Jeffrey Sachs: Solo lo sviluppo sostenibile salverà il mondo

| 2 Novembre 2014 | Comments (0)

 

 

Intervista di Alain Elkan pubblicata su La Stampa del 2 novembre 2014

 

Elkan: Professor Jeffrey D. Sachs, lei è direttore dell’Earth Institute alla Columbia University: come procede la sua battaglia per lo sviluppo sostenibile?

Sachs; «E’ lunga e difficile. Le idee di sviluppo sostenibile circolano da decenni, ma la traiettoria del mondo non è nella giusta direzione. L’economia e la geopolitica mondiale hanno le loro dinamiche. Stiamo andando verso un aumento delle crisi sociali e dei danni ambientali. Soprattutto in Africa e Medio Oriente. Ridisegnare un sistema globale è una sfida, il 2015 sarà decisivo».

 

Perché?

«Si terranno i negoziati sul clima che si concluderanno a Parigi in dicembre. A settembre i leader mondiali si riuniranno per tre giorni all’Onu per il più grande summit sullo sviluppo. A luglio, un altro vertice sul sistema finanziario offrirà l’opportunità di indirizzare i risparmi in tutto il mondo verso scopi vitali: energia a basso tenore di carbonio, assistenza sanitaria e cura delle malattie per i poveri, città sostenibili, resilienza del clima, e altro. Reindirizzare la finanza in questo senso renderebbe il mondo più sicuro».

 

La questione del riscaldamento globale ha molti nemici?

«Abbiamo un sistema energetico mondiale basato sui combustibili fossili, ma ora sappiamo anche che distruggeranno il pianeta se continuiamo a usarli. Tuttavia le compagnie di combustibili fossili si stanno opponendo al cambiamento, soprattutto in Usa, Canada e Australia. ExxonMobil, Chevron, Koch Industries e altri giganti del settore si sono comprati i politici statunitensi. O ci muoviamo verso un’economia a basse emissioni di carbonio, o il pianeta andrà in rovina».

 

Non è facile, vero?

«Niente è facile. E la sfida ambientale su scala mondiale è senza precedenti. Non siamo pronti e il tempo sta per scadere».

 

E che dire di Ebola?

«Non è ancora sotto controllo. I Paesi più colpiti in Africa occidentale – Liberia, Guinea e Sierra Leone – sono tra i più poveri del mondo. Per molti anni quest’area si è trovata in stato di guerra, non aveva un sistema sanitario funzionante quando è scoppiata l’epidemia. Al momento le agenzie internazionali non hanno reagito. E ai Paesi ricchi non importa molto, hanno stanziato aiuti modesti. Lo so perché un anno fa ho cercato di raccogliere fondi per l’assistenza sanitaria in Liberia. Le agenzie donatrici mi hanno detto che non era possibile trovare neppure un paio di milioni di dollari. Ora il progetto per il controllo di Ebola costerà miliardi di dollari».

 

Possiamo fermare l’epidemia?

«Bisognerebbe rafforzare un sistema per il controllo dell’epidemia. Chi presenta i sintomi dovrebbe essere sottoposto ai test. Se è infetto dovrebbe essere portato in ambulanza a un’unità per il trattamento di Ebola. Tutto questo è possibile, ma richiede risorse».

 

Lei crede nella priorità dell’ istruzione? Come possiamo realizzarla?

«C’è una verità economica basilare nel XXI secolo. Senza una formazione scolastica superiore c’è solo una vita di povertà. A meno che non ci svegliamo e il mondo aumenti l’accesso all’istruzione e alla formazione al lavoro su larga scala. Con la tecnologia informatica possiamo fornire un’istruzione di qualità, anche nei villaggi più remoti e poveri del mondo. Il mio corso universitario on-line, per esempio, è gratuito».

 

Confida nella possibilità di cambiamenti radicali a favore delle popolazioni più povere del mondo?

«La nostra generazione può porre fine all’estrema povertà, se ci proviamo. Le persone più ricche del mondo (85 su 7,3 miliardi, ovvero lo 0,00000001 della popolazione mondiale) hanno un patrimonio netto di 2 trilioni di dollari. Supponiamo che quella ricchezza sia usata per combattere la povertà. Al 5% di interesse il flusso di reddito è pari a 100 miliardi di dollari l’anno. Per questa somma ogni bambino potrebbe andare a scuola; ogni comunità avere l’assistenza sanitaria; ogni famiglia accesso all’elettricità. Siamo un mondo ricco, ma lasciamo che un miliardo di persone soffrano».

 

Com’è lo stato reale dell’economia oggi? Gli Usa, i Paesi emergenti, l’Europa?

«Il problema di fondo è che cerchiamo di stimolare la crescita indotta dai consumi anziché quella trainata dagli investimenti. Gli Usa vogliono che le famiglie s’indebitino per acquistare beni che non si possono permettere piuttosto che spendere per energia pulita, trasporti sicuri, tutela dei corsi d’acqua, ricerca e sviluppo, educazione e salute di tutti i bambini. Stiamo perdendo la nostra ricchezza creando bolle finanziarie: mettiamo in pericolo il futuro per mancanza di investimenti a lungo termine. In Europa c’è anche un crollo dei finanziamenti pubblici. Persino le esigenze di base, come nuove linee elettriche per sfruttare le energie rinnovabili, vengono tagliate per pareggiare i bilanci. E’ un falso risparmio».

 

Qual è oggi la sua visione del mondo?

«Possiamo imboccare la via dello sviluppo sostenibile – la fine della povertà e la tutela dell’ambiente – o seguire un percorso di crescente disuguaglianza, sacche di povertà profonda e disastro ambientale. Questa è una scelta, non un destino. Il 2015 sarà un anno critico. Optiamo per lo sviluppo sostenibile».

 

Traduzione di Carla Reschia

 

Category: Ambiente

About Jeffrey Sachs: Jeffrey D. Sachs è nato a Detroit nel 1954 e attualmente è direttore del The Earth Institute della Columbia University di New York dove insegna Sustainable Development e Health Policy and Management. sono stati pubblicati tradotti in italiano i suoi libri: La fine della povertà, Come i paesi ricchi potrebbero eliminare la miseria del pianeta, Mondadori 2005; Il bene comune.Economia per un paese affollato, Mondadori 2010; Il prezzo della civiltà. La crisi del capitalismo e la nuova strada verso la prosperità, Codice Edizioni, 2012

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