La poetessa statunitense Louise Glück, premio Nobel per la letteratura 2020, è autrice di “Averno”, pubblicato in Italia dall’editore napoletano Dante & Descartes

Napoli, centro storico, numero 55 di via Mezzocannone: mite, mingherlino, con un tono di voce basso e pacato, Raimondo Di Maio contagia con la sua immediata simpatia. Un uomo sostenuto da sempre dall’Amore per i libri e dalla dedizione all’essere libraio. Come una radice tenace su cui svilupparsi felici, l’ha trasmessa al figlio Giancarlo, che possiamo incontrare invece a piazza Gesù Nuovo 14.

Dante & Descartes sono due librerie indipendenti e una casa editrice: pezzi della Napoli Bella, quella col profumo di cultura. E appunto come editori, Raimondo e Giancarlo Di Maio hanno pubblicato nel 2019 “Averno”, di Louise Glück, a cui è stato appena assegnato il premio Nobel per la letteratura 2020. Un file rouge da New York a Napoli o, come dice Giancarlo, «una pallina di baseball lanciata dall’America a Napoli e da rilanciare, ora, oltre e oltre: questa è la nostra sfida!»

Giancarlo ha saputo del Nobel da un cliente affezionato, un caro amico oramai: «A darmi la notizia non è stato il canale ufficiale dei media ma un lettore, e così mi sono sentito subito parte, oltre che della casa editrice e del team, di una straordinaria comunità di lettori, che sono coloro che ci invogliano ad andare avanti, anche percorrendo strade tortuose, com’è stata l’acquisizione dei diritti di Louise Glück », strada evidentemente vincente, aggiungo.

Louise Glück, non nuova all’assegnazione di premi prestigiosi, ha ricevuto il Nobel per la sua “indimenticabile voce poetica che con austera bellezza sa rendere universale l’esistenza individuale”.

«Cosa vi ha spinto a pubblicare in Italia la decima raccolta di poesie della Glück, che negli Stati Uniti è stata pubblicata nel 2006?»

«Questo libro è stato realizzato in base al nome e alla toponomastica perché si chiama Averno, elemento che ha creato la prima curiosità. Poi, il mio socio in affari e amico fraterno José Vicente Quirante Rives (primo spagnolo a ricevere la cittadinanza onoraria di Napoli, Ndr), dell’Editorial Parténope, che è una casa editrice che pubblica in Spagna i più importanti classici napoletani del Novecento, me l’aveva segnalato. Averno è un luogo, e un lago, vicino Napoli – non è possibile che in Italia, e a Napoli, non ci sia questo libro! – mi aveva detto.»

Hanno iniziato a lavorarci, capendone immediatamente l’importanza per il nostro territorio e il valore letterario; molte energie sono state spese per la traduzione, che alla fine è stata affidata al massimo traduttore italiano di americanisti che è Massimo Bacigalupo. «E solo così la poetessa è stata contenta perché ha sempre difeso la sua poesia centimetro per centimetro, anche le virgole.»

La Glück purtroppo, per le note vicende della pandemia, non è ancora riuscita a venire a Napoli, dove peraltro non è mai stata, anche se leggendo “Averno” non si direbbe affatto.

«Volendo scoprire, invece, qualcosa in più di Raimondo Di Maio e della sua attività, che ha reso Dante & Descartes una piccola gemma napoletana?»

«Sono 40 anni che ci provo… quando nacque mio figlio Giancarlo, 32 anni fa, stampai un libro strenna, come si faceva nell’800: “Croce bibliofilo” di Dora Marra, in cui la bibliotecaria di Croce ne raccontava l’incredibile bibliomania; si trattava di un testo che restituiva l’amore di Benedetto Croce per i libri.»

Ecco che, ignaro, in qualche modo segnò il destino del figlio. Da quel primo volume, oggi ne ha stampati quasi 300 e Giancarlo è anch’egli un libraio.

«E la tua, di bibliomania, com’è nata?»

«Io sono nato in una famiglia molto popolare, dove, come dice Giancarlo, non volava una carta, perché non c’era niente, nemmeno un giornale! Ho cominciato con i classici: la prima lettura è stato Il vecchio e il mare, e da allora sono stato rapito dai libri, mi sono iscritto alle scuole serali, grazie al Partito Comunista, ho iniziato gli studi universitari di filosofia, ma con una laurea mancata perché urgeva lavorare. Diciamo che il cambiamento della società attraverso gli studi mi sembrava improbabile e così ho preferito continuare solo col lavoro, tralasciando lo studio. Insomma, da quando avevo 14 anni a oggi che ne ho 62 non ho mai smesso di leggere: una catena che non si è mai spezzata. E per il mio impegno di libraio sono stato assistito da tantissima lucida follia!»

«Vorresti scrivere e pubblicare anche a firma tua?»

«Sarei uno scrivente e non uno scrittore, quindi mi astengo… certo, avrei un libro di memorie di un libraio, di 700 pagine circa: sarebbe bene iniziare a tagliare, semmai con l’aiuto di Antonella (Cristiani, Ndr).»

«Domanda ovvia ma inevitabile: qual è stata la prima emozione provata alla notizia del Nobel?»

«Commozione. E felicità, per la poetessa e per tutti noi. A sostegno di questo libro c’è un progetto collettivo: c’è il traduttore, Massimo Bacigalupo, c’è l’illustratore Vittorio Avella, c’è Antonella Cristiani, che insieme a me ha curato il volume, c’è Josè Vicente che ha scritto la postfazione e che ci ha spronato in questa avventura.»

«E per Napoli?»

«Certamente una soddisfazione aggiunta per questa città, dove tutti fanno gli editori e tutti fanno i librai e dove nessuno sa fare il libraio e pochi sanno fare gli editori. Adesso Napoli ha molti di quei librai che in casa Croce chiamavano anedottici: quelli che non sanno di cosa parlano però parlano e anche molto.»

«Ma che rapporto esiste tra il napoletano e i libri?»

«Mah, ci vorrebbe una risposta molto ampia… sintetizzando, ti dico che Napoli è una città di libri: anche in case molto modeste si possono trovare biblioteche piene. Ricordo quando, tanti anni fa, andai in una casa dove non avrei mai immaginato di trovare una cosa del genere e invece c’era tutta la critica di Croce ben rilegata: una commozione! E poi è anche una città di lettori, la cui spinta forte è l’emulazione: ad avere la fidanzata che legge o che è colta, bisogna correrle dietro coi libri, e viceversa, ad aver un fidanzato. Un grande difetto, però, lo hanno, ed è che vogliono sempre risparmiare: l’acquisto è una contrattazione continua. Ma se sono giovani, un po’ di sconto lo facciamo con piacere.»

Mentre chiacchieriamo, intravediamo all’esterno, pronto a entrare, Sasà Di Natale (poeta che Francesco Durante ha considerato tra le migliori voci della poesia contemporanea in napoletano, Ndr): «È stato un Maestro per me, da lui ho appreso molto fin da quando ero rappresentante di libri. In fondo la vita è fatta degli insegnamenti che sai prendere dagli altri. Anche saper ascoltare un lettore è fondamentale per un libraio, così come saper ascoltare un altro libraio. Pochi giorni fa è morto Rosario Wurzburger, del quale ho fatto mia l’abitudine di leggere per prima cosa la quarta di copertina, che io invece trascuravo.»

«Cosa ti auguri per il futuro dei libri e della lettura?»

«Bisogna prima di tutto capire come far leggere i ragazzi: non è la retorica della lettura che risolve questo enorme problema, bensì ci vogliono stimoli forti e ottimi libri, per convincere a leggere. La mia fortuna è stata incontrare autori prestigiosi, leggere libri che non mi facevano dormire la notte. Ecco, questo è il mio augurio: vedere giovani che leggono libri che mettono la febbre addosso. I libri che si vendono oggi nelle grandi librerie e che si producono su scala nazionale, servono solo per fare consumo e non cultura. La cultura è qualcosa che rimane nell’essenza di chi ha fatto l’esperienza della lettura.»

E gli fa eco il figlio Giancarlo: «La letteratura genera mondi, genera sogni, genera idee. Faccio parte di coloro che credono che bisogna leggere per vivere o vivere per leggere, non so mai bene, confondo i confini…»

Grazie a Raimondo e a Giancarlo, perché non si risparmiano per Napoli!

E nel frattempo che abbia la dedica della Glück, chiedo a Raimondo di scrivermi la sua sulla mia copia di “Averno”…

a Luciana

perché i libri

sono ponti

e i lettori provano

ad attraversarli

Raimondo

Averno diventa metafora dell’inferno che prima o poi tutti visitiamo, il luogo dove si entra ragazza e si esce donna ferita per sempre. Ascoltare la natura per silenziare la violenza della propria mente. I versi della Glück sono la dimostrazione di quanto raccontare il dolore può alleviarlo.” (dalla postfazione di José Vicente Quirante Rives)