Nello Rubattu: In Sardegna a quanto pare Matrica sta smobilitando

| 12 Marzo 2015 | Comments (0)

 

 

 

Lo avevamo già ricordato in più di una occasione: Matrìca, azienda che sarebbe dovuta diventare leader nella biochimica per il gruppo Eni,  è una bufala. Una bufala tragica che si abbatte come un ciclone su una economia martoriata come quella della Sardegna. Perché, anche se per adesso non chiude, ha tutte le intenzioni di ristrutturare in maniera pesantissima.

E lo fa in una zona, Porto Torres (sede storica della Sir, l’ex bufala chimica dell’ingegner Rovelli e dei suoi amichetti che negli anni sessanta guadagnarono fior di soldini, mangiandosi tutto il possibile dei finanziamenti pubblici) dove l’Eni, approdata rilevando la Sir, ha continuato da una parte a distruggere l’area e dall’altra a promettere di rimettere le cose a posto con una bella bonifica. Matrìca è il frutto avvelenato di questi fantasiosi accordi fra Eni, Stato e Regione.

Che poi, quelle bonifiche dei suoli siano necessarie è fuori da ogni dubbio: Porto Torres, risulta fra i territori più inquinati d’Europa, persino della tragica Ilva di Taranto. Invece, chissà perché, le bonifiche che dovevano iniziare già dal 2010, neanche a pallettoni da cinghiale che sono cominciate!

Ma quando hanno aperto Matrìca, cioè, a metà del 2014, lo avevano fatto in pompa magna: il ministro all’ambiente Galletti e l’assessore dell’Industria della Regione Maria Grazia Piras, avevano tagliato il nastro di partenza e avevano parlato “finalmente di una svolta per la Sardegna”, con tanto di discorsi ambientalisti che oggi non mancano neanche quando si deve coltivare un campo di zucchini. Secondo loro,  questa fabbrica, frutto di una Joint venture di Matrìca con Versalis-Novamont, avrebbe dovuto prendere il posto dell’ex petrolchimico della cittadina turritana che avrebbe impiegato inizialmente 130 dipendenti (nel periodo della grande abbuffata rovelliana nelle industrie della zona si era arrivati a punte di 15.000) che sarebbero dovuti salire a 145 per quest’anno, dei quali circa venti impegnati nel centro di ricerca avviato nel 2012, con un laboratorio di analisi e sette impianti pilota che teoricamente si estendono su un’area di oltre 3.500 metri quadri. Invece, proprio in questi giorni, il procurement di Matrìca (cioé gli approvvigionamenti) se ne vanno dritti dritti da Porto Torres a Milano. Così i famosi semi oleosi che sarebbero dovuti essere coltivati in 20.000 ettari di terreno sardo, se arrivano nello stabilimento di Porto Torres, arriveranno, come già avviene oggi, con dei bei cargo direttamente dalla Francia o dalle piantagioni già in produzione che si trovano in giro per il mondo: cioé dall’America del Sud (Argentina in particolare) e l’Africa.

Il presidente della regione Francesco Pigliaru, si è detto stupito e preoccupato e sta chiedendo lumi in proposito a diversi ministeri. Ma sono pronto a scommettermi un caffé che i nostri ministeri, non daranno nessuna risposta… e se la daranno, confermeranno che sono problemi aziendali interni di assestamento, ma che l’asset di Matrìca – per quanto loro risulti – è sempre quello di produrre a Porto Torres, 70mila tonnellate di bioprodotti all’anno.

Solo che a neanche un anno di apertura dalle linee di lavorazione, gli operai ricevono gli stipendi a rate e hanno già dovuto ricorrere a uno sciopero per ricordare che di quei 180milioni investiti, forse una piccola parte “l’azienda” dovrebbe devolverli in paghe erogabili ogni mese.

Ma Matrìca è un clone di Eni e proprio recentemente la commissione industria del Senato ha chiesto a Claudio De Scalzi, amministratore delegato del colosso energetico italiano, delucidazioni su cosa intendono fare in futuro nel settore della chimica verde.

Il prode amministratore delegato della multinazionale, aveva narrato come la nuova Eni da lui guidata, avrebbe costruito un rapporto diverso con il territorio, più sensibile e attento alle esigenze locali, specialmente a Porto Torres. Ma se la decisione è quella di trasferire il procurement a Milano, vuol dire che l’obiettivo è spogliare l’economia locale di milioni di euro, affidandoli così ad aziende che (per dimensione) non saranno raggiungibili dalle imprese sarde, obbligate a operare in un mercato chiuso. In pratica, all’Eni, della chimica verde (chiamiamola pure così, ma di verde non ha nulla) non gliene frega neanche per uno strapuntino.

Ma tutti sanno che l’Eni, da Porto Torres si sta allontanando e non sembra avere nessuna intenzione di investire sulla chimica verde. Anzi, proprio l’Eni, diversamente da quanto detto dal suo amministratore delegato in Senato, ha comunicato pubblicamente il suo disimpegno dal Protocollo della “chimica verde”, tagliando una buona fetta di investimenti previsti a Matrìca. Un’azienda che per loro non era probabilmente altro che una impresa solo di facciata. Perché, come si fa a pensare che una multinazionale come l’Eni, con tutti i suoi uffici di consulenza, le sue analisi di mercato,  i suoi piani di investimento, non sapesse che da Porto Torres aveva intenzione di andarsene?

Matrìca, dicevano in molti in Sardegna, era uno specchietto per le allodole. Un modo per non spendere soldi nelle famose bonifiche ambientali che l’Eni è obbligata a fare, dal momento che ne è la responsabile, per tutta l’area costiera di Porto Torres.

D’altronde, lo sanno anche i bambini che le bonifiche di quel tipo costano e per le  multinazionali come l’Eni, sono solo una perdita secca di soldi. Da bravi figli di buona donna, si sono allora inventati il giochino, la carotina giusta da sventolare sotto il naso dei sardi e li hanno illusi che la chimica verde europea, sarebbe stata prodotta tutta sulla loro isola a forma di piede.

Ovviamente a cascarci da creduloni dentro questa favoletta, ci sono cascati quasi tutti: dai partiti della sinistra isolana, ai sindacati, agli amministratori locali e a molti operai, soprattutto fra quelli licenziati in questi anni dal petrolchimico che pensavano finalmente di potersi guadagnare un nuovo stipendio.

Stranamente, quelli che ancora una volta non si sono fatti mettere sotto sono stati gli ecologisti e gli indipendentisti locali che da subito hanno sentito la classica puzza di bruciato. Ma la nostra sinistra sarda, incredibile ma vero, è ancora lì in questi giorni che piange e si dispera per essere stata tradita e chiede che il Governo di Renzi intervenga per far cambiare le strategie industriali del colosso della chimica italiana: “Non si può accettare l’ennesima umiliazione senza che ne paghi la credibilità della multinazionale italiana”, ha annunciato in suo comunicato il senatore PD Silvio Lai che chissà come, è convinto che le sue lamentele possano venire sentite in alto loco.

Anche i sindacati si ritengono preoccupati, ma per adesso attendono.

Da segnalare che il presidente della Regione Francesco Pigliaru ha, invece, chiesto a De Scalzi e al Governo una forte accelerazione sulle bonifiche, gli investimenti e un forte impegno “per consentire il maggior coinvolgimento possibile delle imprese locali”. Perché, aggiunge il presidente, si tratta di:” Una situazione delicata, che vede l’area del nord Sardegna indietro rispetto ad altre realtà – come Venezia, Livorno e Piombino – che con il piano dell’Area di crisi complessa stanno inglobando risorse e soluzioni per le bonifiche”. Ma più esauriente è il finalino del suo comunicato, dove Francesco Pigliaru chiede che se la multinazionale italiana della chimica non rispetta gli accordi i lavori si devono iniziare: “anche senza l’Eni”.

In pratica se l’Eni voleva sganciarsi da quella patata bollente delle bonifiche, il nostro  presidente della Regione, gli ha fornito il miglior assist. Perché in pratica, la Regione Sardegna, con la dichiarazione del suo presidente, sta chiedendo al Governo centrale che: “se alle bonifiche non ci pensa l’Eni, ci pensiamo noi come Regione ad organizzarle. Dateci i soldi che avete promesso e risolviamo in casa”.

Solo che quei soldi verranno scuciti da altri piani pubblici e non dalle tasche della multinazionale della chimica italiana. Perché dovete sapere che il protocollo per le bonifiche firmato da Eni ammonta a 530 milioni di euro. In pratica: l’Eni contribuendo con le sue partecipate Versalis e Novamont con 180milioni (solo in piccola parte erogati) per la nascita di Matrìca e da una parte dismettendo la sua partecipazione in Matrìca e dall’altro, lasciando che la Regione Sardegna chieda al Governo di iniziare le bonifiche a Porto Torres, risparmia 350 di milioni di euro.  Mica fesso l’amministratore delegato De Scalzi!

Ma sorge un dubbio: come mai l’Eni può infrangere protocolli di intesa che ha regolarmente firmato per la bonifica delle aree che loro stessi hanno ridotto ad una latrina e lo Stato (Renzi, Galletti o tutto il Governo) non dicono neanche un amen?

Non sarà che siccome l’Eni  è una multinazionale “strategica” per gli interessi nazionali, gli si perdona questa ennesima truffa ai danni della Sardegna? E non sarà che questa truffa ai danni del nostro popolo, l’hanno concepita insieme?

 

 

Category: Osservatorio Sardegna

About Nello Rubattu: Nello Rubattu è nato a Sassari. Dopo gli studi a Bologna ha lavorato come addetto stampa per importanti organizzazioni e aziende italiane. Ha vissuto buona parte della sua vita all'estero ed è presidente di Su Disterru-Onlus che sta dando vita ad Asuni, un piccolo centro della Sardegna, ad un centro di documentazione sulle culture migranti. Ha scritto alcuni romanzi e un libro sul mondo delle cooperative agricole europee. Attualmente vive a Bologna

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