Maurizio Matteuzzi: Se i prof over 70 vanno in pensione cessa il precariato nelle Università ?

| 22 Novembre 2013 | Comments (0)



 

Pubblichiamo l’intervento che ci ha inviato il nostro collaboratore Maurizio Matteuzzi insieme alla documentazione di quanto ha affermato il Ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza e alle dieci domande fatte al Ministro dal Compass (Coordinamento nazionale professori Associati). Le illustrazioni del vecchietto che non vuole mollare sono riferite al “Numero Uno” del gruppo di investigazione TNT le cui avventure sono state pubblicate negli albi  di Alan Ford scritti da Max Bunker (Luciano Secchi) e disegnati da Magnus (Roberto Raviola)

 

Dico vobis gaudium magnum: abbiamo scoperto i motivi del precariato e della disoccupazione giovanile! Uno poteva pensare che il blocco del turn over c’entrasse qualcosa. Magari altri poteva pensare che l’abolizione del ruolo di ricercatore a tempo determinato, e la precarizzazione della figura del giovane ricercatore, avessero qualche responsabilità. Qualcuno deve avere concepito un qualche collegamento tra il precariato dei giovani e il taglio di quasi un miliardo in tre anni voluto da Giulio Tremonti. E invece no, finalmente siamo stati illuminati, e abbiamo trovato la vera ragione della mancanza di opportunità per i nostri giovani allievi. Ecco svelato l’arcano: tutta colpa dei baroni settantenni. Questi disgraziati, con pervicacia, hanno l’ardire di non volersi staccare dai libri neanche in articulo mortis, e tolgono il pane ai giovani.

Quanti saranno costoro? C’è chi dice ben 46 in tutta Italia, chi dice addirittura una settantina. A Bologna, e questo è un dato certo, la seconda Università d’Italia come dimensione, i casi sono esattamente zero. Come ha precisato lo stesso rettore in una sua intervista a Il resto del carlino [20 novembre 2013] “Nessun prof over 70 resta all’Alma mater”.

Quanti sono i “precari”? Assegnisti, professori a contratto et similia? A braccia, qualche migliaio. E per assumerne uno (in forma temporal-precaria, come vuole la riforma epocale) bisogna che vadano in pensione almeno tre professori.

Va aggiunto infatti che per concedere il famoso biennio aggiuntivo, diritto di tutti i dipendenti della PA, gli atenei si sono dati criteri estremamente selettivi, ed è loro discrezione il concederlo. E tuttavia, che questa sia la causa del precariato giovanile, mica l’ha detto un passante, o uno non del mestiere. L’ha detto nientemeno che il ministro dell’Università; cui non giova l’aggravante di essere anche ex-rettore. Chi potrebbe essere più qualificato?

La triste questione è che i fonemi, per antica tradizione, andrebbero collegati fra di loro in modo da formare quel che Husserl chiamava “atto donatore di senso”; raramente da una combinazione casuale emerge un costrutto linguisticamente accettabile; che possa capitare che sia vero, poi, neanche a parlarne.

Come in uno specchio, direbbe Bergman. Lo specchio riflette senza parlare; poi c’è chi parla senza riflettere…

 

 

 

1. Il ministro dell’Istruzione: «Chi rimane in ruolo offende il proprio Ateneo e i giovani»

[La stampa, comunicato ANSA 8 Novembre 2013]

 

A 70 anni i professori universitari, «se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione, e offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi, od offrire le proprie biblioteche all’università». Parla senza nascondersi dietro ad ambiguità il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, intervistata a «Giovani Talenti» di Radio 24, per dire ai vecchi baroni, e non solo a loro, che è ora di farsi da parte per lasciare posto ai giovani.

Per il ministro Carrozza, «chi vuole rimanere in ruolo oltre i 70 anni offende la propria università e offende i giovani. Sono sempre stata per un pensionamento rapido, magari non uguale per tutti. Ma non si può tenere il posto e pretendere di rimanere, solo perché è un diritto. Prima di tutto bisogna pensare ai propri doveri. In un momento di sacrifici per tutti, a maggior ragione li devono fare le persone che hanno 70 anni, e che hanno avuto tanto da questo mondo».

Il ministro, come ha già fatto nei giorni scorsi, attacca anche il blocco del turnover negli atenei: «abbiamo pensato di risparmiare, bloccando il turnover per anni, il che significa la morte nell’università e nella ricerca. Risparmiare sul turnover significa chiudere le porte a ciò che è fondamentale per l’università: il ricambio generazionale». E sottolinea tre punti d’azione per contrastare la fuga dei cervelli, tra quelli avviati nei primi mesi di Governo: «abbiamo portato il turnover al 50% il prossimo anno. In secondo luogo le poche risorse che abbiamo trovato per la ricerca le abbiamo messe tutte su un programma per giovani ricercatori. Infine, ci sforzeremo di premiare gli atenei che hanno giovani ricercatori come responsabili dei progetti ricerca». E guarda ai prossimi mesi: «nell’immediato futuro voglio far sì che per un’università costi meno chiamare una persona da fuori, favorendo così le carriere diagonali, rispetto a quelle interne. In secondo luogo voglio premiare chi è capace di attrarre studenti e professori stranieri in Italia. Siamo ai limiti della sopravvivenza, come sistema universitario».

Sul recente varo dell’aggiornamento del programma di rientro dei cervelli «Rita Levi Montalcini», il ministro spiega: «A differenza del passato, stavolta garantiremo il consolidamento dei ricercatori in arrivo dall’estero all’interno del sistema universitario. Non si può fare l’attrazione con i contratti a termine. Occorre rendere chi rientra professore, con una posizione decorosa e degna dello sforzo che ha fatto per tornare in Italia». «Se avesse 20 anni oggi e sognasse un futuro in accademia, resterebbe in Italia, o emigrerebbe?», le viene chiesto. «Se avessi 20 anni oggi cercherei un ambiente aperto. Ho potuto fare la carriera che ho fatto solo perché mi trovavo in un luogo dove si privilegiava l’indipendenza, l’autonomia e la capacità di leadership». Poi racconta che qualche giorno fa una giovane le ha detto: «se voglio fare carriera universitaria mi devo far notare dal professore…». «Da ministro – spiega – sentirlo dire è stato quasi offensivo. Ma purtroppo, se i giovani pensano questo a 20 anni, ciò è indice di un ambiente malato, che dobbiamo cambiare».

Intanto l’allarme sulla fuga dei cervelli all’estero lo lancia anche il neo presidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane, Stefano Paleari. «Se l’Italia si svuota dei suoi giovani migliori, non ci sarà Finanziaria che possa recuperare la ricchezza perduta», osserva. «Il problema dei giovani in Italia è drammatico – aggiunge Paleari – il peggio che possa capitare a un Paese in crisi è la fuga dei migliori giovani. I nostri ricercatori – conclude – ricevono offerte dall’estero e non riusciamo a fare controproposte all’altezza, col risultato che le giovani menti lasciano il Paese».

 

 

2.  CoNPAss (Coordinamento Nazionale Professori Associati): Dieci domande al Ministro del Miur

[21 novembre 2013]

 

Gentile Ministra, recentemente lei ha dichiarato che i “baroni” che oltre i settant’anni continuano a occupare le cattedre dovrebbero farsi da parte e fare largo ai giovani, non anteponendo il loro interesse egoistico al giusto ricambio generazionale nell’Università. Gli studenti dell’UDU le hanno già obiettato che non può ridurre a questo il problema del mancato ricambio generazionale nell’Università.

Ministra, noi siamo professori associati e non professori ordinari, e quindi non “baroni” (un’equivalenza che ci sembra comunque semplificante avendo ben presente che Lei stessa è professore ordinario) e riteniamo che questo sia un modo di informare l’opinione pubblica che non risponde al vero e stimola solo nei nostri confronti un sentimento di demagogica condanna

Lei ha, rispetto ai suoi predecessori, maggior dovere di dire al paese la verità sullo stato dell’Università, poiché proviene dai suoi ranghi, e perciò la invitiamo a rispondere alle dieci domande che alleghiamo, in nome di questa stessa verità che è alla base del nostro insegnamento quotidiano.

 

Ministra dica la verità al paese: dieci domande al Ministro Carrozza

Gentile Ministra recentemente lei ha dichiarato che i “baroni” che oltre i settant’anni continuano a occupare le cattedre dovrebbero farsi da parte e fare largo ai giovani, non anteponendo il loro interesse egoistico al giusto ricambio generazionale nell’Università. Gli studenti dell’UDU le hanno già obiettato che non può ridurre a questo il problema del mancato ricambio generazionale nell’Università.

Ministra, noi siamo professori associati e non professori ordinari, e quindi non “baroni” (un’equivalenza che ci sembra comunque semplificante avendo ben presente che Lei stessa è professore ordinario) e riteniamo che questo sia un modo di informare l’opinione pubblica che non risponde al vero e stimola solo nei nostri confronti un sentimento di demagogica condanna

Lei ha, rispetto ai suoi predecessori, maggior dovere di dire al paese la verità sullo stato dell’Università, poiché proviene dai suoi ranghi, e perciò la invitiamo a rispondere a queste dieci domande in nome di questa stessa verità che è alla base del nostro insegnamento quotidiano:

 

1) Ministra non le risulta che la possibilità di rimanere oltre i 70anni e per altri due soli anni per i professori ordinari sia discrezionale e accordata volta a volta dalla amministrazioni?

2) Ministra è vero che quasi nessuna amministrazione universitaria accorda questi due anni perché quelle università che spendono più dell’80 per cento del budget per gli stipendi possono essere commissariate e comunque sono destinate a non ricevere nessuna risorsa aggiuntiva?

3) Ministra è vero che devono andare in pensione dai 5 ai 10 ordinari per poter chiamare in questo momento un nuovo prof. ordinario o due ricercatori?

4) Ministra è vero che alcune Università, soprattutto al Sud ma non solo al Sud, a fronte di n. 5 cessazioni possono recuperare, a qualsiasi livello, il 7 per cento di queste cessazioni mentre altre possono recuperare oltre il 200 per cento?

5) Ministra, è vero che i finanziamenti annuali ai programmi ricerca di interesse nazionale, già qualche anno fa corrispondevano a circa 1500 Euro per ogni ricercatore, quest’anno sono ridotti dell’80% e l’anno prossimo saranno azzerati?

6) Ministra è vero che più del 30 per cento dei dottorati sono stati chiusi?

7) Ministra è vero che con il taglio dei finanziamenti statali di oltre il 30 per cento in questi quattro anni le Università possono recuperare quanto manca per il loro funzionamento solo aumentando le tasse universitarie e con ipotetiche donazioni di privati?

8) Ministra, è vero che le tasse studentesche superano attualmente di oltre il 50% i limiti di legge in quasi tutte le Università? E che i fondi per il diritto allo studio continuano a essere tagliati?

9) Ministra e’ vero che l’attuale sistema di ripartizione delle risorse tra le Università premia gli Atenei delle Regioni con PIL alto rispetto agli Atenei situati nelle Regioni meridionali con un PIL basso ?

10) Ministra è vero che secondo il rapporto OCSE 2012 l’Italia ha una percentuale del 15% di laureati tra la popolazione tra i 25 e i 65 anni rispetto alla media europea del 30% ed è al terzultimo posto in Europa per numero di laureati?

 

Category: Scuola e Università

About Maurizio Matteuzzi: Maurizio Matteuzzi (1947) insegna Filosofia del linguaggio (Teoria e sistemi dell'Intelligenza Artificiale) e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: L'occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second'ordine? (in «La regola linguistica», Palermo, 2000), Why Artificial Intelligence is not a science (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs, M.I.T. Press, 2005). Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia. È tra i promotori del gruppo «Docenti Preoccupati» e della raccolta firme per abrogare la riforma Gelmini.

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