Don Luigi Ciotti: Corruzione e mafia. Due facce della stessa medaglia
1. Don Luigi Ciotti a Bruxelles: Corruzione e mafia. Due facce della stessa medaglia
da www.riparteilfuturo.it, 9 dicembre 2014
In occasione della Giornata Mondiale contro la corruzione Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele e ispiratore della nostra campagna Riparte il futuro, ha presentato al Parlamento europeo l’agenda di priorità per l’Europa contro la corruzione il crimine organizzato. “Mi stupisco di chi si stupisce di quello che è accaduto a Roma- ha dichiarato don Luigi Ciotti facendo riferimento all’inchiesta Mafia Capitale- Ho stima e riconoscenza per la magistratura e le forze investigative: i magistrati hanno fatto qualcosa di fondamentale aggiungendo al problema della corruzione l’aggravante mafiosa”.
Ciotti non usa mezzi termini: corruzione e mafia sono “due facce della stessa medaglia”.
“La procura di Roma ha inserito il 416 bis che individua nel nostro Paese i reati di stampo mafioso. Per concretizzare il reato non è necessario il controllo del territorio attraverso la violenza bruta, sparando e minacciando. Questa non è una mafia con la lupara”, dice il presidente di Libera. “La corruzione sottrae denaro che potrebbe essere investito per dare dignità alle persone. Il problema non è solo chi fa il male ma quanti guardano e lasciano passare. È una società che ruba a se stessa”.
“C’è bisogno – prosegue Don Ciotti- che l’Europa imprima quella marcia in più e l’Italia deve riflettere fortemente su tutto questo. Non è stata la stessa Banca d’Italia a parlare di corrotti che siedono regolarmente nei consigli di amministrazione di enti pubblici? Speravamo di avere superato tutto questo. La storia ci dice che può esistere una politica senza mafie ma che non possono esistere mafie senza il concorso della politica”.
Sei sono i punti dell’agenda di Libera per colpire il crimine organizzato e il sistema di potere su cui si basa: una normativa europea sui beni confiscati, il 21 marzo come Giornata Europea in memoria delle vittime di mafia, i crimini ambientali, la figura del procuratore pubblico europeo, il riciclaggio. E la proposta per l’Europa di Riparte il futuro, la campagna di Libera e Gruppo Abele contro la corruzione: una direttiva sulla tutela dei whistleblower”: ovvero coloro che decidono di denunciare gli episodi di corruzione a cui si trovano ad assistere sul luogo di lavoro.
“Già 20 anni fa siamo venuti in Europa a portare dei contenuti e alcuni di loro sono stati recepiti dalle direttive europee – spiega ancora Luigi Ciotti – Questi 20 anni sono testimoni di un ‘noi’: anche se la strada non è semplice ed è in salita siamo testimoni che dei passi definitivi sono stati fatti”. Molto ancora c’è da fare. “Solo 5 dei 28 Stati Membri dell’Ue hanno una normativa completa sulla corruzione”, tuona il presidente di Libera. E tutelano i whistleblower.
“Siamo in Europa per sollecitare con rispetto e forza l’Unione”.
2. Don Luigi Ciotti a Bruxelles. Il reato autoriciclaggio mortificato da troppi compromessi
da Alessio Pisanò: Il fattoquotidiano 9 dicembre 2014
“Legge sull’autoriciclaggio? Riconosco passi avanti ma ci sono zone d’ombra, le mediazioni in politica si devono fare verso l’alto, non il basso”.
Così don Luigi Ciotti al Parlamento europeo in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione. Secondo il fondatore di Libera, ci sono stati “troppi compromessi per tenere a galla tutto” e sulla situazione politica italiana dice: “Il rinnovamento deve essere radicale, in Italia non riusciamo ad avere una legge sulla corruzione, quella sull’autoriciclaggio è mortificata e sui beni confiscati ci sono grandi lungaggini”.
Infine sullo scandalo “Mafia capitale“ dice: “Mi stupisco di chi si stupisce però sono contento che i magistrati hanno aggiunto l’aggravante mafiosa” perché “corruzione e mafia due facce delle stessa medaglia”. Il fondatore di Libera era presente a Bruxelles per presentare le proposte di “Restarting the future” (Riparte il fururo), campagna per combattere la corruzione a livello europeo e propone una direttiva europea per tutelare i whistleblower (gli informatori).
3. Don Luigi Ciotti a Bruxelle : La mafia è nulla senza i politici. Renzi? Tutto e il contrario di tutto. Basta compromessi. Meno leggi e più legge.
Intervista di Antonietta Demurtas per Lettera 43 pubblicata il 10 dicembre 2014
Può esistere una politica senza mafie. Ma non possono esistere mafie senza il concorso della politica. È questo il messaggio che don Luigi Ciotti ha portato il 9 dicembre al parlamento europeo di Bruxelles.
In occasione della Giornata mondiale contro la corruzione il presidente nazionale dell’associazione Libera, che è pronto a ricevere il premio come cittadino europeo dell’anno il 12 dicembre, ha presentato l’agenda di priorità per l’Europa contro la corruzione e il crimine organizzato.
SEI PUNTI NEL PROGRAMMA DI LIBERA. Sei sono i punti del programma di Libera per colpire il crimine organizzato: una normativa europea sui beni confiscati, il 21 marzo come Giornata Europea in memoria delle vittime di mafia, i crimini ambientali, la figura del procuratore pubblico europeo, il riciclaggio.
E la proposta per l’Europa di Riparte il futuro (la campagna di Libera e Gruppo Abele contro la corruzione): una direttiva sulla tutela dei whistleblower, ovvero coloro che decidono di denunciare gli episodi di corruzione a cui si trovano ad assistere sul luogo di lavoro.
CORRUZIONE, IN TROPPI SENZA NORMA. Perché oggi, nonostante i passi avanti, solo cinque dei 28 Stati membri dell’Ue hanno una normativa completa sulla corruzione.
E l’Italia non è tra questi (sono il Lussemburgo, il Regno Unito, l’Irlanda, la Slovenia e la Romania). «Eppure già tre anni fa la Banca d’Italia parlò di corrotti che siedono regolarmente nei consigli di amministrazione di enti pubblici», dice don Ciotti a Lettera43.it.
NE PARLAVA GIÀ ENRICO BERLINGUER. «Già nel 1982 Enrico Berlinguer aveva posto per primo la questione della morale e della trasaparenza all’interno delle forze politiche».
E ancora «nel 1984, quindi ben prima di Tangentopoli, il cardinale Martini parlò delle tre pesti che affliggevano Milano: la solitudine, la violenza e la corruzione bianca».
Interventi fatti anni fa che rappresentano «purtroppo una fotografia del presente».
DOMANDA. Renzi lo definirebbe un selfie. Forse però bosgna smettere di scattare foto e agire…
RISPOSTA. Renzi scrisse un articolo di risposta a Roberto Saviano con un’agenda di impegni di contrasto alla mafia, dove c’era tutto e il contrario di tutto. Quei punti erano condivisibilissimi, il problema è che alle dichiarazioni devono seguire i fatti, bisogna dare le risposte concrete.
D. Serve più coraggio?
R. Credo che ci sia il desiderio, ma non mi basta. Io ho bisogno di vedere la concretezza di alcuni passaggi.
D. Il pacchetto anti corruzione e la legge anti riciclaggio non la soddisfano?
R. I temini in cui erano stati presentati erano concreti, chiari, trasparenti, solo che poi il ministro della Giustizia Andrea Orlando è dovuto scendere a compromessi.
D. E quindi?
R. Si rischia di svuotare il valore di tutto quello fatto e proposto sinora. I beni confiscati alle mafie sono bloccati da due anni per colpa della burocrazia, dei ritardi, dei cambiamenti di governo.
D. Dei politici insomma.
R. Ci sono troppi venti contrari, che tirano da una parte e dall’altra. Così si va in Commissione, si va in Aula e alla fine si sviliscono gli intenti. Se da un lato c’è davvero chi vuole investire, chi vuole trasparenza, dall’altra si arriva a dei compromessi per galleggiare.
D. A Roma per esempio si è galleggiato tanto nel ‘Mondo di mezzo’…
R. Roma è una delle più grandi ferite, ma io mi stupisco ancora una volta di chi si stupisce, perché tutte le volte che succedono queste cose, tutti dicono: «Mio Dio non sapevo, non pensavo».
D. Invece?
R. Invece si sapeva, eccome. Per questo sono contento che la procura di Roma abbia inserito il 416 bis che individua nel nostro Paese i reati di stampo mafioso. Corruzione e mafia sono due facce della stessa medaglia.
D. Basta quindi parlare solo di Sicilia?
R. La mafia c’è anche a Roma, Milano, Torino. E 32 anni fa ha ucciso il procuratore della Repubblica di Torino Bruno Caccia. Il Comune piemontese di Bardonecchia fu commissariato per infiltrazioni mafiosa nel 1995. Oggi Milano è la terza realtà d’Italia per beni confiscati, che sono il chiaro indicatore di una presenza criminale.
D. L’Expo la preoccupa?
R. Nelle grandi opere, la mafia ha sempre cercato di inserirsi. Per fermarla ci deve essere una corresponsabilità da parte di tutti. Il Commissario nazionale Expo Raffaele Cantone, presidente dell’Anticorruzione, è una persona di grande valore. Ma non basta.
D. Che cosa suggerisce?
R. Serve una maggiore attenzione da parte di tutti. La prima riforma da fare è una auto riforma, quella delle nostre coscienze. Serve un risveglio sociale, perché abbiamo troppi cittadini a intermittenza.
D. In che senso?
R. Quando ci sono le tragedie, la gente si commuove e poi non si muove.
D. In fondo se i politici sono corrotti, c’è qualche cittadino che li corrompe?
R. Sì, tutti dovrebbero leggere il libro di papa Francesco, Guarire dalla corruzione, dove invita a pensare chi è il corrotto e chi è il corruttore, una fotografia perfetta di quello che abbiamo davanti ai nostri occhi.
D. Abbiamo i politici che ci meritiamo?
R. Sì, la responsabilità non è solo dei politici. Le mafie non riescono a fare nulla se non trovano dei professionisti che li aiutano. Hanno bisogno di imprenditori, tecnici, commercialisti, notai, avvocati, che si rendono complici del sistema, direttamente o indirettamente. Perché la forza della mafia non sta dentro la mafia. Sta fuori.
D. Nella società. Che è mafiosa, ma anche in crisi.
R. I mafiosi per raggiungere il loro obiettivo hanno bisogno di trovare alleanze, compiacenza. Poi certo, la crisi economica finanziaria ha favorito molto questo fenomeno, perché i mafiosi hanno tanto denaro, frutto di affari sporchi, crimini, violenze. Anche se oggi sempre di più si mettono i guanti bianchi. Non hanno più la lupara in mano, ma la valigetta 24 ore.
D. Sono ancora più invisibili?
R. Sì, ma attenzione: non sono meno sanguinari. Dal 1992 a oggi la guerra di mafia apparentemente più silenziosa e meno appariscente ha fatto 3.500 morti.
D. E secondo lei l’Unione europea rischia di non vedere questi morti?
R. L’Ue sbaglia già nel linguaggio, perché anziché mafia preferisce chiamarla criminalità organizzata. Chiamiamola come vogliamo, ma non possiamo permetterci di pensare che il problema non esiste.
D. Forse non si capisce?
R. Ci sono certo modalità e forme diverse. Da noi le nostre mafie hanno radici storiche in alcune regioni, ma alla fine gli affari li hanno fatti al Nord, non al Sud. Non dimentichiamo che già nel 1900 don Luigi Sturzo, fondatore della Dc (Democrazia cristiana), aveva profeticamente detto che le mafie sarebbero salite verso il Nord e avrebbero anche varcato le Alpi. Dovremmo rileggere quei documenti.
D. Abbiamo la memoria corta?
R. Sì, purtroppo, il vero problema è che non ci chiediamo: perché da 400 anni abbiamo la camorra in Italia? Perché da oltre 150 anni parliamo di mafia? Perché da 120 anni parliamo di ‘ndrangheta?
D. Ha una risposta?
R. Perchè al di là dell’impegno che molti ci mettono, non viene affrontato il nodo centrale del problema.
D. Quale?
R. Che serve davvero una volontà politica ferma, chiara, trasparente. Ci vogliono meno leggi e più legge. E soprattutto più politiche sociali, perché una delle gambe della mafia è rappresentata dalla mancanza di lavoro, dall’ignoranza. L’Italia è agli ultimi posti per dispersione scolastica in Europa. Ci sono sei milioni di analfabeti.
D. L’ignoranza uccide?
R. Crea un terreno fertile. Un dato inquietante è che il 61% di disoccupati è disposto ad accettare un posto di lavoro in una attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare il denaro. C’è gente onesta senza lavoro che non sa dove sbattere la testa.
D. E si fa finta di non vederle queste persone?
R. No, si vedono. Il problema è che oggi consapevolezza e responsabilità sono due parole centrali: non si può essere consapevoli senza sentirsi implicati in tutto questo.
Category: Osservatorio Europa, Politica
Ma penso che Don Luigi Ciotti dovrebbe stare più attento a chi affida il suo marchio.
Visto che per quel che ci risulta chiaramente, a Mesagne, dove ha un importate avamposto, chi gli vendeva le armi, alla criminalità, ora fa le presentazioni di libri avendo cambiato ragione sociale: nei posti dove a rigor di logica si dovrebbe pure vergognare a passarci affianco.