Aulo Crisma: Bandiera Verde Legambiente premia Nello e Giorgio Boschi, ultimi e forse unici carbonai dei Monti Lessini
Legambiente assegna bandiere blu alle spiagge che hanno una attestata qualità del mare. Attraverso la Campagna Carovana delle Alpi, nata nel 2002 per difendere e promuovere il territorio alpino, concede la bandiera verde a pratiche innovative ed esperienze di qualità ambientale e culturale dei territori montani.
Delle 17 bandiere verdi distribuite nel 2019 ben due vanno ai Monti Lessini, in provincia di Verona. I Cimbri, così erano indicati i coloni tedeschi provenienti dalla Baviera, verso la fine del 1200 si stabilirono su quel vasto altopiano a nord della città scaligera che, allora, era coperto in gran parte da grandi selve. Con il passare dei secoli crescono di numero i coloni e crescono di conseguenza i bisogni alimentari. E’ necessario trovare altra terra da mettere a coltura e aumentare sempre più la superficie dei pascoli. Lo si fa a spese dei boschi. In tutto il territorio del Vicariatus montanearum Theotonicorum (Vicariato delle montagne dei Tedeschi, come era denominato nei documenti a partire dal 1403, si procede alacremente a boscheggiare e carboneggiare. Tale pratica è così diffusa che in seguito l’altopiano viene indicato come Montagna alta del carbon o Montagna del carbon nel periodo della dominazione di Venezia. La città ha fame di carbone. Lo utilizza nei fornelli delle case per cuocere i cibi, nelle fucine dei fabbri e dei maniscalchi, nei ferri da stiro delle massaie, che sono le più esigenti, non tollerando che qualche pezzettino di carbone mal cotto si mettesse a fumare.
Dalla montagna si alzano al cielo innumerevoli fili di fumo. Si carbonizza per parecchi mesi nel corso dell’anno. Per soddisfare le richieste. Nel susseguirsi delle dominazioni, da quella scaligera, alla viscontea, alla veneziana, all’austriaca e infine italiana, le autorità sono attente alla salvaguardia dei boschi ed emanano ordinanze e divieti sul funzionamento delle carbonaie e fissano tasse di concessione. La produzione di carbone dalla legna è ritenuta ancora importante, come testimonia una richiesta della Regia Prefettura di Verona del 17 aprile 1918 che invita il sindaco di Selva di Progno a fornire l’elenco dei soldati che di mestiere fanno i carbonai per l’esonero in relazione all’ordinanza del Commissario Generale Combustibili. Dopo la fine della grande guerra in Lessinia vanno scomparendo le carbonaie. Resistono un po’ più a lungo nella zona di Giazza, frazione di Selva di Progno, fino all’inizio della seconda guerra mondiale. Ma a Giazza, Ljetzan in cimbro, caratteristico paesello che sorge alla confluenza delle valli di Revolto e Fraselle in quella d’Illasi, Nello Boschi (omen nomen) ha un ristorante. Potrebbe comperare la carbonella già pronta per le sue grigliate. Invece no. Vuole produrla da sé. Nel maggio del !980 nel cielo di Giazza ricompare un nuovo filo di fumo,che si alza timidamente dai Teldari, a pochi passi dal cimitero.
Con l’aiuto di Romano Nordera e Augusto Ravaro, che non avevano dimenticato l’antico mestiere, anche se l’ultima loro carbonaia risaliva ad oltre quarant’anni prima, Nello rimette in moto l’antica arte del “carboneggiare”. Dal 1980 ogni anno a maggio ai Teldari affluiscono tanti spettatori per assistere ad un avvenimento diventato suggestivo, non solo per la sua rarità. Il momento dell’accensione ha l’aspetto di una cerimonia religiosa. Nello, non smentendo le concezioni religiose dei cimbri, che spesso sono intrecciate a radicatissime credenze precristiane, traccia il segno della croce con il badile prima di introdurre le braci nel camino ricavato al centro della catasta di legna a forma conica con calotta semisferica e ricoperta di terriccio e foglie. Intorno alla base vengono collocati i codeghi, zolle erbose per impedire anche la minima penetrazione dell’aria. Le badilate di braci sono di numero dispari: tre o cinque. Sopra le braci sono fatti cadere i gnochi , pezzetti di legna verde di pochi centrimetri. A mano a mano che gli gnochi prendono fuoco, se ne aggiungono altri fino alla fine del camino, che viene turato con i codeghi . La lenta combustione nella carbonaia inizia dall’alto. Si propagherà poi lentamente in basso. A questo punto vengono praticati dei fori con un bastone appuntito tutto intorno alla carbonara cominciando dall’alto.
Sembra di assistere al lavoro del “picador”. Ma qui la bestia è immobile seppur viva, poiché dalle numerose narici del mostro scuro fuma il suo …spirto indomito: sono getti di fumo bianco, il vapore acqueo che si libera dalla legna verde. Quando l’occhio esperto del carbonaio vede che dagli sfiati il fumo da bianco esce azzurrino bisogna tapparli lestamente perché la legna comincia a carbonizzare.. Dall’introduzione delle braci al riempimento del camino e all’uscita del primo fumo sono trascorse dodici ore. Nel frattempo la signora Mariuccia, moglie di Nello, ha avuto tutto il tempo di preparare generose moke di caffè, affettare il salame, tagliare il formaggio, aprire le bottiglie di vino per offrire a tutti una abbondante colazione in perfetto stile cimbro. Anche Nello s’è preso il tempo di addentare qualche fetta di salame accompagnata dalla polenta calda appena tolta dalla graticola, che mangiata così sembra il cibo più buono al mondo. Non ha distolto però, neanche per un istante, la sua vigile attenzione dall’andamento della sua carbonaia.
Occorrono complessivamente 72 ore di lenta combustione anaerobica, senza aria, sorvegliata costantemente giorno e notte, intervenendo a tappare i fori di sfiato dall’alto al basso non appena cessa la fuoruscita del vapore acqueo. Quando non esce più fumo, neanche dai fori più bassi,la legna è tutta carbonizzata. Si può procedere allo scoprimento della carbonaia, che un po’ alla volta è franata su sé stessa diminuendo di volume: l’animale prima fremente di vita ora è crollato al suolo. Le sue ossa nere, la legna carbonizzata, vengono separate dal terriccio. Se al contatto dell’aria qualche pezzo ha l’ardire di ardere accendendosi rabbiosamente di rosso, ci pensa Nello a placarlo investendolo con una secchiata di acqua. Un ceramista di Cazzano di Tramigna una volta ha insegnato ai ragazzi della scuola media di Selva a produrre piccoli oggetti con la creta. Insieme con alcuni vasetti del ceramista sono stati messi a cuocere nella carbonaia. Dopo lo spegnimento hanno potuto raccogliere, felici, gli oggetti che nella cottura avevano assunto un colore grigio lucente. Hanno ripetuto un’esperienza simile a quella del bucchero che risale, dice il ceramista, agli antichi Etruschi. La collaborazione tra carbonaio e ceramista è continuata anche in seguito. Il figlio di Nello, Giorgio, ottimo cuoco, ha già imparato a produrre il carbone. Grazie a loro, ormai da quasi quarant’anni, a maggio rivive a Giazza una attività diffusissima nei tempi andati su tutta la Montagna alta del carbon. Attività che, per il suo valore culturale, ha meritato il riconoscimento di Legambiente.
Gran parte di questa narrazione è desunta dall’opuscolo LA CARBONARA di Aulo Crisma, edito nel 1999 dal Curatorium cimbricum Veronense, la benemerita associazione che studia e conserva le tradizioni e la cultura dei Tredici Comuni cimbri della Lessinia. Le foto e i disegni tratti dallo stesso opuscolo sono di Marzio Miliani.
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