Punto Final: In Cile c’è una rivoluzione in corso

| 25 Ottobre 2011 | Comments (0)

L’editoriale della rivista “Punto Final” chiarisce come si stia vivendo in Cile una vera e propria rivoluzione che è diversa e sorprende i suoi propri attori e soprattutto le forze conservatrici.

 

“Le disuguaglianze in Cile sono eccessive, immorali, intollerabili”.
Sebastian Piňera, il presidente della Repubblica
(Discorso del 80 ° anniversario del giornale
“La Segunda”, 27 luglio 2011)

 

Proteste studentesche in CileÈ difficile per molti accettare il fatto che in Cile stiamo vivendo una vera rivoluzione, un processo di profondo cambiamento che porterà a termine la democratizzazione, che ha lasciato a metà cammino l’ormai morente Coalizione dei Partiti per la Democrazia. Come ogni vera rivoluzione, è diversa e sorprende, anche agli occhi dei suoi stessi attori, ma soprattutto a quelli delle forze conservatrici responsabili del mantenimento  dell’ordine ereditato, instaurato a sangue e fuoco. Questo è accaduto in Cile nel 1970, e sta accadendo anche oggi in condizioni molto diverse. Questa rivoluzione, dal giovanile e fantasioso timbro, non ha lo scopo di rovesciare il governo e prendere il potere, o di sostituire il sistema capitalista con uno più giusto che non si basa sulla proprietà privata dei mezzi di produzione. Ancora non è il momento.
La parola “rivoluzione” per definire l’effervescente movimento studentesco che da tre mesi commuove  il Paese, non è eccessivo. I giovani hanno preso le bandiere della protesta sociale di ampi settori, tra cui il solito passivo settore medio, e le hanno proiettate verso il futuro, liberi da qualunque riduzionismo dogmatico  e dal piccolo calcolo che ha svilito la politica nazionale. Basta osservare il cambiamento accaduto a livello di coscienza. Il pensiero rivoluzionario ha vinto la sua prima e più importante battaglia : nessuno osa ora mettere in discussione la legittimità delle richieste  studentesche e dei cittadini .
Un rivoluzionario come Fidel Castro afferma che la “battaglia delle idee” è la sfida principale alla quale sono chiamati i ribelli del nostro tempo. Quello fu, infatti, il terreno dove soffrimmo le nostre perdite più importanti. Il caso del Cile è molto istruttivo. La generazione del ’70 – i cui sopravvissuti, partiti, gruppi e individui, oggi possono  solo sperare in un ruolo onorevole  nel quadro di una disposizione incondizionata a una nuova leadership politico-sociale – ha subito la perdita di migliaia di compagni di valore inestimabile. Ma fu nel campo ideologico che la sconfitta è stata anche peggiore. Sono i nipoti di quella generazione che hanno preso nelle loro mani il testimone attuale della eterna lotta per la giustizia, la solidarietà e pari diritti dei cittadini.
La protesta sociale, guidata da studenti in attesa che i lavoratori svolgano il loro ruolo storico, è riuscita ad installare in Cile la necessità di un cambiamento profondo. È accaduto ciò che pochi mesi fa era considerato impossibile: la netta maggioranza condivide l’opinione che quel modello economico, sociale, istituzionale e culturale instaurato della dittatura dei generali, ammiragli e grandi impresari deve essere modificato alle sue radici per far posto alla giustizia sociale. Questa domanda di cambiamento a partire dalle esigenze di uguaglianza di diritti in materia di istruzione, sulla base di una denuncia vigorosa di disuguaglianze e di discriminazioni che soffre la nostra gente nel campo dell’istruzione, della salute, alloggio, stipendi, ecc., nasce in un paese latino-americano elogiato come esempio per il suo modello di economia di mercato.
Così il cambiamento che avviene in questi giorni in Cile, prodotto di una protesta sociale sostenuta che si presenta, per dimensioni e caratteristiche, come una rivoluzione, ha sorpreso il mondo ed anche molti cileni privilegiati  dal sistema, che non avevavno percepito la rabbia che stava fermentando nelle viscere della società. Oggi, dopo tre mesi di manifestazioni pacifiche degli studenti – nonostante i pesanti interventi della polizia – è difficile trovare difensori del modello o negare le giuste  pretese per farla finita con il profitto nel settore dell’istruzione. Anche il Presidente della Repubblica, l’illustre imprenditore Sebastian Piňera, la cui fortuna ammonta, si dice, a 2.400 milioni di dollari, ammette “eccessivi livelli di disuguaglianza sociale” che ci sono in questo paese e che toccherebbe a lui cercare di correggere.  Lo stesso sostengono politici, imprenditori ed autorità ecclesiastiche che, cercando di salvaguardare i propri  privilegi (sia patteggiando per la destra che per la coalizione), tentano di spegnere l’incendio. Borbottano le loro paure, offrendo la mediazione, le riforme costituzionali e, forse quella tributaria se si spinge un po’.

La paura e la disorganizzazione della classe dirigente rivelano come la battaglia delle idee si risolve a favore del cambiamento. Il sistema istituzionale è entrato in una fase pericolosa di ingovernabilità, mentre molti dirigenti politici sono in stato di panico e, come al solito, fanno appello alle forze armate per fare il lavoro sporco che credono sia inevitabile. Gli amministratori del sistema sanno che la rivoluzione democratica e disarmata, che riscatta i valori e i diritti dei cittadini, porrà fine al modello neoliberale e che le sue tracce si prolungheranno nel tempo.
Con questa giovanile e creativa rivoluzione accadrà quello che è successo con il cambiamento culturale degli anni ’60, il movimento hippie, l’impatto della rivoluzione cubana e la guerra del Vietnam, l’indipendenza dei paesi africani e asiatici, le Giornate di maggio del ’68 in Francia, e la “Primavera di Praga”. Perché questa rivoluzione in Cile ha esposto le viscere del sistema neoliberista, aggiungendo prove laceranti alla crisi mondiale che sperimenta il sistema.
La rivoluzione guidata dai giovani cileni è creativa, plurale e sorprendentemente ideologica nel senso più ampio del termine. Nonostante la sua forza, non ha un destino assicurato.

Potrebbero verificarsi difficoltà considerevoli se si finisse intrappolati in un quadro istituzionale, abile a ingannare e manipolare il movimento sociale. Tuttavia, le richieste di oggi per l’educazione, la salute, i diritti sociali e politici, non hanno nessuna soluzione ai sensi della Costituzione attuale. Bisogna impegnarsi  verso la formazione di un’Assemblea costituente che  elabori la nuova Costituzione democratica del Cile.
Questo percorso si può vedere oggi con più ottimismo. È nato uno spirito di lotta per ideali che sembravano perduti. Si stanno disegnando le linee di un nuovo Cile che comprende le sedimentazioni di molte lotte, con vittorie e sconfitte terribili, di esempi buoni e cattivi che non sono, fortunatamente, una delle principali preoccupazioni dei giovani che guardano al futuro e alla speranza di cambiamento. C’è nella nostra sparsa sinistra un esaurimento del linguaggio, di rituali ed esternalità che devono essere assunti in base agli esempi che stanno dando i giovani. Nuove idee per vecchi problemi e nuovi criteri per fenomeni emergenti.
Alcuni obiettivi possono essere realizzati a breve, se la pressione viene mantenuta per realizzarla. Altri abbisognano di più tempo, come l’Assemblea costituente. Ci sono esigenze più complesse, come la ri-nazionalizzazione del rame, ostacolata sia dalla Costituzione vigente come dalle leggi organico-costituzionali e anche da accordi di libero scambio firmati dai governi della Coalizione. La cosa importante è che l’obiettivo  sia stato  realizzato: è stato messo in discussione un modello di dominio che si credeva inamovibile. Il rifiuto del profitto in tutte le questioni chiave per l’individuo e la sua famiglia, il pieno rispetto per l’ambiente, l’assoluta validità dei diritti umani, la rappresentanza effettiva del sistema democratico e dei meccanismi di consultazione diretta della cittadinanza, il diritto di partecipazione, sono stati recepiti come obiettivi legittimi nella coscienza cittadina.
La “classe politica” non potrà continuare a evitare le proprie responsabilità per contribuire a spianare pacificamente la strada per la nuova era che si vuole vivere in Cile. Il cambiamento spaventa solo la destra economica e politica e le cupole della Coalizione che hanno convalidato i rammendi  di costituzione dittatoriale, e le loro speranze di stabilità ed ascesa sociale nel successo macroeconomico, dimenticando che il prezzo era la disuguaglianza e l’emarginazione di ampi settori che adesso fanno sentire la loro voce potente,  esibendo la loro enorme forza.

Editoriale di “Punto Finale”, Edizione n° 740, 19 Agosto 2011
revistapuntofinal@movistar.cl
www.puntofinal.cl

www.pf-memoriahistorica.org

 

Traduzione a cura di Pamela Sasso.

 

Category: Osservatorio America Latina, Osservatorio internazionale

About Pamela Sasso: Pamela Sasso, psicologa e pedagogista, si occupa di problemi di interculturalità e di violenza sulle donne e bambini. Attualmente lavora sui problemi dell'immigrazione.

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