Bologna, inaugurazione dell’Anno Accademico. Metafore convenzionali e naturali

| 26 Gennaio 2012 | Comments (0)

I semiologi distinguono (perlopiù, le scuole sono tante) tra indice e simbolo, il primo essendo naturale, il secondo convenzionale (prescindo qui esplicitamente, per amore di brevità, dalla accezione di “indice” di Husserl, che appartiene a un’altra storia). Un segno, cioè, ha normalmente un suo darsi autonomo, naturale, e rimanda ad altro senza dovere passare attraverso assunzioni convenzionali. Così, il ghiaccio sul parabrezza è indice di freddo, mentre eautostimorumenos sta per colui che punisce se stesso per via di una convergenza di assunzioni convenzionali.

Alcune situazioni si pongono in modo naturale come metafore: i guasti di Pompei, nel pieno della vergogna berlusconiana, sono stati assunti da vari commentatori come metafora del crollo di una certa “politica”, quella delle igieniste dentali e dei responsabili, delle olgettine e della guarizione dal cancro, dei tunnel dei neutrini e delle transazioni immobiliari a propria insaputa; e, qualcuno comincia a dimenticare, ed è male, del milione dei posti di lavoro. La metafora era implicita, ovvia all’inverosimile, naturale per gli scriba che ne hanno fatto man bassa.

L’inaugurazione dell’anno accademico dell’Ateneo di Bologna, tutt’uno con la laurea al Presidente Napolitano, è per disgrazia un indice e non un simbolo. È talmente naturale che non va interpretata, è autonimica, autoreferenziale, omeostatica, in un certo senso markoviana. Essa è un indice, non un simbolo: non c’è bisogno dell’aristotelico katà syntheken per capire; la situazione è di per sé chiarissima: da un lato, su una sponda, i notabili, i baroni, presidenti, rettori, coordinatori, gli ottimati, insomma, che si isolano in un ambiente blindato; dall’altra, fuori, lontani, i lavoratori dell’università, esclusi dall’élite dei superuomini. Persino quei professori che hanno conferito la laurea ad honorem sono esclusi. Paradosso dei paradossi: sono io che ti laureo, ma io non sono ammesso a sentire al tua lectio magistralis, non sono degno di parlare con te. Ma allora, vivaddio, chi laurea chi?

Così ci sono due università, quella dei baroni veri, e quella di chi studia, scrive, fa ricerca. Quale più naturale metafora della legge Gelmini, della legge dei baroni, degli ottimati, del privilegio e dell’ingiustizia? Purtroppo, questo è un indice, e non un simbolo. Si chiudano pure lorsignori nella loro Santa Lucia, che avesse ancora la vista guarderebbe altrove. Gli altri, quei fessi che non hanno ancora rinunciato completamente a fare ricerca, o a riflettere, diano da mangiare ai piccioni in Piazza Maggiore, più in là di lì sicuramente non si andrà. C’è lo stato, la digos, la invincibile armada.

Che sia sottratto alla comunità accademica la partecipazione all’inaugurazione dell’anno accademico è cosa che a me pare gravissima. Mai successa nei quarantasei anni di frequentazione di questo ateneo. A suo tempo, avrei potuto incontrare il Papa. Non mi avevano mai messo alla porta. Ma la legge Gelmini, che Napolitano ha firmato, parlando di “criticità” in mancanza del coraggio del realismo, e cioè di parlare di “incostituzionalità”, demarca bene ciò di cui questo evento è indice, e non metafora convenzionale: questa è la vera università dei baroni. Complimenti, parlate pure tra di voi, senza contraddittorio, con la clacque dei numerosi yes men: alla legge bisogna inchinarsi.

L’università vera sta fuori, sta lontana, Ma chi è lontano da cosa? La filosofia, intesa qui come amore del sapere, ha sempre seppellito i suoi becchini. Date tempo al tempo. E godetevi il momento propizio. Si dissolverà in fretta.

Category: Scuola e Università

About Maurizio Matteuzzi: Maurizio Matteuzzi (1947) insegna Filosofia del linguaggio (Teoria e sistemi dell'Intelligenza Artificiale) e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: L'occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second'ordine? (in «La regola linguistica», Palermo, 2000), Why Artificial Intelligence is not a science (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs, M.I.T. Press, 2005). Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia. È tra i promotori del gruppo «Docenti Preoccupati» e della raccolta firme per abrogare la riforma Gelmini.

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