Maurizio Scarpari: Il rischio degli Istituti Confucio

| 19 Ottobre 2014 | Comments (0)

 

 

L’intervento di Maurizio Scarpari: Soft power in salsa agrodolce. Confucianesimo, Istituti Confucio e libertà accademica, uscito su inchiestaonline.it del 29 settembre 2014 è stato pubblicato a stampa nel supplemento di Domenica de il Sole 24 ore del 12 ottobre 2014. Maurizio Scarpari è poi uscito su Il manifesto del 19 ottobre 2014 che diffondiamo.

 

L’esigenza di creare un con­senso glo­bale che, a tutt’oggi, si pre­senta debole ha spinto la diri­genza cinese a pro­muo­vere una serie di ini­zia­tive miranti alla crea­zione di un’immagine soft, moderna e ras­si­cu­rante del pro­prio Paese.

È un’esigenza che è diven­tata neces­sità, visto il ruolo di primo piano della Cina, seconda potenza eco­no­mica dopo gli Stati Uniti, con la pro­spet­tiva di diven­tare la prima entro pochi anni. Creare un con­senso inter­na­zio­nale ed essere per­ce­piti dalle altre nazioni come un punto di rife­ri­mento e un modello da seguire non è facile, nem­meno per chi è stato per secoli il cen­tro di una grande civiltà, irra­dia­tasi in un’area vasta e popo­losa come l’Asia Orien­tale.

Impor­tanti per le poli­ti­che cinesi del con­senso sono, secondo molti osser­va­tori, gli Isti­tuti Con­fu­cio (IC), sorti un po’ ovun­que nel mondo con lo scopo dichia­rato di pro­muo­vere la lin­gua e la cul­tura cinesi e faci­li­tare gli scambi cul­tu­rali, sul modello del Goe­the Insti­tut, del Bri­tish Coun­cil o dell’Alliance Fra­nçaise.

Ne ha par­lato anche il Pre­si­dente Xi Jin­ping in diverse occa­sioni, ad esem­pio quando lo scorso novem­bre si è recato a Qufu in visita uffi­ciale al Tem­pio di Con­fu­cio (v. il mani­fe­sto del 17 gen­naio 2014) o quando, a fine marzo di quest’anno, ha incon­trato a Ber­lino sino­logi e stu­denti dell’IC locale. In entrambe le occa­sioni, ha sot­to­li­neato l’alto valore stra­te­gico degli IC ed enfa­tiz­zato il loro suc­cesso anche in quei paesi nei quali i pre­giu­dizi verso la Cina sono mag­gior­mente radi­cati.

È dav­vero così? Non del tutto…
Gli IC sono un’emanazione dello Han­ban, isti­tu­zione no-profit affi­liata al mini­stero dell’educazione e diretta da un con­si­glio costi­tuito da mem­bri d’alto rango del Pcc e di diversi mini­steri e com­mis­sioni mini­ste­riali. Lo Han­ban finan­zia diret­ta­mente gli IC che, a dif­fe­renza dei loro «omo­lo­ghi» euro­pei, non sono indi­pen­denti, ma con­sor­ziati con le uni­ver­sità e gli isti­tuti di istru­zione supe­riore (presso i quali ven­gono aperte strut­ture più snelle, le Classi Con­fu­cio, CC), al cui interno hanno spesso la loro sede isti­tu­zio­nale.

Attual­mente, sono 465 gli IC attivi in 123 paesi, e 713 le CC. Gli Stati Uniti ne ospi­tano circa la metà, l’Italia 31 (11 IC e 20 CC).
Nono­stante la loro uti­lità in alcuni ambiti spe­ci­fici – inse­gna­mento della lin­gua cinese, soste­gno eco­no­mico agli stu­denti che si recano nel paese, finan­zia­mento di pic­cole atti­vità cul­tu­rali –, fin dalla loro crea­zione, avve­nuta nel 2004, gli IC sono stati al cen­tro di pole­mi­che, tal­volta aspre, soprat­tutto negli Stati Uniti, a causa della loro natura tutt’altro che auto­noma, degli scopi non sem­pre tra­spa­renti e delle limi­ta­zioni impo­ste su alcuni temi sen­si­bili, come ad esem­pio i diritti umani, il Tibet, il Dalai Lama, Tai­wan.

Tal­volta sono stati accu­sati di essere cen­tri di pro­pa­ganda poli­tica, agen­zie di con­trollo dei cinesi all’estero, agen­zie di intel­li­gence. Solo alcune uni­ver­sità, in genere le più pre­sti­giose, hanno potuto con­trat­tare con­di­zioni finan­zia­rie e sistemi di gestione par­ti­co­lari. Attratte dai gene­rosi finan­zia­menti con­cessi, le uni­ver­sità hanno per lo più favo­rito l’insediamento di IC presso le loro strut­ture, poco curanti dei con­di­zio­na­menti, non solo ideo­lo­gici, impo­sti al loro ope­rato, creando così i pre­sup­po­sti per com­por­ta­menti tal­volta troppo accon­di­scen­denti, se non addi­rit­tura di auto­cen­sura, che hanno svi­lito l’offerta cul­tu­rale (Stan­ford ha rice­vuto un finan­zia­mento ini­ziale di quat­tro milioni di dol­lari, a patto però che non ci si occu­passe di Tibet).

Pro­prio per sal­va­guar­dare la pro­pria libertà di pen­siero e di azione, alcune impor­tanti uni­ver­sità ame­ri­cane, euro­pee e austra­liane hanno rifiu­tato di aprire IC al loro interno.
Que­sta par­ti­co­lare situa­zione ha ali­men­tato un dibat­tito tra gli acca­de­mici di mezzo mondo, cul­mi­nato in diversi appelli per chiu­dere gli IC, o almeno ad allon­ta­narli dalle uni­ver­sità; tra i più signi­fi­ca­tiv, ivi sono quelli della Cana­dian Asso­cia­tion of Uni­ver­sity Tea­chers (dicem­bre 2013) e dell’American Asso­cia­tion of Uni­ver­sity Pro­fes­sors (giu­gno 2014), che anno­vera oltre qua­ran­ta­set­te­mila soci. Sono posi­zioni non sce­vre da moti­va­zioni di natura ideo­lo­gica.

Pronta è stata la rispo­sta dell’agenzia Xin­hua, che ha impu­tato que­ste mani­fe­sta­zioni a igno­ranza e paura nei con­fronti delle cul­ture diverse.
È in que­sto clima che s’inserisce il cosid­detto «inci­dente di Braga»: al con­ve­gno bien­nale della Euro­pean Asso­cia­tion for Chi­nese Stu­dies, tenu­tasi a Braga e Coim­bra dal 23 luglio 2014, XuLin, vice­mi­ni­stro dell’educazione, mem­bro del con­si­glio di Stato e diret­trice gene­rale dello Han­ban, ha com­piuto un gesto di arro­ganza che ha stu­pito e indi­gnato i circa quat­tro­cento sino­logi e pro­fes­sori pre­senti, pro­vo­cando l’immediata rea­zione del Pre­si­dente dell’Associazione, il pro­fes­sor Roger Grea­trex, diret­tore del Cen­tre for East and South-East Asian Stu­dies dell’Università di Lund (Sve­zia).

Resasi conto che il pro­gramma del con­ve­gno, appro­vato dallo Han­ban qual­che set­ti­mana prima, ripor­tava «la sin­tesi di inter­venti il cui con­te­nuto è con­tra­rio alla nor­ma­tiva cinese» e che troppa enfasi veniva attri­buita alle atti­vità della Chiang Ching-kuo Foun­da­tion, l’ente no-profit tai­wa­nese che dal 1989 pro­muove la cul­tura cinese e gli scambi tra stu­diosi e acca­de­mici nel mondo e che è spon­sor di vec­chia data dell’Associazione euro­pea, la diret­trice Xu ha requi­sito le copie del pro­gramma, redi­stri­buen­dole il giorno suc­ces­sivo ai tre­cento par­te­ci­panti che ancora non le ave­vano rice­vute, pri­vate di alcune pagine, tolte not­te­tempo per­ché rite­nute lesive dell’immagine della Cina Popo­lare.

Grea­trex, senza esi­ta­zioni, ha fatto ristam­pare le parti man­canti e denun­ciato pub­bli­ca­mente l’accaduto come una grave vio­la­zione alla libertà acca­de­mica, dando vita a un dibat­tito che si affianca a quello sol­le­vato oltre oceano. Si è trat­tato di un incre­di­bile passo falso da parte di un’esponente di alto livello della diri­genza cinese che, evi­den­te­mente, ha rite­nuto di potersi muo­vere all’estero con la stessa disin­vol­tura con cui dev’esser solita agire in patria, inca­pace di com­pren­dere la gra­vità della sua azione e le impli­ca­zioni che da essa sareb­bero deri­vate. Un duro colpo all’immagine soft della Cina, che sem­bra sem­pre più orien­tata a mostrare al mondo la sua voca­zione a com­por­ta­menti hard.

 

Category: Osservatorio Cina, Osservatorio internazionale, Osservatorio Tibet, Scuola e Università

About Maurizio Scarpari: Maurizio Scarpari, professore ordinario di Lingua e letteratura cinese classica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato dal 1977 al 2011 e ricoperto numerose cariche acca-demiche, tra le quali quelle di Pro-Rettore Vicario e Direttore del Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale. Sinologo esperto di lingua cinese classica, storia, archeologia, pensiero filosofico e la sua influenza sul pensiero attuale è autore e curatore di numerosi articoli e volumi, tra cui si se-gnala La Cina, oltre 4000 pagine in quattro volumi (Einaudi 2009-2013), alla cui realizzazione hanno contribuito esperti di 35 istituzioni universitarie e di ricerca tra le più prestigiose al mondo. Per ulteriori informazioni e la bibliografia completa dei suoi scritti si rinvia a www.maurizioscarpari.com.

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.