Renzi si autointervista per esaltare il “rinascimento” dell’Arabia Saudita

| 1 Marzo 2021 | Comments (0)

Dopo che il rapporto Usa ha indicato il principe saudita come persona che autorizzò l’omicidio di un giornalista, il leader di Italia Viva, con un’assurda autointervista, torna sulla “bontà” del suo intervento a Riad all’indomani della crisi di governo. Ma non convince nessuno.
*
*
*

Alla fine il chiarimento di Matteo Renzi sui suoi rapporti con i sauditi è arrivato, ma non nelle modalità che ci aspettavamo. Dopo lo scandalo del suo viaggio a libro paga del principe Muhammad bin Salman emerso proprio nei giorni della crisi di governo, che avevano portato l’ex premier italiano a rinviare le sue spiegazioni a quando le tribolazioni politiche interne sarebbero rientrate, l’ultimo week end di febbraio ci ha finalmente consegnato la versione di Renzi. Un botta e risposta tutto tranne che incalzante, dal momento che intervistato e intervistatore erano la stessa persona.

L’ex sindaco di Firenze su eNews ha creato un nuovo format, forse la cosa più renziana possibile. Una newsletter-intervista in cui Matteo Renzi ha dato del tu a Matteo Renzi, chiamandolo Matteo Renzi, e ponendogli domande a cui lui stesso è stato poi chiamato a rispondere, in una cosa che è suonata così: “Tu, Matteo Renzi, svolgi attività stile conferenze o partecipazione ad advisory board o attività culturali o incarichi di docente presso università fuori dall’Italia? “. “Sì. Svolgo attività previste dalla legge (…)”. I quesiti hanno riguardato appunto i rapporti tra il senatore e l’Arabia Saudita, con un focus sulle relazioni economiche, i diritti umani e l’omicidio del giornalista Adnan Khashoggi.

Proprio quest’ultimo dev’essere stato il motivo che ha convinto Renzi a rompere dopo molti rinvii il suo silenzio sull’affaire saudita. Infatti a una situazione già di per sé assurda – un senatore che innesca una crisi di governo e mentre i suoi colleghi si scannano se ne va a tenere conferenze in uno dei posti peggiori per i diritti umani nel mondo chiamandola “culla del Rinascimento” – si è aggiunto il rapporto degli Stati Uniti dei giorni scorsi che ha sottolineato come quello stesso principe saudita Muhammad bin Salman, che Renzi chiamava “my friend” e da cui ha ricevuto la paga, è stato il mandante dell’uccisione del giornalista, poi fatto peraltro a pezzi.

La parte della newsletter su Khashoggi e sui diritti umani è probabilmente la più assurda. Matteo Renzi da una parte mostra una grande coda di paglia sottolineando come in passato abbia alzato la voce su quella vicenda e più in generale sulle tema della tutela delle libertà, dall’altra si comporta come se fosse il capo ufficio stampa del regno saudita, elencando tutti i grandi progressi a cui Riad sta assistendo ultimamente: donne che possono perfino guidare, pene capitali “solo” nell’ordine delle decine all’anno invece che delle centinaia, una lotta sempre più serrata al terrorismo islamico. E come se i diritti della persona fossero un tema relativo e non assoluto, il senatore di Rignano ci ricorda come ci siano altri paesi come Turchia, Cina e Russia che vivono le stesse problematiche, in una sorta di mal comune mezzo gaudio con cui non è ben chiaro cosa voglia comunicarci.

Renzi comunque ci fa sapere che le tasse del lauto compenso ricevuto dai sauditi saranno pagate in Italia. E ci mancherebbe, verrebbe da dire. Ma in realtà quella è l’ultima cosa che ci interessa, dal momento che il problema di tutta questa storia non è certamente quello fiscale, quanto che una persona che rappresenta tuttora il popolo italiano e che ha un’influenza e un potere politico nelle istituzioni sia in rapporti amichevoli con uno dei regimi più crudeli del mondo. Nulla gli vieta di farlo, ma delle due l’una: o il ruolo di senatore, o quello privato di conferenziere.

Con la sua newsletter Renzi ci ha però confermato che non si rimangia nulla e che continuerà a tenere il piede in due scarpe. E dalle sue parole emerge in modo ancora più chiaro come l’espressione del “Rinascimento saudita” non fosse una svista del momento o un modo colorito con cui ringraziare il principe per l’assegno corrisposto, bensì un’idea di paese che è molto più renziana di quanto credessimo. All’ex sindaco di Firenze l’Arabia Saudita piace per davvero. Lo avevamo percepito già quando aveva elogiato invidioso il basso costo del lavoro nel paese, possibile solo grazie allo sfruttamento e alla mancata sindacalizzazione. Roba da regime appunto. E oggi ne abbiamo ulteriore conferma per il modo in cui lo stesso Renzi ha affrontato la grana saudita in Italia: con un’intervista senza contraddittorio, in cui si è scelto le domande e le risposte senza la possibilità di essere incalzato, in quella che è apparsa come la cosa più saudita e di regime possibile.

*
*

Category: Guerre, torture, attentati, Osservatorio internazionale

About Redazione: Alla Redazione operativa e a quella allargata di Inchiesta partecipano: Mario Agostinelli, Bruno Amoroso, Laura Balbo, Luciano Berselli, Eloisa Betti, Roberto Bianco, Franca Bimbi, Loris Campetti, Saveria Capecchi, Simonetta Capecchi, Vittorio Capecchi, Carla Caprioli, Sergio Caserta, Tommaso Cerusici, Francesco Ciafaloni, Alberto Cini, Barbara Cologna, Laura Corradi, Chiara Cretella, Amina Crisma, Aulo Crisma, Roberto Dall'Olio, Vilmo Ferri, Barbara Floridia, Maria Fogliaro, Andrea Gallina, Massimiliano Geraci, Ivan Franceschini, Franco di Giangirolamo, Bruno Giorgini, Bruno Maggi, Maurizio Matteuzzi, Donata Meneghelli, Marina Montella, Giovanni Mottura, Oliva Novello, Riccardo Petrella, Gabriele Polo, Enrico Pugliese, Emilio Rebecchi, Enrico Rebeggiani, Tiziano Rinaldini, Nello Rubattu, Gino Rubini, Gianni Scaltriti, Maurizio Scarpari, Angiolo Tavanti, Marco Trotta, Gian Luca Valentini, Luigi Zanolio.

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.