Nello Rubattu: In Sardegna. Morire per le radiazioni nelle basi militari e le solite notizie di malaffare

| 23 Dicembre 2014 | Comments (0)

 

In Sardegna, isola di centenari, si muore mica sempre così anziani e soprattutto mica sempre bene. Ma è normale: in questa terra baciata dal sole e dal vento e da un mare meraviglioso, hanno voluto concentrare non solo buona parte delle basi militari della Nato ma i loro maledetti poligoni di tiro. Così, succede che se si lavora in uno di quei poligoni, un cancretto di servizio non te lo toglie nessuno. Ultimamente è successo a  un maresciallo di San Sperate, paesino vicino a Cagliari, Giancarlo Cocco, 62 anni, gravemente malato al fegato, che aveva operato nel poligono di Capo Frasca.

Nelle settimane scorse era morto per lo stesso problema, Mario Porcu, maresciallo dell’esercito. La causa scatenante è sempre la stessa: “Il militare era stato esposto oltre che alle radiazioni di uranio impoverito nei bombardamenti degli aerei A 10 (ammazza carro) degli Usa anche alle radiazioni dei radar”, ha ricordato l’Anavafaf, l’associazione dei militari delle forze armate che ha in questi giorni diramato un comunicato in cui esprimono: ” pesante inquietudine per la trascuratezza che le autorità dimostrano nei riguardi di vittime che intendono come vittime da oscurare e rileva con rammarico che mentre viene espressa preoccupazione per l’incendio delle frasche (macchia mediterranea), quasi inesistente è quella per la vita e la salute di uomini e animali”.

Inutile dire che questi problemi si aggiungono a tutti gli altri che in questo momento interessano la Sardegna.

Da una parte le solite notizie di malaffare. Ecco quella più eclatante che riguarda una società partecipata regionale con sede nella zona più povera della Sardegna, l’iglesiente: Giovanni Battista Zurru, 76 anni (uomo di fiducia di Giorgio Oppi, consigliere dell’Udc, potente e supervotato uomo politico dell’iglesiente, anche lui fra gli indagati), ex presidente dell’Igea, società ora in liquidazione – il solito carrozzone mangiasoldi – è agli arresti domiciliari. È finito in cella invece l’autista della società: un ex sindacalista, Marco Tuveri, 62 anni, per il quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Questo personaggio, rubava benzina dall’Igea e la rivendeva. Si era persino costruito in casa una sua personale pompa di benzina. Nei guai anche la segretaria di Zurru, Daniela Tidu, 40 anni, a cui è stato imposto l’obbligo di dimora.

L’indagine riguarda reati di truffa, peculato e voto di scambio. Complessivamente, ben 66 le persone indagate. Sono attualmente in corso perquisizioni negli uffici dell’Igea e nelle abitazioni degli indagati.

La bufera piombata sulla società in house della Regione arriva il giorno dopo la firma dell’accordo per la fuoriuscita di 104 esuberi, ma soprattutto a pochi giorni dalla fine della protesta delle 37 lavoratrici che hanno trascorso undici notti nella miniera di Villamaria per chiedere lo sblocco degli stipendi e prospettive per l’azienda.

La cosa che fa più rabbia è che in pochi anni, sono transitate nelle casse Igea oltre 600 milioni di euro e nessuno fino a questo momento sa che fine hanno fatto. Poi dicono che in quest’isola non impariamo in fretta.

Questa bella notizia si aggiunge al continuo “malaffare” di Stato: Pochi giorni fa si è presentato in Sardegna, il sottosegretario Delrio che ha promesso di interessarsi ad alleviare le pene degli abitanti dell’ex zona mineraria, facendosi il solito tour sempre nell’iglesiente e ricordando a tutti coloro che sono accorsi ad ascoltarlo che il “Governo, ha a cuore le sorti della Sardegna e ha tutte le intenzioni  per intervenire”.

Sarà la centesima volta che in questi anni, questo proposito viene sbandierato sui giornali da qualche bella testa del Governo.  Solo che poi, spente le luci della ribalta, sulla scena rimangono ogni anno settecento milioni di euro che lo Stato deve ancora restituire alle casse regionali. Questi soldini, sono una parte di quel contenzioso, aperto già con la presidenza di Renato Soru (stiamo parlando di quindici anni fa) che lo Stato aveva promesso di sanare, sottoscrivendo accordi per la restituzione del maltolto, seppure a rate.

Ma neanche a pallettoni di cinghiale che lo ha fatto. Ogni anno la rumba non cambia e si ritorna con la solita solfa di riunioni, promesse e fregature.

Sta di fatto che il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, proprio in questi giorni ha incontrato i ministeri italiani per capire quando gli verranno dati questi spiccioli che da soli, senza tanti fronzoli e inutili promesse, farebbero un gran bene alla stremata economia dell’isola. Perciò: se qualcuno volesse sapere in cosa consiste la distanza fra lo Stato centrale e le sue Amministrazioni, può seguire le diverse fasi di questo romanzo criminale che interessa un intero popolo, quello sardo e trarne le dovute conclusioni.

Per questo stupisce sentire personaggi che affermano di non capire perché Salvini stia diventando uno dei politici più amati dagli italiani. “Almeno lui qualcosa la difende”, si è sentito dire l’altro giorno da un operaio di Ottana, da sempre zona rossa, un giornalista di Videolina, la televisione più seguita della Sardegna, che sta mandando in onda una serie di servizi sulle aree del disastro industriale dell’isola.

Certo, i problemi non sono solo sardi, ma quelli della nostra isola sono sicuramente più gravi. Perché, dove trovi un posto uguale alla Sardegna, dove si dimostra con chiarezza che lo Stato italiano non esiste o se esiste è moribondo. Perché, cosa vuole dire vivere in Sardegna e accorgersi che quasi nessuno nella Penisola sembra interessato ai problemi di questa terra a forma di orma di piede? Fare del pietismo non conviene. Non è proprio il caso. In Italia, perlomeno. E’ fuori luogo.

Proprio in questi giorni gli operai di Termini Imerese stanno aspettando di che fine dovranno morire. Dicono che il Governo interverrà e diecimila esseri umani sono lì ad aspettare la Madonna.

Inutile poi, guardare le cooperative e quel brutto e squallido pasticcio romano: tutti lì, destre e sinistre a strafogarsi con i soldi che avrebbero dovuto trasferire agli sfigati della terra: extracomunitari, profughi e zingari. Dove andranno mai a finire i dipendenti di queste cooperative oggi sotto l’occhio del ciclone gestite da ex Nar fascisti e relitti dell’estremismo rosso? Gli bloccheranno gli appalti? E se li bloccano che fine faranno i loro posti di lavoro? Perciò, si potrebbe sempre pensare: “ad ognuno il suo”. Perfettamente d’accordo.

Ma la cosa che fa veramente uscire fuori come i terrazzi è che nessuno alla fine paga e soprattutto, nessuno ha qualche idea decente per l’avvenire. A sentire gli industriali e il governo, dal prossimo anno il Pil crescerà…ma (lo dicono loro), continueranno a diminuire gli occupati! L’effetto economico che descrivono, dovrebbe essere paragonabile a quello della calma dopo la tempesta: dopo un bell’uragano capace di distruggere tutto, appena si rimette al bello il tempo, tutti sulle spiagge a recuperare i relitti.

Ma sarà davvero così? Crederci sembra più che altro un fatto di fede, non di certo un calcolo di buona amministrazione. Perché, se diminuiscono gli occupati, col cavolo che il mercato interno riprende a macinare. E se non si riprende il mercato interno, quando mai la macchina dei consumi potrà ripartire? Non ci vuole un grande economista per capirlo. E allora cosa si deve fare?

Qualcuno consiglia di andare via dall’euro, altri di fare due monete europee, altri di stracciare il patto di stabilità e altri ancora aspettano un Piano Marshall. Bei discorsi, bisogna dire, ma che non servono a nulla.

Fra un poco arriverà il Natale, poi il Capodanno e a seguire la Befana. Ora il Parlamento è tutto impegnato a bizantinizzare sul nuovo Presidente della Repubblica che a quanto pare deve essere condiviso fra maggioranza e opposizione. Da poco, hanno fatto circolare il nome di Prodi. Deve essere che hanno una grande intenzione di bruciarlo e quindi come nelle migliori barzellette qualcuno gli sta preparando un bel “vieni avanti cretino” e Prodi, mica si capisce come mai, è andato in Quirinale a fare visita al nostro Napolitano.

Dentro gli schieramenti, intanto, si stanno consumando lotte intestine e vendette personali: fra di loro si stanno lanciando le peggiori accuse e tutti non fanno altro che ricordare a noi poveri mortali che i loro avversari sono coloro i quali, con i loro atti sconsiderati, stanno affossando la democrazia. Un bel film, bisogna dire.

Solo che nessuno sta dove diavolo sia questa benedetta democrazia. Molti cominciano a dubitare che esista davvero. Forse sbagliano, ma le incertezze rimangono. Però a consolarci con un po’ di positiva speranza, ci pensano gli annunci di Renzi che ormai, preso da una botta irrefrenabile di incontinenza, “sforna annunci e relativi crono programmi di rosee rinascite”, ricorda la gente su quest’isola. Da questa sponda del mondo, si sospetta solo che tutta questa speranza in un anno migliore sia solo per fare chiudere bene questo brutto anno.

Ma non ci crede nessuno e il prossimo anno se ne vedranno delle belle. L’unica cosa che si può dire è che la gente, perlomeno in Sardegna si sta aggrappando agli strapuntini per sbarcare il lunario. Basta una piccola e amara notizia per capirlo. E’ capitato proprio nei giorni scorsi in un paesino sardo dell’Iglesiente, Arbus: l’aula consiliare del comune, si è riempita di giovani, bambini e adulti, interessati a fare le comparse in un film in programmazione di Lucio Pellegrini che sarà girato a Montevecchio, cioè nella zona mineraria. “Sono arrivati da tutta la provincia di Cagliari sperando di accaparrarsi quel ruolo, in attesa di un posto di lavoro”. Ha commentato con tristezza l’articolista.

Buone feste e come dicono in Sardegna “Bonu printzipiu e menzus accabu”

 

 

 

 

Category: Osservatorio Sardegna

About Nello Rubattu: Nello Rubattu è nato a Sassari. Dopo gli studi a Bologna ha lavorato come addetto stampa per importanti organizzazioni e aziende italiane. Ha vissuto buona parte della sua vita all'estero ed è presidente di Su Disterru-Onlus che sta dando vita ad Asuni, un piccolo centro della Sardegna, ad un centro di documentazione sulle culture migranti. Ha scritto alcuni romanzi e un libro sul mondo delle cooperative agricole europee. Attualmente vive a Bologna

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