Romeo Pisano: Mosaico cilentano sulle orme di Angelo Vassallo

| 10 Settembre 2014 | Comments (1)

 

 

 

 

Cosa potrebbe annotare un viaggiatore distratto passando per il territorio di Pollica, se non l’incanto dei luoghi, la cortesia delle persone e la bontà del cibo? Se poi il viaggiatore diventa meno distratto cerca di spiegarsi quella vena di malinconia che aleggia sulle persone e le cose, il tono della voce dimesso che diventa sussurro quando parli di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore ucciso il 5 settembre del 2010, e dei possibili scenari della sua morte.

Per noi che a Pollica siamo andati “sulle orme di Angelo Vassallo” si pone il problema di mettere insieme frammenti di verità più profonde, al di là delle mitizzazione agiografica successiva alla sua morte; e la prima cosa che si rileva è l’atteggiamento silente, a volte diffidente, dei suoi concittadini che non amano parlare della sua morte.

Le persone allora vicine ad Angelo, poi, hanno una loro idea ma la sussurrano, ben attenti che un vicino non ascolti argomentazioni e congetture che, a ben pensare, oramai fanno parte di resoconti giornalistici e non hanno nulla di riservato; a loro scusante ritorna la circostanza che in quella terra non si annovera altro fatto di sangue in oltre 50 anni.

Gli amici di Angelo ti raccontano verità più convinte, anch’esse riportate dai giornali, ma condite con i sussulti dell’amicizia profonda che li ha legati ad un uomo con il quale hanno condiviso, oltre la politica, una visione immaginaria dei luoghi: al fondo di questo immaginario vi è la bellezza da coltivare oltre che amministrare, questa la vera novità ispirata da Angelo.

Poi vi sono gli altri, quelli che pensano che la verità sia ben acclarata e che la morte di Angelo sia frutto di un preciso disegno con mandanti ed esecutori facilmente individuabili, scopi e finalità ben manifeste e complicità addirittura elementari.

Se una metafora dovessimo usare per descrivere Pollica ed i segreti connessi alla morte di Vassallo, definiremmo la vicenda un mosaico ancora da comporre, consapevoli che le tessere utilizzate, al contrario dei puzzle, non contengono frammenti dell’immagine complessiva che si vuole ottenere.

Ogni tessera è indispensabile per ricostruire la vera dinamica dell’omicidio, anche se la stessa sembra talvolta e apparentemente alimentare contraddizioni e debolezze, intraprendere strade deviate artatamente dagli interessi, o da rancori tipicamente paesani.

Il mosaico prenderebbe atto di ciò che a Pollica e dintorni è cambiato dopo la morte di Vassallo e, semmai non fosse ancora percepibile, giacché ogni progetto criminale, al contrario della nostra ansia di verità e giustizia ha tempo, rilevare pazientemente i piccoli cambiamenti, annotandoli quotidianamente per definirne i dettagli.

L’altra sera dopo la cerimonia ufficiale alcuni cittadini hanno raccolto l’invito a deporre un sasso della spiaggia di Acciaroli con il proprio nome sul luogo dell’omicidio; un corteo silenzioso ha attraversato Acciaroli e si è avviato verso il luogo appartato in cui si è consumato il delitto.

Quasi tutti hanno confessato di non esservi mai stati.

Ora che la gente comune ha deciso di conferire le prime tessere del mosaico, crediamo sia giunto il momento di iniziare quest’ opera e, ad evitare che qualcuno possa disfarla ogni notte come la tela di Penelope, proviamo nella nostra impresa a partire da quanto è stato pubblicamente affermato dai giornali in merito agli scenari in cui è maturato il delitto.

Ciò non in nome di nostre pretese investigative, in verità modeste e dilettanti, quanto per scopi che vadano oltre l’enfasi successiva all’episodio e sanciscano il principio che i familiari, gli amici e Pollica tutta abbiano il diritto di pretendere verità e giustizia.

Sugli scenari del delitto possiamo partire da tre elementi in ordine cronologico:

  • La raccolta di cronache cilentane Una canzone a mezzanotte sul lungomare di Giancarlo Marchesini

  • Il reportage Il mistero del sindaco ucciso… di Attilio Bolzoni – La Repubblica, 24 Settembre 2012

  • L’articolo I misteri dell’omicidio Vassallo di Dario Del Porto – La Repubblica, 13 Agosto 2014

Sulla base di questi scritti ( riportiamo gli ultimi due) noi ci limiteremo a porre dei quesiti, in verità assai elementari, che qualcuno ha forse già posto senza ottenere risposta:

  • Come mai l’Arma dei Carabinieri, nel suo interesse specifico di allontanare qualsiasi ombra dalla sua immagine, non ha mai avviato un’indagine sul ruolo e la presenza di alcuni appartenenti all’Arma nei luoghi in cui è maturato il delitto?

  • Se invece lo ha fatto, come mai non ne ha reso pubblico l’esito?

  • Come mai i magistrati hanno permesso che si adombrassero dubbi sul loro operato senza intervenire in modo deciso e chiaro per sgombrare il campo da ogni malinteso?

  • Come mai a quattro anni del delitto non si rileva alcuna dichiarazione dei magistrati che vada oltre il generico impegno nelle indagini?

  • Come mai al “Brasiliano” è stato consentito di espatriare a pochi giorni dall’omicidio, pur sapendo che avrebbe potuto fornire elementi utili alle indagini o alla sua estraneità al fatto?

  • Lo stesso farà rientro in Italia, e quando accadrà ciò?

  • Come mai la magistratura non ha mai sgombrato il campo su possibili implicazioni di carattere personale alla base del delitto?

  • Perché la magistratura e l’Arma dei carabinieri non hanno adottato idonei provvedimenti nei confronti di chi avrebbe dovuto preservare da inquinamento la scena del delitto, anche accertando possibili tentativi di depistaggio?

  • Quale consistenza hanno i veleni e le accuse, sotttolineate da Repubblica e quali esiti investigativi le vicende hanno avuto?

Questi quesiti semplici proviamo a proporre a chi di dovere e dalle eventuali o mancate risposte partiremo per comporre il Mosaico Cilentano.

 



1. Attilio Bolzoni, Dario Del Porto : Il mistero del sindaco ucciso di cui nessuno parla più / Un sicario e tanti misteri quei sospetti eccellenti sull’ omicidio Vassallo

La Repubblica.it 24 settembre 2012

 

CHI ha ucciso Angelo Vassallo, il sindaco pescatore del Cilento? Quale è stato il vero movente di un omicidio così inatteso in un territorio immaginato lontano dal delirio criminale di Napoli? Perché a due anni dalla sua morte nessuno ne parla più? Forse perché è un delitto che nasconde tanto e fa paura a tanti.

QUESTA è una di quelle storie italiane che qualcuno vorrebbe mantenere al coperto, sprofondarla da qualche parte e dimenticarla per sempre. Al principio sembrava solo una brutta vicenda di spaccio ambientata in fondo alla provincia salernitana, i fatti raccontano invece che non si può confinarla dentro un piccoloe sciagurato affare di paese.

Troppi sospetti rimasti solo sospetti, troppi personaggi lasciati nell’ ombra, troppe voci su colonnelli e generali dell’ Arma, troppe coincidenze e troppi indizi per non avvertire l’ omicidio Vassallo come un delitto eccellente anche se generato in una Campania felicissima, Pollica, 2200 abitanti, borgo famoso per le sue acque trasparenti da conquista ripetuta di Bandiere blu o di Cinque vele e poi per l’esecuzione del suo amatissimo sindaco, un’antica militanza nel Pd e quattro mandati con il cento per cento dei voti all’ultima rielezione, uomo di mare, ambientalista, una guida per tutto il Cilento.

Un solo killer. Nove colpi di pistola, una calibro 9,21. È il 5 settembre del 2010. Da quel momento dell’ omicidio di Angelo Vassallo si sa tutto e niente. Mai trovati i mandanti e mai trovati gli esecutori. Basta però ripercorrere gli avvenimenti per raccontare cos’ è e cosa non è il delitto di Pollica. Basta metterli insieme per capire che il sindaco non l’hanno voluto morto balordi solitari. Chissà cosa ha visto e cosa ha scoperto Angelo Vassallo per morire ammazzato in una sera di fine estate. La droga e i depistaggi

L’ inchiesta si orienta subito su un traffico di coca che il sindaco intercetta. In paese, il maresciallo dei carabinieri dell’ epoca non va mai al di là dell’ ordinaria amministrazione, uno dei fratelli di Vassallo – Claudio – denuncerà: «Angelo mi aveva detto che personaggi delle forze dell’ ordine erano in combutta con persone poco raccomandabili». È solo il sindaco che indaga sul giro di droga. Un paio di giorni prima del 5 settembre Vassallo – nel frattempo scopre che Francesco Avallone, il fidanzato della figlia, fa uso di stupefacenti – affronta al porto gli spacciatori. Precedentemente ha chiesto l’ intervento dei carabinieri sui moli, i militari non si presentano per un “disguido”. Lo spaccio a Pollica è gestito da quattro o cinque ragazzi, fra i quali Bruno Damiani detto “il brasiliano”, un altro detto “il fantino” e un altro ancora detto “il lercio”.

Damiani è il primo sospettato per l’ omicidio, gli fanno l’ esame dello stube per rintracciare polvere da sparo sulle sue mani ma l’ esito è negativo. Lo rilasciano. Subito dopo “il brasiliano” fugge. È ancora latitante per droga, in Sudamerica. Quando la pista della coca s’ impantana ecco che cominciano a circolare le solite infamità sulla vittima, cominciano i depistaggi.

Si segue un’improbabile ipotesi di “delitto passionale” e intanto il procuratore capo di Salerno Franco Roberti, che eredita per competenza l’ inchiesta dai colleghi di Vallo della Lucania, si accorge che la scena del crimine non è stata “adeguatamente preservata”. Un colonnello sulla bocca di tutti.

C’ è chi dice che a “guastarla” sia stato anche il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, comandante del nucleo operativo di Castello di Cisterna e in quei giorni in vacanza a Pollica. Il colonnello, subito dopo l’ omicidio, smonta di sua iniziativa tutte le telecamere puntate sul porto. Perché? Il pro curatore Roberti lo difende, spiega che con quella decisione il colonnello ha salvato – al contrario – le registrazioni filmate.

E poi la procura acquisisce anche una dettagliata “relazione di servizio” di Cagnazzo, praticamente il punto di partenza delle indagini. Gira anche un’ altra voce a Pollica: il paese è stata scelto dal colonnello come “località protetta” per dare riparo ad alcuni pentiti di camorra. Nessuno conferma. Poi qualcuno, ai familiari del sindaco dice: «Cagnazzo è coinvolto nell’ omicidio». Quel qualcuno è un agente immobiliare, Luca Cillo, il figlio di un carabiniere che negli ultimi mesi frequenta spesso Angelo Vassallo. Il colonnello lo aggredisce. L’agente immobiliare lo denuncia per lesioni, Cillo è indagato per calunnia.

I soci e la “figlia killer” del generale Il sindaco Vassallo ha anche contrasti con il generale in pensione Domenico Pisani – ex capo di stato maggiore dell’ Arma dei carabinieri fino al 1997, un pezzo grosso originario del Cilento – per una mancata autorizzazione di uno stabilimento balneare agli Esposito di Portici, imprenditori che dalle parti di Pollica gestiscono quattro locali della movida e grazie a una grande liquidità ne cercano altri da acquistare. Una circostanza come tante, se non fosse per il destino.

Quasi un anno dopo l’omicidio del sindaco, la sera del 29 maggio del 2011, la figlia del generale Ausonia “Sonia” Pisani viene accusata di avere ucciso insieme al suo compagno Sante Fragalà – un catanese dal passato ambiguoe trapiantato nel sud pontino- due complici in una casa ai Castelli Romani durante un “ragionamento” per la spartizione dei territori di spaccio. Sonia è vigile urbano ad Albano Laziale – «La vigilessa killer», titolano le cronache – il suo processo per duplice omicidio inizierà in Corte di Assise a Roma il prossimo 12 novembre. Alla Pisani sequestrano anche una calibro 9,21, proprio come quella usata per uccidere il sindaco. In un primo momento si diffonde la voce di un collegamento fra la strage ai Castelli e l’ omicidio Vassallo, poi viene smentita.

In un secondo momento si diffonde la voce – dai controlli sulla “cella” telefonica della vigilessa – che la sera del 5 settembre del 2010 Sonia si trovasse insieme al compagno catanese proprio a Pollica. Un’ altra smentita. Sui Pisani si dice tutto e il contrario di tutto. Il carabiniere sordo. C’è un ultimo carabiniere che entra in questa ragnatela. È quello che soggiorna la sera del 5 settembre del 2010 a pochi metri dal luogo dell’ uccisione di Vassallo. Il suo appartamento ha le finestre aperte per il caldo, ma lui dice di non avere sentito i nove colpi di pistola e di non avere visto nelle tre ore successive – non si è mai affacciato, sostiene – i fari ancora accesi dell’ auto del sindaco.

Due giorni dopo l’omicidio Vassallo, il carabiniere scompare per sempre da Pollica. Con i suoi segreti. Un caso difficile «Quando il delitto è di un certo livello, è più difficile scoprire i responsabili e c’ erano più persone che avevano interesse all’ eliminazione del sindaco», dichiara qualche giorno fa il procuratore capo Franco Roberti.È lui che ha fatto ripartire l’ inchiesta. E l’ ha affidata – non a caso – al reparto operativo dei carabinieri di Salerno, investigatori di primissimo ordine che si ritrovano a indagare su altri carabinieri.

Un’indagine complicata, disseminata di indizi contro ufficiali dell’ Arma, coincidenze perfino esagerate, come se qualcuno le avesse “costruite” per trascinare colonnelli e generali intorno al cadavere del sindaco. Sono passati due anni e l’omicidio di Pollica non ha ancora colpevoli. Come per i delitti eccellenti.

 

 

 

2. Dario del Porto: I misteri dell’omicidio Vassallo, quattro anni di silenzi e veleni

da Repubblica.it Napoli  13 agosto 2014

 

Il 5 settembre 2010 il sindaco di Pollica veniva ucciso a bordo della sua auto. Da allora indagini a tappeto ma sinora il giallo resta senza soluzione. Pistola mai ritrovata, scena inquinata, depistaggi e veleni: tutti gli interrogativi

 

Il paradiso delle vacanze è prigioniero dei suoi silenzi. Sotto la Bandiera blu che sventola sul mare di Acciaroli, restano irrisolti gli interrogativi sull’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica assassinato il 5 settembre 2010. Non è stata trovata la pistola, non è servita la prova del Dna eseguita su tutte le persone presenti sulla scena del delitto, non hanno avuto seguito le dichiarazioni di un pentito. Il sospettato della prima ora, senza mai essere stato formalmente indagato, è da sei mesi in un carcere colombiano in attesa di essere estradato in Italia.

Accanto alla pista principale, quella della droga, sono state di volta in volta affiancate altre ipotesi, tutte rimaste senza riscontri né conferme. Intanto la comunità che per quattro mandati aveva riconfermato Vassallo come sindaco e, dopo la sua morte, lo aveva eletto come simbolo della “buona politica” appare oggi sempre più divisa, lacerata dai rancori e accusata dal fratello di Angelo, Dario, di non aver voluto fornire agli investigatori quel contributo di conoscenza indispensabile per fare chiarezza su quanto accaduto quella notte.

Le indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Salerno vanno avanti. Gli investigatori non hanno mai smesso di dare la caccia all’assassino. Il 18 settembre si insedierà il nuovo procuratore, Corrado Lembo. Prende il posto di Franco Roberti, da un anno procuratore nazionale antimafia, che con i pm Rosa Volpe e Valleverdina Cassaniello ha lavorato sin dal primo giorno alla soluzione del giallo. Sul tavolo dell’inchiesta, un groviglio di quesiti e contraddizioni.

La pistola Che fine ha fatto la calibro 9.21 baby Tanfoglio che ha ucciso Angelo Vassallo? L’arma non è mai stata ritrovata. Eppure l’hanno cercata dappertutto. Sono stati effettuati controlli su cento pistole, perquisizioni a tappeto, persino ricerche nelle acque a largo di Acciaroli dove il killer avrebbe potuto gettarla subito dopo il delitto. Tutto inutile.

La scena Una delle poche certezze dell’indagine, ribadita più volte dal procuratore Roberti, è che la scena del crimine, nelle ore immediatamente successive all’omicidio, non è stata adeguatamente preservata. Si trattò di errori dovuti alla concitazione del momento, o di un tentativo di depistaggio? Anche allo scopo di rispondere a questa domanda, la Procura dispose nell’ottobre del 2012 l’esame del Dna su tutte le persone presenti sul luogo dove Vassallo è stato ucciso, una sessantina in tutto. A oggi, non risulta che questo accertamento abbia fornito risultati significativi.

Il killer Ha sparato una mano esperta o quella di un dilettante? E soprattutto, la vittima conosceva il suo assassino? Sul primo interrogativo, le interpretazioni sono discordanti. Vassallo è stato ucciso con nove colpi di pistola. Troppi per essere stati esplosi dall’arma impugnata da un professionista, secondo alcuni. Ma solo un killer pratico di armi poteva sparare tante volte senza fallire un colpo, obiettano altri. La scena lascia pensare invece che ad ammazzare Vassallo non sia stato un estraneo. Il corpo senza vita del sindaco era infatti a bordo dell’auto, ferma con il freno a mano tirato, il finestrino abbassato e il quadro acceso. In pugno stringeva ancora il cellulare. Aveva appuntamento con qualcuno? Gli era stato chiesto di fermarsi per discutere di qualcosa?

La pista della droga È un fatto che, durante l’estate 2010, Acciaroli era stata invasa dallo spaccio di stupefacenti. Questa situazione rappresentava, per Vassallo, “fonte di preoccupazione e di agitazione al punto da diventare oggetto di confidenze ad amici, parenti e collaboratori”, come scrive il gip di Salerno Emiliana Ascoli nell’ordinanza emessa alla fine del 2011 sullo spaccio di droga in Cilento prima di trasmettere gli atti per competenza a Vallo della Lucania. Questo contesto costituisce, secondo il gip, “il binario entro il quale, dopo l’omicidio, operare al fine di delineare la triste vicenda”. Il sindaco era convinto che non si stesse facendo abbastanza per arginare il fenomeno. E una sera, pochi giorni prima di essere ammazzato, accompagnato solo da due vigilesse, andò personalmente sul molo di Acciaroli per prendere di petto gli spacciatori, poi anche nelle strade e nei locali della movida. Il suo gesto, o le sue parole, spaventarono qualcuno?

Il brasiliano Il suo nome è stato il primo a essere accostato al delitto, senza però risultate mai formalmente indagato. Subito dopo il delitto, Bruno Humberto Damiani, detto “il brasiliano” perché nato a Belo Horizonte e in possesso di doppio passaporto, fu sottoposto all’esame dello stube che diede esito negativo. Due giorni più tardi, lasciò l’Italia per il Sudamerica. Considerato dagli investigatori coinvolto nell’attività di spaccio nel Cilento, inseguito da accuse legate a un’ipotesi di tentata estorsione, Damiani è stato arrestato a Bogotà, in Colombia, il 18 febbraio scorso. È ancora lì, in attesa di estradizione. Un pentito ha sostenuto che un parente di Damiani si sarebbe vantato, negli ambienti malavitosi dei rioni Pastena e Mariconda, asserendo che era stato proprio il “brasiliano” a uccidere il sindaco. La Procura ha indagato anche su un incontro a Secondigliano, avvenuto il giorno prima dell’omicidio, fra Damiani, un albergatore di Acciaroli e due napoletani. “Credo che Damiani abbia molte cose da raccontare utili alle indagini”, ha detto a Repubblica il figlio di Vassallo, Antonio.

Camorra e affari L’indagine viene assegnata alla Procura di Salerno ipotizzando una mano camorristica. Nella prima fase, gli inquirenti configurano lo scenario di una “convergenza di interessi” maturata nel contesto più ampio degli intrecci alimentati, anche indirettamente, dallo spaccio di droga. Una matrice chiaramente mafiosa non è emersa, né sono stati individuati con certezza affari capaci di armare la mano dell’assassino.

La vigilessa Il 29 maggio 2011, a Cecchina sui Castelli Romani, si consuma un duplice omicidio per fatti ritenuti legati agli ambienti della droga. Vengono arrestate due persone: il calabrese Sante Fragalà e la sua compagna, Ausonia Pisani, vigilessa ad Albano Laziale, figlia di un generale dei carabinieri in pensione, già capo di stato maggiore dell’Arma, originario del Cilento. Le cronache ipotizzano un ruolo di Ausonia Pisani anche nell’omicidio Vassallo. Le indagini però non toccheranno mai la vigilessa né tanto meno il padre. Le indiscrezioni su una presenza di Ausonia Pisani ad Acciaroli alla vigilia del delitto non trovano conferma. Per la strage ai Castelli, Fragalà è stato condannato in primo grado a 30 anni, la vigilessa a 21 per concorso. Ma questa, allo stato, rimane tutt’altra storia rispetto all’omicidio Vassallo.

I veleni La famiglia Vassallo ha più volte denunciato la scarsa collaborazione di Pollica alle indagini. Ma anche gli inquirenti sono convinti che, in paese, tanti avrebbero potuto contribuire a ricostruire la verità e invece hanno taciuto. In compenso, durante questi anni non sono mancati veleni e scambi di accuse. Come la lite, finita in tribunale, fra il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo e un agente immobiliare di Acciaroli. L’ufficiale ha denunciato per calunnia l’imprenditore perché aveva alluso a suo un presunto (e mai riscontrato) coinvolgimento nelle indagini sul delitto, l’agente immobiliare ha querelato per lesioni il colonnello. Non hanno avuto esito altre ipotesi investigative, doverosamente vagliate dagli investigatori ma rima¬ste prive di appigli concreti. Come la pista passionale, ad esempio.

Il silenzio E siamo a oggi. Non si è ancora scoperto chi e perché ha ucciso il sindaco-pescatore. Quest’anno il fratello Dario ha deciso di ricordarlo a Casal di Principe, non a Pollica dove quelli che forse sanno continuano a tacere.

 

 

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Category: Osservatorio Sud Italia, Politica

About Romeo Pisano: Romeo Pisano, 62 anni, nell’altra vita: laurea in filosofia con tesi in storia delle Istituzioni Parlamentari presso l’Università di Napoli ai tempi di Galasso e D’Agostino, capitato per caso a Bologna a lavorare nel campo della gestione del patrimonio pubblico, impegnato, forse inutilmente, per decenni in politica; in questa vita: si occupa di cinema, con predilezione per i documentari degli anni 50, e di ricerche di archivio su personaggi e fatti della politica passata e recente; quando capita ne scrive. In questa e nell’altra vita una grande passione: il Rugby

Comments (1)

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  1. gerardo spira ha detto:

    Ho lavorato con Angelo, come segretario comunale, dal 1995, appena eletto Sindaco. Manca il tassello più importante per comprendere la forza da cui il Sindaco pescatore traeva la convinzione del suo pensiero politico: la legge, che non ha mai aggirato o manipolato, perché, diceva che questi comportamenti portavano il cittadino alla sfiducia verso lo Stato.
    Angelo Vassallo ha dovuto difendere la legge anche contro apparati che rappresentavano le Istituzioni. Era Solo,ma era convinto che quella era l’unica strada da percorrere per non far deviare il cittadino. Mancano oggi infatti i punti di riferimento credibili.

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