Mario Agostinelli, Massimo Scalia: Fusione nucleare, soltanto il Sole è rinnovabile
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Riprendiamo da il manifesto del 22 dicembre
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L’esperimento del 5 dicembre scorso al Livermore Laboratory (California), nell’ambito della National Ignition Facility (NIF), è stato rivendicato dall’Amministrazione Biden con un clamore spropositato rispetto a quanto effettivamente ottenuto nel laboratorio. Perché? Si trattava, in realtà, di ricordare a Putin, ma anche a Xi Jinping, la supremazia degli Stati Uniti, da oggi e per il futuro, sia sul piano energetico che, soprattutto, su quello militare. I soliti antiamericani? No. È infatti noto che il confinamento inerziale con laser – gli esperimenti che si praticano da anni al Livermore – è la tecnologia meno adatta per la produzione di energia per usi civili; al contempo, i miliardi per arrivare al “trionfo” del 5 dicembre sono stati a carico del Dipartimento della Difesa e il core business del NIF è fornire alla National Security sperimentazioni e tecnologie utili per la conservazione e lo sviluppo delle armi termonucleari. Questi semplici dati sono stati riportati da Elena Comelli sul “Sole24ore”, mentre, nel rendere conto dei risultati ottenuti al Livermore, la grande stampa si è prodigata in un florilegio di inarrivabili sciocchezze, che, puntuale e documentato, appare a questo link: https://attivissimo.blogspot.com/2022/12/fusione-nucleare-le-minchiate.html.
Nell’interno del Sole sono quattro gli atomi di idrogeno (protoni, in realtà, poiché gli atomi, a causa di temperatura e pressione, “perdono” i loro elettroni) che si fondono in un nucleo di elio, che ha, però, una massa inferiore a quella dei quattro atomi. Una massa non può scomparire e questo “difetto di massa” al termine della reazione misura quanta energia è stata creata, secondo la famosa formula di Einstein: E = mc2, e irraggiata. Perché i protoni riescano a fondersi, l’interazione “forte”, che li caratterizza, deve prevalere sulla repulsione elettrostatica tra cariche dello stesso segno. È l’enorme densità del nucleo del sole, circa 150.000 kg/m³, che li fa stare molto vicini, e che, insieme alla colossale pressione, circa 500 miliardi di atmosfere, e a una temperatura di 15.000.000 di Kelvin “obbliga” i protoni a fondersi.
Sulla Terra è impensabile realizzare le condizioni di densità e pressione del Sole. Per tenere vicine le particelle si usa, nella reazione di fusione per gli usi civili dell’energia, cioè l’elettricità, il confinamento magnetico. Perché si punta sulla reazione deuterio-trizio, i due isotopi dell’idrogeno? Perché bisogna fare i conti con la probabilità – sezione d’urto – che le particelle nucleari interagiscano effettivamente tra loro per fondersi. La sezione d’urto per una reazione tra nuclei di idrogeno, come nel Sole, è sfavorevole rispetto a quella tra due nuclei di deuterio, che però, a sua volta, ha sezione d’urto inferiore alla reazione deuterio-trizio. In definitiva, nonostante quest’ultima reazione richieda una temperatura dell’ordine dei 100 milioni di gradi, è quella che può produrre energia da fusione con maggior probabilità rispetto alle altre.
Ed eccoci a ITER, in costruzione in Provenza a Cadarache, che si propone di dare continuità alla reazione, come non possono i 192 laser del Livermore che vanno raffreddati per una giornata dopo ogni ignizione.
Ottimo proponimento, ma ITER è da anni in costruzione, costo a oggi stimato di 20 miliardi, senza che sia stata provata la fattibilità sperimentale della fusione. Infatti, nessuno si è levato a contestare la “prima volta” di un guadagno netto d’energia rivendicata dall’esperimento del Livermore. Quindi il “pentolone” di Cadarache prosegue, scientificamente “abusivo”, con un finanziamento pubblico sulle spalle di vari popoli – UE, Stati Uniti, Cina, India, Corea del Sud – che il processo decisionale ha bellamente scavalcato, agevolato da una grande stampa che, qui in Italia, spara per di più incredibili sciocchezze.
“Disponibilità illimitata, a basso costo”? Basta attingere dallo stesso sito di ITER (https://www.iter.org/mach/tritiumbreeding) per sapere che l’attuale disponibilità globale di trizio è di 20 kg, mentre per un reattore a fusione da 1000 MW è previsto un consumo di circa 56 kg in un anno. I “fusionisti” sostengono che, una volta in esercizio, il cosiddetto “tempo di raddoppio” – quello necessario affinché un reattore a fusione produca trizio in eccesso per supportare un secondo reattore – è inferiore a 5 anni. Ma, a quando tutto questo? Non prima del 2050, secondo il programma ITER, quando peraltro la percentuale di elettricità da fonti rinnovabili nella UE, se non il 100%, del rapporto MacKinsey, gli sarà assai vicina.
E le scorie? ITER produrrebbe migliaia di tonnellate di materiale radioattivo. Infatti, anche a lasciar perdere quel che resta del trizio come scoria, radioattiva, ITER è una intensissima sorgente di neutroni. Tutta l’energia della fusione è estratta con i neutroni da un plasma “trasparente” a queste particelle, che si arrestano sulla prima parete solida che incontrano, attivandola.
Quanto al vanto proclamato dal Livermore, se si considera tutta l’energia impiegata dai laser e non solo quella che incide sul target, lungi dall’esserci un guadagno netto, si ha un rendimento da prefisso telefonico. Maldicenza? Vedremo il rendiconto scientifico dell’esperimento. Intanto, a giornalisti grandi e piccini, sull’attenti quando il Dipartimento di Stato suona la tromba, suggeriamo di rilassarsi e, magari, un po’ più d’entusiasmo per quel che si può fare subito, da ora, col reattore a fusione che già abbiamo in esercizio a 150.000.000 km di distanza: il Sole.
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