Marco Capponi: Coalizione civica per Bologna. Parliamo di periferie senza inseguire “tutte le sinistre unite a tutti i costi”
Sul progetto di “Coalizione Civica per Bologna” ha scritto tempo fa in modo acuto e profondo Bruno Giorgini il quale non solo ne aveva compreso la ragioni generali e locali ma ne aveva dato una illustrazione di grande efficacia utile tutti noi.
Progetto certo ambizioso, con tratti di utopia, ma all’altezza dei problemi di una città in profonda crisi, frantumata da solitudini sociali, generazionali, etniche, e povertà non più sorrette dalla speranza della politica.
Sopratutto nelle cosiddette periferie. Non certo Scampia, le banlieux o il Bronx ma tra il ponte di Galliera e la tangenziale la vita non è certo tanto allegra e serena. Basta pensare a quella voragine apertasi tra il Lazzaretto, l’ex Mercato Ortofrutticolo , la Bolognina e la tangenziale.
Un progetto forse utopico ma non velleitario, comunque assai difficile.
Risposte molto complicate da dare. Cosa dire ad esempio ai cittadini ai margini della tangenziale sulla contrarietà al Passante Nord? Come affrontare il tema della sicurezza? Come mettere con i piedi per terra il tema della solidarietà e della accoglienza di fronte ad una crescente insofferenza verso gli stranieri? Il tema delle periferie appunto.
Ed è davvero straordinario che componenti della Coalizione abbiano ritenuto opportuno mettere il veto sulla presenza, nemmeno in qualità di invitati senza diritto di voto, di coloro che nei territori si dovrebbero occupare di tutto ciò, ad un Direttivo misurato col bilancino del manuale Cencelli e precipitosamente nominato.
Scusate se volo basso, ma ci sono dei particolari che rivelano un disegno, una cultura, un atteggiamento politico ed una attitudine mentale.
Naturalmente avere un’altra linea è legittimo e comprensibile.
Come quella emersa in un recente artico de il Manifesto, e cioè la linea di “tutte le sinistre unite a tutti i cosi” (cito a memoria: “dal TPO all’ex assessore Ronchi , da Sel eccetera.. alle quali si è aggiunta Coalizione Civica”).
Unire le sinistre è necessario ma ahimé non sufficiente, ce lo diciamo da mesi, e sopratutto non a tutti i costi. Se lo si fa a tutti i costi si corrono rischi di opportunismo, trasformismo, giochi di potere che tutti noi abbiamo purtroppo già conosciuto.
Ma sopratutto questa linea, qui ed oggi, a Bologna è assai più utopica della Coalizione Civica.
Talmente profonda è infatti la disillusione dei cittadini, penso all’elettorato PD in smottamento, che se non si dà la speranza di andare al ballottaggio (cioé oltre il 20% almeno), tanto vale rivolgersi direttamente al Movimento cinque stelle per mandarlo al ballottaggio contro il PD. Il voto utile appunto.
Bologna non è Milano e tanto meno Torino, né ci sono candidati così radicati, qui non si otterranno risultati “discreti” da far valere sul piano nazionale o locale. O molto o molto poco.
L’unico contributo serio che può venire da Bologna alla ricostruzione di una sinistra democratica e nazionale non è quello delineato in modo tanto roseo dal Manifesto ma quella del successo della “Coalizione Civica”, se prima non sarà strangolata nella culla come taluno sta facendo.
In questo senso il voler prendere “la testa del corteo” non è tanto un atto di prepotenza e protervia. E’ molto paggio, è un atto di stupidità politica
Ovviamente niente di scandaloso se una lista che si chiama civica apre le primarie ai passanti che versano due euro e mettono una firma lì per lì, queste procedure non mi hanno mai convinto e se ne vedono l’uso ed i risultati.
Ma il fatto che in una situazione così difficile, con tante cose da capire e da fare, con tante risposte da dare, ci si convochi per cambiare uno statuto appena sottoscritto, con fondati sospetti di prove muscolari ai gazebo, è sconfortante. E poi della retorica “delle primarie aperte da due euro“ non eravamo già stati abbastanza afflitti da Renzi e dai suoi ossessivi seguaci d’un tempo?
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