scritto alcuni romanzi e un libro sul mondo delle cooperative agricole europee. Attualmente vive a Bologna

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