Luciana Castellina: Per il Congresso fondativo di Sinistra Italiana

| 17 Febbraio 2017 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da Il Manifesto del 17 febbraio 2017

Comincio da me, così si è più chiari. Proprio perché – come ha scritto Marco Revelli – bisogna «prendere le distanze dalle configurazioni del giorno» – una vera girandola – credo sia necessario non prendere le distanze dai processi più consistenti per avviare i quali molti compagni si sono impegnati.
Molti compagni e non questo o quel leader che si sente improvvisamente chiamato dal popolo a creare qualche “campo”. Per questo oggi andrò a Rimini per partecipare al Congresso costitutivo di Sinistra Italiana.


Ci vado innanzitutto perché sento che ho più che mai bisogno di stare assieme a compagni con i quali in questi anni abbiamo combattuto le stesse battaglie (non solo reduci, per fortuna anche tanti nati nei ’90) – per ultima quella del referendum – per ragionare con loro e tentare di indicare una prospettiva che mi/ci sottragga da questo “squilibrio di sistema”.
Perché più che mai sento che rischiamo di essere travolti se non costruiamo un luogo, un aggregato, che dia forza all’intenzione di rispondere a una domanda di senso e non solo di consenso immediato; se, soprattutto, non riusciamo a mettere in piedi una pratica politica che dia rappresentanza reale ai bisogni degli sfruttati e non sia, come sempre più è, solo comunicazione.
Per questo sento l’urgenza di relazionarmi con gli altri, di superare il maledetto isolamento individualista che ci ha tutti ammalato, di ritrovare il collettivo, senza il quale non mi resterebbe che il malinconico brontolio solitario. Un partito è questo, innanzitutto.
Provarci vuol dire “chiudersi”, “isolarsi”, mentre invece bisognerebbe aprirsi? Certo che bisogna aprirsi, ma per aprire una porta devo avere una casa, cioè un punto di vista organizzato, se no la porta sbatte e basta. E poi, per guardare a quello che c’è all’aperto, bisogna avere il cannocchiale, non la lente di ingrandimento che ti consente l’illusione ottica di vedere grandissimo quello che invece è piccolo.


Io credo, per esempio, che piccolo sia il dibattito che si sta svolgendo all’interno del Pd.
Non dico che non sia rilevante, anzi, dico solo che riguarda un pezzetto di mondo, mentre c’è un mondo più grande, fatto di movimenti, gruppi che operano sul territorio, reti, insomma una società italiana più ricca di fermenti di quanto generalmente si creda. Frantumata, certo, ma anche per questo penso sia giusto ricominciare a pensare ad un’organizzazione politica che sappia impegnarsi ad esserne parte, non solo vago referente esterno.
Del Pd mi interessa – e molto – il grande corpaccio della tradizione, che però non recupererò alla soggettività politica appiattendomi su uno dei leader della sua minoranza interna. Con i quali potrò, se ce ne saranno le condizioni, allearmi per combattere delle battaglie, forse, persino elettorali.
Ma tanto più efficacemente potremo farlo tanto più saremo capaci di imporre un confronto di merito, e non solo di posizionamento.
E’un azzardo puntare su Sinistra Italiana, un cavallo così fragile , pieno di difetti, che subisce prima ancora di nascere -. un vero record – una scissione corposa ( e certamente dolorosa)?

Sì, lo è.

Potrebbe non funzionare. E però penso che se perdiamo questa occasione il rischio di trovarci assai male sarebbe ben maggiore. Ci sono momenti in cui occorre rischiare, cioè scegliere (e francamente questo non è poi un rischio così grosso).
Ho scelto Sinistra Italiana perché chi la sta costruendo ha avuto il coraggio – per l’appunto – di aprirsi, e cioè di rinunciare alle certezze dei propri rifugi. Che è quanto di più efficace si possa fare se si vogliono davvero “aprire campi” più inclusivi, che non siano la somma di identità irrigidite.
Sel, decidendo di sciogliersi, proprio questo ha fatto: mettere in discussione se stessa, a partire dalla riflessione critica sull’esperienza del centrosinistra di cui era stata protagonista.
Saremo elettoralmente irrilevanti? Dipende da molte cose, ma – ed è questo che mi importa ribadire in questo momento – non tutto si gioca su quel terreno.
C’è un enorme lavoro da fare nella società per tradurre la disperazione in un protagonismo politico capace di dare al conflitto una prospettiva. Per rivitalizzare le istituzioni democratiche che Renzi ha cercato di sterilizzare bisogna cominciare di qui, altrimenti qualsiasi governo, anche un centrosinistra un po’ più di sinistra, sarà inutile.
Ci sono tempi in cui i risultati di quanto si fa si possono misurare solo nel lungo periodo.
Quanto sta bollendo in pentola non è affatto un nuovo bel centro-sinistra di sinistra.
Mi sembra di capire che, anzi, il nuovo scenario politico sia un nuovo bipolarismo: non il vecchio sinistra/destra, ma: da un lato i “barbari” ( 5Stelle, Salvini e c. più la plebe che protesta contro licenziamenti e povertà, gli immigrati); dall’altro i “civilizzati”, quelli che hanno capito che in momenti come questi si devono erigere trincee. (E cioè il Pd, i mozziconi di destra già da tempo imbarcati da Renzi, ma oramai anche Berlusconi, riammesso nel salotto buono da
quando si è visto che, diciamocelo, non è brutto come Trump).


Eugenio Scalfari ad Ottoemezzo, giorni fa, l’ha detto con maggiore chiarezza di altri ricorrendo a toni persino apocalittici: chi è civilizzato deve capire che il castello della democrazia è assediato e senza fare tante storie ubbidire e combattere con chiunque si ingaggi.
A questo punto che lo schieramento invocato si chiami centro-sinistra, o larghe intese, non ha importanza, è questione solo nominale. Non è più tempo, insomma – ecco il messaggio – per occuparsi di dettagli cincischiando su quanto di sinistra potrebbe essere il centrosinistra.
Non siamo più, mi pare, al renzismo, siamo oltre, quello è stato – o meglio ancora è – l’apprendista stregone.
L’appello dei civilizzati avrà sicuramente chi lo ascolta, può apparire persino di buon senso. Anche perché i civilizzati hanno meno problemi: non il lavoro, non la povertà, non le miserie dei servizi pubblici che si restringono come pelle di zigrino.
Solo che le cose non stanno così: se le scelte dovessero ridursi a questa alternativa saremmo davvero fritti: il disagio sociale e il populismo che cresce in assenza di una forza che se ne faccia carico, potrebbe davvero dare fuoco alle polveri.

Il realismo dovrebbe indurre a privilegiare l’obiettivo di colmare questo vuoto.

 

 

 

 

 

 

Diffondiamo da Il Manifesto del 17 febbraio 2017

Category: Politica

About Luciana Castellina: Luciana Castellina (Roma, 1929) è una politica, giornalista e scrittrice italiana, parlamentare comunista, più volte eurodeputata, autrice di numerose pubblicazioni, presidente onoraria dell'ARCI dal 2014.Figlia unica del rappresentante milanese di commercio Gino Castellina e di Lisetta Liebman, un'ebrea triestina, frequenta il Liceo Tasso di Roma per poi laurearsi in legge alla Sapienza. Nel 1947 partecipa al primo Festival della Gioventù a Praga e in quello stesso anno si iscrive al PCI. Appena laureata diventa funzionaria della FGCI, del cui settimanale Nuova Generazione sarà direttrice fino al 1962. Brevemente giornalista presso il quotidiano Il Paese, nel 1963 va a lavorare presso la sezione femminile del PCI diretta da Nilde Iotti. Allontanata da Botteghe Oscure dopo l'emarginazione subita dalla corrente "ingraiana" all'XI congresso del PCI è stata impegnata nell'UDI[5] della cui presidenza è stata anche membro. E' stata arrestata parecchie volte per ragioni politiche: il 14 luglio del 1948 in occasione delle manifestazioni di protesta contro l'attentato a Palmiro Togliatti; e poi nel 1950 e nel 1956 in analoghe circostanze. Nel 1963 in occasione di una protesta degli edili romani (poi risultata una provocazione di Gladio, la rete segreta della Cia) è rimasta a Regina Coeli per quasi due mesi. E' stata anche arrestata ad Atene e espulsa dalla Grecia in occasione del colpo di stato dei colonnelli nel 1967. Radiata dal PCI nel 1970 assieme al nucleo fondatore della rivista (poi quotidiano e anche Movimento Politico Organizzato) Il manifesto, di cui è stata redattrice e poi sempre collaboratrice. Il Manifesto nel 1974 si unifica all'ala sinistra del PSIUP diretta da Vittorio Foa, dando vita al Partito di Unità Proletaria per il comunismo. Eletta nella lista Democrazia Proletaria (cartello elettorale fra varie organizzazioni della nuova sinistra) al Consiglio regionale del Lazio nel 1975, al consiglio comunale di Roma e quindi alla Camera dei Deputati nel 1976, in cui è stata anche capogruppo. Nel 1979 viene nuovamente eletta, ma ora nelle liste del PDUP che non fa più parte della coalizione DP, sia alla Camera dei Deputati, che al Parlamento Europeo per il quale opta dopo pochi mesi[9]. Nel 1983 viene nuovamente eletta alla Camera (dove resterà un solo anno), e nel 1984 al Parlamento Europeo. Nel 1984 il PDUP decide in un congresso straordinario di sciogliersi e di entrare (per alcuni di rientrare) nel PCI. Castellina diventa membro della Direzione del Partito. Rieletta nel Parlamento Europeo nel 1989, diventa vicepresidente della Delegazione permanente per l'America centrale e del Sud. Quando viene proposto lo scioglimento del PCI Luciana Castellina è tra i primi firmatari della mozione 2 (presentata da Ingrao e firmata tra gli altri da Natta e Magri) che vi si oppone. Nel 1992 entra nel partito di Rifondazione Comunista che si è formato nel frattempo, dove diventa direttrice del settimanale Liberazione (quotidiano). Il 5 aprile 1992 è rieletta deputato alla Camera in Umbria con Rifondazione comunista, ma si dimette il 6 maggio successivo. Nel 1994 è eletta nuovamente al Parlamento Europeo (incarico che manterrà fino al 1999), diventando presidente della Commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione e i mezzi di informazione (1994-1997) e della Commissione per le relazioni economiche esterne (1997-1998). Nel 1996 lascia RIfondazione Comunista insieme ad un folto gruppo per dissensi con la linea del segretario Fausto Bertinotti. Fra il 1980 e il 1984 ha diretto, assieme a Claudio Napoleoni e Stefano Rodotà il settimanale Pace e Guerra. Negli anni '80 è stata anche vicepresidente della Lega per i diritti dei popoli, di cui era presidente il premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel e coordinatore, assieme al presidente della Bertrand Russel Foundation, Ken Coattes, del movimento pacifista europeo (European Nuclear Desarmement). Dal 1999 al 2003 è presidente dell'Agenzia per la promozione del cinema italiano all'estero "Italia cinema". E' stata anche nel CdA della Fondazione Basso, e presidente onorario di Cineuropa.org quotidiano online del cinema europeo. Fra il 2007 e il 2010 ha insegnato come professore a contratto, all'Università di Pisa. Nel 2014 è stata eletta presidente onoraria dell'ARCI. Inoltre è stata insignita della decorazione di commendatore della Repubblica Argentina e di quella di ufficiale delle Arti e delle Lettere della Repubblica Francese.Il suo libro Cinquant'anni d'Europa - una lettura antiretorica (Utet, 2007), è uscito in occasione del cinquantenario della nascita dell'Unione europea.Per ETS nel 2008 ha pubblicato Eurollywood. Il difficile ingresso della cultura nella costruzione dell'Europa. Nel 2010 ha collaborato al volume collettivo Europa 2.0 Prospettive ed evoluzioni del sogno europeo[, edito da Ombre corte, a cura di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini con un saggio sul tema dell'identità europea. Attualmente è membro del Consiglio Nazionale dell'Arci e Presidente Onorario del sito sul cinema europeo Cineuropa.org. Nel 2011 ha pubblicato La scoperta del mondo (Nottetempo), ovvero il suo diario dai quattordici ai diciotto anni, che racconta la sua adolescenza e la sua iniziazione politica. Il libro è stato finalista al 65simo Premio Strega. Nel 2012, con Siberiana (Nottetempo) ha fornito un "diario di viaggio" che intreccia "memorie di cose viste, lette e pensate durante la sua lunga esperienza politica e culturale", in una terra che, "nel ricordo della prigione di ghiaccio che stringeva le catene dei forzati nelle miniere dello zar e dei dissidenti nei gulag staliniani, si rovescia, per i russi, nel simbolo di un perenne Far West dello spirito".Il 29 Gennaio 2015 Nichi Vendola e il gruppo parlamentare di SEL annunciano che nelle prime tre votazioni per l'elezione del presidente della Repubblica voteranno Luciana Castellina per poi aderire dalla quarta votazione alla candidatura, avanzata dal Partito Democratico, di Sergio Mattarella. Nella prima votazione ottiene 37 voti, risultando così la terza più votata dopo Ferdinando Imposimato e Vittorio Feltri. Già sposata con il dirigente comunista Alfredo Reichlin, ha avuto da lui due figli,entrambi economisti: Lucrezia (che insegna alla London Business School) e Pietro (che insegna all'università Luiss di Roma). Il 29 marzo 2015 entra a far parte della presidenza nazionale di Sinistra Ecologia Libertà, il partito guidato da Nichi Vendola.

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